I Presidenti delle Esposizioni di Roma e Torino*
Conte Enrico di San Martino
Presidente del Comitato Esecutivo dell’Esposizione di Roma.
Se la scelta degli uomini che devono dirigere ha un’importanza de¬
cisiva sull’esito delle imprese, bisogna riconoscere che le due grandi
esposizioni di Roma e di Torino non potevano essere affidate a migliori
guidatori, del conte Enrico di San Martino e del senatore 1 omaso \ illa,
l'uno e l’altro per temperamento, posizione sociale, esperienza, adatta-
tissimi a dare vigoroso impulso a cosi complesse iniziative.
Il conte Enrico di San Martino, di antichissima illustre famiglia si¬
ciliana, sebbene poco più che quarantenne, è da anni l’anima delle grandi
esposizioni di belle arti che si tengono a Roma; a tutte le grandi ma¬
nifestazioni artistiche è mecenate; ha rappresentato più volte all’estero
degnamente l’Italia nella organizzazione di speciali esposizioni; artisti
d’ogni scuola, interessi artistici d’ogni specie, pel teatro lirico come pel
drammatico, lo hanno avuto propugnatore e patrocinatore generoso, illu¬
minato efficace, e la grande Esposizione di Roma, dedicata prevalenti-
vamente a tutte le svariate e più alte manifestazioni d’arte, ha in dui
il presidente naturale, designato per i suoi gusti, la sua cultura, le sue
attitudini c la sua esperienza. Egli ha sposata recentemente a Parigi una
bella e distintissima dama.
Il senatore I omaso Villa, antico giornalista battagliero, avvocato
eminente, uomo politico, educatosi alla scuola di Angelo Brofferio, di
cui sposò la figlia, salito nel parlamento e nel governo ai sommi gradi,
emerse sempre come spirito vigorosamente organizzatore nelle grandi
esposizioni susseguitesi con prospera fortuna in Torino, e nella orga¬
nizzazione delle sezioni italiane nelle grandi esposizioni internazionali
all’estero. La sua scelta come presidente del Comitato esecutivo del-
1 Esposizione Internazionale in 1 orino avvenne per acclamazione. Torino
ha piena coscienza delle proprie forze, ma non è esagerazione dire che
sull’entusiasmo col quale fu deliberata tre anni or sono la grande ini¬
ziativa che ora si esplica, influì per un tanto il poter dire: abbiamo
l'omaso Villa che ci condurrà, come sempre, al successo!...
Senatore Tomaso Villa
Presidente del Comitato Esecutivo dell’Esposizione di Torino.
2
LE ESPOSIZIONI DEL 191 t
COME NACQUE
L'ESPOSIZIONE di ROMA
wvrvnffwisi
i
L’idea di celebrare con una grande Esposizione internazionale in
Roma il cinquantesimo anniversario della proclamazione del Regno
d’Italia era corsa per i giornali più volte, a lunghi interval 1, assai puma
che se ne parlasse ufficialmente in Campidoglio. Ma — diciamolo pine
— non aveva suscitato eccessivi entusiasmi.
Roma, in generale, non è città di grandi iniziative : ne 1 Romani si
accendono facilmente per imprese ardue, di complicata attuazione, e la
cui buona riuscita dipende da una preparazione lunga e laboriosa e da
energie multiple e assidue e sopra
tutto — per ripetere una parola che
ha avuto il suo momento di fortuna
— lungimiranti.
Nè in verità si potrebbe farne
giustamente rimprovero ai cittadini
dell’Urbe. Essi hanno per tradizione
atavica ben lucido e chiaro il senti¬
mento dell’ammirazione universale
che la loro città suscita soltanto
col nome gloriosissimo, in tutto il
mondo : nè vedono che ci sia opera
o industria di uomini moderni che
valga a rendere questa ammirazione
o più intensa o maggiore. Essi san¬
no e sentono e ripetono volentieri
che il Campidoglio e San Pietro
sono per gli stranieri tali meravi¬
gliose attrattive che è vano pensare
di aggiungerne altre — quali che
sieno — per rinforzar quelle: e non
amano di farlo nè di tentarlo. Di
tanti nobili e magnanimi versi con
cui il Poeta civile della terra Italia
ha celebrato Roma, questo, forse,
più che ogni altro i Romani hanno
apprezzato :
Chi le farfalle cerca sotto l’arco di Tito?
O sia, chi può pensare a pic¬
cole cose moderne entro la cinta
dei sette colli?
Cosi che l’idea di celebrare con
qualche cosa di visibile e di tan¬
gibile la data memoranda acquistò
favore solo quando fu attribuito
ad essa un significato politico; (pian¬
do abbandonato, o almeno messo
in seconda linea, il proposito di
far delle feste, grandiose sin che
si vuole, per chiamar gente, si pro¬
clamò che degna cosa era soltanto
quella di dare alla commemora¬
zione un significato civile e patriot¬
tico.
Allora soltanto Roma compre¬
se e approvò l’idea dell’Esposizio¬
ne: la quale si volle che fosse non
un’ impresa che si proponesse un
qualsiasi scopo di pratica utilità o
privata o pubblica, ma una festa nazionale con cui l’Italia celebra so¬
lennemente la più gloriosa delle sue date politiche.
E nell’autunno del 1900, essendo sindaco il senatore Cruciani Ali-
Erxesto Nathan, Sindaco di Roma.
zione diceva:
Il Consiglio Comunale di Roma, memore della data solenne in cui il primo Par¬
lamento italiano convertendo in legge il grido d’entusiasmo nazionale, proclamava il
Regno d’Italia con Roma capitale;
delibera di celebrare con adeguata solennità il 5o.° anniversario di quella data,
che ricorrerà nella primavera del 1911 ; invita l’onorevole sindaco a fare le opportune
premure presso il (>o\eino del Re perchè sia assicurata nella fausta ricorrenza, l’inau¬
gurazione del gran monumento che la riconoscenza nazionale ha decretato al Padre
della latria sul Campidoglio, ed a costituire e presiedere un Comitato di eletti cittadini
al fine di avvisare tempestivamente alle modalità e ai mezzi per la celebrazione deli¬
berata ;
“stanzia una somma a cominciare dall’esercizio corrente, quale contributo della
citt*i di Koina nelle spese occorrenti alle solenni manifestazioni.
. ^ questa, mozione non si parlava ancora esplicitamente di Esposi¬
zione. Ma 1 idea^ di celebiaie la data solenne con una serie di grandi
mostre nazionali ed internazionali cominciava a farsi strada nelle con-
v ci sazioni pri\ate nei ciocchi politici e più clic tutto nella stampa: ond’è
che quando, sei mesi dopo, e cioè il 5 febbraio 1906 la mozione fu di¬
scussa in Consiglio comunale, 1 idea dell’Esposizione parve così ma¬
ttila da non meritar piu discussione. E poiché in quella sera il Con¬
siglio Comunale di Roma seppe non essere inferiore alla nobiltà del¬
l’argomento, e le parole furono degne del luogo in cui erano pronun¬
ciate, vale la pena di riferire le parole con cui il consigliere Trompeo,
a nome dei suoi colleglli, propose la grande Esposizione del J911
in Roma.
" La universalità dei consensi sull’opportunità della solenne commemorazione cin¬
quantenaria dei memorandi avvenimenti nazionali nella storica primavera del 1861, ha
perfetto riscontro nella unanimità dei sentimenti convergenti all’idea nazionale, che
moveva gli eminenti uomini d’ogni parte
d’Italia convenuti in Torino, e che hanno
preluso ai detti avvenimenti o li hanno
compiuti.
“ Ed è debito di gratitudine ricordare
qui sul Campidoglio alla vigilia del cinquan¬
tenario, la classica ovazione pronunziata da
Riccardo Sinco l’8 ottobre 1860 in una
delle ultime sedute di quel glorioso Par¬
lamento subalpino, che stava per trasfor¬
marsi in primo Parlamento italiano, quando
a proposito del progetto di legge sull’an¬
nessione di nuove provincie, esordiva escla¬
mando : E dato agli uomini dei tempi
nostri di assistere al più grande al più
sublime fenomeno sociale che la Storia
abbia mai potuto registrare. Sollevato il
marmo che copriva il suo avello, l’Italia
risorge colla sua aureola di sapienza e di
gloria, innalzando quella face che sparse
sul mondo intero così vividi raggi di luce.
E concludeva dicendo: Vi sono delle ve¬
rità nell’ordine morale come nell’ordine
fisico che non hanno bisogno di dimostra¬
zione. Tale è l’unità nazionale. A questa
verità non solo l’Italia ha dichiarato di
assentire, ma a quest’ora ha assentito
l’Europa intiera.
“ Ed è debito di gratitudine ricordare la
esecuzione così eloquente nella sua sem¬
plice espressione data da Camillo Cavour
al detto voto, quando pochi mesi dopo,
durante la prima legislatura del primo
Parlamento italiano, il 14 marzo i86r,
presentava il famoso progetto di legge, o
sìa un articolo così concepito: Il Re lit¬
torio Emanuele II assume ptr se e per i
suoi successori il titolo di Re d'Italia; pro¬
getto di legge che il Parlamento italiano
votava alla unanimità dicendo colle parole
del venerando Giorgini, glorioso superstite
della gloriosissima falange, che in lai modo
si convertiva in legge un grido di entu¬
siasmo nazionale.
“ Ed è anche debito di gratitudine ri¬
cordare oggi sul Campidoglio clic Camillo
Cavour, pochi giorni dopo quella memoran¬
da ed unanime votazione, il 27 marzo dello
stesso anno 186r, rispondendo all’Audinot
al Boncompagni al Bixio al Pepoli e ad al¬
tri eminenti parlamentari che volevano l’af¬
fermazione su Roma Capitale naturale del
nuovo Regno, diceva : Ho detto, 0 signori,
e affermo ancora una volta che Roma,
Roma sola deve essere la Capitale d’Italia.
E la Camera a immensa maggioranza vo¬
tava l’affermazione su Roma Capitale,
intiera per mezzo di innumerevoli rappre-
del 1898, quando la vecchia e gloriosa
“ E devesi ancora ricordare che l’Italia
sentanze riunita in dorino nella primavera
Capitale subalpina commemorava il cinquantenario dello Statuto, acclamava con indicibile
entusiasmo la rappresentanza di Roma, quando questa si presentò reverente sotto la
storica loggia, dalla quale fu promulgato lo Statuto e fu bandita la guerra dell’Indi¬
pendenza.
In quel giorno al rappresentante di Roma sorse l’idea di proporre per il 1911
la solennità di cui si tratta : e di qui ha origine questa mozione. ,
La quale dopo eloquenti discorsi di altri consiglieri fu approvata a
grandissima maggioranza.
\ olle poi anche il municipio di I orino accogliere il medesimo pro¬
posito, portando un significativo contributo, e quasi il necessario com¬
pletamento, all’ idea che era partita dal Campidoglio.
Le due città infatti sono unite indissolubilmente nella storia nuova
della Grande Patria comune: ciò clic nell’una politicamente si inizia con
mirabile virtù di prudenza e di ardimento, nell’altra si compie tra for¬
tuna di eventi e sapienza di popolo.
h issato concordemente il proposito, nessun modo parve per attuarlo
più degno che quello di indire delle grandi Esposizioni, le quali riassu¬
messero, quasi documentandolo, il cammino fecondo percorso dall’Italia
nello spazio di tempo in cui essa è ridiventata una Nazione.
Lnico dunque era lo scopo, e unica la meta; ma nettamente sepa¬
rata doveva essere 1 opera, perchè all’iniziativa felicemente rispondesse
1 effetto. E parve logico che a dorino spettasse di accogliere la prova
del progresso compiuto nelle industrie : a Roma di preparare e di ban-
A Roma procedono attivamente i lavori per la grande Esposizione internazionale del 1911,
nei due cantieri di Piazza d’Armi e Villa Cartoni. Oltre 25 oo operai lavorano alla costruzione
dei padiglioni, dei chiostri, delle passarelle, che dovranno, a lavori compiuti, produrre l’ef¬
fetto di una nuova città. Piazza d’Armi, ove sorgeranno le mostre Etnografica e Regionale, è
ormai tutta una selva di pali e di legname, intersecata dai piccoli treni pel trasporto dei
materiali. Dall’alto dell'ingresso monumentale, che sale a 40 m., si può abbracciare tutta l’esten¬
sione dei lavori: il Poro delle Regioni, la Galleria delle Feste, i Padiglioni regionali, e in
fondo le prime costruzioni della Mostra Etnografica. Un insieme di lavori grandioso e nuovo.
OJ
LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 11
4
LE ESPOSIZIONI DEL 19 11
dire, più che una Esposizione, una grande festa
dell’arte, anzi di tutte le arti : poiché tutte ugual¬
mente a traverso i secoli, hanno tratto da Roma
esempio inspirazione e conforto. I Sindaci di
Roma e di Torino pubblicarono, il i 5 gennaio
1908, il seguente manifesto:
Italiani !
11 27 Marzo 1861 c data tra In più memorande nella
vita della Patria nostra.
La terza Italia, nella balda sicurezza dei suoi fati, nel¬
l’audacia d’ineluttabile volontà, di fronte al Mondo intero,
per bocca dei suoi rappresentanti solennemente affermava
l’essere suo, l’unità sua, con a capo Roma, la Città Eterna
culla della sua civiltà, centro e cuore dei suoi nuovi
destini.
Gompironsi i fatti ; e il cinquantenario del memorabile
giorno ya degnamente celebrato, perchè 1 ’ Italia dell’oggi
renda omaggio ai precursori e s’affermi quale essa è in
cospetto della civiltà.
Nò doveva nè poteva compiersi la solenne afiermazione
d’italianità senza unire, nel pensiero e nell'azione, il pas¬
sato e il presente, la capitale d’allora — Torino — quella
d’oggi — Roma — insieme congiunte per commemorare
i fasti consegnati alla storia, e trarne gli auspici per l’av¬
venire.
E Roma e Torino nell’intento affratellate, simbolo e
affermazione della Patria unita, si accingono ad illustrare
nel 19'i la fausta data, segnalando alle novelle genera¬
zioni il cammino che il Paese percorse dal giorno in cui
il Parlamento subalpino lo proclamò ricomposto ad unita
di Nazione.
Alla metropoli del forte cd industre Piemonte racco¬
gliere in una Esposizione Internazionale industriale le ma¬
nifestazioni varie della attività economica: a Roma, faro
del pensiero italiano, riassumere con le esposizioni pa¬
triottiche, storiche, artistiche, il concetto che a quelle at¬
tività economiche presiedette, armonizzandole con la pro¬
sperità e con il progresso della Nazione.
Alla festa commemorativa e patriottica le due città so¬
relle associeranno i popoli, che s’inoltrano sulla via delia
civiltà umana, si che i concorrenti ed emuli della gaia
pacifica e feconda delle scienze, delle arti c delle industrie,
siano essi stessi partecipi e spettatori dei fastigi della Na¬
zione risorta.
In nome dell’Italia, della sua risurrezione ad una terza
civiltà, sicuri dei destini nazionali, memori della via per¬
corsa, invitiamo gli Italiani, invitiamo il con-orzio delle
genti civili a commemorare, nel 1911, a Roma ed a 1 o-
rino, il cinquantenario del 27 marzo 1861.
I Sindaci
E. Nathan - S. Frola
Il disegno generale delle Mostre e delle feste
di Roma fu in breve compilato; nè vi furono
poi apportate modificazioni sostanziali.
Esso fu ed è quale verremo ora brevemente
e sinteticamente esponendo.
ARTE MODERNA.
Esposizione Internazionale.
Nessuna critica, certo, può esser mossa al
proposito di indire a Roma una mostra inter¬
nazionale dell’arte moderna. Roma non è sol¬
tanto, infatti la Capitale politica d’Italia: ma è
anche la meta eterna degli studi delle aspira¬
zioni e dei desideri per gli artisti di tutto il
mondo. L’Esposizione internazionale di Belle
Arti sarà disposta entro un edificio che, secondo
il disegno espressamente compiuto dall’archi¬
tetto Bazzani, è già costruito in un’area pros¬
sima alla Villa Borghese.
E comprenderà Sale internazionali, Sale ita¬
liane e Padiglioni speciali : e sarà disciplinata
da uno speciale Regolamento ; le sono assegnate
200,000 lire di premi.
Roma.
Esposizione d’Architettura. - La casa moderna.
Un concetto essenzialmente pratico ha presie¬
duto all’ordinamento di questa Esposizione. Si
è voluto richiamar l’attenzione degli architetti
di tutto il mondo sul grave problema che affa¬
tica — fra tanti — la nostra civiltà: quello del
tipo della “ Casa-moderna „ : una Casa che, ne¬
cessariamente, dev’essere modesta, ma deve of¬
frire e riunire in sé tutti i comodi che le nostre
civili abitudini rendono ormai non solo deside¬
rabili ma indispensabili; c tutto ciò, senza che
in essa manchi un raggio di quella bellezza ar¬
tistica, che i nostri Padri non vollero mai esu¬
lasse dalle loro costruzioni.
Questa Mostra, che deve rispondere a criteri
praticamente utili, sarà divisa in Concorso in¬
ternazionale e Concorso nazionale.
Concorso Internazionale.
Gli architetti e i costruttori stranieri sono
invitati a dar saggi di un villino moderno, che
sostituisca alla ricca grandiosità delle nostre
ville antiche, la grazia e l’eleganza di un signo¬
rile edifizio moderno, in cui possano trovar li¬
bera facile e pratica esplicazione tutti gli agi
della vita moderna. E poiché il luogo ove sor¬
gerà la Mostra, il terreno adiacente alla Villa
Borghese, si presta meravigliosamente col suo
Come sarà il Padiglione delle Feste in Piazza
magnifico sfondo, a costruzioni di piena bellezza,
è lecito pensare che questa Mostra riunirà una
serie di villini veramente interessanti, e sarà
una delle più grandi attrattive dell’Esposizione
romana.
Concorso Nazionale.
Questo mira alla costruzione della “ Casa „
propriamente detta, e, in modo particolare, alla
Casa moderna da costruirsi a Roma. Perciò il
concorso è bandito per tre tipi: la casa di lusso,
quella di speculazione o d’affitto e la casa ope¬
raia. Questi edifìci sorgeranno nella grande area
della Piazza d’armi, alla quale recentemente fu
esteso il nuovo piano regolatore della città di
Roma.
Da questo concorso il Comitato spera otte¬
nere risultati assai utili all’edilizia romana.
Lna grande mutazione sta infatti avvenendo,
sotto gli occhi nostri, nel modo di concepire, sia
esteticamente che praticamente, “ l’abitazione „.
11 diffondersi e il progredire dell’ igiene e le
nuove norme della scienza e dell’educazione
non possono non esercitare una influenza note¬
volissima sull’arte costruttiva, la quale deve pur
corrispondere a questa somma di nuove esi¬
genze ed uscirne a sua volta o rinnovata o
trasformata.
L’Italia fino ad ora non è all’ avanguardia di
d’Ar.mi,
questa rinnovazione o trasformazione: altre na¬
zioni, forse perchè meno preoccupate dai glo¬
riosi monumenti del passato, l’hanno pressoché
compiuta. Era dunque utile darne un solenne
saggio in Italia: e non è troppo audace pensare
che l’emulazione e il desiderio di trionfare in¬
nanzi al grande pubblico che si adunerà nella
Capitale in occasione delle feste del .1911, ci
mostrino una “ Casa moderna „ quale ò nelle
aspirazioni pratiche ed artistiche del nostro
popolo.
ESPOSIZIONI
DAR T E R E T R O S P E T TI VA.
La Mostra Archeologica.
Un’Esposizione di questo genere non poteva
mancare a Roma: nè a diminuire l’importanza
può valere il fatto che dell’arte antica Roma c
già una magnifica Esposizione permanente. Sarà
infatti cosa di sommo interesse per il visitatore
trovare riunite e disposte con rigorosi criteri
scientifici, insigni collezioni di cose antiche e
nuoye e pratiche illustrazioni del meraviglioso
patrimonio archeologico che a Roma fa capo e
che dalla insigne città trae forza e consistenza.
La Mostra archeologica ha sede — nè po¬
trebbe averla più degna — nelle Terme Dio-
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 ii
m
D
Roma. — I lavori dell’Esposizione
FOTOGRAFATI DAL DIRIGIBILE MILITARE. - La Pi AZZA d'ArMI E 1 PADIGLIONI IN COSTRUZIONE.
cìezianc, finalmente liberate dalle sconce super¬
fetazioni con cui secoli tristi le avevano deturpate.
Primo e imponentissimo nucleo di questa Mo¬
stra sarà il geniale contributo delle antiche
Provincie dell’Impero alla Madre" Roma. In ogni
Provincia sono stati scelti quei monumenti archi-
tettonici o figurati che maggiormente portano
l’impronta del Genio romano, o meglio attestano
il vigore della grande civiltà che esso ha dif¬
fuso in tutto il mondo. Questi monumenti sa¬
ranno riprodotti in calchi e disegni apposita¬
mente eseguiti da archeologi e da artisti, e i accen¬
neranno praticamente, pur entro ai brevi confini
in cui dovranno esser contenuti, alla smisurata
estensione di spazio su cui imperarono glorio¬
samente le aquile romane.
Dalla Provincia Asia all’Hispania, dalla Mau-
retania aH'Illirica, tutti i paesi in cui si atten¬
darono vittoriosi i castra dei romani saranno
chiamati a dare il loro contributo : e così ac¬
canto alla rozza arte dei legionari nel 'Propalimi
di Adomklissi risplenderà quella raffinata dei
sepolcri della Provenza; accanto agli avanzi
del Monumentimi Ancyrannm figureranno le in¬
scrizioni dedicatorie alla Dea Roma, sparse per
tutto il mondo antico.
Le sale delle diverse Provincie costituiranno
come una cornice intorno alla Sala di Roma,
in cui saranno raccolte le riproduzioni di pitture
di sculture di gemme di monete in cui appaiono
i miti particolari dell’Urbe, e che mostreranno
come nella Mitologia e nella Storia, si sia for¬
mato il concetto della divinità di Roma.
Ma dovrà inoltre questa Esposizione signifi¬
care l’operosa e multiforme energià che gli ar¬
cheologi italiani hanno spiegata in patria e fuori,
dovunque li abbia tratti l’amore della scienza.
Si avrà perciò una Sala destinata agii scavi che
gli archeologi italiani hanno, col plauso di tutto
il mondo civile, diretti a Creta, e una Sala per
gli scavi compiuti nell’Eritrea.
In questa saranno raccolti i risultati degli
scavi fatti nel luogo dell’antica Adulis; in quella
i documenti della civiltà preellenica tornati alla
luce nei Palazzi di Festos e di I Iaghia Triada,
e i documenti della civiltà classica di Gortyna
e di Prinia.
Un posto importante terranno anche nella
Mostra le riproduzioni, scientificamente severe,
di alcuni fra i più cospicui monumenti classici
dei quali ci restano solo meravigliosi frammenti:
tra questi saranno l’Ara di Domizio Enobarbo,
il Frontone dei Niobidi negli Orti sallustiani, e
fra tutti eccelsa, l’Ara.
Museo di Topografia Romana.
Sarà una Paccolta pazientemente tratta dalle
biblioteche pubbliche e private e scientifica-
mente ordinata di tutti i documenti grafici della
città attraverso i vari periodi della sua magni¬
fica storia. Le vicende della sua trasformazione
edilizia sono ricordate e rese tangibili da stampe
da incisioni da disegni da fotografie da quadri :
come, nei secoli, sia mutata la sua topogra¬
fia, quali monumenti sieno scomparsi, o sieno
stati trasportati altrove, o sieno stati modifi¬
cati, tutto ciò che finora è noto, e solo par¬
zialmente, a pochi studiosi, sarà invece materia
d’una completa e certo popolarissima Mostra.
Anche questo Museo avrà la sua sede in Castel
Sant’Angelo.
Medio Evo, Rinascimento, Settecento.
La grande Città che dopo qualche secolo [di
decadenza, intorno al mille, tornò a fiorire di
potenza e di gloria attrasse sempre, da tutto il
mondo, gli artisti più eletti: così che l’arte
nelle sue molteplici manifestazioni ebbe qui una
continuità non turbata. Ecco la ragione di que¬
ste tre Mostre speciali: del Medioevo, del Rina¬
scimento e del Settecento.
Era facile, a queste Mostre, fare una critica
aprioristica: non si sarebbe dunque tatto una
specie di imperfetto duplicato delle nostre Gal¬
lerie pubbliche e private? L’obbiezione fu sin
da principio preveduta: ma in verità, dato il
concetto ordinatore di queste Mostre, essa non
regge. Lo scopo di queste Mostre non è quello
di esporre le singole opere d’arte che apparten¬
gono ai tre periodi: ma è quello di ricostruirne,
per quanto è possibile, l’ambiente. Se, per esem¬
pio, si sarà ottenuto di ricostruire, anche in
parte, uno dei grandi Palazzi del Patriziato ro¬
mano nel medioevo, di farla rivivere questa
epoca straordinaria, piena di fasto e di miserie,
nei mobili nelle armi nei quadri nelle sculture
nella decorazione negli arazzi nell’insieme gran¬
dioso e nei particolari suoi* più squisiti, si ot¬
terrà certo [un successo di curiosità che nè
meno sarà privo di interesse scientifico..
Così per il Settecento: c si vedrà senza
uscire dal Castel Sant’Angelo come le miniature
soppiantassero le grandi tele, e le finissime ce¬
ramiche, le statue; e i bastoncini e i ventagli,
le lande e le spade; e i panciotti adorni di
pizzi, le maglie d’acciaio: e come ai freddi
grandi ambienti severi, tappezzati di cuoio, si
sostituissero le eleganti camerette piene di bi-
belots, nelle quali le nostre avole incipriate pre¬
siedevano gaie conversazioni e, tenendo colle
dita ingemmate la tabacchiera d’oro, si facevano
corteggiare dagli abatini.
Pittura, Scultura e Architettura
nei cinquant’ anni.
Ma anche la storia quasi contemporanea ha i
suoi diritti, e un’Esposizione d’arte retrospettiva
doveva pur tener conto di questo periodo, po¬
liticamente un po’ tumultuoso, che è corso
dal ’6o sino ad oggi. Bisognava pure mostrare
in una specie di ordinata sintesi ciò che i più
forti e geniali artisti hanno prodotto nell’ultima
metà del secolo XIX, quasi a festeggiare la Ri¬
nascenza civile della Patria. A questa singolare
Mostra che sarà ordinata, come in sede sua
propria, nel Palazzo delle Belle Arti, saranno
però ammesse soltanto opere le quali di pien
diritto e per universale consenso appartengono
ormai alla storia della pittura della scultura e
dell’architettura nei cinquantanni trascorsi dalla
proclamazione del Regno d’Italia.
Delle altre Mostre dirò nel prossimo fasci¬
colo. È
Arturo Calza.
FERNET-BRANCA 1
\
SPECIALITÀ DEI
LgL /
FRATELLI BRANCA - MILANO
Amaro tonico , corroborante , digestivo.
(marciarsi dulie contraffazioni.
6
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
I PADIGLIONI DELLE
REGIONI ITALIANE ALL’ESPOSIZIONE DI
ROMA.
COSTRUZIONI CARATTERISTICHE DI ASSISI E ORVIETO
CASA COLONICA TOSCANA (LUCCHESE)
FABBRICA DI MAIOLICHE FAENTINE
PADIGLIONE DELLA PESCA E ACQUARIO
L’ ACQUARI 0 dettaglio)
mostra ETNOGRAFICA (orvieto)
Lo STATO ATTUALE DEI LAVORI
(fot, A. Gattoni),
LE ESPOSIZIONI DEI
i 9 i i
7
I LAVORI PER IL MONUMENTO A VITTORIO EMANUELE II IN ROMA.
Gli operai montano la colossale statua equestre di bronzo del grande Re, ideata dal Chiaradia, compiuta dal Gallori, da inaugurarsi nel 191 i
(Disegno di Aido Mo'.inari.)
LA PLANIM
ETRIA GENERALE DELLE ESPOSIZIONI DELL' INDUSTRIA E DEL LAVORO A TORINO
(Scala i a 5 500).
UN MILIONE
di mq.
di superfìcie.
ffS
280 000
mq. di area
coperta.
1. Ingresso principale.
2. Arte applicata all’Industria.
3 . Città moderna.
4. Palazzi dol a Moda.
5 . Ungheria.
6. Colonie francesi.
7. Ristoranti c padiglioni diversi.
8. Orto botanico della R. Università.
9. Castello del Valentino (R. Politec¬
nico).
io. Istrumenti di precisione,
ri. Ingresso secondario.
12. Ristoranti e padiglioni diversi.
1 3 . Insegnamento professionale.
14. Strumenti musicali.
1 5 . Sala delle feste.
16. Elettricità.
17. Ingresso secondario c monumento al
Principe Amedeo.
18. Galleria delle macchine in azione.
19. Giornale ed Arte della Stampa.
20. Inghilterra.
21. Colonie inglesi.
22. Borgo c Castello medioevale.
23 . India.
24. Sottopassaggio al corso Dante.
25 Ingresso secondario.
27. Ristorante popolare.
28. Ministero uiei Lavori Pubblici.
29. Locomozione.
3 0. Materiale ferroviario.
31. Ponte provvisorio sul Po.
32 . Scalo dei canotti automobili.
33 . Industrie manifatturiere.
34. Agricoltura e macchine agrarie.
35 . Guerra e marina.
36 . Italiani all’estero.
37. Ingresso secondario.
38 . Siam.
39. Passerella sul Po.
40. Germania.
41. Scalea d’accesso al Ponte nionu- 46.
mentale. 47-
42. Ponte monumentale sul Po. 48.
43. Gran fontana monumentale sulla 49.
collina. 5 o.
44. Francia. 5 i.
45. Belgio.
Brasile.
America Latina (Uruguay, Equatore).
Repubblica Argentina.
Ingresso secondario.
Passerella sul Po.
Stazione arrivo merci.
11 palazzo della Francia, sulla riva destra del Po.
11 palazzo della Germania;
;ulla riva destra del Po.
11 palazzo del Belgio, sulla riva destra del 1 o.
Costruzioni più avanzate ne l
l’£ S P O S 1 Z I O X E D I Torino (fot. X. Pomari).
IO
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
deir Esposizione di Torino
origini
In fatto di esposizioni d orino ha belle e felici tradizioni. Senza risa¬
lire alle mostre delle industrie subalpine, attuate fino da quando, sotto
re Carlo Alberto, Torino non era che la capitale del piccolo Piemonte;
basta ricordare la prima sua esposizione artistica del 1880; la gran
mostra nazionale del 1894; l'altra pure nazionale del 1898 e quella inter¬
nazionale di arte decorativa moderna, tenuta nel 1902, la prima del ge¬
nere in Italia, per noverare altret¬
tanti completi successi, di cui To¬
rino è giustamente altera. Cosi, era
ben naturale che la patriottica città,
accingendosi a celebrare il cinquan¬
tesimo anniversario della proclama¬
zione del Regno d’Italia con Roma
Capitale, pensasse ad indire una
grande esposizione internazionale,
nella quale si rinnovassero, in più
vaste proporzioni, i successi di quel¬
le anteriori.
I giornalisti L’idea prima di
questa nuova espo¬
sizione cominciò a germogliare in
Torino nel 1900, i giornalisti tori¬
nesi avendo deliberato di festeg¬
giare il centenario della nascita di
Cavour, nel 1910, con una mostra
del giornale. Poi il progetto si al¬
largò, sul finire del 1906, dopo che
Milano aveva appena chiusa, con
buoni risultati, la sua esposizione
internazionale dei trasposti; e dopo
un breve periodo di incubazione,
l’idea venne effettivamente concre¬
tata in una memorabile riunione di
cittadini tenuta in Torino la sera
del 14 febbraio 1907.
Tutti i presenti — che erano
quanto di più scelto e benemerito
novera la Capitale Subalpina nella
politica, nell’industria, nei commer¬
ci, nel patriziato, nel mondo banca¬
rio, nella classe degli artisti, dei
professionisti e della stampa — de¬
liberarono con entusiasmo di co¬
stituirsi in Comitato Generale per
organizzare una esposizione inter¬
nazionale, da tenersi in Torino dal¬
l’aprile al novembre del 1911.
A Presidente di
11 Comitato quel numeroso Co¬
generale mi tato generale
venne acclamato il
senatore Secondo Frola, che era al¬
lora sindaco, operosissimo, di To¬
rino; ed alla carica di vice-presi¬
denti furono chiamati i quattro ex-
sindaci, per tanti titoli benemeriti,
senatori Rignon, di Sambuy, Casana
e Ladini Confalonieri.
La deliberazione della elettissima assemblea fu immediatamente co¬
municata a Sua Maestà il Re, che, formulando gli auguri più espressivi,
accettò l’alto patronato dell’Esposizione.
11 senatore Frola ebbe dall'assemblea l’incarico di provvedere a co¬
stituire la Commissione Esecutiva, la quale tu immediatamente compo¬
sta così :
Tomaso Villa, presidente; Antonio Inanelli, Enrico Boyer, Delfino Orsi, Teolìlo
Rossi, vicepresidenti ; Giacomo Albertini, Ferdinando Bocca, Edoardo Rossi, Riccardo
Brayda, Emanuele Cara predon d’Albareto, Riccardo Cattaneo, Alberto Canvin, Emanuele
Costa di Poionghera, Edoardo Daneo, t esare Ferrerò di Cambiano, Paolo Gazzelli Brucco,
Ignazio Marsengo Bastìa, Felice Panie, Giovanni Sacheri, Lodovico Scarfiotti, Vittorio
Sclopis.
Tutti nomi chiarissimi nella storia o nella attività contemporanea
del Piemonte, tutti uomini validamente esperimentati alla vita pubblica,
nelle industrie, nelle amministrazioni locali, e con alla testa Tomaso Villa,
un veterano delle battaglie vittoriose che l’industria italiana ha combattute
in Torino, in Italia e all’estero sui laboriosi campi delle Esposizioni.
La Commissione Esecutiva non perdeva tempo; co¬
ll primo appello stituivasi immediatamente, e già il 4 marzo 1907
diramava questo patriottico appello:
Egregio Signore.
" Ne' giorno memorando del 27 marzo i86r, acclamata dal plauso unanime delle
Camere legislative, si levava dall’antica Reggia di Torino la voce poderosa di Vittorio
Emanuele 11 a proclamare in faccia al mondo l’avvento dell’Unità Nazionale e per essa
la risurrezione di un popolo che dopo di aver lasciate impresse nella storia orme prò
fonde della sua grandezza, giaceva da secoli avvilito c travolto fra le vaste sue rovine.
“ All’atto solenne — che il Conte Camillo di Cavour, nella viva esultanza del
conseguito trimfo potè chiamare un irrido di entusiasmo convcrtito in legge — seguiva
pochi giorni dopo la proclamazione di Roma a capitale del nuovo Regno.
“Da quel giorno l’Italia ebbe a trovare nel vincolo della solidarietà nazionale tutto
il tesoro delle rinascenti energie, ed anche in mezzo ai duri sagrifìci ed alle amarezze
profonde che ebbe a subire per il consoli¬
damento della conquistata libertà, non fallì
mai alla fede che l’aveva sorretta nei più
fieri cimenti ed alla promessa di voler essere
messaggera di pace e di civiltà.
“ Roma e Torino unite in un amplesso
fraterno, si accingono ora a celebrare nella
esultanza concorde di tutte le Provincie Ita¬
liane la ricorrenza cinquantenaria di quella,
che sarà per sempre la data più gloriosa
della loro storia, e pensano che nessun’al-
tra manifestazione possa essere piti degna e
rispondente alla loro idealità, quanto quella
che si concreta in una rassegna generale
dei prodotti dell’arte, dell’industria e del
lavoro, alla quale, come già nel recente ma¬
gnifico convegno di Milano, abbiano a con¬
correre con affettuoso interesse anche gli
stranieri ed alla quale le due città diano
accoglienza ospitale, ciascuna per la parte
che meglio si convenga al carattere delle
sue tradizioni. A Roma quindi la parte ar-
fstica ed archeologica, a Torino quella delle
industrie e del lavoro.
" Chiamati ora n fi, dal voto dei 110-
>tri Concittadini e sotto gli auspici della
Rappresentanza Comunale, all’ordinamento
ed alla direzione dell'Esposizione ln erna-
zionale delle industrie e del lavoro che avrà
luogo in Torino nel 1911, sentiamo di do¬
ver rivolgere la nostra prima parola a tutti
i Comuni Italiani, a tutti gli Istituti scien¬
tifici, a tutte le Società economiche, a tutte
le Assoc azioni industriali ed operaie, alle
Camere di Commercio, ai Comizi Agrari,
ad ogni espressione insomma dell’attività
economica ed industriale, e a quanti amano
il loro paese, chiedendo ad essi con piena
fiducia di volere assecondare l’opera alla
quale attenderemo con tutta l’intensità delle
nostre forze, e di volerne aiutare lo svol¬
gimento con tutti quei mezzi materiali e
moiali che sono necessari perche riesca de¬
gna di Torino e dell’Italia.
“ Noi ci permettiamo perciò di tras¬
mettere alla S. V. 1 unita scheda pregandola
di voler raccogliere le adesioni degli Enti
che sono dalla S. V. rappresentati e dare
Ella stessa quel maggior concorso clic cre¬
derà più conveniente sì che ci sia dato di
inscrivere l’autorevole di Lei nome nell’albo
dei promotori della patriottica manifesta¬
zione.
“Torino, 4 marzo 1907 „.
L’accordo Per accordi pre-
con Roma cedentemente inter¬
ceduti in una riu¬
nione tenuta in Roma col sindaco di quella città, Ernesto Nathan, dal
sindaco di Torino, senatore Frola e dal sen. Tomaso Villa, presidente
della Comissione esecutiva torinese; era stato appunto convenuto che per
concordare le identiche iniziative sorte in Roma ed in Torino contem¬
poraneamente, P Esposizione sarebbe stata, idealmente, una sola, ma
Roma si sarebbe assunta l’organizzazione della mostra internazionale di
Belle Arti ed Archeologica, mentre in l'orino sarebbe stata convocata
soltanto la mostra internazionale dell’industria e del lavoro.
In base a questo accordo, i sindaci di Roma e di Torino pubblica¬
rono il i 5 gennaio 1908 il manifesto collettivo, riprodotto a pag. 4, nel-
1 articolo dedicato alle origini dell’Esposizione di Roma.
Come la mostra di 1 orino veniva posta sotto l'alto patronato di Sua
Maestà il Re, così la Commissione Esecutiva conferiva la propria presi¬
denza onoraria al principe Emanuele Piliberto, duca d’Aosta, che Faccet¬
tava col maggiore buon volere, continuatore in Torino, come cittadino,
delle belle tradizioni lasciatevi dal duca Amedeo, suo padre.
L’Esposizione indetta da Torino sorgeva con tutti i
Il capitale caratteri di una coraggiosa iniziativa privata : in fatto il
capitale dell' Esposizione è costituito da azioni da 100 lire
ciascuna, rimborsabili, per intero o proporzionalmente, a liquidazione fi¬
nita, e la cui esazione è avvenuta a rate nel 1908, 1909, 1910. A tutt’oggi
la sottoscrizione oltrepassa i sei milioni. Inoltre lo Stato ha deliberata
una sovvenzione di un milione e mezzo; un altro milione e mezzo è
stato dato dal Municipio di I orino, indipendentemente dalla concessione
del terreno ; 400 mila lire furono date dal Comitato dell’Esposizione del
Il Senatore Teofilo Rossi, Sindaco di Torino
attuale Presidente del Comitato Generale dell’Esposizione.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
11
1898 ' 200 mila lire .'dalla Provincia, cosicché
dieci "milioni sono oggi effettivamente nelle mani
della- Commissione esecutiva; ed occorrendone,
secondo i preventivi, dodici, per il compimento
della grandiosa impresa, è certo che i due che
mancano saranno ben largamente coperti entro
i pochi mesi che ci separano dall’inaugurazione
dell’Esposizione. Sono ammesse anche le sotto-
scrizioni ad obbligazioni a fondo perduto, le
quali daranno diritto a tessere di libero ingresso
per gli oblatori e per le persone delle loro fa¬
miglie, nella proporzione di una tessera ogni
cento lire sottoscritte. Oltre al rimborso delle
azioni vere e proprie, se vi sarà un avanzo,
verrà erogato a formare un fondo per le future
esposizioni e per opere locali di beneficenza.
Quanto ai cespiti dell’impresa,
I redditi formati dalla tassa di iscrizione
degli espositori (L. 20 per cia¬
scuno) e dalle tasse per occupazione di aree, vi
saranno, oltre al biglietto giornaliero d’ingresso,
dei buoni da L. io, i quali garantiranno a chi
li acquisterà alcuni biglietti di entrata con ridu¬
zione per l’esposizione di Torino e per quella di
Roma, e daranno diritto ad ottenere dalle ferro¬
vie dello Stato biglietti per sei viaggi a Torino
e a Roma, e ritorno alle rispettive città di par¬
tenza ; e, per speciale concessione delle ferrovie
dello Stato, le io lire del buono saranno versate
interamente alle casse delle 'Esposizioni stesse.
Lo statuto per la grande espo-
Lo statuto sizione torinese veniva approvato
con regio decreto del 3 o mag¬
gio 1907 ; e i limiti della esposizione, compren¬
dente tutti i prodotti del lavoro Agricolo ed In¬
dustriale, ed in generale tutte le espressioni
correlative della vita economica e civile, veni¬
vano fissati nelle seguenti classi:
a) la Protezione ed Assistenza dell’Infanzia - l’Edu¬
cazione e l’Insegnamento - Scuole, Officine e Laboratori di
perfezionamento - Esercizi sportivi ;
b) gli Strumenti, Apparecchi e Proci ssi generali
per le Scienze - Stampa - Fotografia - I ibreria - Carte ed ap¬
parecchi di Geografia e di Cosmografia - Strumenti di pre¬
cisione - Meteorologia ;
c) la Meccanica generale - Macchine motrici idrau¬
liche, a vapore, a scoppio - Trasmissioni - Strumenti e
macchine utens li per la lavorazione del legno, del
ferro, ecc. ;
d) la Elettricità - Elettrotecnica - Elettrochimica -
Telegrafia - Telefonia ;
li. Senatore Frola, ex-Sindaco di Torino
primo Presidente del Comitato dell’Esposizione.
c) i Mezzi di trasporto - Strade ordinarie - Ferrovie-
Filovie - Navigazione marittima e fluviale - Navigazione
aerea - Servizi postali - Ponti e strade - Tunnels, canali,
porti, ecc. ;
f) le industrie sportive e sport;
g) la Città moderna - Edifizi pubblici e privati - Case
popolari - Scuole - Ospedali - Teatri, ecc. - Igiene degli abi¬
tati - Mobilio e decorazione-Strumenti musicali;
li) gli Alimenti - Industrie alimentari - Prodotti fari¬
nacei - Panifici - Caseifici - Conserve - Prodotti di confetteria
- Oli - Vini - ! irra - 1 iquori ;
i) il Regime forestale - Foschi - Caccia c pesca;
l) l’Agricoltura e le macchine agrarie;
ìli) le Industrie estrattive e chimiche, arte mine¬
raria ;
n) le Industrie tessili e dell’abbigliamento - del
Cuoio - dell'Oreficeria - dcll’Orologicria - del Caoutchou -
delle Spazzole, ecc.
o) il Giornale e l’Art • della Slampa - Industria
della erta - Arti grafiche - Tipografia - Litografia - F. togra-
fia, telegrafia, radiotelegrafia e telefonia qua i arti sussi¬
diarie del gior ale - Esposizione speciale del calendario,
reclame e caricatura ;
fi) l’Economia sociale - Istituti di ' previdenza e di
assistenza - Associazioni cooperative di credito, di lavoro
c di consumo - Associazioni industriali ed operaie;
q) la Colonizzazione interna ed estera - il lavoro e
la produzione degli Italiani all’estero - Prodotti destinati
all’esportazione ;
r) la li fesa dello Stato - Armi di terra e di mare -
Cartografia - Idrografia - Ospedali, ( roce rossa e materiale
sanitario e di igiene.
Vi saranno inoltre Esposizioni temporanee e
Concorsi a premi di Zootecnica, di Orticoltura
e Floricoltura ed altre coltivazioni, e di quei
prodotti alimentari che non possono essere lun¬
gamente conservati; — Esposizioni speciali di
Antropologia e di Etnografia; - - Concorsi a
premi per le migliori macchine agricole e per
apparecchi di Navigazione aerea, per nuove appli¬
cazioni della energia elettrica, ed infine un grande
Concorso fra i Comuni Italiani, per segnalare il
progresso da essi attuato dal t86t in poi, nelle
condizioni igieniche delle abitazioni, nello svol¬
gimento dei loro sistemi e piani edilizii c nel
migliore ordinamento dell’azienda comunale nelle
varie sue parti.
Vi saranno pure Congressi, Conferenze e
grandi Festeggiamenti popolari.
Quanto alla località dove sor¬
ba località ’gerà l’Esposizione, è superfluo
dell’Esposizione dire che sarà nel parco del Va¬
lentino e terreni adiacenti sulle
due rive del Po. Quando una città ha la fortuna —
come Torino — di possedere una zona verdeg¬
giante così variata e così deliziosa, è naturale che
debba preferirla per le grandi convocazioni na¬
zionali ed internazionali consacrate ai tripudi!
straordinari in onore dell’Arte, dell’Industria,
dell’Agricoltura e di ogni forma dell’umana at-
tività. Le esposizioni abbisognano sopratutto
dell’ambiente, senza il quale la grandiosità e sin¬
golarità degli appositi editici non spiegano tutta
quella vivacità di attrattive che tanto contribui¬
scono al successo d’insieme. Torino, con quella
magnifica zona, sulle due rive del Po, fra la
città dalla dritte vie, dagli ampii verdeggianti
viali, da una parte, e le dolcemente degradanti
amene colline dall'altra, offre alle esposizioni
una ambientazione incomparabile, clic forma per
Il grandioso Palazzo dell’Inghilterra, sulla sponda sinistra del Po.
12
LEJESPOSIZIONI DEL 1911
se stessa una grande attrattiva, e sfoggia uno
scenario che nessuna valentia di artisti riuscirà
mai ad uguagliare.
Più di un milione di metri quadrati
L’area di superficie occuperà l’Esposizione
sulle due rive del gran fiume ; e circa
280 mila metri quadrati misurerà l’area coperta.
L’ideazione delle costruzioni per la mostra è
stata affidata agl’ ingegneri Pietro Fenoglio, Ste¬
fano Molli e Giacomo Salvadori : oltre a ciò le
nazioni estere, — Francia, Germania, Inghilterra,
Belgio, Austria-Ungheria, Spagna, Brasile, Argen¬
tina, Russia, Giappone, Siam, Cina, Stati Uniti, ecc.
— hanno inviato a Torino loro speciali architetti
per i grandi palazzi o padiglioni rispettivi, dei
quali è già molto inoltrata la costruzione; cosic¬
ché la mostra offrirà nella varietà dei suoi nu¬
merosi e grandiosi edifici una esposizione com¬
parativa di architettura speciale, quanto mai
originale ed interessante.
L’ingresso principale sarà al-
Come sarà l’incrocio del ponte Umberto! col
l'Lsposizione corso Vittorio Emanuele. Il visi¬
tatore, appena entrato, troverà
alla propria sinistra il palazzo della Moda, ideato
ed eseguito con forme affatto nuove ed origina¬
lissime: quasi di fronte, a destra, sorgerà l’edifi¬
cio principale dell’arte applicata all’industria, la
quale avrà per sé anche un altro edificio di minori
proporzioni a sinistra. Ma a destra, in appendice
al primo edificio dell’arte applicata sorgerà la
Città moderna, cioè l’esposizione di tutto quanto
interessa, negli aspetti della vita pratica, i pubblici
servizi di una grande città allo stato attuale delle
esigenze e delle scoperte scientifiche applicate.
Dietro alla Città moderna, fra la splendida ve¬
getazione del parco, troveranno conveniente col¬
locamento le Colonie Francesi, di fronte alle quali,
inoltrando, si incontreranno le installazioni per¬
manenti dell’Orto botanico universitario, dopo le
quali sorge la superba mole del Valentino, dove,
come è noto, ha la sua sede l’Istituto tecnico
superiore ; ed è subito dopo il Valentino che
sorgono i padiglioni degli apparecchi di preci¬
sione. Dall’altra parte del vialone di mezzo, verso
il Po, trovansi padiglioni diversi e ristoranti, tutti
costruiti con originalità di stile e disposti in guisa
da formare altrettante attrattive.
Sulla riva destra del Po sorgerà quella che
si potrà chiamare la via delle nazioni; ma l’Un¬
gheria, gli Stati Uniti, e l’Inghilterra hanno
scelta la loro area rispettiva sulla riva destra ;
e l’Inghilterra con un edificio grandioso, vera¬
mente imponente — che supererà tutti i precedenti
costruiti dalla nazione britannica dal i 855 in poi
nelle Esposizioni mondiali — ha collocato sé e le
sue colonie in prossimità del Valentino a fare
pompa della sua imperiale potenza. Accanto al do¬
minante palazzo britannico si spiegano la Galleria
delle macchine in azione, ed il solido edificio
del Giornale e dell’Arte della Stampa — edificio
costruito in cemento armato, e destinato a so¬
pravvivere all’Esposizione, per essere poi adibito
negli anni successivi a speciali mostre tempo¬
ranee. In un lato di questo edifìcio sarà impian¬
tata una tipografia del secolo XV servita da
artieri in costumi cinquecenteschi, i quali impri¬
meranno con torchi di quel tempo piccoli lavori
tipografici-artistici, che offriranno il più bizzarro
contrasto con tutta la moderna arte tipografica,
che si spiegherà nelle gallerie circostanti.
Prima di questo gruppo di edifici, sui quali
grandeggia il palazzo dell’ Inghilterra, sorge un
altro gruppo, nel quale trovano posto gl’ istru-
menti musicali, l’elettricità, e fra questa e quelli
si innalza il magnifico Salone delle leste, latte
prevalentemente di suoni e di luce. Di fronte al
palazzo dell’Inghilterra, quasi sul Po, sono i pa¬
diglioni delle colonie inglesi, collocati al di là
del Castello Medioevale, felice creazione tanto
cara al compianto Giacosa e caratteristico avanzo
della bella Esposizione nazionale del 1884. Nel
Castello Medioevale rivivrà la Torino del Medio
Evo ; ed uscendo da quel lembo di XIII secolo
si avrà subito di fronte, in pieno contrasto,
tutto quanto costituisce i prodotti attuali di 'Fo¬
rino moderna.
Proseguendo, a sinistra, verso il fiume, poco
prima di arrivare all’attuale Ponte Isabella, si
trova il padiglione dell’India, ed oltrepassato il
ponte si distende tra il fiume e la città l’amplis¬
simo parco dei divertimenti, che sarà per la
grande varietà delle attractions uno dei successi
più popolari dell’Esposizione. A temperare, quasi,
l’allegria di questo parco ha ivi eretto il suo
palazzo — il palazzo d’Italia dall’alta cupola —
il Ministero dei lavori pubblici, che occupa 5o
mila metri quadrati, e vi susseguono, per affinità,
le gallerie della locomozione e del materiale
fcr roviario. Di rimpetto al padiglione dei lavori
pubblici attraversa il Po uno dei ponti provvi¬
sori! gittati appositamente, e va a sboccare da¬
vanti al grandioso gruppo delle gallerie dove
troveranno il loro collocamento le industrie ma¬
nifatturiere, l’esposizione di agricoltura, le mac¬
chine agrarie, l’esposizione della Guerra e Ma¬
rina, ed infine il padiglione per le mostre degli
Italiani all'estero.
Si passa, retrocedendo, sotto la testata del
Ponte Isabella, verso la collina, e qui sorge il
padiglione del Siam ; poi cominciano senz’altro
le ampie gallerie che la Germania ha fatte co¬
struire con caratteristica ampiezza e solidità.
L’esposizione germanica termina sul piazzale
dove grandeggia, addossato alla collina, un ma¬
gnifico castello d’acqua che forma prospettiva
al gran ponte monumentale appositamente co¬
struito, a metà dell’Esposizione, e destinato a
sopravviverle, fra i ponti Isabella e Umberto I.
Subito al di là del piazzale, sull’alta fronte,
di faccia alla Germania, alza la sua cupola e le
sue antenne la Francia, dopo il cui fastoso edi¬
ficio vengono quelli del Belgio, dell’Ungheria,
dell’America Latina (Brasile, Uruguay, Equa¬
tore) e dell’Argentina. Rieccoci, a questo modo,
al Ponte Umberto I, dal lato della collina, ed
ecco passata in rapida rassegna la distribuzione
degli edifici di questa Esposizione, che già de¬
lincasi in tutta la sua grandiosità, e la cui si¬
stemazione si svolge con così perfetta organiz¬
zazione — tipicamente torinese — da dare si¬
curo affidamento che al 3 i marzo 1911 tutto
sarà perfettamente compito.
Questo, sinteticamente, ma molto inadeguato,
nelle parole, inadeguato all’ampiezza, all' impo¬
nenza degl’impianti, il quadro d’insieme dell’Espo¬
sizione Internazionale, che, nel 1911, farà grande
onore a Torino e a tutta Italia. Per la riuscita del¬
l’ardita impresa sono stati costituiti in tutto il
Regno un’infinità di Comitati distrettuali e locali,
solleciti a rispondere agli appelli della Commis¬
sione esecutiva perchè la mostra riesca degna
del grande fatto storico che tutta Italia deve
voler commemorare con patriottico entusiasmo
nella benemerita città che fu degnissima culla
del Risorgimento Nazionale.
Dopo cinquanta anni, attra-
Onore verso illusioni, amarezze, dure
a Torino!... esperienze e contrastate fortune,
Torino — sempre, in ogni mo¬
mento, così intimamente conscia dei propri do¬
veri verso la grande Patria, e degli obblighi di
decoro impostile dal suo passato, dal s.uo pre¬
sente, e dalle speranze del suo sicuro avvenire —•
ripensando sè stessa, e guardandosi nel pre¬
sente — può dire di avere mantenuta sempre
salda la fede in sè e nei destini d’Italia. Città
bella e cara per la grandiosità dei suoi edifici,
per l’importanza storica ed artistica di molti di
questi; bella e cara per la quantità di ricordi
che parlano alla mente degli italiani nella vi-
Bagni Russi e 7 urchi
li miglior bagno del mondo in casa.
Rimedio naturale infallibile
> contro.
Reumatismi Artriti, ecc.
Opuscoli gratis - Scrivere :
Soc. GABINETTO CENTURY
Milano - Via Pietro Verri, 8
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
i 3
sione dei suoi palazzi, delle sue piazze, dei suoi
monumenti; centro di vita di un popolo educato,
disciplinato, laborioso, tenace, fattivo ; devota
incomparabilmente alla grandezza della Patria, da
lei sempre servita con abnegazione e con entu¬
siasmo alieno da inutili esuberanze e da frastuoni
volgari, Torino merita di vedere nel 1911 co¬
ronati dalla convergenza di tutte le più propizie
fortune gli sforzi coraggiosi del suo grande
spirito d’iniziativa. Essa raccolse tutte le spe¬
ranze patrie quando la Patria ancora non era ;
essa merita di raccogliere tutte le adesioni ora
che la Patria è e sta.
Gl’italiani delle vecchie generazioni che par¬
teciparono alla grande opera del Risorgimento,
ritornando di quando in quando a Torino, compi¬
vano nella patria di Balbo, di Gioberti, di Cavour,
di Vittorio Emanuele una specie di devoto, com¬
movente pellegrinaggio. Altrettanto devono fare
nel 1911 gl'italiani delle susseguite generazioni,
traendo nuova fede per l’avvenire della Patria
da ciò che Torino ha saputo organizzare col
concorso di tutta Italia e delle nazioni amiche
per celebrare con grandiosità esemplare il cin¬
quantenario di queil’Unità, pel cui compimento
essa preparò gl'Italiani non badando a sacrifici
e non temendo pericoli, ed infine le fece con tanta
nobiltà il sagritìcio di sè stessa!...
Alfredo Co.mandixi.
I MANIFESTI ARTISTICI DELLE ESPOSIZIONI DI ROMA E TORINO.
11 bozzetto del De Karolis è stato affidato, per Tesecu-
zionc, allo stab limento Cliappuis di Bologna, ed è stato
riprodotto, di preferenza nei formati minori, convenienti
per sale di alberghi, di ristoranti, di circoli, per carrozze
ferroviarie e tramviarie, e simili.
Il bozzetto del Metlicovitz, è stato impresso nelle offi¬
cine Ricordi in Milano negli amplissimi formati richiesti
dalle estese affissioni murali in Italia ed all’estero.
ivdvsirji:
: DI I. LAVORO ?m\. % L AN1 VfìKSARJO DUI-A
Manifesto dell’Esposizione di Torino
di A. De Karolis.
ROMA ™* 10
NOVEMBRE 191!
FESTE C 0 MMEM 0 RATVE del* PRO
DAMATONE del REGNO d ITALIA
L.Vi >\t IM. 0 \K’.E-COSeOKso !N(KI;S \/ o MtlHTv R V
t".OSVR-\ tlMK.KM ie \ PVWUOV !• i OlOSAl 1 -\Kff Kl- UJ\ '•
w*CHPOUJon- Mttt: .nvstCAU. i DKVMMàn v \\T:c\t m; ■n ,\n
• ■■ ’ ,
Manifesto dell’Esposizione di Roma
di Duilio Cambellotti.
Sono appena venti anni che l’arte, nelle sue più geniali
espressioni, è stata applicata con successo in Italia ai car¬
telloni per la reclame. Il progresso crescente di questo
ramo dell’applicazione dell’arte all’industria ha fatto con¬
quistare all’arte italiana un posto notevolissimo in Europa
ed anche in America, anzi, per la verità storica, conviene
dire che i [ rimi ardimenti artistici in questo genere fu¬
rono tentati da artisti italiani all’Estero, dove, ot enuto
il non dubitabile battesimo, trovarono largo sviluppo anche
in patria.
Oggi ogni esposizione, ogni circuito aereo, ogni convegno
sportivo, ogni pubblica manifestazione solenne, chiedono
all’arte italiana una geniale consacrazione in forma di car¬
tello-; che poi si trasmuta in cartolina illustrata,
in francobollo, tutte forme di d flfusione della geniale con¬
cezione arrisica e di > celarne all’avvenimento, all’impresa
che si vuole celebrare e far conoscere.
Per l’esposizione di Torino fu indetto un concorso fino
dal 1907, con premi rispettabili, ma senza soddisfacenti
risultati. Per conseguenza fu aperta una gara privata fra
Ditte Editrici, che presentarono al Comitato eccellenti boz¬
zetti di artisti ben noti. La scelta della Commissione ese¬
cutiva cadde poi definitivamente sui bozzetti dei valenti
pittori Metlicovitz e De Karolis, inspi¬
ratisi entrambi al concetto di esaltare là
bandiera nazionale, sventolante sulla fe- PER ![. f> 0 ? Aft N ! VERSARJO DELLA PR O CL A/H AZIONE
sta del lavoro.
Il Metlicovitz ha ideato due tipi vigo¬
rosi d’uomini in atto di ergere e piantare
su un’altura sovrastante al campo gene¬
rale dell’Esposizione la bandiera tricolore
italiana per invitare alla nobile gara del¬
l’intelligenza e del lavoro le nazioni ci¬
vili. Una vivida luce gialla, raggio pode¬
roso del sole che tramonta, illumina tutto
lo sfondo del quadro, sul quale distcn-
donsi gli edifici dell’Esposizione, le colline
fino a Superba c la Capitale Subalpina
col caratteristico profilo lontano della mole
Antonelliana.
Il De Karolis ha ideato in gruppo tre
robusti lavoratori : uno di essi raccoglie
gli strumenti del lavoro, stringendoli in
fascio unitamente a ramo d’ulivo, sim-
boleggiante la pace che giova allo svi¬
luppo di ogni progresso ; un altro lavo¬
ratore regge l’asta della bandiera guar¬
dando in alto allo sventolante drappo
tricolore; mentre dietro a lui il terzo
compagno, avente nella sinistra il caduceo
alato, simbolo del commercio, eleva con
la destra la simbolica vittoria alata, con¬
seguita da ci.i ha fede nelle idealità della
patria e nel lavoro.
Altro manifesto dell’Esposizione di Torino
del [littore A. Metlicovitz.
Cartolina commemorativa dell’Esposizione di Iorino.
E l’uno l’altro hanno poi avute multiple riproduzioni
nei formati di cartoline c di francobólli, con le diciture
nelle diverse lingue vive, venendo cosi affidato ai nomi di
due valerti artisti e di due apprezzate officine litografiche
italiane di mandare per tutto il mondo, in belle ed espres¬
sive forme d’arte, l’annuncio c l’invito ai popoli per il
grandissimo avvenimento pel quale Torino ha raccolto in¬
torno a sè le più salde energie della patria.
Per l’Esposizione di Roma il cartello -;celarne tu dise¬
gnalo dall’artista egregio Duilio Cambellotti. ed ha un
alto significato storico e patriottico: all’inizio di una d Ile
grandi ère che si dipartirono da Roma, spingendo i nostri
gloriosi antenati alla conquista del mondo, è piantata una
pietra miliare. Su di essa ò incisa la data della fondazione
dall’Urbe — mmdclxiv, e verso la pietra miliare accorrono
e sovra essa posano e stanno le aquile romane in superbo
atteggiamento.
L’artista ha genialmente espresso con un simbolo di
chiara significazione e di originale verità,
la s Tenne commemorazione patriottica
che Roma celebrerà nel 1911, compien¬
dosi i cinquanta anni dalla sua procla¬
mazione a Capitale della patria italiana
unificati. La riproduzione tipografica di
questo cartellone nei diversi formati fu
affidata allo stabilimento Chappuis di Bo¬
logna, su ricordato.
Oltre ai suaccennati manifesti, i Comi¬
tati di Roma e di Torino hanno emesso
una serie artistica di Cartoline reclame
per le rispettive esposizioni, fiorino inol¬
tre, ha bandito un concorso tra artisti
italiani per una serie di soggetti patriot¬
tici che ricordino i principali episodi
della proclamazione del Regno d’Italia. I
disegni premiati verranno riprodotti a
colori in formato di cailolina ed avranno
cosi larga diffusione all’Italia e all’estero.
Un’altra interessante serie di cartoline
emesse dal Comitato Torinese è quella
che reca nitidamente riprodotte a colori
l’effigie dei fattori dell’indipendenza ita¬
liana. Anche l’Esposizione del Ritratto Ita¬
liano di Firenze — di cui ci occuperemo
nel prossimo fascicolo — ha un bellissimo
manifesto di Galileo Chini — che ripro¬
durremo a suo tempo. Alla reclame gra¬
fica delle Esposizioni del 1911 hanno
dunque lavorato i nostri migliori artisti.
14
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
Le Esposizioni.... attraverso i secoli
$
VICO MANTEGAZZA
^[5] 0 (sKs 3 ‘ == ^i=
Delle Esposizioni Internazionali, che oramai
si succedono a cosi brevi intervalli di tempo,
non si può dire, come di tante altre cose, che
la loro origine si perde nella notte dei tempi.
Non si può nemmeno ricorrere ai soliti cinesi
che, realmente, pare abbiano preceduto in tante
scoperte od applicazioni questa nostra vecchia
Europa. Vi è soltanto uno storiografo greco del
li secolo, il quale racconta che sotto Tolomeo
Filometor fu data una grande festa nella quale
questo Faraone fece esporre dai negozianti di
Tebe e di Wempi tutto quello che allora pro¬
duceva l’Egitto. Con uno sforzo di buona vo¬
lontà, si potrebbe far rimontare al sullodato
Faraone l’origine prima delle esposizioni. Però
bisognerebbe riconoscere anche che l'esempio
non lia avuto imitatori; poiché bisogna varcare
il Mediterraneo e lasciar passare molti secoli
per arrivare non già alle esposizioni, ma alle
fiere, dalle quali è poi sorta l’idea delle espo¬
sizioni come oggi le intendiamo.
La prima esposizione, della quale si ha qualche
notizia esatta pare sia quella tenuta a Praga
verso la fine del secolo decimottavo. Fu da
quella esposizione nella capitale boema che Fran¬
cois de Neuf-chateau ministro dell’Interno sotto
il Direttorio ebbe l’idea di fare qualche cosa di
simile a Parigi.
Una Esposizione che costa 60 mila franchi!!
Veramente l’Esposizione doveva essere il com¬
plemento di grandi feste che si celebrarono nel¬
l’anno VI. Ne fu invece la parte principale. Fu
edificato con una costruzione provvisoria un
tempio dell’industria, certamente il primo della
serie di tutti quei palazzi dell’Industria, di
quelle Gallerie delle Macchine immancabili in
tutte le esposizioni moderne. A quell’epoca si
facevano ancora le cose con poca spesa. Il de¬
creto di Napoleone col quale si fissavano le linee
generali dell’Esposizione, e si stanziavano i fondi
relativi stabiliva una spesa di 60 mila franchi.
A Napoleone l'idea dell’Esposizione era piaciuta
tanto che aveva già stabilito di ripeterla ogni
tre anni. Gli avvenimenti politici e le guerre nelle
quali la Francia si trovò impegnata, impedirono
al grande capitano di creare, fino da allora, le
esposizioni triennali.
Da quell’epoca, altro salto fino al 1849, quando
venne l’idea di ripetere ciò che si era fatto nel¬
l’anno VI in proporzioni maggiori chiamando a
raccolta non solamente gli industriali e i pro¬
duttori francesi, ma anche quelli dell’Algeria e
delle Colonie. L’esposizione, diremo cosi Napo¬
leonica, aveva avuto poco più di un centinaio
di espositori. In quella del 1849 il loro numero
fu piu del doppio. Ma per la prima volta, in
quella esposizione organizzata dopo la rivolu¬
zione, furono distribuite delle ricompense, e fe¬
cero la loro comparsa i diplomi e le medaglie
per i premiati, dei quali si è fatto di poi tanto
abuso.
Ma eravamo ancora nel campo delle piccole
esposizioni nazionali. A nessuno era venuto in
mente d’invitare gli stranieri ad esporre i loro
prodotti. Tutta la classe commerciale avrebbe
protestato e minacciato di lapidare chi ave se
osato mettere innanzi una simile proposta. Data
la situazione economica dell’Europa, vi era un
solo paese che poteva farlo: l'Inghilterra che,
sicura della sua, poteva senza preoccupazioni invi¬
tare l’industria straniera.
Le prime internazionali.
E fu diffatti l’Inghilterra che organizzò la prima
esposizione internazionale. Una esposizione che
adesso sarebbe una ben povera cosa, dopo che
abbiamo veduto, come a Saint Louis, improvvi¬
sare in pochi mesi delle vere città per farne
sede di una esposizione, ma che parve allora
più che grandiosa ed ebbe un enorme successo.
A Londra fu costruita per quella Esposizione
del 1802 il Palazzo di Cristallo; e, per la prima
\olta, in alcune gallone, il pubblico potò rendersi
conto del modo come procede la fabbricazione
di parecchi prodotti.
L'Esposizione internazionale del 1882, alla quale
pai teciparono quasi tutti gli Stati europei, ebbe
conseguenze al di là di quello che si poteva
prevedere, ed esercitò una grande influenza
sulla politica doganale dei vari stati. I grandi
industriali, i grandi produttori ebbero in quella
circostanza, occasione di conoscersi,^ scambiare
delle idee, e, poscia, di far pressione sui loro
rispettivi governi per modificare nel reciproco
interesse le tariffe.
Tantoché la Francia segui ben presto l’esempio
dell’ Inghilterra, organizzando una esposizione
alla quale partecipò anche l’estero nel i 855 . E
a questa esposizione che si istituì, per la prima
volta, il biglietto d’ingresso, e che queste im¬
prese incominciarono a prendere anche un certo
carattere di operazione finanziaria, che non sem¬
pre è andata bene, ma nella quale il pubblico
è chiamato in tal modo a partecipare e a co¬
prire la spesa. Il biglietto d’ingresso costava
un franco nei giorni di lunedi, martedì, merco¬
ledì, giovedì e sabato, cinque franchi il venerdì
e 28 centesimi alla domenica. La tradizione del
giorno elegante, a prezzo assai elevato, si è
mantenuta. Anche nel 1900, il venerdì, l'ingresso
era a cinque lire.
L’apoteosi del secondo Impero.
Ma la vera, la grande Esposizione Universale
alla quale tutte le nazioni del mondo hanno par¬
tecipato in forma solenne, sia per il numero
degli espositori, come per i padiglioni speciali
che vi costruirono e per le spiccate personalità
mandate come commissari generali, fu quella
di Parigi del 1867, considerata come la grande
apoteosi del Secondo Impero.
In quella circostanza Parigi apparve realmente
la capitale dell’Europa, e Napoleone III l’arbitro
dei destini del Vecchio Continente. Sovrani e
Principi fecero a gara nel recarsi a rendere o-
maggio all’Imperatore e all’Imperatrice Eugenia
allora in tutto il fulgore della bellezza. Fu una
serie continuata di feste splendide, aristocratiche
c popolari, che, evidentemente illusero, e in Fran¬
cia e fuori, sulla solidità del regime imperiale,
che doveva precipitare, poco dopo, e, all'indo¬
mani di un’altra festa grandiosa in onore della
Francia e dell’Impero: la inaugurazione del Ca¬
nale di Suez.
Il Principe Napoleone che era stato il relatore
di quella precedente dal i 855 aveva proposto
il piano che fu adottato delle gallerie concen¬
triche intorno a un gran corpo di fabbrica cen¬
trale. Gli espositori passarono i quarantamila
e va annoverato lo stesso Imperatore che pre¬
sentò delle case popolari delle quali aveva egli
stesso disegnato i piani. Fra gli ospiti coro¬
nati vi fu anche lo Czar, e nessuno pensò cer¬
tamente allora che il gio\ane repubblicano, il
quale sul passaggio dello Czar gettò il famoso
grido: Vive la Pologne, Monsieur, sarebbe di¬
ventato un giorno ministro, e ministro della
Repubblica alleata della Russia.
^ Al Bois de Boulogne , onde questa folla di
Sovrani e di Principi non fosse troppo a contatto
col pubblico, si era loro riservato un viale, ove
non potevano entrare che le carrozze nelle
quali vi erano sovrani o principi ai quali il pic¬
chetto di guardia rendeva gli onoii militari. Era
l’epoca nella quale facevano furore le operette
di Offenbach e, tanto sulla scena che fuori del
teatro, aveva un grande successo di donna e di
artista una celebre cantante, la Schneider. La
bella attrice aveva da poco creato la parte della
protagonista nella Grande Duchesse de Gercl
stelli. 11 teatro e le alte amicizie che la proteg¬
gevano permettevano alla bella artista di avere
degli equipaggi splendidi, che per eleganza e
correzione potevano perfettamente rivaleggiare
con quelli dei principi e dei sovrani. Un giorno
ebbe la strana idea di voler essere Grandu¬
chessa.... anche di giorno e di fare la trottata
nell 'altee des Priuces. Quando si presentò al can¬
cello d’ingresso, il funzionario di pubblica sicu¬
rezza che non la conosceva, fermò la vettura
con l’evidente intenzione di dire alla bella si¬
gnora che quel viale non era per il pubblico.
Ma la Schneider, con fare naturale e disin¬
volto, senza dargli tempo di aprir bocca gli
disse :
— La Grande Duchesse de Gerolstein.
11 funzionario fece il saluto militare, e la car¬
rozza proseguì.
L esposizione del 1867 fu organizzata con un
capitale di garanzia di 20 milioni, dei quali otto
sottoscritti da una società di grandi industriali
e di commercianti, e dodici, in parti uguali,
dallo stato e dalla città di Parigi. Ri quella espo¬
sizione è rimasto come ricordo un opera in 20
volumi, il famoso Rappaci sur I etat des lettres
et des Sciences en I rance, al quale hanno col-
laborato le più spiccate individualità della I* rancia
intellettuale di quclTepoca. f ra le altre vi è
anche una relazione di I colilo Gautier.
Nei tre continenti.
Caduto l’Impero e scemata la situazione della
Francia in Europa, Vienna pensò subito di ap¬
profittarne per bandire a sua volta una grande
Esposizione internazionale, nella speranza^ di ve¬
dere ritornare la capitale dell Impero all antico
splendore. Ma l’Esposizione di \ ìenna del 1878
non ebbe successo. Le esposizioni perché rie¬
scano debbono essere un pretesto, un grande
pretesto se volete, per chiamare della gente,
ma quando la gente trova da divertirsi o da
interessarsi anche in altro modo. Ed a \ ienna il
forestiere non si divertiva allora, come, del resto,
non si diverte oggi, malgrado tutte le attrattive
della simpatica città.
A nessun forestiere, se non ha delle ragioni
speciali, viene in mente di andare a passare
qualche mese a Vienna, come va invece a Pa¬
rigi a Roma 0 a Londra. Così, non potevano
avere un successo, parlo di quello che chiamert i
il successo cosmopolita, né quella di Filadelfia
del 1876, nè quella di Sidney (1879) e di Mel¬
bourne (1880) cosi lontana.
Ne ebbe invece uno grandissimo quella di
Parigi del 1878, che segnò il primo relrveincnt
della Francia dopo la disfatta. Tutte le nazioni
del mondo vi parteciparono. L’Italia, quasi a te¬
stimoniare solennemente la sua amicizia che so¬
pravviveva al mutamento di regime, destinò
alla Presidenza della Commissione organizza¬
trice del concorso un principe del sangue: il
duca d’Aosta, e nominò Commissario Generale
l’uomo politico che aveva in quel momento, al¬
l’indomani dell’avvenimento della Sinistra al po¬
tere, la più alia posizione parlamentare: Cesare
Correnti.
Qualche anno dopo le relazioni fra i due paesi
diventarono tese e l’Italia non partecipò ufficial¬
mente alla esposizione successiva del 1889. Del
resto, non lo avrebbe forse potuto anche se le
relazioni fossero state diverse, perchè gli stati
monarchici, e specialmente quelli che avevano
veduto rovesciate le dinastie dalla rivoluzione
francese, 0, come per l’Austria, decapitata una
principessa uscita dalla sua casa regnante, non
potevano partecipare a un festa per solennizzarne
il centenario.
L’Italia partecipò per iniziativa privata, per
opera di un comitato presieduto dal Villa, oggi
presidente del Comitato per quella di Torino e,
in Italia, il veterano di tutti coloro pei quali, in
Francia è trovato anche il nome, chiamandoli
honuncs d’expositiou.
Ogni undici anni. ’)
La frase veramente è del Picard; il Commis¬
sario generale dell'Esposizione del 1900 che sor¬
passò in grandiosità tutte le altre organizzate
sulla riva della Senna, tanto che, persuasi di
non poter fare di più, per un certo tempo pare
si sia rinunziato alla tradizione di indire tali
esposizioni internazionali ogni undici anni. Il
Picard, mente vastissima, era veramente l’uomo
indicato per ben condurre un’opera così gigan¬
tesca. Poiché a lato alla coltura tecnica unisce
anche tutte quelle altre qualità così necessarie
per chi diresse un’impresa nella quale deve es¬
sere sempre a contatto col pubblico, e che è
fatta per il pubblico.
I lo ritrovato negli uffici del Comitato di Roma
un antico collega, il signor Duprè, il quale, a-
vendo avuto col Picard un’intervista due o tre
anni prima, per sapere che cosa si doveva dire
dell’ esposizione nell’ interesse dell’ impresa, ne
ebbe una risposta la quale mostra come l’espo-
U Ecco la cronologia delle grandi esposizioni interna¬
zionali :
1852 Londra.
1856 Parigi.
1862 Londra:
1867 Parigi.
1873 Vienna.
1876 Filadelfia
1878 Parigi.
1879 Sidney.
1880 Melbourne.
1885 Anversa.
1889 Parigi.
1893 Cicago.
1897’ Bruxelles.
1898 Torino.
1900 Parigi.
1904 St. Louis.
1905 Liegi.
1906 Milano.
l'IlO Bruxelles.
l'orino.
1911
Sii
Roma.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
i5
sizione, specialmente per Parigi, sia il pretesto
per chiamare più gente.
— Che cosa sarà l'Esposizione, non so ancora
bene nemmeno io; ma se fate un bell’articolo
sull'esposizione.... parlate, parlate di Parigi, del
boulevard, e sopratutto du monde oh l'on s’a-
muse. Perchè, andranno certamente tutti all’espo¬
sizione: ma verranno sopratutto per questo....
All'Italia che ho avuto l’onore di rappresen¬
tare a Parigi nel 1900 con Fon. Villa fu consen¬
tita una larga partecipazione. 11 nostro padiglione
era il primo della Rite des Nations, e il più grande.
11 Commissariato generale e il Governo della
Repubblica nella persona del Millerand, allora
ministro del Commercio e col quale avevamo
relazione per l’Esposizione che dipendeva da lui
furono sempre oltre ogni dire cortesi, fino al
punto — come appunto per il grande spazio
accordatoci per il nostro Padiglione — da solle¬
vare le gelosie e le proteste dei rappresentanti
degli altri stati.
Ix Italia.
Con quella del igoo Parigi, come diceva, ha
chiuso la serie delle sue grandi esposizioni.
Qualche anno dopo fu organizzata quella di
Saint Louis; nel 1900 quella di Liegi; nel 1906
quella di Milano, e quest’anno quella di Bruxelles.
Il Belgio, il piccolo ed industre paese, con quella
ora aperta, è già alla sua quarta esposizione
internazionale. Le esposizioni belghe, han sempre
avuto tutte quante un gran successo, special-
mente per la larghissima partecipazione della
Francia, che per la lingua, e per i frequentissimi
contatti si considera un po’ come in casa sua.
L’esposizione di Liegi, per esempio, dovuta alla
iivziativa privata, poiché, soltanto dopo un certo
periodo il Governo intervenne direttamente, fu
dapprima accolta con grande diffidenza. Fu so¬
lamente quando si seppe assicurato un largo
concorso della Francia che tutti gli altri paesi
acconsentirono a partecipare. Della esposizione
di Torino del 1898 c di quella di Milano sono
troppo recenti i ricordi perchè sia il caso di par¬
larne qui. Torino ripete ora l’esperimento, e
Roma invece per l.i prima volta vede una espo¬
sizione, che, però, è internazionale solamente
per le belle arti.
Era difficilè, per un complesso di circostanze
organizzare una esposizione che comprendesse
tutto nella capitale del Regno, e il problema è
stato sciolto con genialità, lasciando a Torino
tutta la parte industriale, e riservando a Roma
la parte artisticà e quelle mostre di archeologia,
l’etnografica, c la parte musicale che trovano a
Roma il loro ambiente naturale, e che ne assi¬
curano il successo, anche perchè l’esposizione
di Roma ha un carattere completamente diverso
da tutte quelle che l'hanno preceduta.
Vico Manti.(.azza.
SUL GRANDI: MONUMKNTO IN CAMPIDOGLIO.
Roma preparandosi con fervore per le grandi comme¬
morazioni del 19 ri, non appresta soltanto le molte e diverse
esposizioni. Grandiose feste civili saranno compiute nella
gloriosa città; e vi saranno inaugurate opere edilizie su¬
perbe, compiute dallo Stato ad attestare che anche l’Italia
nuova ha pieno e degno il concetto della grandezza di
Roma.
La più imponente di queste opere nuove sarà, senza
dubbio, il monumento, senza uguali, edificato sull’alto colle
capitolino a ricordare in eterno il nome del Re Liberatore,
di Vittorio Emanuele II, che incarnò il sogno di tanti
secoli, e raccolse attorno a sè tutte le maggiori energie
nazionali per il compimento del gr&nde voto — l’unifica-
zionc d’Italia con Roma capitale.
Del monumento grandioso, complesso, imponente, ideato
da Giuseppe Sacconi, avremo agio di parlare. Oggi diamo
qui una fotografia caratteristica, pittoresca, eseguita per noi
nell’immenso cantiere, dove, poche settimane sono ò stata
trasportata dalla fonderia Bastianelli, a Ripa Grande, la
bronzea statua equestre colossale che deve essere collocata
nel centro della platea del monumento.
Questa fotografia, dalla quale si rileva come il montaggio
della sfatua sia oramai compiuto, ne documenta in modo
impressionante tutta l’imponenza delle proporzioni. Quegli
operai che, collocati a lavorare Ira il busto del Re c il
collo del cavallo vi appaiono come minuscole figure in¬
fantili, sono il più espressivo termine di confronto, dal
quale si può dedurre che cosa sarà, nel suo complesso
questa statua, nel ventre del cui cavallo si riunirono, nella
fonderia Bastianelli, a convito una trentina di artisti,
mentre nell’interno della testa del Gran Re poterono rac¬
cogliersi a brindare alla grande opera otto persone.
La nostra fotografia dà con grande efficacia l’impres¬
sione vera del che cosa sia questo colosso: tutto c in
proporzione intorno ad esso; c l’insieme del monumento
incomparabile riuscirà senza dubbio una delle meraviglie
di cui tutto il mondo dovrà parlare, nelle solenni feste
commemorative del 1911.
La statua del Gran Re fu ideata dal genialissimo scul¬
tore udinese Chiaradia, morto giovanissimo, poco dopo
vinto il due volte disputato concorso, e fu portata a com¬
pimento dal vigoroso artista romano Emilio Gallori, autore
del magnifico monumento di Garibaldi, eretto fra il Vati¬
cano e San Pietro in Molitorio lungo la splendida pas¬
seggiata del Gianico o.
I TRE SI NI) A CI DELLE ESPOSIZIONI.
Le Esposizioni di Torino c di Roma sono nate c si
vengono preparando sotto la direzione dei rispettivi Co¬
mitati Esecutivi; ma in questi hanno parte cospicua i
sindaci delle due grandi città, mandatarii dei rispettivi
Consigli Comunali, interpreti dei due Municipii che alla
migliore riuscita delle due grandi mostre hanno impegnato
il proprio contributo finanziario, tutta la propria energia
amministrativa, tutto il proprio prestigio.
Quando, nel 1907 aTorino la iniziat.va fu decisa e lanciata,
era sindaco della città l’avvocato Secondo Frola, uomo di
larghe idee liberali, attivissimo, felicemente facondo, sim¬
patico, popolare, già deputato al Parlamento per ben sei
legislature, dal 1886 al 1900, pel collegio li di Torino e
per Chivasso, due volte so.tosegretario di Stato al Tesoro
con Luzzatti, e da ultimo senatore. Il Frola figura negli
annali municipali di Torino come sindaco riformatore; egli
portò tutta l’energia della sua volontà a trasformare l’am¬
ministrazione finanziaria di Torino in armonia col suo
maggiore sviluppo edilizio, e nel momento in cui si ritirò
dal sindacato il suo vasto piano riformatore aveva già
avuta estesa applicazione, c non rimanevano da superare
che ultime e parziali difficoltà. Egli fu il primo presidente
del Comitato Generale dell’Esposizione, ed ora nc ò uno
dei vicepresidenti, sempre operoso e plauditissimo.
Non minore zelo spiega il suo successore in sindacato,
l’avvocato Teofilo Ro,s , anch’egli già deputato, di Car¬
magnola, per tre legislature, dal 1897 al 1909, già sotto¬
segretario di Stato alle poste, e dimessosi da deputato per
accettare la carica di sindaco, conferitagli con piena fiducia
d dia maggioranza liberale della sua Torino, e, poco dopo,
nominato senatore. Come sindaco della Capitale Subalpina
Tcofilo Rossi ha assunto la presidenza del Comitato Ge¬
nerale dell’ Esposizione, portandovi tutta la operosità del
suo vivace temperamento, e preparando la patriottica città
a corrispondere nel modo più degno al grande avveni¬
mento che rimarrà certamente memorabile.
Roma, che per la prima volta, dopo quaranta anni dalla
sua liberazione, si accinge al cimento di una grande Espo¬
sizione internazionale, è rappresentata, come ente munici¬
pale, da un uomo che ha imparato fino da fanciullo l'amore
all’Italia ad una scuola i cui insegnamenti non potevano
fallire — la scuola di Giuseppe Mazzini Ernesto Nat han,
sindaco di Roma, portato in Campidoglio dal blocco po¬
polare, abbracciante uomini di tutte le gradazioni liberali,
ha di Roma moderna, di Roma capitale d’Italia, un altissimo
ideale, e la sua amministrazione ha un radicale programma
riformatore, trasformatore che coincide opp rtunamente con
la grande Esposizione destinata a commemorare il cinquan¬
tennio dal giorno in cui l’Urbe fu proclamata nel Parla¬
mento Subalpino la capitale storica, fatale, del nuovo
Regno d’Italia. Egli è impegnato a tutt’uomo perché Roma,
nel 1911, possa accogliere degnamente le rappresentanze
di tutta Italia, di tutto il mondo, ad una festa la quale
deve provare, anche col rigoglio di vita e con lo sviluppo
moderno edilizio a quale allo livello di progresso i tempi
nuovi abbiano portata la città ideale di tutti gli spiriti
nobili e colli.
jfc & IL SECONDO FASCICOLO
USCIRÀ A METÀ DICEMBRE A A
ÌÉSMìZara
QuestoJkjUOrG rinomato
non dovrebbe mancare
a nessuna mensa.
Conferenze fiorentine (1909). Un magnifico volume in-8,
con 24 riproduzioni fotografiche (tirate a parte) dei ca-
J polavori di Leonardo, e il ritratto di Leonardo. Lire 8
Dirigere commissioni e. raglili ai Trai olii Trcvcs, editori, in Milano, ria Palermo, 12 ; e Gali. 1 itt. Emuli., 61-66-6''.
ESPOSIZIONI 1
(Album, Giornali, Numeri unici, riccamente illustrati,
riproduzioni di quadri e statue, con ritratti d'artisti).
1873. Album dell’Esposizione Universale di
Vienna. Un voi. in-4 grande, con 109 ine. 5 —
Testo di R. Bonghi, De Cesare, Filippi, Ga¬
belli, ecc.
1880. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬
nale di Belle Arti a Torino. Con 5a quadri e
29 statue, e coi ritratti degli artisti premiati 12 —
Legato alla bodoniana.14 —
1881. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬
nale di Milano. In-folio con i5o grandi quadri
tirati a parte in carta sopraffina . . . 20 —
Legato alla bodoniana.22 —
Legato in tela c oro.-
1881. Milano e l’Esposizione Nazionale. 320 pa¬
gine in—4 grande, con i3o incisioni . . IO —
1883. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬
nale di Belle Arti a Roma. In-folio con 49
quadri e 16 statue.1° —
Legato alla bodoniana.12 —
1884. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬
nale di Torino, diviso in quattro parti:
La storia c le feste dell’Esposizione, di G. Armandi.
Con i3 grandi disegni e ritratti ... I
Il Castello Medioevale, descritto da Camillo Boito.
Disegni di Sezanne, Bonamore e Matania. 2 -
L’Esposizione Industriale, di G. Robustelli. Con
40 incisioni.4 —
L’ Esposizione Artistica, di Luigi Chirtani. Con
45 quadri e 14 statue e gruppi . . . 4 —
Le 4 parti riunite in un volume formano uno stupendo
Album in-folio illustrato da i53 incisioni • II ~
Legato alla bodoniana.l3 —
Legato in tela.
1884. Torino e l’Esposizione Nazionale. Un vo¬
lume in-4 di 480 pagine, con i5o incisioni. IO -
1887. Venezia e l’Esposizione Nazionale Arti¬
stica. 48 pagine in-folio, con 5o incisioni I 20
1887. L’Esposizione Internazionale di Macina¬
zione e Panificazione in Milano. Con 22
grandi incisioni.— 7^
1888. Bologna e le sue Esposizioni. 48 pagine
in gran formato, con 19 ritratti c 3o incis. 2 —
1888. L’Esposizione Italiana a Londra. 32 pa¬
gine in-folio, con 36 incisioni .... I 20
Testo di R. Bonghi, Vico Mantegazza, Luigi
Chirtani. Ne fu fatta un’edizione inglese.
1889. Parigi e l’Esposizione Universale. 320 pa¬
gine in-4 grande, splendidam. illustrato . 8 —
1891-92. Palermo e l’Esposizione Nazionale.
332 pagine in-4, con 22 ^ incisioni. . .IO —
1893. Chicago e l’Esposizione Universale Colom¬
biana, di E. Bruwaf.rt, con 62 incisioni 3 —
1898. Ricordo dell’Esposizione Generale Ita¬
liana e d’Arte Sacra a Forino. In-folio di
40 pagine con copertina a colori . . . I 20
1899. Terza Esposizione Internazionale d’Arte
a Venezia. In tre fascicoli .... 3 75
1901. Venezia eia IV Esposizione Internazionale
d’Arte. In-4, con 88 riproduzioni delle principali
opere e relativo testo illustrativo ... 2 5o
1902. L’Arte Decorativa a Torino. In-4, di 32 pa
gine, in carta di gran lusso, con 44 incisioni e
coperta a colori.2 —
1903. Venezia e la V Esposizione Internazionale
d’Arte. Tre fascicoli in 4, riproducenti 118 delle
migliori opere esposte e testo illustrativo 4 —
1905. Venezia e la VI Esposizione Internazionale
d’Arte. Tre album in-4, riproducenti 120 delle
migliori opere esposte e testo illustrativo. 5 —
1906. Esposizione Internazionale del Sempione
a Milano. Un magnifico volume di 656 pagine
a 3 colonne, con oltre 85o incisioni . . 2D —
1907. Venezia e la VII Esposizione Internazio¬
nale d’Arte. Tré fascicoli in-4, riproducenti no
delle migliori opere esposte c testo illustr, 6 —
1909. Venezia e la Vili Esposizione Internazio¬
nale d’Arte. Contiene la riproduzione fotcgrafica
di iipopere d’arte,con testo di UgoOjetti. Album
in-4, su carta matata, legato in una cartella IO —
1910. Venezia e la IX Esposizione Internazio¬
nale d’Arte. Contiene la riproduzione fotografica
di 125 opere d’arte con testo d UgO Ojetti. Album
in-4, su carta matata, legato in una cartella IO —
|Dirigere commissioni e vaglia ai Fratelli Treves, editori.
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Illustrazione
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Anno XXXVIII -19 JI
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secondo la legatura prc- f ~ T\ na * in associazioni
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Anno XXXIII- 19 JI
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Giornale delle Signore Italiane
di Gran Lusso, di Mode e Letteratura.
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novità in r • di in. l i „i'o . OI •'■«•l'muo. .M oUe «Pi ■■. erno. (busti numeri sono interamenti dedicati alle ultimissime
cuù ÌTrìT KiU M 'V ■ v '\ dm s. pubbl.cam. a Rarigi. con,,- il cute Parlateti, L«S n«dea, CCC., C 3 T
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FASCICOLO
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
*7
ROMA. Veduta prospettica dei. Padiglione dei Congressi,
L'Esposizione etnografica e Y Esposizione regionale a Roma,
Su queste due, principalissime fra le Mostre
romane del 1911, si è scritto parecchio, e non
sempre bene, e specialmente da chi, non aven¬
done un’idea chiara, pareva non comprendere
il concetto che ha guidato il Comitato nel ban¬
dire queste due Esposizioni che da taluno fu¬
rono giudicate come un artificiale raddoppia¬
mento di un unico programma.
Ma in verità non è così.
L'Esposizione Etnografica è una cosa e quella
Regionale c un’altra: c se ambedue muovono
dallo stesso concetto informativo, quello di il¬
lustrare le varie parti d’Italia in ciò che esse
hanno di più caratteristico, non è meno vero che
lo svolgimento e l’ordinamento delle due Mostre
è assolutamente diverso.
Occorre prima di tutto spiegare ben chiara¬
mente che cosa si propone l’una e che cosa si
propone l’altra: di ambedue cercherò poi di dare
un'illustrazione sommaria.
11 concetto di Esposizione regionale è certa¬
mente nell’ima e nell’altra: ma quella che si in¬
titola Regionale mira a stabilire il peculiare ca¬
rattere storico e artistico del Paese, a fissarne,
per così dire, la fisonomia esteriore ed estetica:
mentre l'Etnografica vuol mostrare non l’aspetto
del Paese, ma i suoi costumi, vuole indicare e
riassumerne la vita.
Bene perciò si potrebbe dire che quella Re¬
gionale è un’Esposizione statica, e quella Etno¬
grafica è dinamica : che l’ima può assomigliarsi
ad un quadro, l'altra ad una cinematografìa.
L’ Esposizione Regionale.
Ognuna delle nostre regioni italiane ha avuto
e sempre gloriosamente — una produzione
artistica sua propria; ognuna custodisce monu¬
menti in cui è fedelmente rispecchiato un pe¬
riodo della sua vita passata, quando soltanto un
debole legame univa tra loro le “cento città,,:
legame che specialmente in alcuni secoli parve,
ed era, così rilassato da non aver più se non
un contenuto storico, da non esser più che un
felice movimento letterario. Tristi tempi per la
politica italiana, sebbene lietissimi per l’arte!
Orbene: questa Mostra vuole riunire quasi in
una rapida sintesi i monumenti o gli edifici pub¬
blici più significativi che esistono in ciascuna
regione, c corredarli e completarli, per quanto
è stato possibile, con le ceramiche coi mobili
con le armi con gii strumenti musicali coi tes¬
suti con la stampa con la pittura.
Certo fra tante Esposizioni fatte e da farsi,
nessuna presentò c presenterà per gli ordinatori
difficoltà maggiori che questa: c le difficoltà
derivano — è ben ovvio pensarlo — dall'ab¬
bondanza del materiale. L’esplorazione degli
avanzi storici e artistici in un Paese come l'I¬
talia in cui l'arte parve esser sempre — anche
nei piti cupi secoli dell’alto medioevo — la pa¬
drona di casa, offre un numero infinito di saggi,
un tesoro inesauribile di preziosi cimeli, fra i
quali la scelta, che pur deve esser fatta, è ol¬
tremodo diffìcile. Ma facile, in compenso, è pre¬
dire che la Mostra offre un interesse estetico di
prim'ordine, e non soltanto, come potrebbe cre¬
dersi, per chi conosce poco e male l’Italia. Anche
coloro per i quali l’arte italiana non ha segreti,
ROMA. li. PONTE DI CEMENTO ARMATO AD ARCO UNICO CHE COLLEGHERÀ LE DUE ESPOSIZIONI DI PlAZZA d’ArMI E 1)1 VlGNA CARTONI.
L E ESPOSIZIONI DEL 1911
18
trovano un nuovo e raro diletto in questo riav-
vicinamento di forme d’arte cosi diverse, in que¬
sto confronto che, rapido e sicuro, può esser
fatto tra monumenti così vari e inspirati a così
vari ideali e derivanti da così varie origini.
L’ Esposizioni: etnografica.
È sopra tutto, come ho accennato, un’Esposi¬
zione di costumi. Per ciascuna regione italiana
essa presenta un gruppo di edifici caratteristici
per gli usi a cui servono : gruppo, nella sua to¬
talità, inventato, ma riproducente nei particolari
questo o quell’edificio. E per ogni gruppo, la ri-
produzione non è frammentaria, ma al possibile,
completa: se c’è la casa si vedrà pure il telaio
che vi lavora; se c’è la fabbrica, vi sarà pure la
fornace; se vi si trova la strada o il canale, vi
sarà pure il carro e la barca che li percorrono.
È una serie di scene animate, proiettate su
sfondi caratteristici, e nelle quali tutto è armo¬
nicamente combinato e disposto così da dai
l’illusione perfetta; e se nell’Esposizione regio¬
nale il diletto deriva dal poter confrontare ra¬
pidamente, poniamo, l’arte toscana con la nor¬
manna, o la gotica con l'araba, qui la curiosità
è vivamente eccitata dal fatto che in pochi mi¬
nuti si può passare da un campielli di Venezia
alla strada di una città siciliana, da una fattoria
romagnola a una casa rustica sarda.
E poiché, insieme, tutto l’arredamento è in¬
tonato e originale, quale fonte di ricerche e di
studi possono offrire i confronti! La grande
varietà e ricchezza di forme che dimostra visi¬
bilmente la singolare varietà della fantasia ita¬
liana può servire però a deduzioni non meno
curiose che scientificamente utili: e la Stona
parlerà piti vivacemente agli osservatori che
vedranno, per esempio, prevalere ancora oggi
in Friuli le forme longobarde, e in Romagna le
bizantine e le franche, e in Sicilia le normanne
le arabe e le greche. . . .. ,
L’anima delle diverse popolazioni italiche non
è soltanto nei proverbi negli stornelli nelle can¬
zoni che le valli e le montagne raccolgono e
trasmettono di generazione in generazione: ma
è anche nei mobili, negli arredi domestici, negli
utensili delle cucine, nelle vesti, negli ornamenti,
in tutto ciò che ha vaghezza d arte o è docu¬
mentazione di una gente c di un età.
Lf. Mostre retrospettive.
Ci sono fra i visitatori di una grande Espo¬
sizione coloro i quali ^interessano quasi unica¬
mente del passato. Essi ricercano con ansia tutto
ciò che non è manifestazione di \ita modi ina,
ma che è documento dell antico, il nome c 1 o-
pera dell’artista contemporaneo non li interessa ;
ROMA. Progetto del padiglione Regionale Lombardo (architetto Adolfo Zocchi).
ma appena il quadro o la statua son vecchi al¬
meno di qualche decina d’anni essi acquistano
quasi per ciò solo, importanza. Son questi gli
esagerati laudatores temporis ai :ti : ma non si può
negare che senza arrivare a questi eccessi mi¬
soneisti, è assai grande il numero di coloro cui
diletta assai più una raccolta di cimeli e di
memorie che non una meravigliosa mostra del¬
l'attività umana contemporanea.
E a costoro che sono specialmente dedicate
le Mostre d’arte retrospettiva clic avranno la
loro sede in Castel Sant'Angelo.
La superba mole
Che fè Adrian sull’onda tiberina
c che poi le varie vicende della storia romana
e papale trasformarono nella più famosa delle
fortezze medievali accoglie nelle sue ampie sale
nei suoi lunghi corridoi nei suoi terrazzi una
sene di Mostre che han tutte lo scopo di far
conoscere le varie forme nelle quali, dal cin¬
quecento sino alla metà del secolo passato, la
\ita si manifestava in Roma e nelle città vicine.
Ricordi vari di arte pura e di arte applicata, I
statue, busti, gemme, pizzi, capitelli, ferri bat¬
tuti, arazzi, stoffe, mobili, quadri, incisioni, af¬
freschi, acquerelli: tutto ciò, ordinatamente, e
direi quasi storicamente, è distribuito nei sug¬
gestivi ambienti ove attese la morte Beatrice
Cenci e languì per lunghi mesi Benvenuto Cellini.
E più specialmente questa rarissima Mostra in¬
tende dare una visione e una rappresentazione
ben distinta della influenza che ebbe in Roma
1 arte di Michelangelo, la quale, secondo la fe¬
lice espressione di uno storico, aveva voltata la
testa a tutti : quell'arte che riprodotta e conti¬
nuata dagli scolari e dagli imitatori, segnò la
sua impronta in tutte o quasi le manifestazioni
del tardo cinquecento e del seicento.
Questa mostra d’arte retrospettiva è ordinata
nel maschio del Castello; e il contenente, se è
lecito dir così, è non meno attraente del conte¬
nuto. Perchè non si tratta qui di una Raccolta
di oggetti preziosi quanto si vuole, ma distri¬
buiti monotonamente in una fuga noiosa di sale
e di gallerie : si tratta di una mostra di cose
antiche ordinata in un ambiente antico, in ca¬
mere in gabinetti in sale che sono ancora quali
erano tre o quattro secoli fa. Perchè, inoltre,
una parte di questa mostra, e non certo la meno
interessante, è esposta in appartamenti del Ca¬
stello ora appositamente arredati con mobili del¬
l’epoca: alcune camere dell’appartamento privato
dei Papi daranno un saggio autentico e completo
di quello che era un grande Palazzo romano dei
secoli XIV e XV.
Mostre militari.
Com’è noto, v'era già in Castel Sant’Angelo un
Museo del Genio militare: ma in occasione del-
1 Esposizione esso ha ricevuto un incremento
notevolissimo. I bastioni della fortezza sono,
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI • Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO 7AE/ABRO DELLA GIURIA
L E ESPOSIZIONI DEL i 9 i i
La GABBIA PER 1 LEONI (fot. T. Mariani).
1 GHIACCIAI PER GLI ORSI.
Ingresso monumentali:.
come veramente erano nei secoli scorsi, armati
di artiglierie che sono fedeli riproduzioni delle
artiglierie dell’età di Nicola V di Alessandro VI di
Pio IV di Urbano Vili, dell’epoca francese, del
periodo moderno. Vi sono anche curiose ripro¬
duzioni di cavalieri del 400 e del 5 oo, e di fan¬
terie medievali e romane: in originale sono
esposti anche alcuni dei celebri cannoni a me¬
scolo della repubblica genovese e il cannone di
Rignano e la spada di Cesare Borgia e scudi e
corsaletti ed elmi ed armi da offesa, che rap¬
presentano tutto il cammino percorso dall'indu¬
stria e dall’arte in questo ramo, dai più antichi
tempi ai giorni nostri.
Mostra dell’arte salutare.
Mostra di topografia romana.
Per creare e ordinare quella serie di piccole ma
veramente originalissime mostre che si aggirano
intorno all’arte salutare nei secoli XVI e XVI 1 ,
sono stati messi a contributo tutti gli ospedali
■ - ■
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FERNET-BRANCA
specialità dei
FRATELLI BRANCA - MILANO
Amaro tonico , corroborante , digestivo.
Guardarci dalle contraffazioni.
di Roma, la Congregazione di carità, l’Univer¬
sità e specialmente ìe vecchie farmacie romane.
Tanto che, essendo gli oggetti così raccolti non
solo preziosissimi ma numerosissimi si è potuto
anche aggiungere una sezione speciale di storia
dell’arte ceramica nell'Italia centrale: arte che
con la farmacia ebbe relazioni intime, perchè
su speciali ordinazioni di questa, quella costruiva
e forniva vasi istoriati e decorati che trasfor¬
mavano le botteghe dei farmacisti in veri e pro¬
pri gabinetti di ceramica.
Ma la più curiosa di queste Mostre è senza
dubbio un gruppo di locali riferentisi ad una
farmacia della line del cinquecento o del prin¬
cipio del seicento, ad bottega una di flebotomo,
barbiere e cerusico, e ad un gabinetto di astro¬
logo od empirico, che è poi precisamente quello
del Borri milanese che, prigioniero in Castel
Sant’Angelo, vi esercitò con licenza dei supe¬
riori, la medicina. Singolarissima storia questa,
della quale parleremo quando si tratterà di illu¬
strare Castel Sant’Angelo. Naturalmente queste
botteghe e questi gabinetti sono completamente
forniti della loro originale suppellettile, ferri
chirurgici amuleti ex voto medaglie ritratti per¬
gamene ecc., ecc.
La mostra topografica consiste in una Rac¬
colta di documenti preziosi e rarissimi, che ri¬
guardano piante di Roma, vedute di monumenti
romani, epigrafi, bassorilievi monumentali e, come
complemento, avanzi e ricordi preziosissimi di
Roma sparita, custoditi nei locali del Comune e
del Ministero della Pubblica Istruzione.
Di questa Mostra è quasi una necessaria ap¬
pendice quella che per brevità è chiamata la
Mostra della Vita degli stranieri in Roma ; la
quale raccoglie le memorie che riguardano più
specialmente gli artisti i poeti i letterati stranieri
che vissero in Roma, trasportando c conservan¬
dovi costumi speciali e speciali tradizioni. Sto¬
ricamente l’interesse di questa mostra è costi¬
tuito dal fatto che essa dà un grande rilievo al-
l'influenza che sull'arte straniera in genere, ma
specialmente sulla pittura di paesaggio, hanno
esercitata Roma e la Campagna romana: rilievi
dei quali non mancherà certo di tener conto chi
vorrà occuparsi di questa parte, così importante
e originale, della Storia dell’arte.
Arturo Calza.
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Il — Piano terreno • Uffici dei congressi i«cgre*
Una, posta, telegrafi ccc.).
1° piano • Mostra «li topografia romana.
C — Piano torrcno • Sezioni dei congregai.
1° pieno - Musco di storia deiringoguorta
militare italiana
D — Padiglione provvisorio * Sala di ina a gii ra¬
ziono dei congresci, conferenze ecc
E — Padiglione provvisorio • Ristorante».
F — Raccolto di oggetti modioerali o del Rina»
.sci monto.
G — Quadri panoramici di Roma medioevalo
il — Padiglioni per mostro temporaneo
K —Mostro retrospettiva degli artisti o stu¬
diosi stranieri a Roma
/ — Direziono doi lavori
I. — Custodi, giardinieri, lavettes ecc
M — Monumento misure.
N — Introni.
X
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LE ESPOSIZIONI DEL 1911
22
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
11 Comitato Esecutivo dell Esposizione di Roma.
PRESIDENZA.
Presidente d'onore: Baccelli Prof, fluido, Deputato al
Parlamento.
Presidinte effettuo: Di San Martino Conte Enrico.
Vice presidenti : Penti vogna Big. Rosario, Assessore del
Comune di Roma. De Martino Giacomo, Senatore del Re¬
gno. Ferrari Prof. Ettore. Laudani Prof. Rodolfo. Mar¬
tini Prof. Ferdinando, Deputato al Parlamento. Salva¬
re/za Avv. Cesare, Senatore del Regno, Assessore del
Comune di Roma. Stringhe! - Prof. Bonaldo.
Segretario generate: Danza di Scalea Principe Pietro,
Deputato al Parlamento.
Vice segretario generale: Dall’Oppio Gio. Battista.
Sezione !. — ARCHEOLOGIA.
Presidenti : Baccelli Prof. Guido, Deputato al Pai lamento.
Lanciani Prof. Rodolfo.
Apolloni Prof. Adolfo. Gatti Prof. Giuseppe. Ricci
Prof. Corrado. Tomasetti Prof. Giuseppe.
Sezione II. — BELLE ARTI ARCHITETTURA
PITTURA SCULTURA.
Pres ciente Ferrari Prof. Ettore. — Calderini Prof. Gu¬
glielmo. Dell’Olio lng. Pietro. Gallori Prof. Emilio. Gio¬
venale Prof. Ing. G. B. Guastalla Prof, Giuseppe. Levi
Primo. Maccari Prof. Cesare, Sanjust de Teulada lng. Ed¬
mondo, Deputato al Parlamento, Sartorio Prof. Aristide.
Sezione 11!. — MUSICA E DRAMMATICA.
Presidente : Di San Martino Conte Enrico Barini
Giorgio. Boutet Edoardo. Cantarli Principe Don Goffredo.
Contarmi Avv. Salvatore. D’Atri Avv. Nicola. Falchi
Prof. Stanislao. l'alena Ugo. Lodi Luigi. Manca dell’Asi¬
nara Stanislao. Marini Virginia. Mascagni Pietro. Morello
Avv. Vincenzo. Pompei Avv. Edoardo. Romagnoli Prof. Et¬
tore. Salvini Tommaso. Sgambati Prof. Giovanni. Tomraa-
sini Prof. Vincenzo. 'Bonetti Giovanni.
Sezione IV. — CONGRESSI.
Presidente: De Martino Giacomo, Senatore del Regno.
— Albano Avv. Giovanni. Bissolati Leonida, Deputato al
Parlamento. Colonna Romano di Cesarò duca D. Giovanni.
Frascara Avv. Giuseppe. Galanti Prof. Arturo. Po-
stempsky Prof. Paolo. Roux Luigi, Senatore del Regno.
Ruspoli Principe Don Enrico. Sanminialelli t onte Donato.
Segre Prof. Carlo. Vivante Prof. Cesare.
Sezione V. — FESTE.
Presidente : Danza di Scalea Principe Pietro, Deputato
al Parlamento. - Amici Avv. Giovanni. Apolloni profes¬
sore Adolfo. Bcntivegna lng. Rosario. Bodrero Avv. Pom¬
peo. ( agiati Augusto. Cagli Benvenuto. Caruso Prof. Fran¬
cesco. ( el. sia di Vegliasco Barone Alessandro. Colonna
Principe Prospero. Colonnelli Pompeo. De la I oni - Gordon
Marchese Vittorio, De Martino Barone Gino Di Paterno
Principe Pietro. Di Gallese Hardouiou Duca luigi Boria
Principe Filippo. Fricdl nder Ettore. Giovannelli Principe
Al erto Deputato al Parlamento. Guastalla Prof Giuseppe.
A artini-Marcseotti Conte Alessandro Mazzoni Prof. Gae¬
tano Montani i arlo. Raimondi Ottorino. Rousseau avvo¬
cato Guido. Ruspoli Principe Camillo. Todaro Prof Fran¬
cesco, Senatore del Regno. Torlo ni a dì Civitella Cesi
Principe Augusto.
Sezione VI. — FINANZE.
Presidente: Stringhe! - Prof. Bonaldo. — Besso Marco.
De Angelis lommaso. Gualerzi Antonio. Levi della Vida
Ettore. Mariani Emilio, Deputato al Parlamento. Miraglia
avvocato Nicola, Direttore Generale del Banco di Napoli.
Mironc Michele. l’Ietti Guido.
Sezione VII. — RISORGIMENTO - COMMEMORAZIONI.
Presidente: Martini Prof. Ferdinando, Deputato al Par¬
lamento. — Uose!li Prof. Paolo, Deputato al Parlamento,
(inoli Conte Prof. Domenico. Mazziotti Avv. Matteo, Se¬
natore del Regno. Mcnghini Prof.'Mario. Pascarella Cesare.
Seialoja Prot. Vittorio, Senatore del Regno.
Sezione Vili. — ROMA AL MARE - EDILIZI
E COMUNICAZIONI
Presidente: Salvarezza Avv. Cesare, Senatore del Regno
e Assessore del C amine di Roma. — Ferraris Prof. Mag¬
giorino, Deputato al Parlamento, l.uisgi Prof. lng. Luigi.
Magauzini lng. Italo. Orlando lng. Paolo. 'Gittoni Avv. Ro¬
molo. Villa Avv. Giovanni.
Sezione per i.a MOSTRA ETNOGRAFICA.
Presidente: Martini Prof. Ferdinando, Deputato al Par¬
lamento. - Apollini Prof. Giuseppe Angelo. Dell’Olio In¬
gegner Pietro. Di Paterno Principe Pietro. Danza di Scalea
1 lincipe Pietro, Deputato al Parlamento. Loria Prof I am-
herlo. Sanjust de Teulada lng. Edmondo, Deputato al
Parlamento. Vinciguerra Prof. Decio.
GIUNTA DI CONSULENZA LEGALE.
Seialoja Prof. Vittorio. Villa Avv. Giovanni. Vivante Av¬
vocato Cesare.
GIUNTA DI CONSULENZA TECNICA.
Presidente: Bentivegna lng. Rosario e Assessore dt
C omune d. Roma. - Bcntivegna lng. Rosario. Calderir
rot. Guglielmo. Dell Olio lng. Pietro. Ferrari Prof. Et
oie. I.a nei ani Prof. Rodolfo. Levi Della Vida Prof. Fi
toro Luiggi1 Prof. lng. Luigi. Maganzini lag. Italo.' Oi
isi dcTcnuda " ,s ' »
Sottocommissione del COMITATO ROMANO
rru le MOSTRE RETROSPETTIVE.
Presidente : Di San Martino Conte Enrico. Vice preside*
FkresProf°r nn u 0 MarÌan °- Di Fede Marchese Giovar
P ; 1 T r °- Uermanin Prof. Federico Leonardi doti.’
lentmo. Mantelli March. Pietro. Mflnoz Doti. Antonio
LA COMMISSIONE ESECUTIVA
dell’Esposizione Internazionale di 1 orino.
Nel numero scorso, nell’articolo dedicato alla Stori 1 !
dell'Esposizione di Torino, furono riportati i nomi dì tutt
gli onorevoli componenti la Commissione Esecutiva del¬
l’Esposizione di Torino. Pubblicammo anche i ritratti del
senatore Villa presidente di essa Commissione, del sena¬
tore Frola presidente del Comitato Generale, e del sena¬
tore Tcofilo Rossi, sindaco di Torino, e vice-presidente.
Diamo in questo numero una pagina contenente sedici ri¬
tratti di membri della Commissione Esecutiva, e cioè del
conte Costa di Polonghcra, del deputato Alberimi, del
deputato marchese Ferrerò di Cambiano, dell’editore av- 1
vocato Ferdinando Bocca, del conte Di Pignoli, del sena¬
tore ed ex-ministro Severino Cas.ma, dell’on. Badini-Con-
falonieri, del conte Delfino Orsi, direttore della Eazzelt i ,
del Popolo, del comm. A. Bianchi, del comm. Boyer, del¬
l’on. deputato Edoardo l anco, del marchese Campredon
d’Albaretto, del conte Paolo Gazzelli Brucco, dell’on. dot¬
tore Sacheri, del coirmi. R. G. Cattaneo. Completeremo in
altro numero questa interessante serie iconografica dei be¬
nemeriti dedicatisi al successo della grande mostra che
Torino degnamente prepara.
IL SENATORE FROLA
Presidente della Giuria Internazionale.
La Commissione Esecutiva dell’Esposizione di Torini,
nella sua ultima adunanza, preoccupandosi dilla necessità
di avere a capo della Giuria Internazionale persona com¬
petente e degna dell’alto incarico, ha pensato clic non po¬
teva fare miglior scelta che designare a coprire della ca¬
rica il Presidente del Comitato Generale dell’Esposizione
InVrnazionalr, senatore Secondo Frola, clic tante e tanto be¬
nevoli prove di interessamento ha dato finora all’Impresa
patriottica ; perciò lo ha nominato per acclamazione Presi¬
dente della Giuria Internazionale, nomina che Fon. Frola
ha accettata.
LA VISITA DEI SOVRANI
a Castel Sant’Angelo.
Il 6 dicembre alle 8 e mezza un automobile si fermava
dinanzi al cancello di Castel Sant’Angelo, di fronte al
Ponte di Terrò. Ne scendevano il Re, la Regina, il gene¬
rale Brasati, l'ammiraglio Garelli e il maggiore Camicia.
1 Reali furono ricevuti all’ingresso dal conte di San
Martino, dal colonnello Borgatti, dall’ing. Coari e dall’av¬
vocato Fanelli.
Quindi passarono le due gallerie, già caserme, di Ur¬
bano Vili. Nel piano superiore di una c pressoché ulti¬
mato l’ordinamento del Musco d’ingegneria militare italiana,
che antecedentemente era collocato nelle sale del Castello;
nel piano superiore de l’altra galleria si sta preparando la
mostra, che riuscirà interessantissima, ili Topografia romana.
In piccoli fabbricati, adattati con costruzioni antece¬
denti, si stanno preparando le curiosità di questa mostra
retrospettiva: cioè la celli del frate, la celta dell'alchi¬
mista, eco.
La piazza del Castello ampia c sgombra delle baracche
militari, è ora ridotta ad elegante giardino italiano. Da
essa, pei la Porta del Soccorso, i Reali entrarono nella
cinta quadrata e salirono all'antica Armeria, che, ripristi¬
nata secondo 1 antico decoro, servirà per la mostra Cosma¬
tesca, cioè dei marmorari romani, e per la mostra del
Costume Romano (abiti, merletti, guanti, tabacchiere, tee)
Il magnifico appartamento papale è stato richiamato dalla
genialità del colonnello Borgatti, felicemente assecondato
da una eletta schiera di artisti, di mobilisti e di decoratori,
allo splendore dei migliori suoi giorni e opportunamente
sistemato pei le varie sezioni che vi avranno sede.
1! manifesto a colori della nostra Rivista,
dipinto da L. Bompard.
FESTE COMMEMORATIVE
DELLA PROCLAMAZIONE
DEL REGNO D'ITALIA
verni
avdstra
DLL RìlRAlTO ITALIANO
MARZO - LUGLIO
ESPOSIZIONI lURNAZIoNÀlE
rtW DI F1PR1CUCTURA
MAGGIO
Manifesto di Galileo Chini per l’Esposizione di Firenze.
PER L’ESPOSIZIONE DI FIRENZE.
// Comitato Es.cal vo per le Mostre del Ritratto Italia .o
e dì Floricoltura che si terranno in Firenze nellaprimave a
del icjit ci prega di pubblicare:
Giungono ai nostri uffici in comune lettere c giornali
nei quali ci si parla di una Esposizione di Belle Arti, di
una Mostra retrospettiva d’arte e di una Esposizione In¬
ternazionale, che dovrebbero avvenire in Firenze nella
primavera ventura.
Noi vogliamo rammentare che il Comune di Firen.e
non dà il suo nome che a due Esposizioni — quella deI
R fia to titillano dal 1600 al i86r, che si inaugurerà in
Palazzo Vecchio il i.° di marzo — quella Iatei nazionale
di ]• fot icolfnro, che si terrà nel maggio nel giardino della
R. Società 1 oscana di Orticoltura. E solo per queste Mo¬
stre lo Stato contribuisce, per la legge del 2 maggio 1910,
con centomila lire e con facilitazioni ferroviarie.
Ogni altra Esposizione fiorentina nel 1911 è di iniziatil a
privata.
11. Re
IL 20 APRILE 1011
inaugurerà i.’Esposizione di Torino.
I.a domenica, 11 dicembre alle i3, il Re ricevette in
Roma il senatore 1 omaso Villa, presidente della Commis¬
sione Esecutiva dell’Esposizione di Torino, il senatore Se¬
condo Troia, presidente del Comitato Generale cd il sona¬
tole liofilo Rossi, sindaco di 1 orino, i quali avevano
chiesto udienza al Sovrano per pregarlo di voler fissare
la data dell inaugurazione dell’Esposizione internazionale
di 1 olino e di voler presenziare la c rimonia solenne. Il
kc dichiarò di accogliere lietamente l’invito ed assicurò
elu- sai ebbe intervenuto all’nauguraziune per quel giorno
elio alla commissione esecutiva sembrasse più opportuno.
Come data di inauguraz one fu perciò fissato il sabato
29 aprile 1911.
Il Re lu mol o soddisfatto di sapere clic per quel giorno
1 Esposizione sarà in completo assetto. Egli si intrattenne
pi 1 oLic mezz ora con i rappresentanti di Torino, felici¬
tandosi dello stato attuale dei lavori e dell’importanza clic
assume l’Esposizione per la partecipazione di tutte le na¬
zioni civili. Egli si disse sicuro che all’Esposizione arri¬
derà un grande successo e si compiacque di recarsi a con¬
statarlo.
Subito dopo l’udienza reale, i senatori Villa, Frola e
Rossi furono ricevuti dal presidente del consiglio, Luz/alti
per ini ormarlo della decisione presa dal Re per la data
d inaugurazione, e per invitare ad essa ufficialmente il
Governo.
L011. T.uzzati 1 promise che il Governo avrebbe parteci¬
pato alla solennità con quell’interessamento vivo che po;ta
a tutte le manifestazioni di operosità del Paese, e in par¬
ilo .a modo a questa, per l’altissima significazione patriot¬
tica che assume
-o— uju muove uà 1 Ol*
1 * ssc c 11 Sl a d°prerà ad eliminare le altre iniziative
anche prese con i migliori intendimenti, potessero d
g ime da lormo c da Roma la viva attenzione dell’Ii
- del mondo. Il 1 residente del Consiglio fece allusiom
Esposizione d, ,gi en c navale che si doveva tenere a
no\a ne 1911 e Che ora, anche per consiglio del Cove
sara rimandata di un anno.
LE ESPOSIZIONI DEI
3
_ 1911
TO R I N (). I P A I) 1 G L I () N i I) H L L F
N A Z I O N 1.
11. Palazzo OKI.la Germania (da un acquerello di Carlo Cassetti).
Il Palazzo della Francia ( da un acquerello di Carlo Cassetti).
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
2 4
R O M A. L A C O M M I S S I O N E E S E C U T 1 V A D E L V E S P O S i Z I O N E.
ETTORE FERRARI
COMM. B. 5TR1/HGHER
0N l . E F. MARTI NI
C0MM.C.5ALVAREZZA
0M0R L . E 6UID0 BACCELLI
PRES, D'ONORE
5EM*. E 5CIAL0JA
IMS. B EflTI V E GN A
PROF. R. LANCIA/HI
CAV. RICCI ER.I
PRINC'/G. POTENZIAMI
L E ESPOSIZIONI DEL 1911
20
T ORINO. LA CO M M I S S 1 O N E E S E C U T ! V A 1) E L V E S P O S 1 Z I O N E.
I| COMM. F. BOCCA [|
/-/-»« » ha n nmo r C" r i— O
MARCH.C.FERRERO&iCAMBIANO ìB
CONTE E.COSTA di POLO/MGHERA
5E6:C0MM'.ESEC:
COMM.G. ALBERTI All
S EG'COMM' r^/'VSEjC :
COMM" COM? ESEC?
COMM
SEM. S.CA5AMA
VICE PRESI COMfGEN?
5E IN. A.BADINO GONFALONIERI
VICE PRESI COM? sen!
CONTE SEM. F. RI GNON
VICE PRESE COM o GEN e
CONTE D. ORSI
VICE PRES?COMM r ESEC
CAV. E. BOYER
VICE PRESf COMM? E5EC
COMM. A. BIANCHI
VICE PRESI COMM? ESEC
onor u E. DANEO
VIGE PRES ( COM" ESEC
COMM. R.G. CATTANEO
COMM 15° COM°E5EC?
IIMG. G. SACHERI
COMMI5? COM? ESEC 0
CONTE P GAZELLI-BRUCCO
commise COM? ESEC?
CONTE E. CAM PREDON J'ALBAipO
COMMISE COM? ESEC
■ 2.6
LE ES POSIZIONI DLL 1911
La sponda sinistra del Po con vista del Castello Medioevale e del Valentino ove sorge l’Esposizione u»l n. Pomari).
Dove sorge V Esposizione eli Torino.
IL VALENTINO.
Dove sorge l’Esposizione?
A questa domanda io penso che possano ri¬
spondere, senza tema d’errare, non solo quanti
alla prossima Esposizione si interessano, ma
quanti appena sanno che un’ Esposizione avrà
luogo nell’anno venturo, a Torino, per celebrare
il cinquantenario del Regno d’Italia. Tre grandi
Mostre nazionali, e in qualche loro parte inter¬
nazionali, hanno consacrato il Parco del Valen¬
tino a sede di tutte forse le grandi Rassegne
delle industrie, delle arti, del lavoro, che si svol¬
geranno nella vecchia capitale del Piemonte; di
queste rassegne e feste che sembrano divenute
la caratteristica dei nostri tempi, se pur non
muteranno tendenze ed ideali dello spirito mo¬
derno.
Ogni volta che di un’Esposizione a Torino
spunta l’idea, amor di novità e desiderio di ri¬
partire in altre zone della città i vantaggi più
diretti ed immediati che derivano da ogni Mostra
al commercio locale, fa sorgere in qualcuno il
consiglio e la proposta di una nuova ubicazione.
Ma sono voci isolate, o per lo meno non sono
le voci della maggioranza quelle che invocano
un’altra sede ; e il fascino del Valentino, dell’an¬
tica sede consacrata dalle Mostre precedenti, fini¬
sce sempre col vincere anche quella minoranza.
E si comprende. Nessuna cornice, più gran¬
diosa e più attraente di quella che offre quel
parco meraviglioso, può dare ad un’ Esposizione
la città di Torino; nessuno spettacolo più pitto¬
resco, su cui l’occhio del visitatore possa posarsi
a contemplare le meraviglie della natura, dopo
di aver ammirate quelle dell’ ingegno e del lavoro
umano.
Osservato, contemplato, ammirato da migliaia
e migliaia di ospiti durante tre grandi Esposi¬
zioni — del 1884 — del 1898 e del 1902 — esal¬
tato da scrittori, illustrato da artisti, cantato da
poeti, il Valentino è divenuto il campo obbligato
di tutte queste Mostre, appunto per l’ubicazione
e la disposizione sua, per il vastissimo spazio
che olire agli edifici, per la bellezza dei suoi viali
e delle sue masse arbo¬
ree, e sovratutto per |
quella, largitagli da na¬
tura, dei dolcissimi colli
che si profilano innanzi
e del fiume regale che
gli scorre accanto.
Qual più mirabile sfon¬
do si potrebbe trovare,
all’ interno come alla pe¬
riferia e nei dintorni stes¬
si della città? La Piazza
d’Armi, forse?
— Sì, è quella il luogo,
da cui si può pur godere, se non un più vario e
pittoresco, certo un grandioso spettacolo di na¬
tura, il quale potrebbe anch’esso far da sfondo
ad una di queste grandi feste del lavoro; uno
di quegli spettacoli che rapiva d’entusiasmo, alla
vista di quel maestoso emiciclo di monti, un di¬
plomatico inglese di sessant’anni fa, sir Rum-
bold, il quale ancor lo ricordava — fatto vecchio
ma non immemore dei giorni trascorsi a Torino
— in un suo volume di Reminiscenze autobio¬
grafiche, pubblicato or sono pochi anni.
Il Talentino
con vista dei Cappuccini e di Superga.
,E difatti fu appunto il gran largo di Piazza
d Armi, coronato in lontananza dalla maestosa
distesa delle Alpi,
dal bianco eterno delle nevi alpine,
la località che parve per poco contendere nel
passato 1 onore di ospitare qualcuna di queste
grandiose Mostre raccolte nella vecchia capitale
del Piemonte. Certo in quella estremità di Torino
in quell’immenso anfiteatro delle Alpi, innanzi
,1 <1 sconfinata, piana c silenziosa, quel
riflesso di bellezza maestosa e severa, che deriva
appunto dalla grande catena alpina, coronante
1 l’orizzonte, avrebbe pur fatto degno contorno
all’ Esposizione.
Ma quante altre attrattive e bellezze d’am¬
biente, quante comodità di adattamento per gli
edifici delle varie Mostre, quante maggiori ar¬
monie fra l’opera dell’uomo e quella della natura
circostante, e quante malie di colori, special-
mente nelle stagioni in cui le esposizioni hanno
vita, sarebbero mancate, le quali sono invece
ricchezza ed ornamento del Valentino ! Attrattive
e bellezze che abbondano nel gran Parco c che
non potevano colpire il giovane ospite inglese
dell’austera capitale del piccolo regno subalpino
nel 1849, per la semplice ragione che il parco
stesso era allora appena in formazione, come
quello che conta poco più di mezzo secolo, non
essendo stato aperto al pubblico che nel i 856 .
Dico che era appena in formazione, perchè il
giardino, clic prese nome dal vicino e vetusto Ca¬
stello Reale, venne veramente cominciato verso
il '40, ma non fu che verso il 1860 che, rifatto
e notevolmente ampliato dal capo giardiniere
della città di Parigi, Barillet Decamps, apparve
ai I orinosi leggiadro e splendido ornamento,
destinato a crescere ancora in ampiezza e bel¬
lezza. Oh il magnifico scenario della collina ed
il fascino del gran fiume, da cui è dolcemente
lambita, avrà anche allora impressionato l’ospite
della città, chiusa ancora in non larghi confini;
ma di fronte a quello scenario non erano allora
che prati e viali, e mancava l’attrattiva delle
bellezze, creategli attorno dall’opera ingegnosa
dell’uomo; mancava, a riscontro della poetica
scena del Po e della collina, la scena, così varia
e pittoresca, delle tenui vallette, delle dolci on¬
dulazioni del terreno, artificialmente apportatevi
e la vaghezza delle aiuole, delle macchie d'alberi,
degli erbosi cantucci pieni di raccoglimento e di
poesia.
E.chissà, se la meraviglia del \ alentino, come
oggi si mostra, fosse apparsa all’ospite britan¬
nico, che cominciava allora a Torino la sua car¬
riera diplomatica, chissà quale altro inno, non
mi no entusiastico e quale vago ricordo avrebbe
contenuto il volume delle sue Memorie!
Ma se è mancato al Valentino l’inno di sir
Orazio Rumbold, quanti altri in lode delle sue
bellezze sono toccati al mirabile Parco in questo
mezzo secolo delia sua esistenza; quanti gridi
di ammirazione ha strappato a tanti visitatori,
venuti da tante parti diverse!
Erano migliaia c migliaia, che ogni giorno, si
può dire durante quelle tre grandi Esposizioni,
1 gì an ai co vedeva riversarsi nel suo seno e
fluttuare fra le aiuole ed i sentieri, vinte dalle
sensazioni prime e^ più fresche che in loro su-
scitava la vista dell immenso e poetico giardino
anacciantesi al Po, prima ancora che essi si ac¬
cingesse! o alla visita delle Mostre disseminate
LAMPADINE ÉIETTRICME Z
COMPLE T AMENTI
FABBRICATI IN ITALIA
LE ESPOSIZIONI DEL
i 91 i
fra gli alberi fioriti. Pensate alle esclamazioni di
meraviglia ed alle voci d’ammirazione, che da
tanti petti ed in tante lingue irruppero alla vista
del grandioso e meraviglioso panorama, innanzi
a cui sorgevano le Esposizioni del 1884, del 1898
o del 1902, e sorgerà ancora quella del 1911;
la quale, come è noto, vincerà in estensione
quelle che 1 hanno preceduta e oltrepasserà an-
clu il \ alentino, allargandosi sino alla resrione
del Pilonetto sulla riva del Po.
Pensate a quello che era il Valentino — questo
magnifico ospite di Esposizioni — in quell’ inizio
appunto della nazione composta ad unità politica
che si vuol commemorare; paragonatelo a quello
che è oggigiorno cresciuto, ingrandito, arric¬
chito; guardate allo sviluppo clic ha preso, alle
reliquie che vi restarono, delle Mostre passate
a quelle meraviglie del Castello Medioevale,
la splendida trovata del 1884, ed al monumento
magnifico al principe Amedeo di Davide Calan¬
dra — e avrete come l’immagine della via per¬
corsa in questo mezzo secolo dal vecchio paese,
al quale verranno gli Italiani d'ogni regione a
due, nell anno che si avvicina, il grazie di cuore
giati pei quanto esso ha fatto per la patria co¬
mune; verranno, prima di accingersi a quell’altro
Pellegrinaggio nazionale, a quell’altra visita, non
meno patriottica, che avrà per meta Roma e le
sue Esposizioni. La vecchia e la nuova Capitale;
il prologo e l’epilogo della mirabile opera a cui
tutte quante le regioni hanno con amore e con fer-
'■01 e contribuito — avranno così l'omaggio degli
Italiani e d’ogni altra nazione del mondo civile;
come 1 avra anch essa, quasi intermezzo geniale
e gentile, la capitale di pochi anni, Firenze, il
cui nome, per dirlo con un’immagine di DeAmicis,
ci fa travedere colla mente delle legioni di scul¬
tori, di pittori e d’architetti, che sembrano gri¬
darci: — \ iva! — da lontano, agitando scalpelli,
tavolozze e corone.
Ld io amo pensare che non pochi fra i visi¬
tatori della futura Esposizione, quando stanchi
pei lunghi giri attraverso alle gallerie ed alle
sale delle varie Mostre, si soffermeranno a con¬
templare lo splendido panorama dalle aiuole e
dai sentieri del \ alentino, saranno tratti a man¬
dare un saluto a quei monti gloriosi, dei quali
non manca la visione anche dal Valentino, ed
alla cui immagine ed alla cui forza indomabile
sembra essersi da secoli e secoli foggiato il po¬
polo piemontese.
Tot t.to, ìicncmbrc jpin.
Giuseppe De abate.
TORINO, le Palazzo delle Feste (da acquerello di A. Premoli).
UNA VISITA ALL’ESPOSIZIONE CHE NASCE.
La grandiosa “ Esposizione Internazionale delle
Industrie e del Lavoro „ non è neppure ancora
in fasce; è appena in gestazione; ma per entrare
nel recinto dei lavori bisogna già essere muniti
di un buon biglietto d’ingresso, proprio come
quando l’Esposizione verrà inaugurata, anche se
non sarà finita. Del resto, codesto è il destino
ormai tradizionale di tutte le Esposizioni del
mondo. A Torino però si lavora alacremente
per tentare di interrompere la tradizione.... Mi
sono avviato a fare una prima visita all’ Espo¬
sizione che nasce in una mattina grigia c nuvo¬
losa per obbedire al consiglio di un amico che
m’aveva detto:
— Va in una giornata sempre solo.
-— Perchè?
— Te lo dirò dopo.
L’ingresso principale è e sarà all’imbocco del
corso Massimo d’Azeglio col corso San Raffaello,
intorno al monumento del Calandra al Principe
Amedeo. Infilo una porticina aperta nello stec¬
cato, vietata alle persone non addette ai lavori,
e subito un guardiano non ancora gallonato mi
ferma con un:
— Non si può fumare.
Getto la sigaretta c tento di proseguire. Nuova
fermata :
— 11 biglietto?
— Eccolo.
11 guardiano appena mi vede il cartoncino fra
le mani, subito obbietta:
— E quello rosso, non serve piti.
— Perche?
— Perchè è scaduto. Quello rosso valeva pel
mese scorso. Ora bisogna aver quello giallo....
Inutile insistere, inutile protestare, il Comitato
esecutivo non dà biglietti di entrata nel recinto
che per la durata di un mese; ed ogni mese
cambia colore come un qualsiasi comitatp elet¬
torale 0 politico. Così ho dovuto rinunziare alla
I mattina grigia e nuvolosa per visitare l’Esposi¬
zione, ritornare alla sede elei Comitato per mu¬
nirmi del biglietto giallo e ritornare un altro
giorno, cioè in una mattina purissima e soleggiata.
Appena oltrepassato l’ingresso principale da
poco in costruzione e perciò delineato da un
intrico di travi, di assiti, di tavolati, di tutto il
materiale necessario ad una costruzione di legno,
dopo aver malinconicamente osservato come
nell’epoca nostra, che qualcuno definì 1’ “ epoca
dell’acciaio,,, si usa invece con incredibile ab¬
bondanza il materiale di costruzione preistorico
cioè il legno; appena ho potuto gettare uno
sguardo sulla galleria delle macchine che si stende
lunga, profonda interminabile a destra dell’in¬
gresso principale, mi sono ricordato del consi¬
glio dell’amico ed ho chiuso gli occhi abbacinati.
11 sole batteva lungo la parete bianchissima
della galleria già finita, col suo intonaco ancora
fresco come se fosse tagliato nella neve candida
di una recentissima nevicata, e mille bagliori ne
sprizzavano accecanti.
Così, cogli occhi semi-chiusi ho cercato un
punto di vista più propizio all'igiene oftalmica,
non senza inciampare in uno dei molti travi al¬
lungati qua e là, ed affondare nel fango gial¬
liccio e attaccaticcio di un pantano. Queste sono
le delizie che attendono un visitatore dell’Espo¬
sizione che nasce.
Ma sono appena le prime. Entro nella galleria:
si lavora. Durante l’Esposizione qui gireranno
vorticosi volanti, ingranaggi, cinghie di trasmis¬
sione, tutti gli ordigni piti complicati della mec¬
canica moderna; ora invece si lavora a costruire
colonne, capitelli, cornicioni e statue tutte di
gesso.
Di fuori il sole battendo sulle pareti bianche
vi accecava; qui dentro una nube leggera e
bianchiccia si solleva ora di qua ora di là,
da un deposito di sacelli e da un cumulo di
gesso in polvere e vi fa sternutire e vi fa tos¬
sire e quasi vi soffoca. Nuove meraviglie della
Esposizione che nasce....
2,8
LE [ESPOSIZIONI DEL 1911
Ing. Pietro Fenoglio.
Ing. G. Salvadori di Wiesenkotì. Ing. Stefano Molli.
Gli architetti ed ingegneri dell'Esposizione di Torino (tot. Pomari).
Ing. Riccardo Braida.
Ad ogni modo tra uno sternuto e l’altro passo
in rivista una curiosa compagnia allineata su
due righe: innanzi stanno le “Primavere,, dietro
le “Estati,, una compagnia immobile e silen¬
ziosa di donne simboliche in gesso, alte più di
tre metri, colle gonnelle corte, coi piedi nudi,
molto scollate: le “Primavere,, mostrano solo
una parte delle loro dovizie colme e tonde; ma
le “Estati,, hanno tutto il loro seno ampio e
forte, nudo; c, innanzi a quella nudità di gesso
e molto abbondante, sebbene la mattina sia so¬
leggiata» pure si sente un brivido di freddo, so¬
lamente invernale e viene la tentazione di rial¬
zare il bavero del soprabito.
Ma gli stuccatori e i “ formatori „ col loro ber¬
rettino di carta sul cocuzzolo e le loro soprav¬
vesti bianche, s’aggiravano tranquilli fra la si¬
lenziosa schiera femminile, ed uno lavora ad un
braccio, ed un altro ad un piede, ed un terzo
al viso, al volto, al seno ed al resto; e poi si
riuniscono e compongono la nuova recluta che
vien portata in coda, e poi passano alla forma¬
zione di una nuova “Primavera,, dopo l’ultima
“ Estate „, sconvolgendo senza un’esitazione l’or¬
dine delle stagioni.
A quando a quando poi un plotone di uomini
giunge, e afferra una di coteste seminude donne
simboliche di gesso, se la carica sulle spalle e
se ne va; e con anche solamente di gesso la
donna comincia a compiere nell’Esposizione la
sua funzione decorativa.
Ero entrato nella Galleria delle macchine, mu¬
tata provvisoriamente in laboratorio di lavori
di gesso, con un vestito in nero e ne esco in
grigio. Quando mi accorgo dell'improvviso can¬
giamento e mi batto colle mani aperte tutte \e
parti di me stesso, un operaio bianco se la ride
e poi mi dice:
— Vada a visitare “il palazzo stabile,,, quello
del Giornale e dell’Arte della Stampa; è in mu¬
ratura, non si sporcherà....
Perchè all’Esposizione, il “ Giornale „ cioè l’or¬
ganismo più mobile; 1 ’ “Arte della Stampa,, cioè
l’arte più varia e mutevole, avranno un palazzo
stabile in muratura e in cemento armato, che
rimarrà come sede di Esposizioni d’arte, quando
tutti gli altri edifici di legno e di gesso saranno,
ad Esposizione finita, abbattuti.
Il palazzo del Giornale, secondo una minu¬
scola guida che il Comitato ha già fatto stam¬
pare illustrata, “è formato da un grande salone
centrale di metri 80 per 26, attorniato da gal¬
lerie e da sale minori; occupa 9000 m.q. ed è
stato costrutto in cemento armato. E sopra que-
1 ORINO. Interno della
grande galleria
delle macchine.
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 T i
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ste preziose notizie possiamo ammirare una bella
fotografia dell’edifìcio rifinito, imbandierato, ani¬
mato dai visitatori ad anche da un’automobile,
che passa sul piazzale levigato e sodo. Io invece
di fronte al palazzo, affondo nel fango, vedo
una selva di travi che sorreggono le armature
della costruzione in cemento armato; mi spingo
all’interno, ma debbo guardarmi ora da uno stil¬
licidio, ora da una gragnuola di materiale vario,
ora da un spruzzo cinerino di cemento non an¬
cora armato ma pericoloso per ogni vestito.
Mi ritraggo: m’allontano un poco per abbrac¬
ciare con un colpo d'occhio l’insieme della co¬
struzione: vedo un bell’arco alto ed audace, una
cupolina in costruzione intorno alla quale si muo¬
vono degli esseri minuscoli, qualche abbozzo di
torricelle sugli angoli: il tutto legato da travi,
da armature di legno, da qualche parte in mu¬
ratura: un guazzabuglio pittoresco ma incom¬
prensibile.
Riapro la proficua guida: "gli edifici dell’Espo¬
sizione sono ispirati, per lo stile, all’architettura
del Piemonte in genere, e più specialmente di
Forino al principio del 700. Questo stile è la
creazione di un solo artista, dell’abate Filippo
Juvara, messinese (i 685 -t 736 ), che il Re Vit¬
torio Emanuele II aveva conosciuto nel suo viag¬
gio in Sicilia nel 1714 e condotto con sè in
Piemonte. Visitando la città noi riconosceremo
a prima vista fra gli altri edilizi le sue crea¬
zioni — il Palazzo Madama, il Palazzo di Giu¬
stizia; le chiese di San Filippo, di Santa Croce,
del Carmine e sopratutto la basilica di Superga
— nelle quali egli, evitando lo stile barocco
troppo artifizioso del padre Guarini, che Io aveva
preceduto, introduceva una eleganza nuova, linee
insieme semplici e grandiose, e un gran buon
gusto decorativo nell’architettura generale della
città „.
Ciò vuol dire che un gran buon gusto deco¬
rativo reggerà l’architettura generale dell'Espo¬
sizione. E per esserne convinto interrompo la
mia prima visita, mi siedo su di una panca che
avrà molte volte accolto una delle numerose
coppie crepuscolari e notturne del Valentino, e
mi metto a visitare l’Esposizione per benino,
senza correr rischio alcuno, sfogliando la pre¬
ziosa aprioristica piccola guida illustrata.
TORINO. Nei cantieri degli scultori k dei decoratori dot. Pomari).
E così posso ammirare “ La fontana monu¬
mentale „ colle sue torri aguzze, il frontone im¬
ponente, le scalee maestose ed anche le colonne
d’acqua; e poi senza scomodarmi, passare al
grazioso “ Palazzo della moda „ e improvvisa¬
mente fronteggiare il “ Salone delle feste „ e, poi
con un salto valicare il Po e passeggiare in¬
nanzi al “ Palazzo della Francia,,.
E quello dell’Inghilterra del quale si dicono
meraviglie e che sarà il più grande dei padi¬
glioni esteri occupando una superfìce di venti-
mila metri quadrati! Sulla “Guida,, non c’è an¬
cora, per la semplice ragione che il padiglione
d’Inghilterra è quasi finito e si può ammirare
nella sua splendida realtà. Anzi 1 ’intonaco e gli
ornati di gesso hanno già perduto quell’albore vi¬
vido ed accecante delle costruzioni recentissime
e si sono coloriti di una patina giallo-avorio di
ottimo effetto.
In verità il Comitato inglese ha dato un
esempio di attività e di energia non facilmente
imitabile. Giunse primo sulla piazza: studiò la
pianta dell’Esposizione, scelse uno spazio enorme
di terreno attorno alla fontana monumentale del¬
l'Esposizione del 1898 e poi andò dal Comitato
torinese e disse:
— Vogliamo questo, questo e questo....
— Ma è il più bel punto dell’Esposizione.
— L'abbiamo scelto per questa ragione.
— Ma costa caro....
— Noi pagare....
— C’è un appezzamento di proprietà privata.
— Noi comperare....
— Ma c’è anche una villa.
— Noi buttare a terra....
E così gli inglesi hanno pagato, comperato,
atterrato per riedificare; e quando incomincia¬
rono i lavori, avendo bisogno di una degna sede
nelle vicinanze, comperarono per soprammercato
una delle più belle ville del Valentino, quella
dell’architetto d’Aronco. Si seppe poi che il Co¬
mitato inglese dispone solo per il proprio pa¬
diglione di una somma maggiore di quella che
il Comitato generale italiano aveva per tutta
l’Esposizione.
Per noi italiani l’esempio è inimitabile....
Torino, novembre ipio.
Nino Berrini.
Francesco CRISPI: I MILLE
(da documenti dell'archivio Crispi). — Un grosso volume im8 t col ritratto
di Francesco Crispi in eliotipia e cinque facsimili: DIECI LIRE.
MILANO, VIA PALERMO, 12 ; E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 04-56-68.
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI,
3o
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
-~a
CHE COSA GL’ITALIANI
“ ^
COMMEMORERANNO NEL 1911
,=s ^
Non bisogna, purtroppo, illudersi. Gl’italiani
sono giustamente alteri della loro libera vita na¬
zionale, unitaria; ma la storia del come questa
unità fu voluta, propugnata, raggiunta, non è
cosi popolare e divulgata come sarebbe davvero
desiderabile.
Tanto che, al Congresso della Società per la
Storia del Risorgimento, tenuto in Firenze nel¬
l’ottobre del 1909, il Comitato toscano pose fra
gli argomenti in discussione anche questo: —
“ perchè la storia del nostro Risorgimento non
è popolare?,,
lo non scrivo qui per rispondere a tale que¬
stione; ma dalle molte domande che mi sono
state rivolte in questi ultimi mesi intorno al
" che cosa gl’italiani commemoreranno nel 1911 „
sono costretto a dedurre che il quesito del Co¬
mitato toscano era tutt’altro che campato per
aria; giacché molti dei miei amici ed assidui mi
chiedono quali fatti accaddero nel i86r che me¬
ritino nel [911 una commemorazione cinquante¬
naria tanto solenne?!
E vero — gli anni storici veramente fattivi
per l’unità italiana furono il i 85 g ed il 1860, e
questi li abbiamo concordemente commemorati,
da Torino a Napoli, da Magenta a Marsala, da
Solferino e San Martino, a Maddaloni e a Capita.
Ma non v'ha dubbio che il 1861 fu anch’esso
un grande anno storico — poiché vide la riu¬
nione in Forino del primo Parlamento italiano
— un Parlamento che raccolse insieme i rappre¬
sentati di tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia,
dalla Toscana alle provincie Napoletane, dalla
Liguria alle Romagnc, dai ducati di Parma e
Modena alle Marche, dalla Lombardia all’Umbria
— fatto assolutamente nuovo nella storia.
Questo nuovo Parlamento Na¬
ti primo zionale sorgeva da un Regno
Parlamento Unico riunente insieme sotto la
italiano monarchia costituzionale del re
Vittorio Emanuele II, quasi 22
milioni di abitanti. Secondo la legge elettorale
politica vigente in Piemonte ed estesa a tutta
Italia — la cui unità era stata votata da 3 , 3 18,543
cittadini nei plebisciti gli elettori politici erano,
per tutto il nuovo Regno, 394 , 365 .
Fu un errore di uomini eminenti come Ca¬
vour Farmi, Minghctti ed altri non avere allora
voluto vincere tradizionali paure, chiamando al¬
l'elettorato politico tutti coloro che avevano par¬
tecipato ai plebisciti degli anni anteriori, o, per
10 meno, allargando notevolmente il diritto elet¬
torale, che allora era ristrettissimo.
Le elezioni generali politiche furono decretate
per il 27 gennaio 1861, sebbene la Camera non
avesse ancora una anno di vita, essendo stata
eletta il 25 marzo 1860 (VII legislatura). Ma, nel
marzo del 1860 chi poteva mai supporre che
quello che era il Regno Italiano dell'Italia Supe¬
riore (Piemonte e Liguria, Toscana, Ducati e Ro-
magne) sarebbe diventato in meno di otto mesi
tutto il Regno dell’Italia Unita, da Susa al Capo
Passaro? Così, nel marzo 1860 erasi riunita quella
Camera a cui Vittorio Emanuele
I,a Camera aveva detto nel suo discorso
del ’6<) della Corona del 2 aprile 1860:
“ In tempo brevissimo un’invasione respinta, libera la
Lombardia per gloriose gesta di eserciti, libera l'Italia
Centrale per meravigliosa virtù dei popoli, ed oggi qui
raccolti intorno a me i rappresentanti del diritto e delle
spentine della nazione....
“....Noi invitiamo a nobile gara tutte le sincere opinioni
per conseguire il sommo fine del benessere del popolo <•
della grandezza della patria. La quale non è più l'Italia
dei Romani, né quella del Medio Evo ; non deve essere più
11 emi ipo delle ambizioni si rame re, ma deve essere bensì
l'Italia deg! ’ lialiani. „
Perchè fosse davvero l’Italia degl’italiani man¬
cavano ancora all’ingrandito Regno, tutta l'Italia
Meridionale, lo Stato Romano, dalla Cattolica
al Mediterraneo, il Veneto.
Per ciò la Camera, rispondendo il 14 aprile
1860 con apposito indirizzo al discorso della
Corona, notava che “ non tutte le speranze po¬
tevano ora essere esaudite, nè tutti i dolori ve¬
nire alleviati,, — e dopo espresso il compiaci¬
mento per l’avvenuto ampliamento del Regno
Sabaudo, accresciuto della Lombardia c dell'Italia
Centrale, concludeva:
“ Questa vita novella, Sire, che, mercè vostra s’apre a
sì gran parte d’Italia; questo si bello esempio dì civili
virtù; questa sì rara concordia degli animi, se fanno con¬
trasto culle commozioni e coi dolori resi piu gran d altre
provincie italiane , fanno pur fede della maturità dei co¬
muni destini e del valore delle acquistate libertà. Noi qui
raccolti presso a voi, quali membri d’ima dispersa lami-
glia che si riconoscono e si abbracciano esultando, pur
colla gioia amareggiala dui pietoso desiderio degli assenti,
noi sentiamo tutto il pregio di quella vostra parola che
annunzia un'Italia nuova, l’Italia degl’ Italiani. Questa pa¬
rola ci sarà presente in ogni nostra deliberazione, sarà il
lume di ogni nostro consiglio. Essa varrà a noi di stimolo,
agli allei, meno di noi fortunali, di confarlo c di augurio.,,
Mentre la Camera dei Depu-
I Mille tati cosi parlava in Torino il
14 aprile 1860 al Gran Re, in
Sicilia ferveva, dal giorno 4, la rivoluzione accesa
dall’apostolato di Mazzini, dalla tenacia di Crispi,
dall’abnegazione disperata di Francesco Riso c
compagni, dall’ardente iniziativa di Rosalino l’ilo
e di Corrado.
Susseguiva il 6 maggio la spedizione leggen¬
daria dei Mille; susseguivano eia Cai a tafimi a Mi¬
lazzo, da Reggio al Volturno, le vittorie irre¬
frenabili di Garibaldi, aiutate dal disfacimento
(per molta parte abilmente preparato da Cavour)
delle resistenze borboniche; la Sicilia e le pro¬
vincie Napolitane di Terraferma annettevansi al
Regno dell’Italia Superiore, al quale pure annet¬
tevansi le Marche e l’Umbria, liberate dalla do¬
minazione papale mercè il pronto spirito insur¬
rezionale delle popolazioni ed il sollecito accor¬
rere delle truppe di Vittorio Emanuele; e in
sette mesi il Regno d’Italia, quale all’indomani
della pace di Villafranca era follìa sperarlo, era
un fatto compiuto!...
Questo fatto però — uscito
Le elezioni dagli avvenimenti rivoluzionari
del 1861 e militari con una rapidità che
aveva sorpresa, stupefatta e pa¬
ralizzata la diplomazia europea — questo fatto
abbisognava della consacrazione ufficiale, legale,
proveniente dalla regolare, plenaria riunione di
un Parlamento veramente Nazionale; e per ciò
la Camera fu sciolta il 3 gennaio i86t, i 394,365
elettori furono chiamati a votare per l’elezione
dei nuovi deputati il 27 gennaio e, in caso di
ballottaggio il 3 febbraio 1861, c da queste ele¬
zioni uscì la prima Camera veramente italiana,
nel significato unitario nazionale della parola.
Non si creda clic vi fosse un grande entu¬
siasmo nel ristretto corpo elettorale: le masse
elettorali, non chiamate al voto, potevansi cal¬
colare divise in due correnti — una, quelle delle
città, entusiasta per l’unità, l’altra, quella delle
campagne, influenzata dai preti, ostile o per lo
meno diffidente; Quanto al corpo elettorale, di-
videvasi anch’esso in due parti — metà, politi¬
cante, e metà indifferente e astensionista. Fra i
politicanti — eranvi i cavouriani, i garibaldini,
cioè i moderati e i radicali, quelli che trovavano
che tutto era stato fatto magnificamente dal go¬
verno, e quelli che trovavano che la rivolu¬
zione era stata ingannata, sfruttata, tradita. Così
eranvi i mazziniani, che già facevano propaganda
per l’astensione. E questo proposito dell’asten¬
sione era, specialmente negli stati di nuova an¬
nessione, propugnato dai cattolici, o meglio,
clericali, e dai partigiani delle passate domina¬
zioni, papale, granducale, ducale o borbonica.
In conclusione, il corpo elettorale del nuovo
regno unificato accorse alle urne in proporzione
di poco più del 5 o per cento, in generale; e i
risultati furono, in prevalenza favorevoli alla po¬
litica cavouriana. In fatto, dai collegi dell’Italia
Settentrionale venivano eletti in grande maggio-
1 anza deputati amici di Cavour; in Toscana
erano cavouriani i quattro quinti degli eletti;
così pure nel Napoletano ed in Sicilia, cd all¬
eile nell Italia Centrale. La Sicilia aveva man¬
dati alla Camera di I orino dei lafariniani ; Na¬
poli dei costituzionali; la Toscana dei moderati
riformisti; le Romagne dei cavouriani minghet-
tiani ; la Lombardia dei cavouriani dell’antico
partito albertista; il Piemonte dei cavouriani
classici, cosicché in una Camera, composta nel
febbraio 1861 di 443 deputati, eletti a scrutinio
uninominale, Cavour aveva una maggioranza nu¬
merica rilevante.
L’elenco degli eletti presen¬
tili eletti del 1861 tava i nomi più belli della storia
patriottica d’Italia e del pro-
giesso intellettuale e scientifico; — Agudio, Al¬
lucini, Allte\ i, Linei ico Amari, il conte I* rance-
sco Arnioni, il marchese Giuseppe Arconati Vi¬
sconti , Rodolfo Audinot, Giuseppe Avezzana,
Angelo Bargoni, il conte Pietro Bastogi, Fede¬
rico Bellazzì, il conte Pietro Beltrami, Agostino
Bertani, Domenico Berti, Ludovico Berti, Carlo
Berti Pichat, il matematico Enrico Betti, Giuseppe
Biaricheri, Celestino Bianchi, il conte Oreste Bian-
coli, Nino Bixio, Pier Carlo Boggio, il conte Carlo
Boncompagni, Ruggero Bonghi, F rancesco Bor-
gatti, Nicolò Botta, il dottore Bottero, direttore
della Gazzetta del Popolo, il generale Brignone,
Francesco Brioschi, Angelo Brofterio, Emilio
Broglio, Giovanni Cadolini (ancora vivente), il
generale Raffaele Cadorna, Benedetto Cairoli,
Salvatore Calvino, Gabriele Camozzi, Federico
Campanella, direttore deW Unità Italiana di Maz¬
zini, Giuseppe Canestrini, il conte Girolamo Can¬
telli, Cesare Cantù, il generale Carini, il pena¬
lista Francesco Carrara, il barone Domenico Ca-
rutti, Gian Battista Cassinis, Stefano Castagnola,
il duca Sigismondo Castromediano, Alberto Ca¬
valletto, Giuseppe Checchetelli, Desiderato Chia-
ves avvocato e commediografo, il generale Cial-
dini, il medico Emilio Cipriani, Raffaele Conforti,
il marchese Antonio Colocci, Filippo Cordova,
Cesare Correnti, Tomaso Corsi, il generale Co-
senz, Francesco Crispi, il generale Cucchiari,
Giuseppe Dassi, Mariano D’Ayala, Francesco
De Blasiis, Filippo De Boni, Agostino Deprctis,
Francesco De Sanctis, il generale Maurizio De
Sonnaz, Giuseppe De Vincenzi, il barone Vito
D’Ondes Reggio, il marchese Dragonetti, Vin¬
cenzo Errante, il letterato Bruto Fabricatore,
Nicola Fabrizi, Luigi Carlo Farini, il banchiere
Carlo Fenzi, Nicolò Ferracciù, Francesco Fer¬
rara, Giuseppe Ferrari, Saverio Friscia, Giuseppe
Gadda, Antonio Gallenga, Giuseppe Garibaldi,
Achille Gennarelli, il marchese Lorenzo Ginori,
Giambattista Giorgini, il generale Covone, il
conte Carlo Grillenzoni, il generale Griffini,
Francesco Domenico Guerrazzi, il marchese An¬
seimo ed il marchése Carlo Guerrieri Gonzaga,
Paolo Emilio Imbriani, il conte Stefano Jacini,
Giuseppe La Farina, il generale Alfonso La Mar¬
mora, il generale La Masa, Giovanni Lanza,
don Ottavio Lanza dei principi di Trabia, Luigi
La Porta, don Antonio La Terza, Giuseppe Laz¬
zaro, Pier Silvestro Leopardi, Giuseppe Liber¬
tini, Mauro Macchi, Vincenzo Malenchini, Giu¬
seppe Malmusi, il conte Terenzio Mamiani della
Rovere, Pasquale Stanislao Mancini, Adriano
Mari, Alberto Mario, Tulio Massarani, Giuseppe
Massari, Carlo Francesco Mayr, Giacomo Medici,
Luigi Amedeo Melegari, Filippo Mediana, Achille
Menotti lratello di Ciro, Luigi Mercantini, Fran¬
cesco Mezzacapo, Luigi Miceli, Gian Battista Mi¬
chelini, Marco Minghetti, Giuseppe Montanelli,
Mattia Montecchi, Antonio Mordini, T avvocato
Antonio Mosca, Giuseppe Natoli, Lorenzo Nelli,
Giovanni Nicotera, il barone Nisco, il dottor Dio¬
mede Pantaleoni, Valentino Pasini, l'abate Carlo
Passaglia, il conte Carlo Popoli ed il marchese
Gioachino, Francesco Paolo Perez, il conte di
Pensano, Ubaldino Peruzzi, Matteo Pescatore,
Enrico Pessima, il generale Petitti, Pctruccelli
della Gattina, Giuseppe Pica, il generale Pinelli,
il professore Raffaele Piria, Michele Pironti, Giu¬
seppe Pisanelli, Agostino Fiutino, Carlo Poerio,
Carlo Proietti, Pugliese Giannone, Matteo Radi,
Luigi Ranco uno degl’iniziatori del traforo del
Moncenisio, Antonio Ranieri l’amico di Leo¬
pardi, il conte Giovacchino Rasponi, Urbano
Rattazzi, Oreste Regnoli, Francesco Rcstelli,
Ignazio Ribotti, Bettino Rieasoli, il marchese
Matteo Ricci, Giuseppe Robecchi, Liborio Ro¬
mano, Aurelio Saffi, Aurelio Saliceti, Giuseppe
Saracco, il dottor Saragoni, Luciano Scarabelli,
Antonio Scialoia, Quintino Sella, Luigi Settem¬
brini, Paolo Silvani, Riccardo Sineo, il generale
Sirtori, Bertrando e Silvio Spaventa, Giuseppe
Speroni, il principe Vincenzo di Scalea, Vin¬
cenzo Sprovieri, il generale Stocco, Giorgio d a¬
malo, Sebastiano 1 ecchio, Carlo l'enea, il generale
I orre, monsignor Ugdulena, Lorenzo Valerio,
Candido Augusto Vecchi, Saverio Vegezzi, Giu¬
seppe \ erdi, Emilio Visconti Venosta, Giuseppe
Zanardelli, Antonio Zanolini, Luigi Zuppetta, etc.
Si può dire davvero che quella era la Camera
degli eletti!
Nè meno scelta era la Ca-
I senatori del ’61 mera dei Senatori. Il primitivo
Senato Subalpino, che, dal 48
al 18.59, aveva noverati i nomi più belli degli an-
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
3 r
La seduta del 27 marzo 1861 della prima Camera Italiana in Torino (disegno di P.'Omegna).
tichi stati Sardi, crasi accresciuto, pel fatto delle
rivoluzioni del 184.8-49 e conseguenti emigrazioni
in Piemonte, dei nomi più chiari d’Italia — come
il conte Luigi Sancitale, l'avv. Ferdinando Mae¬
stri, l’abate Aporti, l’avvocato Gailini, il conte
Vitaliano Borromeo, il conte Gabrio Casati, il
conte Francesco Arese. Poi le annessioni del
1869 e del 1860 avevano portato nella Camera
Alta uomini come il conte Giovanni Arrivabene,
il conte Luigi Barbiano di Beigioioso, Gian Bat¬
tista Camozzi, il nobile Carlo d'Adda, il generale
Fanti, il conte Fenaroli, il conte Cesare Giulini
Della Porta, Alessandro Manzoni, Gian Battista
Nazari, Giorgio Pallavicino Trivulzio, Alessandro
Porro, Luigi Torelli, il marchese Bevilacqua,
Maurizio Bufalini, Ippolito Gamba, Giovanni Goz-
zadini, il conte Filippo Linati, Carlo Matteucci,
Antonio Montanari, il conte Giuseppe Pasolini,
il conte Guglielmo Cambray Dignv, Gino Cap¬
poni, Silvestro Centofanti, l’abate Raffaele Lam-
bruschini, Enrico Poggi, Francesco Puccinotti,
il marchese Cosimo Ridolfi, Vincenzo Salvagnoli,
il prof. Ferdinando Zanetti, Michele Amari, An¬
nibaie De Gasparis, il conte Pompeo di Cam-
pello, Filippo Gualterio, Ruggero Settimo, il prin¬
cipe Rinaldo Simonetti, il principe Vincenzo
Strongoli-Pignatelli, il marchese Luigi Favari,
ed altri ancora.
Raccoglievasi dunque nel primo Parlamento
italiano, per IATI Legislatura, quello che si po¬
teva veramente dire il fior fiore d'Italia; e le due
grandi divisioni politiche dominanti in quel Par¬
lamento potevansi riassumere così: il partito mo¬
derato, col programma vittorioso dell’Unità Ita
liana, da compiersi per iniziativa esclusiva della
monarchia di Casa Savoia; il partito d’azione,
avente per programma anch’esso l’unità d’Italia
con Casa di Savoia, ma salva la libera iniziativa
popolare quando la monarchia si fosse mostrata
lenta e temporeggiatrice.
Vittorio Emanuele II, presen¬
ta seduta Ideale tatosi il 18 febbraio 1861 ad
del ’61 inaugurare, nell’aula di Palazzo
Madama in Torino il primo Par¬
lamento Nazionale Italiano, salutava i Senatori
e i Deputati col discorso memorabile, che co¬
minciava:
“ Libera ed unita quasi tutta, per mirabile aiuto della
Divina Provvidenza, per la concorde volontà dei popoli,
c per lo splendido valore degli eserciti, l’Italia confida
nella virtù e nella sapienza vostra.,,
Ed aggiungeva, nell'ultima parte del discorso:
“ Altra volta la mia parola suonò ardimentosa essendo
però savio cosi Io osare a tempo, come Io attendere a tempo
(applausi).
“-Devoto all’Italia, non ho mai esitato a porre a ci¬
mento la vita e la corona (applausi cd acclamazioni dì
tutti i Deputati c Senatori, clic si sono levati in piedi) ma
ne-suno ha il diritto di cimentare la vita e la sorte di
una nazione (vivissimi segni di approvazione, interpretan¬
dosi la frase come allusione a Garibaldi, incitante gl'ita¬
liani a marciare per Venezia e per Roma).
“ L’armata navale ha dimostrato nelle acque di Ancona
c di Gaeta che rivìvono in Italia i marinari di Pisa, di
Genova, di Venezia (applausi).
“ Una valente gioventù, condotta da un capitano clic
riempi del suo nome le piii lontane contrade, fece mani-
t'csto che nò la servitii, nè le lunghe sventure valsero a
snervare la fibra dei popoli italiani (viviss un applausi).
" Questi latti hanno inspirato alla Nazione una grande
confidenza nei propri destini. Mi compiaccio di manifestare
al primo parlamento italiano la gioia che ne sente il mio
animo di re e di soldato (salva unanime c prolungata di
applausi).
È vero che il discorso reale non accennava
nemmeno indirettamente a Venezia ecl a Roma; è
vero che vi era un mònito alla patriottica irre¬
quietezza di Garibaldi; ma il fatto di vedere riu¬
niti, la prima volta, da che l’Italia esisteva, tutti
i rappresentanti italiani nella medesima capitale
di un unico regno, faceva dimenticare per un
momento ogni altra preoccupazione e riempiva
gli animi di entusiasmo e di irrefrenabile com¬
mozione.
Il grido unanime uscito dal
II titolo Parlamento riunito nella seduta
di “Re d’Italia,, reale, era stato: Evviva littorio
Emanitele, re d'Italia. Era il grido
che aveva animato alle battaglie nel 1809 e nel
t86o, che aveva spinte le masse ai plebisciti
unitari; e Camillo Cavour, presidente dei ministri,
raccoglieva quel grido, presentandolo in forma
di progetto di legge il 21 febbraio 1861, in un
articolo unico così concepito:
“ Il Re Vittorio Emanuele li assume per se e suoi suc¬
cessori il titolo di Re dhtalia.,,
L’Ufficio Centrale del Senato riferiva tre giorni
dopo — il 24 febbraio — su questo disegno di
legge, e la relazione, dettata dallo scienziato ro¬
magnolo Carlo Matteucci (membri della commis¬
sione De Gori, Giuliani, Gaetano Giorgini e Niutta)
diceva, fra l’altro:
“ Il titolo di Re d’Italia pone in atto il concetto intero
d Ila volontà nazionale; cancella i simboli delle nostre
intèrne divisioni, è per l’animo d’ogni italiano un pegno
di grandezza e di unione, accresce l’autorità del governo
del Re nei consessi europei, ed offre alle grandi potenze, in
mezzo alle quali il Regno d’italia prende posto, degna oc¬
casione per accettare il risorgimento politico di un popolo
che ha tanto contribuito alla civiltà universale....„
11 disegno di legge fu immediatamente appro¬
vato dal Senato — il cui scrutinio segreto diede,
il 26 febbraio, 129 voti favorevoli e 2 soli con¬
trari. .
Cavour portò Tu marzo alla Camera il pro¬
getto, col proposito che la Camera lo, votasse
il 14, giorno natalizio del Re (1820) ed anche
del principe ereditario Umberto (1844).
La Commissione della Camera per riferire su
tale disegno di legge fu composta di Bettino
Ricasoli, Cipriani, Paternostro, Gioachino Popoli,
Macciò, Audinot, Natoli, Baracco e Gian Battista
Giorgini relatore.
“ Il diritto di Vittorio Emanuele II al Regno d’Italia —
diceva la relazione del Giorgini — emana dal potere co¬
stituito della nazione; egli vi regna in virtù di quegli
stessi plebisciti ai quali si deve la formazione del Regno
d’Italia... „
E concludeva invitando la Camera a votare
la traduzione in legge di “ un’affermazione so¬
lenne del diritto nazionale, un grido di entusiasmo
convertito in legge,, — come aveva detto il conte
di Cavour nella sua relazione.
E la Camera il 14 marzo, con 294 voti, sopra
294 presenti, votava la brevissima legge, procla¬
mante littorio Emanuele li Re d'Italia.
La legge veniva promulgata con decreto reale
del T7 marzo 1861 — ed è questo uno degli av¬
venimenti memorabili che l'Italia è ora chiamata
a celebrare dopo cinquantanni.
La Camera il ^ 7 marzo aveva
La questione anche approvato l’indirizzo, re-
Romana datto da Luigi Carlo Farini, in ri¬
sposta al discorso della Corona.
Quell’indirizzo, fra altro, diceva al Re:
“ Voi sapete che il nostro pensiero si volge pietoso alla
desolala Venezia, e che l’Italia affannosa aspira alla sua
Roma... „
La questione di Roma era la piti complessa:
le trattative avviate da Cavour presso lo stesso
pontefice Pio IN, in Roma, facendogli sottoporre
per mezzo del cardinale Santucci — intermediarii
il padre Carlo Passaglia e Diomede Pantaleoni
un progetto di legge di guarentigie, per il quale
il papa rinunziava al potere temporale, procla¬
mandosi il principio della libera Chiesa in libero
Stato, parevano nel gennaio e nel febbraio riu¬
scite; ma d’ un tratto il cardinale Antonelli, per
un complesso di ragioni interne ed esterne, na¬
scondenti la vera ragione — forse i suoi interessi
personali — le rompeva.
L'opinione pubblica europea era Lutta^ansio-
sissima in quei giorni per la Questione Romana;
la Francia, le cui tru ppe presidiavano ancora,
Roma, era inquietissima' Napoleone 111 era sem¬
pre, di Sentimenti, favo r evolissimo all’Italia; un
opuscolo La Franco, Rome et l’italie del signor
de la Guérronicre, inspirato certamente dall’im¬
peratore, cercava di ammonire ed addolcire,
senza risultato, gli animi della Corte Romana,
presso la quale crasi rifugiato lo spodestato
Francesco 11, ex-re delle due Sicilie; a Parigi,
nel riapertosi Corpo Legislativo le discussioni
accendevansi contro l’Italia mirante a Roma; e
le legittime aspirazioni italiane venivano difese
dal principe Napoleone, sposo della principessa
Clotilde di Savoia, con un discorso formidabile,
ila lui pronunziato nel Senato francese il i° marzo,
e rispecchiante in molta parte i sentimenti perso¬
nali di Napoleone HI, italofilo sempre, malgrado
— come scriveva il conte Vimercati — il suo
“ pessimo contorno „.
“ Non avrei creduto mai — scriveva
Il clericalismo il Vimercati a Michelangelo Castelli —
francese che il clero ed il papa avessero in
e Napoleone Francia tanto potere. Questa benedetta
questione di Roma ha qui eccitato
talmente tutti gli spiriti, che le società sono ora divenute
impossibili. Vorrei che i nostri esaltati venissero qui, e
vedessero come le cose stanno; ti assicuro che calmereb¬
bero i loro ardori; a meno che si sentissero assai forti da
lottare contro l’Austria e contro la Francia contempora¬
neamente.... Invece di andare a Roma in una sola tappa
bisogna andarvi in due, ma bisogna accontentar l’Impe¬
ratore assolutamente; l’opposizione che ora gli si fa in
Francia deve cessare, perchè se Napoleone perde la sua
forza noi siamo fritti!... Cavour è troppo uomo di Stato
per non comprendere e comprenderà.... „
In queste circostanze la prima Camera italiana,
intraprendeva il 25 marzo ’6i la discussione sulla
Questione Romana, a proposito di un’ interpel¬
lanza presentata dal deputato del V collegio di
Bologna, Rodolfo Audinot, d’accordo con Ca¬
vour, mentre una petizione firmata da alcune
migliaia di italiani chiedeva al Parlamento un atto
di protesta ed un richiamo ai governi europei
contro l’occupazione francese in Roma.
La discussione, elevata ed ap-
Cavour e Roma passionante, durò alla Camera
per tre sedute — 20, 26 e 27
marzo ’6i : e il conte di Cavour — mentre Mas¬
simo d’Azeglio nel suo recente scritto Questioni
urgenti aveva detto che Firenze poteva ben es¬
sere la capitale d’Italia “ contro la fantasticheria
classica-retorica di Roma capitale,, — il conte di
Cavour proclamava in piena Camera, in uno dei
suoi piti inspirati discorsi:
“ La stella d’Italia è Roma; è dessa la nostra stella
polare. Bisogna che la città eterna nella quale si accumu¬
lano venticinque secoli di gloria sia la capitale d’Italia.
La nostra Unità, la pace d’Europa sono a questo prezzo.
Ma perchè l’Italia possa giungere a Roma, bisogna andarvi
a queste condizioni: d’accordo con la Francia, e sinché
la grande maggioranza dei cittadini d’Italia c altrove non
LE ESPOSIZIONI DEL 19 1 1
32
veda nella riunione di Roma al resto d’Italiajl -segnale
dell'asservimento della Chiesa. Bisogna in altri termini
che noi andiamo a Roma senza che l’autorità civile estenda
il suo potere sul dominio dell’ordine spirituale.... Sono
le forze morali che ci condurranno a questo risultato, è
il convincimento che la religione non ha nulla a temere
dalla libertà. Bisogna che il pontefice intenda ed accetti
questa situazione delle cose, la quale gli darà una libertà,
quale non ebbe mai la potenza cattolica. L Italia procla¬
merà il gran principio della Libera Chiesa in Libero
Stato.... „
Questa discussione, degna pie-
Roma Capitale! miniente del primo Parlamento
del Regno d’Italia, si chiuse il
27 marzo con l’adozione del seguente ordine del
giorno presentato da Carlo Boncompagni, Bettino
Ricasoli, Giuseppe La Farina, Stefano Jacini,
Carlo Poerio, Nicola Fabrizi ed altri, ed accettato
da Cavour:
« La Camera, udite le dichiarazioni del Ministero, con¬
fida che, assicurata l’indipendenza, la dignità e il decoro
del Pontefice e la piena libertà della Chiesa, abbia luogo,
di concerto colla Francia, l’applicazione del principio del
non intervento e che Roma Capitale, acclamata dall opi¬
nione nazionale, sia resa all’Italia; c passa all’ordine del
giorno. „
Questo voto, che affermava in modo ufficiale
e solenne il fermo proposito dell Italia, appena
unificata, di volere la sua Capitale Storica sarà
commemorato, dopo cinquantanni, dagl Italiani,
memori e grati, in Roma e mi orino, insieme a
quello che conferiva al Gran Re il titolo di Re
d’Italia. . , . r .
Nella storia si frammischiano ai tatti neces¬
sari ed inevitabili dei soffi di poesia; e la poe¬
sia commemorativa del 1911 rievocherà 1 sotn
di poesia che animarono nel 1861 1 voti del 14
e 27 marzo del primo Parlamento Italiano.
Alfredo Comandine
LUXARDO
MM pHlNOdi ZARA
Questo]j([llOre rinomato
non dovrebbe mancare
a nessuna mensa.
È USCITO
La BELLA NAPOLI
Numero di
Natale e Capo d Anno
= deir ILLUSTRAZIONE ITALIANA =
Quattro grandi tricromie fuori testo da quadri di F. P. Michetti, Antonio
Mancini, Vincenzo Caprile e Giuseppe De Sanctis. Tredici tricromie nel
testo. Incisioni a colori e numerose incisioni in nero e in doppia tinta. Cck
perta in tricromia di V. Caprile. Testo di Ettore Moschino. 2 50
*
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, 1
N MILANO, VIA PALERMO, 12.
È USCITO
PARVULAE
PAGINE SPARSE
di
Paolo Mantegazza
L'illustre scrittore, di cui la perdita avvenuta poche
settimane fa, fu deplorata dal mondo letterario come dal
mondo scientifico, aveva lasciato al suo editore Treves
questa raccolta di articoli brillanti, a condizione di pub¬
blicarli dopo la sua morte. Egli li considerava piccole
coso, eppcrò li battezzava col corno di Parruhr. - ■
ECCONE I.
Le reliquie di Shelley a San
Terenzo.
Una conversazione coll' im¬
peratore di Germania a
Berlino.
Il nervosismo di alcuni grandi
italiani.
Conversazioni con Stanley.
Ciò che non si sa.
.'indice:
La psicologia delle traduzioni.
Un brodo malsano.
Da Milano a Colonia e vice¬
versa.
Il battesimo del nostro secolo.
Il mio primo passo.
Quattro fiori.
I miei primi pensieri di quasi
ventanni (1880-1896).
Un volume in-16 in carta di lusso: Tre Lire.
Dirigere raglia agli editori Fratelli Treves, in Milano.
OPERE DI
CARLO DOSSI
VOLUME PRIMO:
L’ALTRIERI.
VITA DI ALFREDO PISANI.
ELVIRA (elegia)
GOCCI E D’I NCHIOSTRO.
Con preludio di Primo Levi, c due disegni
di Tranquillo Cremona: 3,,TO
VOLUME SECONDO:
IL REGNO DE’CIELI.
LA COLONIA FELICE
AMORI.
GIORNI DI FESTA
l n volume in-16 di 280 pagine : Lii*o
Diligere vaglia ai Fratelli Treves, editori, in Milano.
SONO USCITE LE
MEMORIE della Baronessa OLIMPIA SAVIO
Pubblicato con note doìl’Avv. Prof. RAFFAELLO RICCI.
Due volumi: Lire 7,50.
È forse il primo libro di memorie scritto da una donna italiana col
brio francese. Perciò otterrà un grandissimo successo.
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12; E GAI.L. VITT. KMAN., 64-66-68.
ESPOSIZIONI
(Album, Giornali. Numeri unici, riccamente
illustrati, pubblicati dalla Casa Treves.)
r8 7 3. Album dell’Esposizione Universale di
Vienna. Un voi. in-4 grande, con 109 ine. 5 —
Testo di R. Bonghi, De Cesare, Filippi, Ga¬
belli, ecc.
1880. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬
nale di Belle Arti a Forino. Con 52 quadri e
29 statue, e coi ritratti degli artisti premiati 12 —
Legato alla bodoniana.14 —
18 81. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬
nale di Milano. In-folio con i 5 o grandi quadri
tirati a parte in carta sopraffina . . .20 —
Legato alla bodoniana.22 —
Legato in tela e oro. 25 —
,88r. Milano e l’Esposizione Nazionale. 320 pa¬
gine in-4 grande, con i 3 o incisioni . .IO —
[ 883 . Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬
nale di Belle Arti a Roma. In-folio con 49
quadri e 16 statue.IO —
Legato alla bodoniana.12 —
1884. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬
nale di Forino, diviso in quattro parti:
La storia e le feste dell’Esposizione, di G. Armandi.
Con i 3 grandi disegni e ritratti ... I —
Il Castello Medioevale, descritto da Camillo Boito.
Disegni di Sezanne, Bonamore e Matania. 2 —
L’Esposizione Industriale, di G. Robustelli. Con
40 incisioni.4 —
L’ Esposizione Artistica, di Luigi Chirtani. Con
45 quadri e 14 statue e gruppi ... 4 —
Le 4 parti riunite in un volume formano uno stupendo
Album in-folio illustrato da i 53 incisioni .II —
Legato alla bodoniana.l 3 —
Legato in tela.l 5 —
1884. Torino e l’Esposizione Nazionale. Un vo¬
lume in-4 di 4^0 pagine, con i 5 o incisioni. l 5 —
1887. Venezia e l’Esposizione Nazionale Arti¬
stica. 48 pagine in-folio, con 5 o incisioni I 25
1887. L’ Esposizione Internazionale di Macina¬
zione e Panificazione in Milano. Con 22
grandi incisioni.—
1888. Bologna e le sue Esposizioni. 48 pagine
in gran formato, con 19 ritratti c 3 o incis. 2 —
1888. L’Esposizione Italiana a Londra. 32 pa¬
gine in-folio, con 36 incisioni .... I 25
Testo di R. Bonghi, Vico Mantegazza, Luigi
Chirtani. Ne fu fatta un’edizione inglese.
1889. Parigi e l’Esposizione Universale. 320 pa¬
gine in-4 grande, splendidam. illustrato . 8 —
1891-92. Palermo e l’Esposizione Nazionale.
332 pagine in-4, con 225 incisioni. . .IO —
1893. Chicago e l’Esposizione Universale Colom¬
biana, di E. Bruwaert, con 62 incisioni 3 —
1898. Ricordo dell’Esposizione Generale Ita¬
liana e d’Arte Sacra a Torino, in-folio di
40 pagine con copertina a colori ... I 25
1899. Terza Esposizione Internazionale d’Arte
a Venezia. In tre fascicoli .... 3 75
1901. Venezia eia IV Esposizione Internazionale
d Arte. In-4, con 88 riproduzioni delle principali
opere e relativo testo illustrativo . . . 2 5o
1902. L’Arte Decorativa a Torino. In-4. di 32 pa
gine, in carta di gran lusso, con 44 incisioni e
coperta a colori.2 —
1903. Venezia e la V Esposizione Internazionale
d Arte. Tre fascicoli in 4, riproduccnti 118 delle
migliori opere esposte e testo illustrativo 4 —
1905. Venezia e la VI Esposizione Internazionale
d Arte. Tre album in-4, riproducenti 125 delle
migliori opere esposte e testo illustrativo. 5 —
1906. Esposizione Internazionale del Sempione
a Milano. Un magnifico volume di 656 panine
a 3 colonne, con oltre 85 o incisioni . .25 —
19-7- Venezia e la VII Esposizione Internazio¬
nale d Arte. Tre fascicoli in-4, riproduccnti rio
delle migliori opere esposte e testo illustr. 6 —
1909. Venezia e la Vili Esposizione Internazio¬
nale d Arte. Contiene la riproduzione fotcgrafica
di r 19 opere d’arte, cori testo di Ugo Ojetti. Album
in-4, su carta matata, legato in una cartella IO —
1910. Venezia e la IX Esposizione Internazio¬
nale d’Arte. Contiene la riproduzione fotografica
di 125 opere d’arte con testo di Ugo Ojetti. Àlbum
in-4, su carta malata, legato in una cartella IO —
Dirigere commissioni e vaglia ai Fratelli Treves, editori.
-■ - r— , , ^
FASCICOLO 3.°
LE ESPOSIZIONI'!) E I
i 9 V
33
R O M A.
NEI CANTIERI I) E L L A S C U L T U R A.
I GRUPPI MóNUN)E.NTPrLt.
4 <50 METRI V^UeEXA.
(Disegno di Aldo Molinari.)
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D •
i)
P\L LCyJORO
34
LE ESPOSIZIONI D'EL 1.911
Le Terme DiOCLEZIANE NEL 1070 <IUgia Pinacoteca di Bologna).
Roma. L’Rsposizione Archeologica
E LE TERAE DI DIOCLEZIANO.
Appena sorse l’idea di fare a Roma nel 1911
una grande Esposizione (l’Archeologia, fu una¬
nime consiglio che essa non potesse aver altra
sede che le Terme di Diocleziano. Tutto pareva
indicarla: la mirabile maestà del luogo, l’am¬
piezza solenne' della sede, la severa poesia che
aleggia in quell’ immenso vetustissimo edifìcio
così pieno di grandi memorie, la vicinanza in¬
fine del Museo Nazionale romano, ove la Roma
italiana va raccogliendo con tenacia e con
fortuna i piti insigni monumenti archeologici che
il suolo dell’Urbe e del Lazio, fecondissimo
sempre, mette quasi quotidianamente in luce.
Nè il momento poteva essere più favorevole.
Corrado Ricci, Direttore Generale delle Belle
Arti, ha potuto finalmente vincere le gravissime
difficoltà di ogni genere che si opponevano a
che potesse aver attuazione un suo antico e
geniale proposito: quello di liberare il grandioso
monumento dalle sconce e meschine superfeta¬
zioni che gli si erano addossate, quello di far
sparire le case, le casupole, le tettoie, i magaz¬
zini, le lavanderie che come putridi vermi con¬
taminavano il morto gigante.
Liberate così le Terme all'esterno, sgombrate
dalle montagne di legname e di carbone, e^dalle
osterie e dalle stalle che ne deturpavano l'in¬
terno, il monumento insigne riappare in tutta la
sua stupefacente maestà: ond’è che può dirsi
senz’ombra di esagerazione che l'Esposizione
Archeologica del 1911 sarà altrettanto interes¬
sante per il contenente come per il contenuto.
Parliamo, in questo primo articolo, di quello.
11 lusso che dopo la conquista di Corinto e
dell’Asia fece così rapidi progressi a Roma, mo¬
dificò profondamente gli usi dei cittadini; i quali
non poterono più accontentarsi dei bagni pub¬
blici della prima Repubblica, quei baltica che
usavano ai tempi di Catone edile o di Fabio
Massimo o dei Cornelii; piccoli, oscuri, dotati
solo di acqua fredda o tutto al più tiepida, c in
cui, come racconta Seneca, si sostava soltanto
per pochi minuti. E sì cominciò, a modo degli
orientali, a costruire per i bagni vasti e sontuosi
edifici; ma d'erme propriamente dette non fu¬
rono stabilite in Roma se non al tempo di Au¬
gusto, e precisamente da Agrippa, che edificò
le prime — ed ebbero il nome di lui — ne’ suoi
giardini dietro il Pantheon, e le chiamò Thentur,
quasi a significare clic principale ufficio di esse
era quello di fornire ai cittadini i bagni caldi
(thermos).
Ma la magnificenza del grande amico di Au¬
gusto volle che la ricchissima istituzione della
quale egli dotava Roma non si restringesse
solo ai bagni: egli volle unirvi sale, cortili* e
giardini per gli esercizi ginnastici, in modo che
da allora le Ternuv dei Romani ebbero grande
analogia colla Palestra dei Greci. Quantunque
quelle prime Terme edificate da Augusto fos¬
sero magnifiche, avevano però un’estensione
molto ristretta relativamente a quelle che furono
erette a Roma nei secoli successivi; e poiché
Agrippa alla sua morte ne legò per testamento
la proprietà al popolo, questo cominciò a gu¬
stare talmente una tale specie di ritrovo, che
gli imperatori successivamente, per accattivar¬
sene l’animo, ne andarono costruendo altre ed
altre, ognuno superando il suo predecessore.
Così che Annidano, descrivendo Roma nel 356
di Cristo, quando cioè tutte le d'erme costruite
dagli imperatori erano ancora in perfetto stato,
dice che i bagni pubblici della città erano così
vasti da somigliare a provincie: lavacro in mo¬
dani provinciarum extructa.
^ Dopo quelle di Agrippa furono costruite quelle
di Nerone nel 65 eli Cristo, nell'81 quelle
di 1 ito ; e ne costruirono altre Domiziano e
1 raiano e Commodo e Settimio Severo. Venne
Le I ERME E GLI OrII BeLLAJANI NEL 1070 (da un’antica stampa).
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
35
■5 — —>^s2rr— _ _ ~ t " 1tr -*‘ . .*
Le 1 ERME D I O CL E Z I A N E X E L I D ~j 5 (ila un'antica stampa)
poi Caracalla che nel 216 costrui le sue famo¬
sissime, superando tutti i suoi predecessori;
finché l’opera sua non fu a sua volta sorpassata
dalle Terme edificate nei primi anni del 3 oo
dall’imperatore Diocleziano. Dopo le quali, solo
quelle di Costantino furono edificate ancora, nel
326; e queste furono le ultime. Poco sopravvis¬
sero le Terme alla caduta dell’Impero; poiché
avendo Vitigc guastati e tagliati gli acquedotti
che coi loro immensi torrenti d’acqua alimenta¬
vano gii smisurati edifici, questi restarono de¬
serti; Roma, del resto,'era già nel VI secolo
ridotta a tanta miseria Je a tanta'scarsezza di
popolazione, che quelle vastissime costruzioni.
fatte per una città popolatissima e fiorentissima,
parvero diventare inutili.
Le Terme si aprivano al pubblico la mattina
al suono di una campana: Sonai aes Thermarum,
dice Marziale; ma la grande affluenza dei ba¬
gnanti si verificava fra l’una e le due del po¬
meriggio, ossia dopo gli affari e gli esercizi
ginnastici e prima del pranzo.
Credo che non sarà nè discaro nè inutile ai
visitatori dell’ Esposizione Archeologica, aggi¬
rali tisi sotto le grandi vòlte delle ferme di
Diocleziano, di ricordare di quali parti si com¬
ponessero veramente questi enormi edifici, ai
quali la nostra civiltà moderna non ha, in’fatto
di simili pubblici servizi, assolutamente nulla da
paragonare.
Le Terme servivano a due scopi di eguale
importanza: i bagni e gli esercizi ginnastici. La
parte destinata ai bagni era formata dal Laco-
nicum o Sudatio, nome che designava la stufa
per sudare ; e dalle sale per le tre diverse tem¬
perature, dette appunto frigida, lepida, calida
lavatio : e le sale erano chiamate frigidarium,
tepidarium, calidarium. Labrum chiamavasi poi
un bacino vasto per più persone, solintn quello
oblungo per una sola, sella una sedia aperta di
sotto; e coloro che hanno attentamente visitati
i Musei Vaticani ricordano certo i bellissimi
Le TERME D 1 O CLE Z I A N E X EL 1616 (<ia un’antica stampa).
36
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
L E Terme I ) I O C LE ZIANE .NEL 1616 (da un' antica stampa).
esempi che di queste tre forme dpbagni vi sono
raccolte; e cioè un labro di porfido; i solia, os¬
sia piccole vasche di basalto e di granito e una
Sella di rosso antico. Piscina o baptistcrium si
chiamava infine una sala, rotonda od ovale, ove
l’acqua era abbastanza profonda’perche vi si po¬
tesse comodamente nuotare.
La parte destinata agli esercizi era costituita
dalla Palestra e dallo Stadium , alle quali parti
era vicino lo Spoliarinm o sala per spogliarsi e
rivestirsi; XOnctuarium, ossia la sala ov’erano
gli olii e gli unguenti coi quali si ungeva iPcorpo
prima degli esercizi, il Conisterium, sala in cui
i giovani avvoltolavano nella sabbia i corpi su¬
dati, e lo Sphaeristcrium, sala per giuocare a
palla. A queste parti si aggiungevano portici,
viali scoperti, sale per trattenersi a conversare
(scholac) e sale per le discussioni filosofiche e
la lettura delle opere letterarie; nè mancava la
Biblioteca. Centinaia di schiavi, di proprietà del
Fisco, erano addetti ai varii servizi delle Terme,
col nome di baine arii, di unctores, di palestritae:
le guardie pretorie vi mantenevano il buon or¬
dine e facevano il servizio di polizia.
Le Terme di Diocleziano furono le più vaste
che l’insuperata magnificenza degli imperatori
costruisse in Roma: migliaia e migliaia di cri¬
stiani furono costretti a lavorarvi, essendo l’o¬
pera pubblica, ossia i lavori forzati in edifici
pubblici, una delle pene più comuni a cui, nei
terribili anni delle persecuzioni, i cristiani erano
condannati. E cosi si spiega come in un tempo
relativamente breve potesse essere compiuta
questa smisurata costruzione, che conteneva,
secondo Olimpiodoro, il doppio di luoghi per
bagnarsi, che non le Terme di Caracalla — e
queste ne contenevano 1600!
Quando Alarico, alla testa delle sue orde bar¬
bariche/entrò irf Roma da' Porta Salaria e bru-
rjiÉJELMVE DIO CIEriAN'Jù J*T MAXI MJANjt
Cotucriuz&nuAfuarum r-P Èp ì V*
GETTER. qYIRINALIM ET VIMINE AL J£M
82\
Ricostruzione delle Terme Diocleziane
IX UNA STAMPA DEL SECOLO LA II (Regi a Pinacoteca d i^Dologna).
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 I T
3 7
ciò i famosi Orti Sallustiani, saccheggiò anclic
le I erme Diocleziane: ma queste furono poi
restaurate, cosi che alla fine del V secolo fun¬
zionavano ancora. Ma già dopo la metà del
VI secolo erano in rovina; e negli scrittori non
ve n’è più memoria fino al secolo XI, quando
i santi Bruno e Gavino domandarono a papa
Lrbano lì la concessione di trasformarle in Cer¬
tosa. Ma la concessione non fu fatta, e le Terme
rimasero abbandonate alla loro sorte, sfruttate
dalla Camera pontificale e da privati possessori
come cava di marmi, ad eccezione delle sale che
conservano ancora le loro vòlte, e che erano
perciò usate come magazzini, come fienili e per¬
sino.... come cavallerizza. Il Montaigne infatti
racconta di esservisi recato il 5 ottobre del i 5 o 6 ,
e di avervi visto un italiano che vi faceva pro¬
digiosi giuochi a cavallo; e questi giuochi fu¬
rono rinnovati in questo medesimo luogo nel
i 536 da alcuni nobili inglesi, di passaggio per
Roma.
Ma nel i 536 Papa Pio IV compì il voto di
San Bruno, e poiché i monaci di Santa Croce
in Gerusalemme protestavano di non poter più
abitare nel loro monastero per l'aria cattiva
(deretani maligno), il Papa accordò loro di tra¬
sferirsi nelle 1 erme di Diocleziano, purché prov¬
vedessero alla conservazione di quei mirabili
avanzi: in questa occasione il Papa abrogava
ogni diritto che sulle d'erme stesse potessero
accampare “dilecti filii populus rornanus comunque
conservatores aut alii magistratus „.
l'rattanto un sacerdote siciliano, un po’ esal¬
tato e un po’ apostolo, di nome Antonio Del
Duca, tanto si agitò che ottenne la trasforma¬
zione delle aule centrali delle Terme in una
chiesa dedicata alla Madonna degli Angeli; e la
ottenne dopo lunga lotta contro la gioventù ari¬
stocratica di Roma, che nel calidarium aveva
in quegli anni mantenuta una vera cavallerizza.
I lavori per l’adattamento delle Terme a Cer¬
tosa, e del tepidario a Chiesa di Santa Maria degli
Angeli ebbero principio nell’ aprile del i 563 , c
fine nel giugno del 1 . 566 : la spesa importò scudi
17492 (Lanciani). Così ne parla il Vasari: “ Per
far la nuova Chiesa di Santa Maria degli Angeli
nelle Terme Diocleziane, e per ridurle a tempio
a uso di Cristiani, prevalse un disegno che Mi¬
chelangelo fece, a molti altri fatti da eccellenti
architetti, con tante belle considerazioni per co¬
modità dei frati Certosini, che l’hanno ridotto
oggi quasi a perfezione; che fe’ stupire Sua San¬
tità e tutti i prelati e signori di Corte dalle bel¬
lissime considerazioni che aveva fatte, con giu¬
dizio servendosi di tutta l’ossatura di quelle
Terme; e se ne vedde cavato un Tempio bel¬
lissimo, ed una entrata fuor della opinione di
tutti gli architetti; dove ne riportò lode ed onore
infinito „.
La porta della chiesa, quella di cui parla con
tanta ammirazione il Vasari, era dal lato di mez¬
zogiorno, e sarebbe ora proprio di fronte alla
stazione ferroviaria.
Prima di parlare delle successive vicende della
Chiesa e delle Terme, dobbiamo fugacemente
ricordare il Cardinale Jean du Bellay. Questo
TERME DIOCLEZIANE AL PRINCIPIO DEL SETTECENTO (litog. nella Galleria degli Uffizi a Firenze).
francese, innamorato dell’arte e delle cose^ an¬
tiche, era stato Governatore di Parigi per Fran¬
cesco I, aveva preso parte ai Conclavi di Giulio III
di Marcello IH di Pio IV, ottenendovi anche voti
per il Sommo Pontificato. Ma decaduto dal fa¬
vore della Corte francese si era ritirato a Roma,
e aveva, entro le Terme di Diocleziano, costi¬
tuito i famosi e magnifici Morti Bellajant, dei
quali si vede ancora il portone sul fianco destro
della Fontana del Mosè, sulla Piazza di San Ber¬
nardo. Non sarà inutile notare, in parentesi, che
le Terme di Diocleziano si estendevano oltre
l’odierna via 1 orino, e che la Chiesa di San Ber¬
nardo non è altro che un’aula delle Terme stesse.
Questi Morti Bellajani segnati in una delle
nostre incisioni, contenevano un immensa serie
di sculture antiche, sia nei viali, sia nel^ casino
che il cardinale aveva edificato: ed all ordina¬
mento di esse aveva cooperato con lui il suo
medico, il quale era nientemeno che il Rabelais,
che il Cardinale aveva condotto seco da Parigi.
Ma dopo la morte del munifico e magnifico fran¬
cese, la sua meravigliosa raccolta di opere d arte
andò dispersa.
E delle Terme di Diocleziano non si parla
quasi piti nelle Storie, fino a che nel 1749 Luigi
Vanvitelli non compì sulla Chiesa di cui era stato
architetto Michelangelo quello che fu giustamente
chiamato: il gran delitto.
Egli che pure, come dimostrò nei lavori della
Reggia di Caserta, non era un artista volgare,
osò toccare e manomettere l’opera di Michelan¬
gelo: e il Bottari che scriveva nel 1754, e cioè
appena qualche anno dopo la compiuta profa¬
nazione, così parla: “ Ultimamente per abbellire
questa chiesa (di Santa Maria degli Angeli) è stata
mutata del tutto dal disegno dal Bonarroti, c
col disegno di Luigi Vanvitelli è stata murata
la porta principale, e fatto quivi un altare e una
cappella al Beato Nicolò Albergati; e rimurati
quattro gran siti laterali che entravano in dentro,
antichi e maestosi, che il Bonarroti aveva la¬
sciati per farne cappella; e ridotta la crociata a
corpo principale della chiesa, ed essendo rimasta
unicamente la porticclla laterale, *per questa si
entra in chiesa, ossia dal fondo d’un suo brac¬
cio, rispetto all’ idea di Michelangelo. Un ardire
così eccessivo di storpiare un pensiero cotanto
grande e peregrino d’ un Bonarroti, un fare per
incidenza cento altre mostruosità, che troppo
lungo sarebbe il solo accennarle, era riserbato
a questo secolo per un monumento perenne
della depravazione a cui in esso secolo è giunta
l’architettura e del gusto che hanno in questo
genere alcuni clic imprendono a fare le gran
fabbriche. „
Amare ma giuste parole codeste, alle quali
fanno riscontro queste altre dello Stendhal: “ Un
Vanvitelli bouleversa tout en 1740: il ferma la
porte ouverte par Michel-Ange ; 011 entre main-
tenant dans cette églisc par une sorte de fourneau
ou chauffoir des anciens bains. Le contraste de
ce chauffoir et des colonnes antiques est pi-
toyable „. (Promeuadts dans Rome).
Generalmente, come bene osserva Corrado
Ricci nel suo studio per la restituzione delle
Terme all’antico, quando visitiamo ed esami¬
niamo un edificio, alterato nelle sue linee da
precedenti generazioni, per ben poco riusciamo
a valutare il danno compiuto. Abituati a vedere
l’edificio nel nuovo aspetto, per quanto lo studio
delle piante e dei disegni ci metta in grado di
conoscere quale fosse il suo aspetto primitivo
e quali i lavori d’alterazione successivamente
compiuti, non possiamo nullameno aver più la
misura intera del danno. Così oggi non possiamo
certo averla per Santa Maria degli Angeli, quale
l’ebbero coloro che dalla chiesa di Michelangelo
passarono a quella del Vanvitelli.
All’alta concezione del primo, di rinnovare
nella grandiosità dell’effetto una sala interna
38
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
Castel Sant’ A ngel o.
dell’antico glorioso monumento, egli sostituì la
idea di fare una chiesa più comoda per chi amava
entrarvi da ponente e più comoda pei religiosi
che esigevano più vasto coro e più larghi stalli.
E il Vanvitelli, senza tener conto che si met¬
teva a cangiare e a rovinare cosa uscita da “ un
cervello divino „ corrispose agli insensati ordini
dei frati, e compì il suo delitto artistico.
Riuscirà il Direttore Generale delle Belle Arti
a cancellarlo? Noi non possiamo che augurare
che a lui sia dato di tradurre in atto il nobile
proposito di redimere la chiesa michelangiolesca,
e di ricondurla alle sue origini, così com'è riu¬
scito a liberare le 'Ferme dalle brutture che la
deturpavano all’esterno e all’ interno. Ed è bene
che le migliaia e migliaia di visitatori i quali, in
occasione dell’Esposizione Archeologica, entre¬
ranno nel monumento, sappiano che proprio ora
si pensa a risarcirlo artisticamente non dai danni
del tempo (che sono inevitabili), ma da quelli
che gli furono consciamente arrecati da un uomo:
il loro unanime consenso morale, se sarà inter¬
pretato da voci autorevoli, potrà aiutare assai
l’opera di redenzione.
Come pure vorrei che a loro non isfuggisse
questa singolare coincidenza storica: che cioè
questa specie di nuova consacrazione ufficiale
delle Ferme Diocleziane, fatta nel 1911 da una
Italia giovine e forte, che si avvia prospera e
fiduciosa a lieti destini, corrisponde anno per
anno e forse mese per mese all’edificazione
prima del monumento insigne, che Roma impe¬
riale, già decadente, anzi precipitante verso la
rovina e la barbarie del Medio Evo, faceva se¬
dici secoli or sono. Ricordare le storie antiche,
e far dei raffronti coi tempi nostri, non è poi
sempre così sconfortante come si dice!
Arturo Calza.
La Mostra Retrospettiva a Gastei Sant’Angelo.
UNA VISITA AI LAVORI.
Nel li fascicolo abbiamo dato la pianta gene¬
rale delle Mostre di Castel Sant’Angelo e del
Padiglione dei Congressi. Ecco ora una descri¬
zione particolareggiata delle mostre d’arte re¬
trospettiva cortesemente fornitaci dal colonnello
Borgatti restauratore del Mausoleo Adriano. A
Castel Sant’Angelo, malgrado il pessimo tempo
avuto finora, si è a tal punto da poter garan¬
tire che la Mostra retrospettiva potrà essere
inaugurata per il 27 marzo e il Museo di Inge¬
gneria militare per il i 3 febbraio.
Sgombrata dai battaglioni del genio che l’hanno
occupata fino all’anno scorso, la magnifica Mole
Adriana ha assunto un aspetto nuovo: intorno
ad essa, alla sua ombra, sono sorte come per
incanto altre costruzioni piti modeste, dei bei
viali, delle fresche aiuole, e dappertutto ferve
l’attività di centinaia di operai, che attendono
con pazienza e scrupolo da certosini alla rico¬
struzione di antichi edifici, alla rievocazione di
tempi e di memorie passate.
Curiosità e rarità.
In una lunga galleria degnamente decorata
prenderà posto una mostra di topografìa romana,
con una ricchissima collezione di stampe e cal¬
chi di monumenti e vedute panoramiche delle
diverse epoche. Annessa a questa mostra, vi
sarà una splendida collezione numismatica, alla
quale grandemente si è interessato anche il Re.
Nelle vicinanze di tale galleria, una vecchia ca¬
setta che serviva prima da magazzino c ora di¬
ventata un piccolo gioiello artistico: un eremo
del quattrocento, con la sua piccola cappella e
la scala campanaria che conduce al campanile,
dalle finestre del quale si scorgerà in lontananza
il panorama di Roma, come era nel quattrocento
e nel cinquecento, panorama che è stato dipinto
da bravi artisti — i pittori Prencipe e Grassi —
sulle pareti di due stanze attigue.
In altri edifici troverà posto la mostra del co¬
stume, con diversi gruppi sterici, in rilievo, del
prof. Brini nei quali saranno rappresentanti sia
personaggi del popolo, sia dignitari delle varie
età, nei vari costumi.
Anche le vaste sale del castello sono state ap¬
prontate per altre mostre: nella sala dell’Apollo
vi sarà quella delle ceramiche e nella sala delle
colonne, la mostra delle armi: in questa, che è
stata con amore curata dal ragionier Bonfigli, vi
sarà, tra l’altro, una ricchissima storia del fucile,
dalla prima invenzione fino alle moderne e per¬
fette carabine a ripetizione. La bellissima camera
da letto di Paolo MI, che dall’alto del Castello
domina F intera città, sarà interamente arredata
con mobili che riproducono fedelmente quelli
che già vi furono.
E giacché, a proposito dell’Esposizione, siamo
a parlare di un pontefice, non sarà inutile ac¬
cennare anche al Vaticano, e ad alcuni articoli
apparsi recentemente su qualche giornale. Si è
detto, cioè, che dal Vaticano si sarebbe ostaco¬
lata l’Esposizione fino al punto di ordinare la
chiusura dei musei vaticani. Questa notizia è
stata già smentita dall’organo pont fìcio. Le cor¬
porazioni ecclesiastiche hanno contribuito in gran
parte alla preparazione di quelle mostre. Molti
oggetti antichi, infatti, non era possibile trovarli
in altri luoghi all’infuori dei conventi, e ad essi
è ricorso il colonnello Borgatti, riuscendo in
buona parte al suo intento.
Un'antica farmacia e la mostra bellica.
I frati di Santa Maria della Scala, proprietari
di un’ antichissima farmacia, hanno fornito la
maggior parte del materiale occorrente per la
ricostruzione di una farmacia quattrocentista,
che è stata eseguita a Castel Sant’Angelo ed è
riuscita una delle cose più interessanti.
Essa si compone di tre parti: la prima rap¬
presenta la bottega dei cavadenti, nella quale
non mancherà nulla, neppure il cavadenti dai
lineamenti un po’ fieri e dalla lunga zazzera e
neppure il paziente, che si contorce e straluna
gli occhi per il lavorìo di due robuste pinze. I
due pupazzi bene modellati e rivestiti con co¬
stumi dell’epoca sono già pronti e sono riusciti
di un effetto e di un verismo straordinari. Altre
due sale rappresentano il laboratorio della farma¬
cia, con grossi mortai e pestelli, tutti dell’epoca,
e la sala della rivendita con scaffali e barattoli
autentici del quattrocento. In questa farmacia i
frati della Scala venderanno la loro celebre acqua
in bottiglie avvolte in pergamene artistiche. Nè
soltanto qui si arresterà l’attività dei religiosi:
nella sala delle miniature alcuni frati miniaturisti
della Badia di Grottaferrata eseguiranno dei la¬
vori pei conto dei visitatori e esporranno anche
dei lavori propri.
I ante altre cose conterranno queste mostre
1 eti ospettiv e di cui sarebbe troppo lungo par¬
lare dettagliatamente, ma che riusciranno certo
di.glande effetto sia artistico, sia di curiosità.
Gli ambienti che dovranno accoglierle sono stati
tutti adattati agii oggetti che conterranno e sono
tutti pronti. Anche gli oggetti sono raccolti ed
attendono solo di essere collocati.
II museo d’ingegneria militare, che dovrà,
come si è detto, essere inaugurato nella prima
metà di febbraio, torse in occasione della venuta
del Re di Serbia, è quasi ultimato. Esso racco¬
glie tutti 1 congegni del genio militare e navale di
tutte le epoche. Sono dei modelli graziosissimi
di arnesi guerreschi, piante di piazzeforti, bassori¬
lievi, fortificazioni di tutte le città italiane, ecc.
Annesso a Castel Sant’Angelo è pure a buon
punto il padiglione dei congressi che sarà for¬
nito di tutte le comodità desiderabili, non esclusi
il buffet, una sala di riunione e toilette per si¬
gnore, telegrafo e telefono per i giornalisti.
La grande stagione musicale di Roma.
L'Opéra Comique e il " San Sebastiano „ di D'Annunzio.
Il corrispondente da Parigi della Tribuno ha intervistato
il conte di San Martino sulla grande stagione musicale c
drammatica di Roma in occasione delle leste cinquante¬
narie ed ha avuto le seguenti informazioni :
— Siccome mi sono proposto di arricchire il programma
musicale per la nostra grande stagione di Roma di un
ciclo di spettacoli e di concerti eseguiti da artisti francesi —
ha detto il conte di San-Martino — così ho ottenuto che
l 'Opera Comique venga a Roma a dare un certo numero
di rappresentazioni con l’orchestra Schevillard, e vi siano
eseguiti anche dei concerti sotto la direzione del Pierné,
del Messager e del Debussy. In tal modo il ciclo di musica
francese sarà completo.
— Perchè lei ha scelto, fra i vari teatri parigini di
musica, P Opera Comique?
— Le dirò: tutti gli altri teatri, sia della Francia che
dell’Europa, hanno ormai un programma eclettico, che non
permette loro di conservare una personalità distinta.
C’Opera Comique ha invece uno speciale carattere, che
al Comitato dell’Esposizione di Roma ò parso interessante,
perchè esso desidera di far passsare davanti agli occhi del
pubblico una specie di rivista, non solo di musica, ma
anche di quelle istituzioni musicali che hanno un carat¬
tere marcato della loro nazionalità.
“ Il Comitato ha usato, nel fare questa scelta, lo stesso
criterio che lo ha spinto a far venire a Roma l’Orchestra
filarmonica e la Società corale di Vienna, il Coro nazio¬
nale di Rumania, il Coro del Santo Sinodo di Russia.... „
In qual teatro reciterà VOpera Comique?
Aon so ancora. Il piti adatto sarebbe l’Argentina:
esso risponde maggiormente alla preparazione del teatro
di 1 arigi, e credo che questa considerazione, nel traspor¬
tare un organismo artistico, abbia una notevole importanza.
Ma non sono certo che possa essere l’Argentina, giacché
la scelta definitiva del teatro è subordinata all’epoca della
venuta dell ’Opera Comique.
Intorno alla rappresentazione del San Si bastiono, il
conte di San Martino ha poi dichiarato:
Appena venuto, ho avuto un cordialissimo colloquio
con D Annunzio. Col poeta siamo perfettamente d’accordo
che, dopo Parigi, cioè alla fine di maggio o ai primi di
giugno, il Sun Stbastumo sia dato a Roma. Col D’An¬
nunzio sono andato da Debussy per uno scambio di idee
intorno alla parte musicale.
La parte piu notevole dell’esecuzione sarà affidata a Ida
Rubinstein, la quale è inoltre l’impresaria dell’intero spet¬
tacolo. Intanto è pressoché ultimato un compromesso fra
il Comitato dell’Esposizione, D’Annunzio e il Debussy,
clic assicurerà a Roma la priorità immediatamente dopo
laiigi. Al Costanza verrà la Compagnia che deve rappre¬
sentare a Parigi il San Sebastiano, ed essa porterà seco i
costumi e i cori. Noi torniremo l’orchestra.
LIQUORE STREGA
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LE ESPOSIZIONI DEL
t 9 i i
3 9
R O M A. I. E COSTRUZIONI
R E G I O N A 1.1
D E L L A M O S T R A
E T N O G R A F I C A.
ASSISI (UMBRIA)
CASALE MAREMMANO
RAVENNA --CAPAN NA GAIRI SALDI
FAENZA (PORCELLANE FABBRICA)
(Fot. Fontana.)
I
ROMA. PLANIMETRIA GENERALE DELLE ESPOSIZIONI IN PIAZZA D’ARMI E A VIGNA CARTONI.
Palazzo dei Cimeli )
Padiglione della Toscana
8.
«
dell’ Umbria.
SI¬
M
degli Abruzzi.
TO.
I»
della Sicilia.
11.
V
delle Marche.
12.
II
dell’ Emilia.
i 3 .
1 )
del Veneto.
M*
l»
della Campania, Basilicata
Calabria.
c 5 .
II
della Lombardia.
16.
li
del Ravennate.
i7-
ri
della Pesca.
18.
Mostre
Internazionali di Architettura.
19.
A ttrattive.
20
Lago e
fontane Monumentali.
21.
Ingresso sul Lungotevere.
22. Mostre etnografiche.
41. Restaurants, Chioschi, Rivendite, cce.
42. Padiglione della Liguria.
4 ^- „ della Sardegna.
47. Bacino e Nave Romana.
48. Attrattive.
VICINA CARTONI
PORTA
DEL POPOLO
LINCIO
42
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
T O R I N O. I PARIGLI O NI N A Z I O N A L I.
V06
Il Palazzo delle Industrie Artistiche.
L’interno del Salone delle Feste e dei Concerti.
LE ESPOSIZIONI DEI
i 9 i i
43
T O R I N O.
P A I) I G L IONI N A Z I () N A L I.
Il Palazzo stabile dell’Arte della Stampa e del Giornale.
I padiglioni delle Ferrovie e dei Lavori Pubblici.
44
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
L/opera di difesa contro gY incendi
air Esposizione di Torino*
A chi ha veduto le selve di travi che concorsero a formare l’im¬
ponente massa degli edifici della mostra lungo la riva del Po, s’affaccia
subito la domanda: E se scoppiasse il fuoco? Come difendere dalle
fiamme divoratrici questo materiale cosi facilmente infiammabile ? E sor¬
gono alla memoria gli incendi disastrosi delle Mostre di Chicago, di
Genova, di Como, di Milano e quello dell’ultima Mostra di Bruxelles.
Ma se l’impressione di sgomento ha a tutta prima una grande ragione
d’essere nella rapida rievocazione di lontane o di recenti catastrofi, è
vero altresì che tale impressione si attenua fino a dar luogo a una serena
sicurezza constatando la cura minuziosa con la quale la commissione
esecutiva e il Municipio provvedono con tutti i sistemi più moderni ed
efficaci a prevenire la comparsa del terribile nemico, ed occorrendo a
domarlo. Anzitutto — e va da sè — regna nei cantieri il più severo
rigore contro i fumatori. Sigari, sigarette, zolfanelli sono banditi rigida¬
mente dal campo dei lavori sotto pena di immediato licenziamento
dell’operaio che fosse colto a infrangere questa regola. I visitatori, dal
canto loro, debbono uniformarsi alla consegna di “ non fumare „, nes¬
suno escluso, neppure i membri del Comitato, del Senato e della Camera.
Ma al còmpito del prevenire s’aggiunge quello del reprimere. Gli
architetti nello studiare e disporre la grandiosa pianta degli edifìci pen-
Lc guardie municipali torinesi agli idranti.
Le automobili dei pompieri torinesi.
sarono anche al fuoco e vollero che tra i vari padiglioni corresse una
distanza sufficiente perchè in caso d’incendio in uno di essi, si possa
facilmente isolare il covo delle fiamme e circoscriverlo immediatamente.
Fortunatamente a forino lo spazio non è mancato e c’è respiro. Per
cui tutto dà a sperare che la mostra dell’ industria e del lavoro non
saranno funestate dall’ incendio che in questi ultimi anni ha destato un
vivo allarme tra gli espositori di tutto il mondo. 11 Comitato ha saputo
allontanare ogni diffidenza dando alle nazioni estere le più ampie ga¬
ranzie della sicurezza perfetta degli oggetti e delle merci esposte.
La carta topografica unita a questo cenno, dimostra con quanta
cura e con quanta abbondanza si sia provvista la Mostra di idranti,
pronti a scagliare formidabili getti d’acqua sul nemico, non appena si
manifesti.
Questi idranti sono ben quattrocento, e continuamente sorvegliati da
una guardia, cui spetta di dare l’allarme. Questo allarme propagantesi
per cento campanelli, che fanno capo agli altri idranti sparsi ovunque
ed alle caserme di pompieri della città, fa si che tutto quanto è possi¬
bile per ispegnere f incendio, prontamente si eseguisca.
Le prove recenti dimostrano appunto che dato l’allarme per simulato
incendio, bastano tre minuti per aver sul luogo i primi validi soccorsi,
mentre da ogni parte impetuosi getti d’acqua si sprigionano dagli idranti.
Di quali miracoli poi siano capaci i pompieri torinesi non è chi non
sappia, se mai li vide all’opera. E quest'opera è resa piti agile e sicura
ed efficace dalla conoscenza, che così vanno acquistando con ripetuti
esperimenti in ogni cantuccio, ove può essere più grande il pericolo; in
ogni cantuccio, che offra una qualche presa maggiore per domare la
fiamma.
Così si prevede e si provvede. E tutti, a cominciare dal capo dei
pompieri di Parigi, che hanno constatato quanto si fece, non possono a
meno di rallegrarsi e dì ammirare l’ottimo impianto.
Veduta retrospettiva degli edilizi al Pilonetto.
C /3
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A
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si
Le palazzine della Stampa e del Comitato
(EotografiajFornari. )
Il Villaggio Alpino al Valentino nel suo ambiente
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
TORINO. Veduta interna dello "Stadium
Sportivo delf Esposizione di Torino»
Il Programma
Gli sports vengono occupando nella vita mo¬
derna un posto sempre più grande ; è ben il caso
di dire che essi costituiscono oggi una delle piu
vaste e fervide attività caratteristiche della vita
moderna. Tanto vero che le Esposizioni, le quali
vogliono essere di questa vita una specie di
specchio compendioso, debbono far una parte
sempre più larga agli sports e debbono dedicare
allo sport una quantità sempre più ingente di
cure e di sforzi. E sono gli sports anzi che for¬
mano, di solito, una delle principali attrattive
delle odierne esposizioni, e dell’ intenso fermento
che queste suscitano gli sports ne promuovono
e ne assorbono la maggior porzione.
Venti anni or sono era ancor possibile che
una Esposizione non tenesse calcolo nei suoi
padiglioni delle industrie sportive, appena in sul
nascere, e che tra i suoi spettacoli e diverti¬
menti non annoverasse che qualche corsa di ca¬
valli; oggi ciò sarebbe assolutamente inconce¬
pibile.
Gli Sports all’Esposizione di Torino.
L’Esposizione di Torino, che al pari di quelle
che la hanno preceduta nella città incoronata di
Alpi, vuole essere intonata nel modo più perfetto
alla modernità, ha dischiuso largamente il suo
recinto e il suo programma di azione agli sports .
Gli uomini egregi che ne dirigono l’organiz¬
zazione hanno mostrato di saper ben compren¬
dere e soddisfare questa nuova necessità, c con
savio ecclettismo hanno voluto che tutti gli sports ,
senza esclusioni, partecipassero egualmente ad
accrescere il lustro e l'interesse della grandiosa
Esposizione torinese.
La mostra delle industrie sportive, sia isolata
sia riunita alle altre industrie delle rispettive
nazioni, costituirà importantissime sezioni del¬
l’Esposizione, e i giochi, le gare, i concorsi
sportivi di ogni genere formeranno il gruppo
più cospicuo e più esteso degli spettacoli e dei
festeggiamenti. Anzi non è esagerato raffermare
che lo sport ò il principio informatore di tutti
i divertimenti che si apprestano in occasione
dell’ Esposizione stessa.
Ciò risulta evidente quantunque manchi finora
un programma d’assieme e definitivo. I uttavia
e dai programmi parziali e dalle iniziative in via
di attuazione e dai preparativi che si stanno
compiendo emerge un complesso così vario, così
ricco di futuri avvenimenti sportivi da suscitare
la più desiderosa aspettazione e la più eccitata
curiosità.
Ve ne è per tutti i gusti, per tutte le tendenze,
per tutte le passioni. Ognuno avrà agio di vedere
dall’aprile all’ottobre prossimo le gare più in¬
teressanti e i campioni più famosi del suo sport
favorito. Torino sarà come una illustre e instan¬
cabile Accademia di sports in azione. Nei suoi
recinti idonei, nei suoi campi apprestati a tale
scopo, nei suoi circuiti si rinnoveranno invero
con inaudita magnificenza e con accresciuta uni¬
versalità i giochi olimpici dell’età classica.
11 più vasto Stadio del mondo.
Lo Stadio infatti, lo Stadio immenso, degno
per la sua gigantesca ampiezza dei nuovi atleti,
dovuto a un alacre comitato presieduto dal
marchese Compans di Brichanteau, costituirà il
punto di richiamo, di adunata delle folle e quasi
il centro intorno a cui si svolgeranno le diverse
manifestazioni sportive.
Esso si sta allestendo con la più efficace sol¬
lecitudine, e tutto lascia credere che sarà pronto
a ricevere pubblico ed agonisti per il 20 aprile,
data fissata per l’inaugurazione. Sarà il più va¬
sto del mondo. L’ asse maggiore dell’ elisse mi¬
sura m. 36 o, l’asse minore 204, il perimetro ha
una lunghezza di g 55 metri. L’area interna del
campo ò di 47 000 metri quadrati, e l’area oc¬
cupata dalle gradinate sale a i 5 030 metri qua¬
drati. Vi saranno dieci chilometri di sedili e i
posti a sedere saranno 24000. Ma i posti in
piedi sommeranno a oltre 40000. Lo Stadio è in
grado quindi di accogliere l’irrompere delle mol¬
titudini innumerevoli.
Tutta l’ossatura in cemento armato è quasi
finita. Per il 20 aprile tribune e gradinate sa¬
ranno al completo. Per procedere più alla svelta
sono stati rimandati ad altra epoca i lavori di
ornamentazione e la costruzione della pista ci¬
clistica e della piscina. Per ora si costrurranno
soltanto la pista ippica di 680 metri di sviluppo,
la pista podistica di 600 metri, due campi di
foot-ball e parecchi di tennis. Non è ancora deciso
il corso degli avvenimenti che si effettueranno
nello Stadio e neppure quello che sarà la mani¬
festazione inaugurale. Si accenna ad un concorso
ginnastico per i ragazzi delle scuole oppure ad
un corteo storico. Quello che si sa è che le
corse ippiche avranno per ora la prevalenza
nell’attività dello Stadio.
I.e corse dei cavalli e delle biciclette.
Torino vanta una bella tradizione di corse di
cavalli, i torinesi sono antichi amatori e inten¬
ditori delle nobili prodezze equine, e la Società
per le corse dei cavalli, cui sta a capo il conte
Figarolo di Groppello, ha col concorso del co¬
mitato dell’Esposizione fissato nove giornate di
corse, di cui sei in primavera, e tre in autunno
(7, io, 14, 21, 25 , 29 maggio e 17, 20, 24 set¬
tembre) con un complesso di ben 253 000 lire
di premi.
1 principali saranno il Gran Premio dell’Espo¬
sizione di 5 o 000 lire, il Premio Principe Amedeo
di 20000, il Gran Criterium internazionale di
i5ooo, il premio Frejus di 7000, in primavera;
il premio Risorgimento di 25 000, il premio Avia¬
zione di io 000, il premio Po di 5 ooo, un grande
Steeple-Chase di 5 ooo in autunno.
Alla fine di aprile lo Stadio si animerà per il
Concorso ginnastico internazionale a cui è as¬
sicurato l’intervento delle più forti squadre mon¬
diali, e ad esso seguirà poi nel maggio il Con¬
corso fra i militari del nostro esercito c della
nostra marina. Alle gare ginnastiche presiede il
generale commcndator Capello.
Sempre nello Stadio avrebbero dovuto effet¬
tuarsi anche importanti corse ciclistiche. Vi si
sarebbero dovuti disputare i Campionati europei,
ma data l’interruzione nella costruzione della
pista, quello che riguarda il ciclo rimane ancora
da stabilirsi. Pare assicurato che si avrà nello
Stadio l’arrivo di una delle tappe del Giro d’Italia
in bicicletta.
Aeronautica e Aviazioni.
All’ infuori dello Stadio si stanno poi appron¬
tando straordinarie riunioni e gare di aeronau¬
tica, di aviazione, di automobilismo, di tiro a
segno, di canottaggio, di nuoto e di scherma.
L’aeronautica e l’aviazione avranno un rilievo
maestoso. Torino che finora per quanto si rife¬
risce ai nuovi ordegni ed ai nuovi ardimenti
aerei si è tenuta piuttosto riservata, pare che
intenda rifarsi prossimamente del tempo per¬
duto, e dare all’aviazione e all’aeronautica un
impulso vigorosissimo con uno sforzo inusi¬
tato.
Sono state ideate gare insigni, audaci e sor¬
prendenti e si sono fissati premi opimi così da at¬
tirare i più celebri piloti delle vie celesti e da
compensare i loro eroismi.
La commissione di aviazione, presieduta dal-
l’on. Montù, ha concepito il disegno di una set¬
timana aviatoria che avrà principio al 25 giugno
nell’aerodromo di Mirafiori, e sarà dotato di
200 000 lire di premi. Inoltre gli aviatori saranno
convocati alle più gloriose e ardue prove nel
raid Roma -1 orino e in quello attraverso le Alpi
per il Monginevra e nel Giro del Piemonte in
aeroplano.
Come le aquile sublimi dalle vette alpine,
scenderanno in primavera e in estate dai picchi
e dai valichi ancor nevosi, i temerari uomini
volanti sui candidi uccelli di tela e di legno, li¬
brandosi messaggeri di una nuova età sulla
fiera e onesta pianura piemontese, che sa sempre
dare tresco alimento e incitamento a ogni no¬
vello impeto di vita.
50 années triomphal succés: contre lesTOUX usez des Pastilles Marchesini
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
47
Le gare di palloni sferici e di Dirigibili.
La Commissione di aeronautica ha già da
lungo tempo, sotto la presidenza del cavaliere
maggiore Filippo Annibali, formulato il suo pro¬
gramma che non potrebbe essere più meravi¬
glioso per entità di premi, per originalità e va¬
stità di idee.
Con essa torniamo un momento allo Stadio
per i concorsi nazionali e internazionali di pal¬
loni sferici, che prenderanno tutti la partenza nel
bianco anfiteatro della vecchia Piazza d’Armi, e
che si contenderanno tanti premi per 5 o ooo lire,
senza contare un altro complesso di premi di
16 5 oo lire per una gara di distanza bandita nel
settembre.
Ma dallo Stadio usciamo subito per quello che
sarà il supremo clou dei festeggiamenti, e cioè
le gare di dirigibili a cui è assegnata la rispet¬
tabile somma di 285 ooo lire, così suddivise :
I . - Coppa Reale. - Torino-Roma-Torino con
itinerario libero. Premio: un oggetto d'arte dato
dal Re e lire 5 o ooo.
II. - Gran Premio dell 1 Esposizione, per il cir¬
cuito della Valle del Po: i.°premio lire idoooo,
2.° premio lire 5 o ooo.
III. - Premio Subalpino, per il circuito pie¬
montese di i 5 o km.: i.°premio lire 25 ooo, 2. 0 pre¬
mio L. 7500, 3 .° premio L. 25 oo.
Data l’importanza dei premi stabiliti per queste
gare è sperabile che numerosi concorrenti esteri
vi si inscrivano e vi intervengano. Assisteremo
allora a uno degli spettacoli più superbi e più
magici che si possano vedere; sarà la più fan¬
tastica delle immaginazioni trasformata in realtà,
questa lotta silenziosa dei panciuti dirigibili na¬
viganti tra le nubi.
La grande corsa Automobilistica.
Ma sulla terra non si starà in ozio, si rivaleg-
gerà anzi in velocità e in gagliardìa con gli
eroi dell’aria. L’automobile, dopo un periodo di
ozio forzato ed ingiusto, riscenderà in lizza più
bello, più animoso, più veloce di prima, disposto
a lottare disperatamente per riaffermare il suo
primato, per ridestare intorno a sè la passione
del pubblico.
Lodevolissimo è stato il proposito dell’Auto¬
mobile Club di Torino di richiamare in vita la
indimenticabile corsa Susa Moncenisio, quella
che valse a dare slanci invincibili alle nostre
macchine e ai nostri corridori, quella da cui i
nostri automobili allenati sull’ardua salita pre¬
sero la spinta per la trionfale conquista del
mondo.
La corsa a cui parteciperanno tutte le princi¬
pali marche e che si svolgerà fra un delirio di
entusiasmo avrà luogo il 2 luglio.
Si sono già raccolti premi ricchissimi di Mu¬
nicipi, di enti sportivi, di giornali e 20000 lire
in denaro. L’organizzazione procede spedita e
sicura per l'opera benemerita del conte Gastone
di Mirafìori, presidente dell’Automobile Club di
Torino.
L’automobilismo poi darà un’altra prova so¬
lenne della sua rigogliosa attività all’Esposizione,
col Salon che si aprirà nel maggio e che ne
sarà una delle più eminenti attrazioni.
Il Tiro a segno.
In una terra di soldati come il Piemonte, il
tiro a segno non poteva mancare di essere te¬
nuto in eminente considerazione. Basti dire che
la grande gara di tiro a segno, collocata nel set¬
tembre, avrà una dotazione di premi perL. 125 ooo.
C’è da far sparare anche i fucili a pietra nei musei !
Con questo appannaggio veramente regale la
gara riuscirà animatissima e stupenda, e di questo
ci dànno pure affidamento l’ottima regolamen¬
tazione del suo svolgersi e le cure intelligenti
che vi dedica il presidente della Commissione
esecutiva cav. uff. avv. Durelli.
Ricorderemo ancora di passata le regate che
avranno luogo nel maggio e nel giugno e nel
settembre, e- la crociera motonautica indetta dal
Touring nel luglio, riserbandoci di parlarne piti
diffusamente in seguito. Accenneremo pei - ultimo
alla Mostra internazionale di aeronautica che non
sarà certo la mostra meno importante della Espo¬
sizione torinese.
Un milione di premi.
Abbiamo dunque, tenendo calcolo dei soli
premi principali e senza computare, la spesa di
preparazione e di organizzazione: L. 1 25 ooo per
il tiro a segno; L. 20000 per la Susa Monce¬
nisio, L. 285 ooo per i concorsi aereonautici,
L. 65 ooo per i palloni sferici, L. 200000 per la
settimana di aviazione, L. 253 ooo per le corse
ippiche. In tutto circa un milione di lire! Torino
sportiva ha tanto che basta per farsi onore.
Mario Morasso.
4 8
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
I LAVORI PER L’ESPOSIZIONE DI TORINO
VISITATI DAIX’ON. CALISSANO.
Il 9 gennaio Pon. Calissano, sottosegretario agli interni,
ha visitato i lavori dell'Esposizione internazionale, pren¬
dendo vivo interesse all’andamento ed al progredire dei
lavori e constatando che sono ormai terminati i padiglioni
delle Poste, dei Telegrafi, della Previdenza, degli Istru-
menli musicali, dell’Industria teatrale, e che sono a buon
punto il grande salone delle feste, la galleria dell'elettri¬
cità, l’arditissimo Palazzo stabile della mostra del giornale,
i padiglioni esteri, l’edificio per l’industria artistica, il
grande nucleo degli edifici al Pilonetlo, che comprende le
mostre del Ministero della guerra, degli italiani all’estero
e dell’industria manifatturiera, la galleria destinata alle
mostre dei lavori pubblici e delle ferrovie, le gallerie del¬
l'aviazione e dell’automobilismo, ecc.
Il sottosegretario ha più volte espresso tutta l’ottima
impressione provata.
Alle i 3 il Comitato dell'Esposizione ha offerto all’on.
Calissano, al Restaurant du Pare, una colazione intima.
Si sono pronunciati vari discorsi e Pon. Calissano ha ri¬
sposto con parole d’incoraggiamento e di elogio per l’E¬
sposizione e per coloro che la prepararono.
“ Siete sempre — ha detto — gli audaci prudenti che
accompagnate l’opera vostra con accorgimento fino alla
meta, coordinando i mezzi con ogni sforzo. E cosi che
Torino si trova sempre all’avanguardia per esempio di
lavoro, di costanza e di tenacia. Difficile compito sarà il
mio di portare a Roma l’impressione di questa vostra
superba opera, meraviglia d’arte e di lavoro, dove tutti
cooperaste con concordia. Io non saprò mai esprimere
bene la grande profondità di intimo sentimento di gioia
che provo. La vostra op -ra è di incitamento al popolo
italiano. „
L’on. Calissano ha terminato con un affettuoso saluto
all’on. Villa.
La sera poi al ristorante Molinari deputati, senatori ed
altre personalità politiche hanno offerto all’on. Calissano
un banchetto.
GLI ARTISTI ITALIANI A ROMA NEL 1911.
La sezione di Belle Arti del Comitato per i festeggia¬
menti del 1911 si è radunata sotto la presidenza di Et¬
tore Ferrari, ed è ritornata, un po’ tardi, sulla sua deli¬
berazione di non fare alcun invito per l’Esposizione d’arte
italiana. Saranno invitati quasi cento artisti. Fra questi
rammentiamo: a Torino: Bistolfi, Calandra, Calderini,
Grosso, Canonica, Carena, Maggi — a Venezia: Tito, Fra-
giacomo, De Maria, Guglielmo, Giuseppe ed Emma Ciardi,
Italo Brass, Pieretto Bianco, Dal Zotto, Chitarin, Dall’Oca,
Laurenti, Milesi, Luigi ed Urbano 'Nono, Sartorelli, Scat-
tola, Luigi e Lino Selvatico, Zanetti-Zilla, Costantini, Miii-
Zanetti — a Milano: Leonardo el Ernesto Lazzaro, Cal¬
cano, Gola, Mentessi, Prcviati, Butti, Mariani, Carozzi, Mor-
belli, Rietti, Tallone — a Firenze: Trcntacóstc, Nomellini,
Chini, Discovolo, Tommasi, Romanelli, Sirio Tofanari, Gra¬
ziosi, Francesco c Luigi Gio'i, Rivalla — a Roma: Sar¬
torio, Mancini, Monteverde, Biondi, Bezzi, Colcman, Raggio,
Balla, Coromaldi, Apolloni, Dazzi, Zanclli, fontana, Nic-
colini, Noci, Petiti, Ximenes, Grassi, Joris, Battaglia, Lionne,
Parisani, Cambellotti, Tadolini — a Napoli: D’Orsi, Dal-
bono, Michetti, Gemito, Cammarano, Volpe, Caprile, Cac-
ciaro, Migliaro — a Palermo: Lojacono, Ugo, Rutelli
nella Sardegna Ciusa. Fra gli italiani residenti all’estero
sono stati invitati Boiclini, Medardo Rosso, Giusti, Cairati,
Andreotti, Bugatti, Chialiva, Zandomencghi, Balestrieri.
Nella sezione del Bianco e Nero: Serafino Macchiati, \ ico
Viganò, Alberto Martini. E tra i medaglisti: Renato Brozzi,
Boninsegna, li signora I.ancelot-Crocc, e Romagnoli.
LA GIURIA DI ACCETTAZIONE
per 1.’ Esposizione m Belle Arti a Roma.
Un telegramma da Roma, 18 gennaio, annunzia:
“ In conformità della promessa fatta all’on. Marangoni,
durante la discussione del bilancio della pubblica istruzione,
il ministro Credaro ha interposto i suoi uffici presso la
sezione delle Belle Arti del Comitato dell’Esposizione
del 1911. Questa ha deliberato ora che la Giuria di ac¬
cettazione sia composta di nove mem' . i, ditti dagli artisti,
e di quattro eletti della Presidenza del Comitato, presie¬
duta da un delegato della Presidenza stessa, senza voto.
In tale senso sarà modificato il regolamento c si daranno
le norme per l’elezione. „
Il Comitato però ha fatte le sue riserve.
Esposizione Internazionale di Floricoltura a Firenze.
Il Comitato organizzatore ci comunica:
“ Firenze, la seconda capitale d’Italia, non volle, nò
poteva restare indifferente alle solenni dimostrazioni di
festa che si faranno nel 1911, il cinquantenario della pro¬
clamazione del Regno d’Italia. E perchè la manifestazione
riuscisse più solenne, il Comune assunse la direzione vo¬
lendo interpretare il volere dell’intera cittadinanza. Ma
meglio non poteva estrinsecarsi l’idea, che col rinnovare la
festa dell’arte e dei fiori in una città, che all’arte fu culla,
e dai fiori prende il nome e lo stemma.
Per organizzare questa Mostra il Comune si rivolse alla
R. Società Toscana d’Orticultura, ch’ò la più antica Società
Orticola Italiana: elio, possiamo dirlo senza falsa modestia,
anzi con orgoglio, ha un glorioso passato e conta nume¬
rosi trionfi.
Il Governo presentò al Parlamento un apposito progetto
di legge, che fu a grande maggioranza approvato, col
quale si stabiliva un concorso di L. 100000 per le Espo¬
sizioni fiorentine. Gli Enti cittadini hanno voluto contri¬
buire al buon esito della nostra festa col loro contributo
pecuniario, e cosi il Municipio di Firenze con L. 5o 000,
la Cassa di Risparmio con L. 10000, il Comizio Agrario
a tutti i ri vendi! ori dei biglietti deila
Grande Lotteria a lavoro delle
Esposizioni di ROMA e Torino
1911 con premi di UN MILIONE
e MEZZO - 150.000 - 120.000 - 49.500 - 30.000 - 15.000 ecr.
l’elegante calendario tascabile che viene distribuito gratis.
c la Camera di Commercio con L. 2000 per ognuno, ecc.
La Esposizione sarà internazionale. Il programma, già
pubblicato da più di un anno, abbraccia nel totale oltre
4 5o concorsi repartiti in io Categorie, cioè: Piante orna¬
mentali da fogliame e da fiore; Piante fruttifere e frutta;
Ortaggi c legumi; Semi, bulbi e tuberi; Piante da frutto,
da orto e da giardino ed altri prodotti delle Colonie;
Aiuole, lavori in fiore c fiori recisi; Arti e industrie at¬
tinenti all’Orticultura ; Letteratura ed istruzione orticola;
Sistemi di conservazione di prodotti orticoli ; Storia del-
l’orticultura.
Da questo può rilevarsi come si sia cercato di nulla
trascurare affinchè alla Mostra possa essere rappresentato
tutto lo scibile orticolo, cd in gran parte i prodotti ita¬
liani esposti saranno in gara e confronto con quelli del¬
l’estero, perchè già il Comitato ha ricevuto moltissime
adesioni non solo, ma formali promesse per parte di Sta¬
bilimenti Orticoli e produttori stranieri in modo che le
Sezioni internazionali saranno largamente e degnamente
rappresentate: già alcuni Governi esteri hanno nominato
il loro rappresentante ufficiale, e degli altri si attende la
promessa nomina.
Il totale dei premi stabiliti dal programma per i vari
concorsi, fra premi in contanti e Medaglie d’oro, d’argento
dorato, d’argento e di bronzo, raggiunge la cospicua somma
di L. a 5 000. A questi sono da aggiungersi numerosi
Premi d’onore, fra’ quali i seguenti :
Grande Medaglia d’oro di S. M. il Re.
Grande Medaglia d'oro di S. M. la Regina Madre.
Grande Medaglia d’oro di S. E il Ministro d’Agricol-
tura.
Coppa d’argento del senatore Carlo Ridolfi, presidente
del Comitato Esecutivo.
Coppa d’argento della provincia di Firenze.
Due Grandi Mcdiglie d’oro della provincia di Firenze.
Due Grandi Medaglie d’oro della Fonderia di Firenze.
Grande Medaglia d’oro della Cassa di Risparmio di
Firenze.
Grande medaglia d’oro della Camera di Commercio di
Firenze.
Gran le Medaglia d’oro della Società degli Agricoltori
di Roma.
L’Esposizione Orticola sarà tenuta nella prima quindi¬
cina del mese di maggio, nello splendido Giardino della
R. Società d’Orticoltura in Via Bolognese, il quale verrà
quasi completamente trasformato, sia per miglioramenti
già eseguiti e da eseguirsi a tutto il locale, sia per le
nuove costruzioni che per l’occasione verranno innalzate
e di cui il Comitato ha già approvato i disegni.
Le superfici destinate alle varie Categorie sono le se¬
guenti :
Serre calde e temperate m. 22 000. Padiglioni coperti
ni. 5 ooo. Capannoni in. 1000. Per piante in piena terra
m. 12 000. Piazzali, prati, ecc. per piante in vaso m. 6000.
II Comitato Esecutivo concede lo spazio gratuitamente
c ottenne speciali riduzioni ferroviarie per i viaggi di an¬
data e ritorno degli espositori e i trasporti delle merci,
nonché l’esenzione dalle spese di dogana per i prodotti
provenienti dall’estero, se resteranno invenduti.
Le domande degli espositori si accettano sino al 3 r
marzo p. v., termine improrogabile. „
Nuova Edizione Popolare I l lustrata di
Nel Regno delle Fate
Fiabe di CORDELIA
I/Uccellino azzurro. - L’Isola Incantata. - La Fata Merlinga.
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Sarà una ventina d’anni che questo Regno attira i piccoli curiosi, poiché
Cordelia ha l’arte — e in quest’arte la sua fama fu fondata da un pezzo e
non vede tramonto —di legarsi le candide anime dei lettori: e il libro con¬
tinuerà a ristamparsi. 1 piccoli sono lettori fedeli; ma la loro fedeltà bisogna
conquistarla, e pochi come Cordelia vi riescono.... (Corriere della Sera).
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FASCICOLO 4 .°
LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 1 r
49
Il Grande Panorama dell’Esposizione di Torino
che è annesso a questo fascicolo, e che misura CHI . 120 per 40 , è un lavoro veramente splendido del nostro Gennàro d’jfallàtO. Ma come ha
e & 1 saputo chiederanno i lettori — ricavare da quella massa d’impalcature che ingombrano in pittoresca confusione le due rive del Po —come
eg 1 potuto ricavare con tanta chiaiezza e precisione il panorama della grande mostra che sarà? L’impresa non era certamente facile; ma d’Amato
non si asciò scoraggiare, a più riprese andò a Torino; salì sulla mole Antonelliana; ascese le colline che circondano il Po; passeggiò su per i
tetti delle case più alte; fece fotografie e schizzi, e poi con l’aiuto delle piante e con i progetti definitivi degli edifici, gentilmente forniti dal Co¬
mitato, compose il grande acquerello che dà una visione completa della città bianca attraversata dal fiume e cinta da giardini e da colline. Per
raggruppare tutto in un unico disegno, l’artista ha dovuto riavvicinare un poco gli edifici, ma lo ha fatto con abilità, come pure ha saputo trarre
paitito degli albci i pei mascheiaie alcune parti dei palazzi le cui linee architettoniche non sono ancora definitivamente fissate. “ Insomma — ci scrive
d Amato — 10 non ho voluto sfuggire nessun ostacolo per far vedere tutto anche nei particolari. Infatti tutto si vede nel mio panorama, anche
quelle pai ti che pei ragioni di lontananza e di prospettiva non si potrebbero vedere. „
II. BANCHETTO OFFERTO DALLA LEGA Fr AN CO-It AL I A X A DI PARIGI AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE TORINESE DELLE ESPOSIZIONI DEL 191 r.
La rappresentanza dell'Esposizione di Torino
A PARIGI.
*
Il Comitato francese per le Esposizioni, al¬
l’estero ed il Consiglio Municipale di Parigi ri¬
volsero il mese scorso un cordialissimo invito
al Comitato Esecutivo dell’Esposizione di do¬
rino ed al Municipio torinese perchè una loro
rappresentanza volesse recarsi a Parigi a pre¬
ludere, con manifestazioni di fratellanza, alle
feste che poi avranno luogo in Torino quando
la grande Esposizione Internazionale vi sarà
aperta.
1 torinesi accettarono l’invito, e in numero di
42, guidati dal sindaco, senatore Teofilo Rossi,
partirono il 19 gennaio per Parigi, ove arriva¬
rono il mattino del 20 gennaio, alla gare di
Lione. Quivi la rappresentanza torinese era at¬
tesa, fra altri, dal signor Leopoldo Bellan, pre¬
sidente, Maurizio Quentin, vice-presidente, Badini
e Jourdain, segretari, e Gay, sindaco del Consi¬
glio municipale di Parigi.
Appena scesi i torinesi dal treno, il signor
Bellan, a nome della città rivolge un cordiale
benvenuto ai delegati, invitandoli ad assistere
nel pomeriggio al ricevimento offerto dal Con¬
siglio municipale in loro onore all’IIòtel de Ville.
La storica residenza del Municipio di Parigi
era stata, per la circostanza, decorata interna¬
mente con piante fresche di bell’effetto, mentre
la facciata era ornata con bandiere francesi e
italiane. Alle 17.25 il senatore Rossi, sindaco di
Torino, cd i consiglieri torinesi, accompagnati
dal vice-presidente e dai segretari del Consiglio
comunale di Parigi, fecero il loro ingresso nel
salone delle sedute. Tutti i consiglieri generali
e comunali presenti si alzarono in piedi al loro
entrare.
Prese subito la parola Bellan:
“ — Cari amici, — disse egli — per rilevare il calore
dei nostri sentimenti e la gioia che proviamo nel vedervi
a Parigi durante alcuni giorni, ci è grato riceverò in
quest’aula delle sedute, cioè nella pni stretta intimità. Ed
in questa sala vibra veramente l’anima di Parigi, che ci
permetterete di non separare dall’anima della Francia.
Quando il caso ci fa avere la fortuna di ricevere qui non
amici festeggiati, ma piuttosto fratelli, i nostri cuori bat¬
tono anche più forte. E qui, ogni volta che gli amici var¬
cano la soglia della nostra residenza, io mi sforzo, allin¬
eile si trovino bene, a dir loro : voi siete in casa vostra
lo non ho allatto bisogno di prendere questa precauzione
per voi, perchè voi avete qui realmente diritto di citta¬
dinanza.
Il prefetto della Senna, De Selve, dando un
cordiale benvenuto agli ospiti, disse che le ra¬
gioni della politica internazionale possono essere
diverse, le contingenze possono essere varie, ma
vi è una cosa che rimane: è il sangue latino che
unisce i due popoli che sentono di essere della
stessa famiglia.
Il senatore Rossi, sindaco di Torino, ringrazia
calorosamente i rappresentanti del Consiglio mu¬
nicipale per le gentili parole pronunziate formu¬
lando l’augurio che le due bandiere tricolori si
trovino ancora unite per la causa della pace.
Dopo questa solenne manifestazione nell’aula
consigliare dell’ I lùtei de Ville, ebbe luogo la
sera, al Grand Hotel, con l’intervento del mi¬
nistro del commercio e dell’industria, Dupuy, il
banchetto di 750 coperti offerto dal Comitato
francese delle Esposizioni all’estero in onore della
Delegazione, al quale presero parte grande nu¬
mero di senatori, di deputati, di alti personaggi,
di personalità francesi e straniere.
50 années triomphal succés : contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
do
Al dessert parlò per primo’ il presidente del
Comitato francese per le Esposizioni all’estero,
senatore Dupont, che accennando alle prossime
Esposizioni italiane, disse:
“ A Torino ed a Roma, sulle rive del Po e su quelle
del Tevere, regna ora una vita intensa e per dieci mesi
una intera nazione sarà in agitazione per la buona volontà
di mostrarsi nuova ed opulenta, agitata dalla febbre del¬
l'ardore moderno fra le grandi Potenze del mondo chia¬
mate a raccolta. „
Seguirono da parte di italiani e di francesi
altri brindisi fervorosi alla fratellanza fra le due
nazioni.
Un altro grande banchetto, di 400 coperti,
venne offerto alla delegazione torinese, la sera
del 21 gennaio, dal Municipio di Parigi nell'! lùtei
de Ville.
Le mense erano state imbandite non nella con¬
sueta stila dei banchetti, ma nella vastissima e
sfarzosa sala delle feste, illuminata da 40 enormi
lampadari e rilucenti di stucchi dorati.
Erano presenti quasi tutti i consiglieri muni¬
cipali con la loro fascia rosso-turchina a tracolla
e lo stemma civico all’occhiello; i deputati di
Parigi, fra cui l’ex-ministro Millerand; i consi¬
glieri generali e tutti gli altri funzionari mu¬
nicipali.
Alla fine del banchetto, prese per primo la pa¬
rola il presidente Bellan, che fece un brindisi
ai Reali d’Italia, ricordando la loro visita al pa¬
lazzo di città. La musica intuonò la marcia reale
italiana, che i commensali ascoltarono in piedi
ed applaudirono calorosamente.
11 Bellan rivolse poi un saluto agli ospiti, a
Torino, all'Italia, tessendo di Torino un caldo
elogio, ricordando i vincoli che l’hanno sempre
unita alla Francia; e dell’Italia rievocando l'epo¬
pea nazionale; e terminò inneggiando al successo
delle due Esposizioni a cui la città di Parigi si
ripromette di partecipare nel miglior modo.
Anche il prefetto della Senna e il presidente
del Consiglio generale, Galli, con calda elo¬
quenza inneggiarono a Torino e all’Italia. 11 Galli
ricordò gli applausi con cui furono accolti al loro
ritorno da Magenta e da Solferino i soldati fran¬
cesi, e brindò agli eroi e alla gloria d’Italia.
Venne poi il turno dell’ambasciatore italiano,
senatore Tittoni, che improvvisò in elegante fran¬
cese.
Rivolto ai consiglieri comunali di Parigi, ri¬
cordò che egli pure, al pari del senatore Rossi,
è loro collega, perchè membro del Consiglio co¬
munale di Roma e presidente del Consiglio pro¬
vinciale pure di Roma, e prosegui:
“ Io considero come altissimo onore per me il rappre¬
sentare il mio paese presso la Francia, in questa città di
Parigi, che esercita un irresistibile fascino su tutti coloro
che non sono insensibili ai godimenti intellettuali nel do¬
minio della letteratura, dell’arte, della scienza, della poli¬
tica. Sì, anche della politica, poichò se la politica ha in
tutti i paesi le sue miserie, come ben disse il vostro grande
Alfredo de Musset in nna celebre strofa, essa è pure cer¬
tamente un campo di azione ben attraente per i caratteri
e le intelligenze superiori.
“ Poiché studiai e seguo sempre con la maggiore assi¬
duità il vostro movimento politico antico e contemporanco,
i vostri ambienti politici mi sono tanto famigliaci, quanto
mi sono famigliali quelli politici italiani. Posso, dunque,
ben dire, che, tra voi, io sono in paese di conoscenti. In
ispecial modo graditi mi sono i rapporti che ho con il
Governo francese, che ha a suo capo un uomo in cui tutte
le qualità che fanno un grande uomo di Stato si trovano
felicemente e armoniosamente riunite, c nel quale la dire¬
zione della politica estera è affidata ad un uomo che con
la sua prudenza, con la sua saggezza, con la sua nobile
TORINO, Il Padiglione della Moda,
preoccupazione della pace ha conquistato con tatto la fidu¬
cia illimitata dei Gabinetti europei.
“Vi sono sempre argomenti seri issimi da trattare tra
la Francia c l’Italia; i nostri rapporti commerciali, quelli
coloniali, gli interessi dei nostri operai che numerosissimi
si recano a lavorare in Francia o nell’Africa francese. Mi
ò veramente piacevole il trattare argomenti così gravi con
i vostri uomini di Stato che portano, al pari di me, uno
spirito di equità, di benevolenza, di reciproca simpatia. „
Disse quindi di amare appassionatamente l'i-
dioma di Dante, ma di ammirare anche la lingua
francese, che è, fra l'altro, la grande divulgatricc
per tutto il mondo delle grandi idee, e questa
opera di divulgazione è tanto importante quanto
la produzione intellettua¬
le ed originale che in
certe regioni del domi¬
nio del pensiero umano
ha incontestabilmente il
primato.
Accennato, quindi, che
non vi è che una sola
eloquenza che sia pura
c scevra: l’eloquenza del
cuore, concluse:
" Ebbene, è a quest’ elo¬
quenza che io ricorro. E, per
mostrarvi che vi parlo senza artifizi c che nelle mie pa¬
role non entra la suggestione naturale che trascina l’ora¬
tore ad elogiare quelli che lo ascoltano, sopratutto quando
questi sono ospiti che gli hanno fatto un’accoglienza cosi
calorosa c con tanta amabilità, io condenserò il mio pen¬
siero in una frase che pronunziai alla Camera italiana
quasi sci anni fa in occasione della visita in Italia del
Presidente della Repubblica, Loubet: “La visita del I’re-
“ sidente della Repubblica al Re d’Italia ha provocato
" manifestazioni entusiastiche ed indimenticabili, che hanno
“dimostrato l’importanza‘che l’Italia annette all’amicizia
“ della Francia ed il sentimento di fraternità che essa ha
per la sua sorella latina „. È con questi sentimenti che
io alzo il mio bicchiere in onore del Presidente della Re¬
pubblica, della citta di Parigi, del suo Consiglio muni¬
cipale. „
L’improvvisazione francese del senatore Tit¬
toni fu assai gustata e raccolse molti applausi
ed elogi. Il senatore Rossi alla sua volta improv¬
visò un vibrante discorso, rivolgendo un saluto
particolare al ministro Pichon.
Così ebbe termine il banchetto.
Mentre gli invitati scendevano a prendere il
calìe nel fumoir, le mense furono levate, e nella
grandiosa sala venne preparato un concerto, men¬
tre un altro concerto veniva preparato nella sala
delle arcate.
Una nuova fiumana d’invitati, da quattro a cin¬
quemila, invase allora le sale meravigliose, ascol¬
tando i concerti, ammirando lo sfarzo delle deco¬
razioni, saccheggiando i buffets gargantueschi. La
festa in onore dei torinesi si protrasse così fin
oltre mezzanotte fra il più schietto entusiasmo.
Susseguironsi nei giorni 22 e 23 le visite ed
i ricevimenti, presso il Commissario generale
francese a Torino, signor Derville, presidente
della Paris-Lyon-Méditerranee, presso la Lega
Franco-Italiana, presso la Camera di Commercio
italiana, presso i Comitati permanenti francesi
per le Esposizioni; fino al momento della par¬
tenza, il 25 gennaio, ripeteronsi le dimostrazioni
di grande simpatia dei francesi per la delega¬
zione torinese, che rientrò a Torino il 26 ripor¬
tandovi impressioni indimenticabili della splen¬
dida accoglienza ricevutavi.
Bagni Russi e Turchi
Il miglior bagno djl mondo in caca.
Rimedio naturale infallibile
contro
Reumatismi Artriti, ecc.
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LE ESPOSIZIONI DEL 19 11
52
Ardi. Marcello Piacentini.
Ing. Augusto Giussini.
Ing. Giuseppe Pagnani Fusconi.
Ing. Angelo Guazzàroni.
ROMA. Gli archite.tti dell’Esposizione.
Roma - Esposizione Internazionale d’igiene Sociale
PER LA LOTTA CONTRO LA TUBERCOLOSI
E LE ALTRE MALATTIE POPOLARI.
Nella occasione in cui Roma commemora degnamente
la data clic la consacrò Capitale d’Italia col riunire arti¬
sti e scienziati di ogni genere, convocali nella Città Eterna
per attingere alle sue memorie l’ardimento a sempre nuove
conquiste e per portarvi il contributo e l’operosità del
genio mondiale, gli Ufficiali Sanitari d’Italia vollero ofirire
il loro concorso, con la proposta di aggiungere al Con¬
gresso internazionale per la lotta contro la tubercolosi una
Mostra internazionale d’igiene sociale, che traducendo in
pratica i concetti scientifici informatori di quel Congresso,
valga a raccogliere somme a vantaggio della lotta contro
la tubercolosi e le altre malattie popolari.
La nobile c generosa proposta trovò eco simpatica nel
Comitato ordinatore del Congresso: ebbe il suffragio del
Governo, della Provincia e del Comune; il valido concorso
di spiccate personalità della Finanza, del Parlamento, della
Stampa, cosicché, istituito un apposito Comitato, questo
potò entrare nel campo pratico dell'attuazione dell’idea.
L’Esposizione sarà tenuta in Roma nel settembre 1911
e sarà annessa al Congresso internazionale contro la tu¬
bercolosi.
Il programma generale, amplissimo, ne dimostra l’esten¬
sione, la natura emin ntemente scientifica, insieme alla sua
grande utilità pratica per la diffusione materiale dei più
importanti postulati dell’igiene popolare.
1 proventi utili di questa Esposizione saranno devoluti
a vantaggio della lotta contro la tubercolosi e possibil¬
mente alla fondazione d’istituti permanenti an ti-tubercolari.
I.’ Esposizione avrà carattere prevalentemente pratico c
dimostrati vo ; cosi ad esempio si mostreranno al pubblico
vaccherie modi-ilo in azione in modo da far conoscere come
si provveda igienicamente alla mungitura, alla raccolta ed
alla distribuzione del latte; si mostreranno classi scolasti¬
che in funzionamento, ecc.
Le domande di ammissione dovranno essere inviate non
più tardi del 3 i marzo 1911; trascorso questo termine si
delibererà circa l’ammissione degli oggetti da esporsi.
II Museo del Genio in Castel 8anf Angelo
INAUGURATO DAL Re IL l3 FEBBRAIO.
Nel nostro numero ultimò accennammo, fra le Esposi¬
zioni che si preparano in Roma in Castel Sant’Angelo, al
Museo d’ingegneria militare, o del Genio. L’inaugurazione
ne fu fatta solennemente dal Re il giorno i 3 , cinquante¬
simo ann versano della resa di Gaeta.
11 Museo, che ha sede in una delle casematte di Urbano
Vili, recentissimamente rinnovata c decorata dal prof. Cal¬
imi, è costituito da quattordici serie di oggetti.
La prima serie comprende alcuni busti (fra i quali quelli
di Cavour, che fu ufficiale del genio) e parecchi ritratti
dei comandanti del corpo e degli ispettori generali del¬
l’arma, fotografie, stampe, cimeli, medaglie, documenti sto¬
rici, ecc
Nella seconda sono raccolti un modellario di storia della
fortificazione italiana, modelli di artiglierie di antico ma¬
teriale piemontese, toscano, napolitano per attacco e difesa
delle piazze; alcune riproduzioni storiche di artiglierie del me¬
dio-evo e del rinascimento, una catapulta, un mangano, can¬
noni e mortai dell’epoca di Nicola V, l’io IV, Urbano Vili, ecc.
Nella terza serie sono alcuni modelli di fortificazioni (le
mura di Lucca, di Torino, le cittadelle di Casale e di Parma,
i forti di San Michele (Verona), di Boma (Roma), di Vinadio
e di Demonte.
La serie quarta comprende ricostruzioni c memorie sto¬
riche, plastici, modelli, tavole murali, quadri, stampe, di¬
segni, fotografie della campagna di Crimea, dell’assedio di
Gaeta, della campagna (l’Africa, ecc.
La quinta serie raccoglie macchine c congegni diversi,
trasporti, attrezzi portabili; la sesta : mine, esplosivi, mezzi
d’accensione, strumenti da minatore; la settima: ponti c
passaggi delle acque: l’ottava: ferrovie militari; la nona:
telegrafia, telefonia, colombi viaggiatori ; la decima: aereo¬
nautica ed aviazione; l’undicesima: costruzioni e stabili-
menti militari; la dodicesima: lavori eseguiti dal genio per
la marina; la tredicesima: H archivio storico del genio e bi
bliotcca ; la quattordicesima: miscellanea; divise del genio,
plastici, fotografie e geografici, varie.
Il Re tutto ammirò c di tutto si compiacque, guidato
dal direttore ed ordinatore del museo, colonnello Borgatli.
I COISTGEESSI
CHE SI TERRANNO A TORINO DURANTE L’ESPOSIZIONE.
Ecco l’elenco dei Congressi che avranno luogo a Torino
durante l’Esposizione.
Maggio (in giorno ria destinarsi). Congresso Nazionale
fra Costruttori ita’iani. IX Congresso fra Industriali e Com¬
mercianti.
Giugno. Dal 27 al 29 Congresso Nazionale Arti grafi¬
che c 11 Congresso Nazionale dei Segretari ed Impiegati
degli Enti locali. - So. Congresso Internazionale Aiti
grafiche.
Agosto Dal 28 al 3 o. Congresso Nazionale forestale.
- 3 i. Congresso Società Agricoltori.
Settembre. Dal i.° al 2. Congresso Socie à Agricoltori.
5 al 9. Congresso Magistrale Nazionale. 21 al 23 . Con¬
gresso serico Internazionale. 29 al i.° Ott. Congresso delle
Organizzazioni patronali dell’InduS ria c dell’Agricoltura.
- (In giorno di destinarsi.) V Congresso Internazionale
di Apicoltura (primi giorni'. II Congresso Nazionale di
Chimica applicata. Congresso Internazionale delle Società
per la Cremazione (seconda metà). 1 Congresso Nazionale
di Navigazione (seconda metà).
Ottobre. Dal i.° a! 5 . Congresso Internazionale dei Pa¬
tologi. (In giorno da destinarsi). I Congresso Internazionale
Zoofilo e Umanitario.
In epoche da destinarsi. — li Congresso grafico Nazio¬
nale. Assemblea generale dell’Associazione Tipografica Li¬
braria italiana. — Congresso Fotografico. — Escursione dei
membri facenti parte del X Congresso Internazionale di
Geografia. - Congresso Internazionale di Allievi ingegneri.
- IV Congrèsso Nazionale degli Insegnanti delle scuole in¬
dustriali e commerciali. - Assemblea generale della Lega
navale. — Congresso Nazionale delle Società mutue e con-
iederate dei Parrucchieri. — Salvataggio c soccorso fuhblico.
XXII Congresso Internazionale. - Congresso Nazionale ■ ella
Viticoltura, della Enologia e del commercio vinario. - Chiu¬
sura del Congresso degli italiani all’estero, dopo lo svol¬
gimento delle prime sedute in Roma.
LE ESPOSIZIONI DEL 19 il (Edizione Treves).
PANORAMA GENERALE DEL
(DISEGNATO DAL VE so D
MOSTRA IDI BELLE ARTI AA I G TST AA CARTONI.
Spagna.
Giappone.
Germania.
Inghilterra.
Gallerie provvisorie.
Palazzo Belle Arti.
Ingresso ai. Luna Parck.
Belgio.
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Stati Uniti.
Ungheria.
Serbia.
Francia.
Austria.
Ingresso d’onore.
Russia.
uve O S T IRA.
DELLE
REGIONI IN F> T Al. Z Z A^ JD J Al. IR UVE X
3 ELLE ESPOSIZIONI DI ROMA
Vero DA ALDO MOLI NARI).
Mostra d’Architettura.
Palazzo Mostra Etnografica.
Toscana.
Salone delle Feste.
Sicilia.
Umbria.
Marche.
Sardegna.
Emilia.
Liguria
Veneto.
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Nuovo Ponte Flaminio.
Ingresso monumentale.
Foro deli e regioni.
Lago e Fontane luminose. Pesca.
Palazzo dei Cimelii.
Piemonte.
Lombardia.
Meridionale.
L.
v
LE ESPOSIZIONI DEL
t 9 i i
61
LE FESTE FIORENTINE D.EL 19.11
La Mostra del Ritratto italiano e l’Esposizione Internazionale di Floricoltura.
Il ricordo di quando c’era la ca¬
pitale non è svanito dalla coscienza
viva del popolo fiorentino. La breve
sosta del Governo e della Corte
nella città toscana riappare al pen¬
siero non come un caso fortuito
della politica, ma come un destino
della storia: si ripensa a quella for¬
tuna fuggitiva senza ombra di rin¬
crescimento per averla perduta, ma
con sicura coscienza d’averla me¬
ritata. Ci si ripensa con simpatia
perchè la capitale fu gentile verso
la città gentile: la svecchiò quanto
era necessario senza sciuparla; se
le tolse le mura di pietra, la cinse
di una fresca cintura di alberi e di
fiori; se edificò nuovi quartieri, di
equilibrata armonia, non turbò l'ar¬
monia dei quartieri antichi.
Così oggi commemorare il primo
giubileo della patria unita è per
Firenze il più facile dei doveri pa¬
triottici, poiché nel patriottismo na¬
zionale si esalta anche il suo pa¬
triottismo municipale.
11 modo con cui Firenze prende
parte alle imminenti feste della pa¬
tria è tale che, mentre accresce e
completa l’importanza della solen¬
nità, non devia l’attenzione che Ro¬
ma e Torino reclamano per sè. Non
gara ma cooperazione. 11 sentimento
della misura, quello che ha fatto
nei secoli la perfezione dell'arte to¬
scana, non è smarrito.
E come lo spirito della città è
uno spirito raccolto e la sua bel¬
lezza è fatta di grazia e di sobrietà,
la nota che ella vuol aggiungere alle
feste delle due grandi sorelle vuol
essere una nota che esprima il suo
carattere : anche questa volta ella
parlerà con la grazia dei fiori e con
(Fot. Sduinbochc.)
March. Filippo Corsini, Sindaco di Firenze
Presidente dei Comitati per le Feste Fiorentine del 1911.
la nobiltà dell’arte. Firenze nel 1911,
come è noto, avrà la Mostra del Ri¬
tratto italiano e l’Esposizione inter¬
nazionale di Floricoltura.
La Mostra del Ritratto è un'espo¬
sizione d’arte di un tipo ancora
nuovo per l’Italia. Anche da noi
sono state fatte, con buona fortuna
e con certo vantaggio della coltura,
esposizioni retrospettive di singoli
artisti, ma questa è una grande espo¬
sizione retrospettiva che compren¬
de quasi tre secoli di arte e di sto¬
ria: essa raccoglierà in Palazzo Vec¬
chio i più famosi ritratti dei più fa¬
mosi personaggi vissuti dalla fine
del ióoo all’anno di cui si ricorda il
cinquantenario, il 3861: personaggi
italiani e personaggi stranieri raffi¬
gurati da artisti italiani.
E evidente l’importanza artistica
della Esposizione. Il ritratto è una
forma d’arte così eccellente e così
completa, che non c'è stato, si può
dire, artista che non l’abbia almeno
tentata; molti dei piti grandi in essa
hanno data la piena misura del loro
valore. La grandezza di Rcmbrandt
non è quasi tutta la grandezza di un
ritrattista? Si potrebbe dire che il
ritratto nella pittura tiene il posto
che nella letteratura è tenuto dal
dramma; è la forma d'arte pili vi¬
cina alla realtà. E come attraverso
il teatro noi vediamo il costume, la
vita, lo spirito dei tempi, cosi attra¬
verso il ritratto ci si rivela il mas¬
simo di vita. Quindi una tale Espo¬
sizione, mentre offrirà allo studioso
e allo specialista l’occasione di ri¬
cerche e confronti che possono con-
(Fot. Brogi.)
Ugo Ojetti, Presidente della Commissione Esecutiva
per la Mostra del Ritratto Italiano
(Fot. JìrOgi.)
Marcii. Sen. Carlo Ridolfi, Presidente della Commissione Esecutiva
per l’Esposizione Internazionale di Floricoltura,
62
L E ESPOSIZIONI DEL 1911
(Fot. Nune-s-Vais.)
Dott. Nello Tarchiani, Segretario Generale
per la Mostra del Ritratto Italiano.
durre a delle vere scoperte, a chiunque abbia
ocelli per vedere e animo per sentire rivelerà
direttamente un grande tratto di storia: vecchie
tragedie e vecchie commedie che rivivono con
la lolla dei loro illustri attori : sovrani e ministri,
generali e favoriti, dame e damigelle; convegno
eli ombre reincarnate a ricostruirci l’illusione dei
loro tempi spariti, (ili storici vi troveranno i
loro documenti iconografici, le signore si conten¬
teranno magari di studiarci la storia della moda... ;
spettacoli sempre istruttivi.
L’idea della mostra sorse due anni fa nella
mente di un uomo che ama l’arte perchè la
comprende come funzione di vita, in Ugo Ojetti.
La sua idea fu accolta dall’ente che promoveva
i festeggiamenti, il Municipio fiorentino, che al¬
lora aveva a capo il sindaco Sangiorgi. Oggi
presiede al Comitato delle feste fiorentine il mar¬
chese Filippo Corsini, il giovane sindaco del¬
l’antica casata: e alla Commissione esecutiva
che ha organizzata la mostra presiede lo stesso
Ojetti, coadiuvato da un gruppo di studiosi d'arte
che sono anche uomini di pronta attività: Nello
Tarchiani segretario della Mostra, Carlo Gamba,
Giovanni Poggi e Alfredo Lensi. Numerosi com¬
missari, scelti fra gli uomini di coltura e di gusto
artistico che sono in Italia, lavorano in tutti i
centri dove si possa scoprire qualche tela rap¬
presentativa per la nostra arte e per la nostra
storia.
Poiché, come è naturale, una esposizione di
questo genere non poteva scegliere il suo ma¬
teriale nelle gallerie dello Stato o tra le colle¬
zioni più note. Si trattava non tanto di racco¬
gliere quanto di scoprire. Manca fino ad oggi
uno studio completo — e anche incompleto —
sull’arte del ritratto in quei due secoli e mezzo
che, secondo un’idea formata in gran parte di
Palazzo Vecchio. Quartiere di Leonora
da Toledo. - Porta di Benedetto da Maiano
nella Sala dei Gigli, prima detta dell’Oriolo.
Prof. Cav. U 1 T. Vincenzo Valvassori, Segr. della Commiss.
Esecutiva per l’Esposizione lnternazion. di Floricoltura.
pregiudizi, sono tutti di decadenza e povertà
artistica. 1 grandi ritrattisti italiani del ’6oo e
del Qoo sono per ora parzialmente conosciuti,
e molti ingiustamente apprezzati per ignoranza,
poiché le loro opere — opere di commissione
— sono sperse in case private, in piccole col¬
lezioni municipali, in città lontane, in castelli
fuori mano. Bisognava appunto riunire dinanzi
al pubblico una grande serie di tesori privati.
E voi sapete che, mentre un privato è sempre
disposto ad essere creduto proprietario di rari
tesori, non sempre ha piacere che questi tesori
sieno veduti, esaminati, confrontati....
Oramai però questo difficile lavoro di rintrac-
ciamento e di valutazione preliminare è fatto, ed
anche le possibili resistenze — non sempre ir¬
ragionevoli, del resto — di qualche proprietario
sono state superate. Ila’ dato il buon esempio
la Casa reale di Savoja aprendo ai commissari
le gallerie delle sue reggie. Soltanto da questa
parte sono assicurati una settantina di ritratti:
dalla Reggia, che fu borbonica, di Caserta ver-
HRENZE. Giardino di Orticoltura: Il Grande Tepidario.
L'ESPOSIZIONE DEL RITRATTO DEL 1911 A FIRENZE
63
1 anno, con 1 ìitiattisti del Mezzogiorno, ritratti magnifici
di pennello spagnuolo e francese; dalla Villa, che fu Me¬
dicea e Lorenese, di Poggio a Caiano ritorneranno a Pa¬
lazzo vecchio — caro soggiorno alla loro vita mortale _
le immagini dei granduchi toscani; bellissima la serie di
quelli dipinti dal Sustermans. A questa appartiene la fiera
ed elegantissima figura di Francesco II — principe non
regnante — figlio di Cosimo II, che si accampa con gio¬
vanile maestà nel quadro da noi riprodotto.
Ma da ben più lontano verranno altri ritratti. Pochi
sanno che durante il secolo XVIli, insigni pittori italiani
esplicarono quasi tutta la loro attività in Polonia ed in
Russia: i due Lampi, il Del Frate. Riappariranno ora dalle
gallerie imperiali di Pietroburgo, dai castelli dei nobili po¬
lacchi e russi. Così Pietro il grande e Caterina di Russia
si troveranno ad assistere a una festa alla quale, per
quanto chiaroveggenti politici, probabilmente non pensa¬
rono mai, quella dell’Unità italiana.
Altri ritrattisti e interi gruppi di ritrattisti si sono ri¬
velati anche in Italia: per esempio a Bergamo che, tra il
Municipio, l’accademia Carrara e le collezioni private, offre
una trentina di opere che si aggruppano intorno all’arte
del Ghislandi. Così alcuni artisti, rappresentati abbon¬
dantemente, potranno avere ciascuno la sua sala, ove af¬
fermare la propria individualità, rinverdire la loro gloria
appassita. Ne avrà una la morbida e suggestiva Rosalba
Carriera — tutta rosa e cipria; — un’altra Alessandro
Ponghi, il delicato pittore della grazia settecentesca ve¬
neziana, il poeta delle bautte e delle trine. Di lui qui si
riproduce un’opera assolutamente inedita, esistente a Trie¬
ste nella collezione privata del cavalier Filippo Artelli : è
una dama ignota, ma con gli occhi e con il ventaglio parla
dei tempi suoi meglio che il ritratto di un Procurator di
San Marco con un nome da libro d’oro.
A suo tempo la potremo interrogare, a Esposizione
inaugurata — si inaugurerà Pii marzo; — e interroghe¬
remo altre figure che non sono tutte morte, anche se i
loro nomi sono vuoti, perchè l’arte ha conservato intorno
ad esse Y illusione della vita; l’illusione della vita che è
già quasi tutta la vita.
E questa illusione sarà più facile verso i quattrocento
e più ritratti oramai assicurati alla Mostra, poiché il loro
convegno sarà in Palazzo Vecchio. In un locale qualun¬
que, freddamente schierati lungo le pareti delle sale vuote,
in un palazzo posticcio da esposizione, le opere d’arte più
belle si impoveriscono: la loro vita, chiusa nella cornice,
non si rivela senza la simpatia delle cose circostanti ;
paiono oggetti, documenti, pezzi imbalsamati. Ma quando
si dispongono nelle sale di un palazzo che è vivo nella
sua decorazione, nei suoi arredi, nelle sue memorie, allora
la vita dell’ambiente si raccoglie intorno alla loro e la là
risaltare con piena evidenza.
Ora la Mostra del Ritratto sarà anche in un certo
Sustermans. - Francesco II figlio di Cosimo II de’ Medici.
Esistente nella Villa Reale del Poggio a Caiano.
(Fot. Penco.)
Alessandro Longiii. - Dama Veneziana.
Ritratto esistente a Trieste nella collezione del cav. l ilippo Artelli.
senso la mostra dei quartieri medicei del Palazzo della signoria fiorentina;
poiché le tele saranno distribuite parte al primo piano, nei quartieri di Co¬
simo I e di Leone X, parte al secondo, nei quartieri degli Elementi e di
Eleonora di Toledo: il Salone dei cinquecento, su cui sboccano i quattro
quartieri, resterà libero ma sarà il passaggio tra le parti della Mostra.
11 Salone dei Cinquecento è rimasto sempre il salone del popolo fioren¬
tino; non v’è forestiero di passaggio per Firenze che non sia stato ad am¬
mirare la vastità della gran sala architettata dal Cronaca alla fine del '400,
poi ornata dal Vasari e dai suoi compagni con signorile ricchezza cinque¬
centesca. Ma i quartieri contigui, specialmente quelli del secondo piano, sono
stati richiamati in onore da poco, da quando è prevalsa l’idea che il mae¬
stoso palazzo non è tanto una sede di uffici municipali quanto un palazzo d’arte,
e in questo senso si è incominciato a liberarlo dalle sue moderne brutture.
Fu proprio al tempo della Capitale — di questa colpa artistica non si
può assolverla — che l’edificio subì internamente le più gravi deturpazioni.
L’aula del parlamento potò insediarsi nel salone dei cinquecento senza gua¬
starlo, ma gli accessi alla Camera e i suoi uffici costrinsero a sbranamenti
e squartamenti di cui volentieri si sarebbe fatto a meno. Il restauro delle
parti offése è di questi ultimi anni. Restaurandolo si è potuto rendere al
palazzo, se non la sua prima fisonomia repubblicana, almeno tutta la fisonomia
medicea sovrappostasi alla prima con arte diversa ma non inferiore.
Oggi i quartieri degli Elementi della duchessa Leonora — fu la moglie
cWw»» -•
fcnr-V;
6 4
LE ESPOSIZIONI DEL 191 t
di Cosimo I granduca — si aprono intatti con
le loro pompose decorazioni mitologiche e sto¬
riche in cui splende l’arte più matura del rina¬
scimento; un’arte che, se non coincide con le
preferenze moderne, soggioga con la doviziosa
signorilità dei suoi freschi e dei suoi arazzi - , un
magnifico popolo di fantasmi artistici si schieia
lungo le ampie sale e i terrazzi soleggiati, sotto
i gravi lacunari messi a oro: gli dèi del vecchio
Olimpo si fondono con i minori eroi della casa
Medicea, indiati dall’adulazione dei loro pittori.
1 ritratti dei principi, delle dame, dei prelati ap¬
pariranno nel loro ambiente più favorevole, di¬
sposti in questi quartieri granducali che espri¬
mono la perfezione di un’arte tutta aristocratica.
11 quartiere di Cosimo I, che accoglierà le
tele più importanti, si riaprirà ora per la prima
volta, liberato dai tramezzi e dai falsi palchi cne
lo avevano spezzettato per farne squallida sede
di scribi municipali. Sono state riaperte le glandi
bifore semiaccecate; sono stati ritrovati e. 11-
fatti i soffitti abbassati; rivive nella sua prima
dignità tutta un’ala del Palazzo.
Di quali deturpamenti sia stato vittima e con
quanta fortuna sia stato oggi rimesso nel suo
onore, può dare un’idea il caso di quella singo¬
larissima sala che è lo studiolo di 1‘ rancesco I.
È stato Giovanni Poggi -- il direttore del Museo
Nazionale — che lo ha riconosciuto in una saletta
oscura che nulla aveva più di cospicuo se non
una vòlta a botte frescata di simboli mitologici
e naturali. Prima del 1860 questa sala era stata
adibita all’ufficio molto subalterno di carbonaia.
Ma con l’aiuto di documenti e con la sua sagacia
di ricercatore espertissimo, il Poggi ha potuto
ritrovare e rimettere al loro posto tutti gli cle¬
menti artistici che della sala avevano formata la
bellezza perduta : le statue delle otto nicchie, le
lavagne dipinte che avevano occupate la pai te
alta "delle pareti, gli sportelli dipinti da sovrap¬
porsi ai vani degli armadi che erano stati murati.
Cosi durante l’Esposizione i visitatori rive¬
dranno in tutta la sua suggestiva bellezza anche
questa curiosa stanza che fu il laboratorio di
un principe alchimista: poiché il granduca Fran¬
cesco I, oltre che dello Stato e di Fianca Cappello,
si occupava anche delle virtù dei metalli e per i
suoi esperimenti si fece costruire questa strana
FIRENZE. Palazzo Vecchio:
.A FI
:IMA SALA DEL QUARTIERE DEGLI ELEMENTI COMPRESA NEI LOCALI DELLA MOSTRA DEL RITRATTO ITALIANO (fot. Alinari).
sala, in cui l’arte vasariana esprime nei suoi
modi classici concetti di scienza un po' magica.
In Palazzo Vecchio c’è posto per tutta la luce e
per tutte le ombre dell’anima umana. 1 )
Discosta dal Palazzo naturalmente sorgerà la
Esposizione Internazionale di Floricoltura. Essa
avrà luogo nel giardino della Società di Orti¬
coltura sulla via Bolognese, alle porte della città,
un bel verziere che gli amici dei fiori conoscono
e pregiano. 11 suo grande tepidario è il piti vasto
che sia per ora in Italia; e altri tepidari minori
sono pronti ad accogliere le piante rare a cui
l ) Per la storia artistica c politica eli Palazzo Vecchio i
visitatori della Mostra possono consultare la bella, elegante
monografia di A. Pensi, II Palagio del Popolo e Comune
di Firenze. - Firenze, Alinari.
anche il mite maggio toscano possa dare qual¬
che brivido pericoloso.
L’Esposizione dei Fiori attenderà'ìl maggio per
inaugurarsi, poiché anche i fiori lo attendono per
dischiudere tutta la loro bellezza. Ma fin d’ora
è assicurato il concorso dei piti cospicui pro¬
duttori italiani e stranieri di ogni sorta di piante:
piante d'ornamento e piante da frutto, tutta la
flora tropicale costretta a divenire europea. Ci
saranno per gli espositori, oltre i premi d’onore,
ricompense in danaro per 25 000 lire. La città
che ha nome dai fiori e accampa nel suo blasone
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI * Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO nEABRO DELLA GIURIA
il giglio, si ricorda ancora di aver per prima bat¬
tuto il fiorino.
Presiede al Comitato che prepara il grande
convegno floreale il marchese senatore Carlo
Ridolfi — di quella famiglia dei Ridolfi a cui
l’agricoltura toscana deve molto della sua at¬
tuale perfezione — ; segretario operoso è il
professor cavaliere Vincenzo Valvassori, diret¬
tore impeccabile della Scuola di pomologia fio¬
rentina.
La tradizione floreale si accompagna a Fi¬
renze con la tradizione artistica. E le due mo¬
stre, con cui la città vuole esprimere la sua in¬
dole e le sue aspirazioni perenni, si congiun¬
gono idealmente nella primavera che suscita il
fiore della terra ed il fiore dell’arte. E ancora,
come un tempo, nella vecchia città dell’Arno il
maggio sembra arrivare sotto forma di un ado¬
lescente carico di ghirlande....
Giulio Caprin.
tignola-
Commedia di Sem BENELLI. 1..3.
Nel paese della fortuna La CITTÀ del GIGLIO
Dramma in 4 atti di E. A. BUTTI ♦ L. 3 . Romanzo di Dora MELEGARL l. 5.
CANZONI AL VENTO, « Anton
Giulio Barrili (
raccolta postuma
del c sue poesie.
Lire 5 .
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12; E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 64-66-68.
FASCICOLO 5 .°
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
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L’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA DEL RITRATTO ITALIANO A FIRENZE (il Marzo).
La Loggia dei Lanzi all'arrivo dei. corteo.
Il Duca di Genova coi. sindaco di Firenze, marchese Corsini (fot. Fiorini).
t ir ircpnqiZIONI DEL i q i i
INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA DEL RITRATTO
A FIRENZE.
Ritratto di Alessandro Dal Borro, già attribuito al Velasquez
(del Kaiser Frinii ich Musami di Berlino, esposto alla Mostra del Ritratto Italiano a Firenze).
I.’rt marzo fu solennemente inaugurata a Firenze la
Mostra del Ritratto Italiano, della cui organizzazione lia
detto ampiamente, nel fascicolo 4. 0 , Giulio Caprili.
L'antico e tenebroso Palazzo delta Signoria che racco¬
glie — meraviglioso scrigno Mediceo — la Mostra del Ri¬
tratto Italiano, si risvegliò nel mattino burrascoso del
marzo fiorentino in un tumulto di vita e le vecchie pietre
parvero scosse da un fremito di gioia e di mondanità. L’im¬
mensa sala dei Duecento così ricca di stucchi e di arazzi
presentava all’entrata del Duca di Genova, dei Siedaci
e delle autorità un quadro di regale imponenza ed ele¬
ganza. Certo nessuno dei cosidetti saloni di festeggiami liti
delle mostre imminenti di Torino e di Roma potrà ugua¬
gliare per splendore e per sfarzo la storica sala del Pa¬
lazzo Vecchio mentre s’inaugurava la Mostra del Ritratto,
prima delle tre esposizioni con le quali le tre capitali
festeggiano il Cinquantenario de) Regno d’Italia. Oltre
al Ittica di Genova erano presenti i ministri Fani e Cre-
ihiro, 1 on. Di Scalea, sotto segretario di Stato, gli onorevoli
Martini e Dauco, il proietto conte Cioia, il generale Della
Noce comandante il corpo di armata, il generale Vigano,
i senatori Villari, Mazzoni e Arrivabene, Ugo Ojetti e gli altri
componenti la Commissione esecutiva, e i siudaci delle tre
capitali si trovarono per la prima volta fraternamente uniti
a Firenze: Ernesto Nathan, alto, ossuto e calvo; il sena¬
tore 1 eofìlo Rossi, basso, tarchiato c ben chiomato, c il
giovine sindaco di Hrenze, marchese Filippo Corsini, sim¬
patica figura di gentiluomo alquanto intimidito da questa
prima cerimonia ufficiale del suo recentissimo sindacato.
1‘ u a lui che toccò per il primo la parola, e seguirono
Nathan e Rossi. !■ urono discorsi brevi pronunziati con di-
v< rsi accenti, tutti intonati alla solidarietà e al vicendevole
amore delle tre città che celebrano il cinquantenario della
Nazione. Prese poi la parola Corrado Ricci: c il suo fu
un magistrale discorso degno davvero della circostanza.
Fece una rapida corsa attraverso la stona dell arte italiana,
in meno di tre quarti d’ora egli la rievocò con .magmi
smaglianti e con felici citazioni, con r.n senso di critica
acuto ed arguto che avvinse gli uditori.
“ Dalle grandi raccolte iconografiche degli Uifizi c della
Mostra odierna sgorgano — concluse il Ricci — si in¬
calzano, si accavallano ricordi d’ambasce e di felicita,
rono veri.
« Passa dinanzi a noi una turba di figure e di anime.
Sembra che invochino di non morire c clic domandino
meglio lo scempio delle postume censure, che la scura
eternità dell’oblio. Minacciano o pregano,- guatano fredde
o sorridono. È il mondo barocco pieno d’inattesi.contrasti,
dal patrizio fatuo all’austero scienziato ; dal magistrato rav¬
volto nelle toghe e nel sussiego, alla dama ravvolta nelle
trine e nella frivolezza: è l’ Impero con le sue celebri donne
« dai grandi occhi fatali „ “ circonfuse d’arcana voluttà
e il romanticismo con le sue angosce piene di speranza e
con le sue speranze piene di angoscia.
“ Tutti sono sepolti da tempo : tutti sono disfatti in ciò
che fu realtà e verità: tutti vivono ancora — e vivranno
— per la potenza eroicizzante della storia, per la viltà
maliarda dell’arte. „
Fragorosi applausi accolgono la fine del brillantissimo
discorso del direttore delle Belle Arti, che in nome del
Governo apre la mostra. Poi Ugo Ojetti, il geniale orga¬
nizzatore della mostra, guidò il Duca e le autorità attia-
verso le sale. Ojetti appariva raggiante del suo successo
d’arte e di.... puntualità. Puntualità, perchè ad onta di
difficoltà d’ogni genere che parvero a tutta prima porre
un ostacolo insormontabile all’attuazione del bellissimo pro¬
getto, la mostra fu inaugurata in completo assetto nella
data prefissa dell’rt marzo, e nello stesso giorno anche il
catalogo — in un numcto limitato ma sufficiente di copie,
— potè essere distribuito ai critici.
Ora la parola è al pubblico che vogliamo sperare ac¬
corra numeroso a visitare la mostra che è il tratto di ben
disciplinate energie c di un amore sincero per l’arte. Ag¬
giungiamo due parole sulle accoglienze cortesi di Firenze
gentile ed ospitale ai numerosi amici dell’arte clic da ogni
parte d’Italia ivi convennero per l’inaugurazione, la
Leonardo da Vinci, il piiìi intellettuale dei clubs italiani,
ofirì un concerto e un ricevimento semi-ufficiale nella
sua bella sede di via Strozzi; il sindaco di Firenze una
colazione di 3 o coperti al Comitato e alle autorità; il Ca¬
sino Borghese un grande ballo nelle sue splendide sale
dorate. E nelle ore pomeridiane il sole ruppe le nuvole,
e inondò la città di fiotti di pura luce, mentre il vento
recava il saluto profumato dei colli di Firenze e di Set-
tignano.
Riproduciamo qui accanto una delle piti belle opere del¬
l’esposizione.
11 personaggio di indiscutibile floridezza raffigurato in
questo energico ritratto è il marchese Alessandro Dal Borro,
patrizio aretino vissuto nella prima metà del 1600, soldato
famoso ai suoi tempi nelle guerre di Germania, d’Orientc
e d’Italia. 11 pittore lo ha rappresentato in atto di calpe¬
stare un vess ilo a strisce bianche e rosse disseminato di
api d’oro: è il vessillo dei Barberini che il Dal Borro scon¬
fìsse nella persona del Papa Urbano Vili, nella guerra
combattuta da Parma alleata a Venezia c alla Toscana con¬
tro il Pontefice per il possesso del Ducato di Castro. Certo
chiunque rappresenti — in ogni caso un tipo di burbanza
soldatesca — è sempre un ritratto di espressione straor¬
dinariamente forte e immediata.
Quest’opera d’arte fu per lungo tempo attribuita a Ve¬
lasquez c ancora gliela attribuisce con qualche riserbo il
Kaiser Friedrich Musami di Berlino che ha la fortuna di
possederlo — un tempo fu dei Passerini di Cortona.
Ora il potente ritratto è ritornato —• temporaneamente
pur troppo — in Italia: è riapparso poco lontano dalla
sua terra natale, a Hrenze nella Mostra del Ritratto che
come è noto, ha luogo tra il marzo e il luglio del igr r.
E questa un convegno di illustri ritratti c di illustri perso-
Ila 8gt italiani dalla fine del secolo XVI all’anno 1861, di
cui l'irenze appunto con la Mostra ilei ritratto commemo¬
rerà il cinquantenario. A Palazzo Vecchio si volgerà Bin¬
ici esse dei dotti c di quanti amano l’arte, specialmente
nelle forme meno note: e il ritratto italiano dei secoli XVII
e XVIli è ancora semisconosciuto. L’importaza della Mo¬
stra è stata riconosciuta dalle più cospicue Gallerie stra¬
nici e e nazionali. Molte attribuzioni incerte potranno essere,
nel confronto diretto, finalmente determinate.
Appunto per ciò il Museo Germanico si priva per qual¬
che mese del suo cospicuo Alessandro Dal Borro, perchè
si spera di poterne scoprire la paternità in uno di due
maestri che saranno anche rappresentati alla Mostra, il
Sacelli 1 ornano o il Renieri veneziano: un Sacelli verrà da
Strasburgo ed un altro dalla Collezione privata del Prin¬
cipe Giovannelli di Venezia. Che un’opera attribuita a Ve¬
lasquez possa poi essere ascritta al Sacelli o al Renieri
dimostra quali ritrattisti sieno questi due pittori i cui nomi,
fuor che tra gli eruditi, suonano come quelli di due ignoti.
Ma anche molti altri nomi che oggi non dicono niente sa¬
ranno mossi in valore dalla Mostra: ritrattisti le cui opere
sono disperse in raccolte lontane e poco accessibili avranno
rinverdita la loro fama. Un territorio quasi ignoto dell’arte
italiana saia indicato ai visitatori, i quali dovranno ret¬
tificate il giudizio comune che l’arte del Seicento e del Set¬
tecento sia tutta un’arte senza vita; ci fu una forma clic
1 accademismo non riuscì a mortificare, il ritratto. Nessuno
oserà chiamar accademia la sicura audacia di chi ha di¬
pinto il Dal Borro.
Nei prossimi iascicoli pubblicheremo le più belle tele
che ornano le sale del Palazzo Vecchio,
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i
67
Schizzo prospettico del progetto Bazzane
Roma. L’Rsposiziorie di
Belle Arti.
Il complesso della Mostra romana del 1911
può dividersi, come ho già accennato in un ar¬
ticolo precedente, in tre gruppi principali: quello
di Castel Sant’Angelo, quello di Piazza d’Armi,
e quello della Vigna Cartoni.
L’Esposizione internazionale di Belle Arti è
tutta contenuta nell’area di questa che era una
delle amenissime tra le vigne suburbane, quelle
vincete che hanno fatto, nel seicento, la delizia dei
cardinali e della loro corte maschile e femminile.
Così l’Esposizione sarà compresa fra la Villa
Borghese e la villa di Papa Giulio: un larghis¬
simo viale la divide in due parti, e va dai con¬
fini di Villa Borghese, proprio là dov’ è sorto
il Giardino Zoologico, alla Via Flaminia, la at¬
traversa, e arriva al nuovo Ponte sul Tevere che
conduce al gruppo dalle Mostre di Piazza d’Armi.
11 luogo in cui sorge l'Esposizione di Belle
Arti è stato veramente scelto con assai buon
gusto: ha da due lati la magnifica massa selvosa
della Villa Borghese, e dall'altro è chiuso dalla
pittoresca collina di Villa Balestra, gialla rupe
di tufo, su cui gli elei e i bassi querceti che la
coronano, mettono una severa nota di cupa ver-
zura: verso ponente il Tevere e Monte Mario
chiudono la magnifica scena.
Tre ingressi vi conducono: due sono secon¬
dari, al principio e al termine dal grande viale,
c sono chiusi da cancellate decorate da antenne;
e uno principale: l’ingresso d’onore.
E questo proprio sul limitare di Villa Borghese,
dietro la Fontana detta del Fiocco, a circa 5 oo me¬
tri da Porta del Popolo, e di fronte, anzi proprio
sull'asse, del Palazzo delle Belle Arti: consta di
due alti piloni coronati da grandi figure mulie¬
bri, simbolcggianti la Bellezza, che sostengono
ghirlande e festoni. I piloni sono decorati da
stemmi nazionali c comunali e da cartelle re¬
canti diciture simboliche: in basso sono arric¬
chiti da fontane su cui poggiano altre figure
scultorie. La chiusura fra i piloni ò fatta da due
alti stilobati che portano cavalli alati frenati da
maschie figure: fra gli stilobati è una grande
cancellata di stile festoso.
L’ingresso d'onore è dunque al sommo della
collina di Villa Borghese, il Palazzo di Belle Arti è
più in basso, nella valle, dove il terreno quasi pia¬
neggiante consentiva meglio Io sviluppo di una
arga fronte architettonica. E dall’alto ingresso
al palazzo conduce una scalea centrale assai am¬
pia e due rampe semicircolari carrozzabili: la
scalea è larga 33 metri c vince un dislivello di
più che dodici metri; ha tre ripiani e una grande
terrazza chiusa da esedre e da fontane decorate
di statue. I vari lavori statuari che ornano l'in¬
gresso d’onore e le scalee sono opera degli
scultori Granata, Candoni, Pantanesi, Astorri,
Tonnini, Laurenti, Parisini, Manganello e Mi-
nerbi: il lavoro in pietra artificiale fu eseguito
dalla ditta Vianini.
Le opere esposte sono raccolte in un edificio
L’arch. Cesare Bazzani.
principale: il Palazzo delle Belle Arti, e in alcuni
edifici minori: le Gallerie provvisorie che ne cin¬
gono i fianchi e la parte posteriore, e i Padi¬
glioni speciali. Le opere degli artisti italiani sono
nel Palazzo c nelle Gallerie, dove è stata anche
accordata ospitalità, in sale speciali, alle Mostre
della Norvegia, della Svezia, della Danimarca,
della Svizzera e dell’Argentina; i Padiglioni con¬
tengono le Mostre delle altre nazioni.
Il Palazzo fu eretto, d’accordo col Ministero
della Pubblica Istruzione, perchè, finita l’Espo¬
sizione, diventi sede permanente della Galleria
d’Arte Moderna, la quale è ora raccolta in modo
assai incomodo e forse nemmeno decoroso, nel
Palazzo Comunale, così detto dell’Esposizione,
in via Nazionale.
Per la scelta del progetto definitivo fu bandito
un concorso: e lo vinse Cesare Bazzani, archi¬
tetto romano, figlio d’un riputato pittore, c che
non per la prima volta trionfava in simili prove.
Il Bazzani, provetto costruttore di opere note¬
voli come il Palazzo Comunale di Rieti, il Pa¬
lazzo Ravà a Roma, il monumento ai caduti
del 1860 a Spoleto, il Santuario del Crocefisso
a Treia, aveva già vinto tre importanti concorsi:
quello dell'altare monumentale in Sant’Andrea
della Valle a Roma e quelli della facciata per
la Basilica di San Lorenzo e della Biblioteca
Nazionale a Firenze. E un altro premio assai
ambito aveva già riportato il giovane architetto:
la grande medaglia d’oro perla decorazione della
Sala Romana all’Esposizione di Venezia del 1907.
L' esito di questo concorso per il Palazzo delle
Belle Arti in Roma — concorso in verità che è
argomento di conforto per l’architettura mo¬
derna italiana — fu generalmente approvato. Il
nobile edificio immaginato dal Bazzani ha un
severo carattere di romanità classica, al quale
aggiungono bellezza alcune eleganze moderne,
assai bene intonate e piene di gusto. Un pronao
corintio si apre nella parte centrale, di stile se¬
vero e maestoso, ma in cui una certa vaga leg¬
gerezza dimostra che se l’edificio è un Tempio,
è però un Tempio dedicato alle piti geniali Di¬
vinità del Parnaso: esso consta di un binato li¬
mitato da due piloni, coronato il primo da un
attico a festoni e cartelle, l’altro da figure scul¬
torie che innalzano una ricca e festevole corona
d’alloro.
Lateralmente al pronao, la fronte del palazzo
si svolge in due ali più basie e pivi sobrie di
decorazioni, la cui nota culminante sono due
bassorilievi figurativi, rappresentante l’uno la
Bellezza c la Forza, l’altro la Vita e il Lavoro.
Questi due fregi, dovuti rispettivamente al Luppi
c al Laurenti, sono stati condotti con grande
sentimento decorativo c contribuiscono notevol¬
mente all’effetto solenne e gradevole di tutto
l'edificio: un altro fregio scultorio, opera del
Prini, rappresenta le Arti e arricchisce il fondo
del pronao.
A questo si accede per un’ampia scalea: e ai
fianchi si aprono due eleganti partiti di logge a
colonne, e di portali di notevole effetto.
Nell’interno è un assai vasto vestibolo, al
quale segue, sull’asse principale del palazzo, il
50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini
68
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
Salone delle cerimonie e il Salone d’onore: la¬
teralmente sono gli ambulatori: e v’è, per ogni
lato, un grande Salone e nove sale minori.
Tutti questi vasti ambienti sono quasi intie¬
ramente privi di decorazione: con assai giusto
criterio la decorazione fu affidata alle opere
d’arte che essi dovranno ospitare.
A questo che è l’edificio principale e che sarà
la sede della Galleria d’Arte Moderna, sono ora
annesse, per poter dare il necessario sviluppo
ai locali per 1 ’ Esposizione, le Gallerie provvisorie
che si svolgono posteriormente e lateralmente
al palazzo, e che occupano oltre 6000 metri qua¬
drati. Esse sono divise in 29 sale che si susse¬
guono con proporzioni armoniche e con sobrietà
decorativa e che fanno capo a due logge che si
avanzano elegantemente sul grande viale.
Questo viale centrale, percorso dalle carrozze
e dai trams, è tutto, come i viali secondari, fian¬
cheggiato da piante e decorato da aiuole fiorite :
non soltanto entro gli edifici i visitatori devono
trovarsi in un luogo sacro all’Arte e alla Bellezza....
I Padiglioni speciali, i quali accolgono le Mo¬
stre dell’arte straniera, sono in numero di do¬
dici: quattro di fronte al Palazzo delle Belle
Arti, verso Villa Borghese; e cioè quelli della
Russia e dell’Austria, posti ai due lati dell’in¬
gresso d’onore, e quelli del Belgio e della Ser-
La planimetria del Progetto' Bazzane
(Fot. Lanip.)
1 ALAZZO DELLE Belle Arti (particolare fianco destro).
racchiude uno spazioso cortile con pavimento
marmoreo, in mezzo a cui è uno specchio d’acqua,
ombreggiato da piante: questo cortile, severo e
maestoso, rialza notevolmente il valore estetico
del Padiglione.
L’Ungheria si è costruita, come sempre suol
fare alle Esposizioni d’arte, un grande edifìcio
con uno speciale carattere decorativo: il quale
essa ha cercato questa volta in un lungo dise¬
gno a mosaico che si svolge all’esterno e con¬
tinua all’interno; e in una specie di pergolato,
posto sotto all’edifìcio, il quale, se conferisce a
dargli una nota originale, non gli aggiunge certo
nè bellezza nè grazia.
La Germania ha una grossa massiccia costru¬
zione, in cui pare simboleggiarsi tutta la pesante
serietà teutonica. Fortunatamente essa è chiusa
fra giardini, folti di piante, ricchi di fiori, adorni
di statue e di marmi che alleggeriscono l'edi¬
ficio e gli dànno qualche vaghezza.
L’architettura del Padiglione inglese si è in¬
spirata, forse, ad alcuni classici edifici del Ri-
nascimento italiano, e certo alla parte supe¬
riore della Cattedrale di San Paolo, che tanta
influenza ha avuto sull’architettura inglese, al¬
meno per due secoli. L’attico, assai elegante,
come eleganti sono i capitelli delle colonne, è
decorato da un buon bassorilievo: l’insieme del¬
l’edificio è semplice chiaro e solenne: esso sarà
certamente unoMei più lodati e dei più apprezzati.
Degli altri Padiglioni, ancora non finiti, e della
disposizione delle opere d’arte, non ancora sta¬
bilita, diremo in un altro articolo.
Arturo Calza.
bia, posti lateralmente alle rampe semicircolar
Altri quattro si trovano, rispetto al viale cei
trale, a nord-ovest, c cioè quelli dell’ Inghilterr:
della Germania, del Giappone e della Spagna;
quattro finalmente a sud-ovest, quelli della Frai
eia, dell’Ungheria, degli Stati Uniti e della Turchi;
11 Padiglione della Russia si è inspirato all
vecchia architettura moscovita del settecentc
L’architetto Sckonko, che lo ha eretto per cont
del Governo imperiale, ha voluto compiere un’c
pera che avesse una nota di spiccata originalità
egli si è largamente giovato della policromia
rompendo l’uniformità delle tinte bianche co
dei gialli di varia intonazione: la copertura
ricca di cupole tinte in verde. L’ingresso è sor
montato da un ampio fregio a bassorilievo: j
primo piano si accede per un’elegante scalea a du
rampe, la quale conduce in una grande Sala circe
lare destinata ai ricevimenti e alle feste: ess
è nobilmente circondat
da un atrio dittico
si apre sopra un’amp
terrazza, da cui si d<
mina tutta l’estcnsior
della Mostra.
Il Padiglione austriac
non è, all’esterno, gra
cosa: è d’una semplici!
di forme architettonici:
e di decorazione che i
verità è tutt’altro eh
aurea. L'interno è noti
volmente migliore: ess
1 ALAZZO DELLE BELLE ARTI (particolare fianco sinistro).
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i
69
ROMA. PIANTA GENERALE E DEFINITIVA DELLA MOSTRA DI BELLE ARTI A VIGNA CARTONI.
G E R M A N I A.
U X G II E R I A
^1
O
Austri a
ESPOSIZIONI
DEL 1911
7 r
E. Ferrari.
F. Carcano.
D. Trentacoste. L. Bistolfi.
ROMA. I LAVORI DI LLA GlURIA PER LA MOSTRA Di BELLE Arti (disegno di A. Molinari)
i GRANDI PADIGLIONI ESTERI ALL’ESPOSIZIONE DI TORINO.
Il Palazzo dell’America Latina.
Bolivia, Cile, Costarica, Cuba, Guatemala, Messico, Nicaragua, Panama, Perù, Uruguay, Venezuela.
*
II
G R A N PIAZZALE D’ONORE DELL A MOSTRA DEGL*! T A L I A N I
all’Estero e delle Industrie.
vy
\
Il Palazzo delle Industrie Manifatturiere.
74
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
I GRANDI PADIGLIONI ESTERI ALL’ESPOSIZIONE DI
T O RINO.
Il Padiglione della Francia sulla sponda destra del Po.
LE ESPOSIZIONI DEL
r 9 i i
7 °
IL FALLITO SC10PERO OPERAIO
all’ Esposizione di Torino.
( Nostra cor rispondenza.)
Bisognava ben prevedere che al movimento
veramente entusiastico della cittadinanza tori¬
nese, anzi, -di tutto il Piemonte, di tutta Italia e
dei paesi stranieri per la pronta e buona riuscita
della nostra grande esposizione internazionale,
avrebbe, presto o tardi, fatto contrasto il conte¬
gno egoistico dei maneggioni delle classi operaie.
l'anta concordia crucciava i soliti e noti ma¬
neggioni di tutte le agitazioni operaie. E, co¬
me se non bastassero i maneggioni nostrani, se
ne aggiunsero alcuni stranieri — giacché qui,
specialmente nelle sezioni estere, vi sono operai
francesi, tedeschi, svizzeri, belgi, ecc. — e, a
poco a poco, tutti questi valentuomini benissimo
intenzionati riuscirono a mettere insieme, a metà
febbraio, una piccola assemblea, di poco più che
3 oo lavoratori dell’Esposizioni, c con discorsi
e declamazioni riuscirono a fare entrare nella
testa dei lavoratori che la loro dignità proletaria
sarebbe andata a spasso, se non avessero ap¬
profittato degli ultimi due mesi e mezzo che ri¬
manevano a completare l’esposizione senza fare
un poco di chiasso e non avessero tentato di
prendere per la gola gli assuntori dei lavori e il
Comitato stesso.
Si riuscì così a far votare ai trecento circa
cioè appena il io per cento della totalità degli
addetti ai lavori dell'Esposizione — un ordine
del giorno rimbombante, o, meglio, memoriali'
chiedente questi minimi di paga:
Stuccatori, gettatori, posatori, riquadratori c muratori:
I-- i.aó allora Carpentieri, pontieri e falegnami: L. i.a 5 .
Aiutanti carpentieri e pontieri: L. i. Verniciatori: L. i.s5.
Lattonicri i.ao. Manovali o.oo. Manovali di a. -1 classe (ra¬
gazzi ': !.. o. 5 o.
“ le ore di lavoro oltre le io giornaliere, e per le
ore festive, l’aumento del ioo per cento, e cioè il doppio
della paga ordinaria. „
Due giorni di tempo, appena, furono dati per
deliberare su un memorandum elevante le paghe
dei garzonetti a quasi 5 lire al giorno e quelle
degli altri operai, secondo le categorie, ad 8 a
io lire al giorno!...
Naturalmente gli agitatori pensarono che, non
rimanendo clic due mesi e mezzo per finire i
lavori, gl’imprenditori si sarebbero spaventati,
ed il Comitato ancora più degli imprenditori. Ma,
in realtà, nessuno ha avuto paura dell'atteggia¬
mento artificioso degli operai: in mezzo al par¬
tito socialista stesso è stata veduta tutt’altro che
bene tale mossa; e la grande maggioranza della
cittadinanza ha subito compreso quanto erronee
fossero le premesse ed insensate le pretese de¬
gli operai, o, per meglio dire dei loro maneg¬
giatori.
Essi sperarono, a tutta prima, di creare dis¬
sidio, anzi, conflitto fra il Comitato esecutivo e
gli imprenditori, mandando al presidente — il
senatore Villa — un'abile lettera il cui tenore
untuoso rivelava il proposito di allontanare dai
promotori dello sciopero — come se ciò fos-:e
possibile — la responsabilità del medesimo:
TORINO. I BERSAGLIERI DI GUARDIA DENTRO II. RECINTO DELL’ESPOSIZIONE DURANTE LO SCIOPERO.
" A codesta presidenza premerà che i lavori non ven¬
gano interrotti con delle sospensioni, c perciò questa Ca¬
mera del l avoro ritiene che pratiche per raggiungere l’ac¬
cordo possano essere dalla signoria vostra tentate coll in¬
vitare le imprese assuntrici dei lavori a nominarsi la pro¬
pria Commissione e mettersi in comunicazione col Comitato
generale degli operai, per fissare i richiesti minimi di paga
da corrispondersi agli operai dell’Esposizione.
“ Nella certezza che codesta On. Presidenza prenderà in
considerazione questa proposta, dettata dal desiderio di im¬
pedire una sospensione temporanea dei lavori dell’ Espo¬
sizione, in attesa di sollecito e gradito riscontro, etc. „
Notisi che questa sollecitatoria veniva man¬
data al presidente \ illa il giorno stesso, 20 feb¬
braio, in cui gl'imprenditori dovevano dare la
loro risposta al memorandum operaio, Gl im¬
prenditori — come era facile prevedere — dichia¬
rarono inaccettabili le esorbitanti pretese concre¬
tate nel memorandum ; e lo sciopero venne sen¬
z’altro dichiarato a cornili iare dalla notte del 23 .
Riunioni, processioni di scioperanti, assem¬
bramenti attorno all’Esposizione, grida, ingiurie,
fischi, violenze, tutto fu messo in opera per im¬
pedire ai volonterosi di lavorare. Nei primi giorni
i lavoratori di buona volontà non superarono i
3oo, e va lodato il loro coraggio, giacché, seb¬
bene l’esposizione ed adiacenze fossero occupate
militarmente, gli scioperanti non si astennero
dal minacciare, ivi ed in altri punti della città,
i loro compagni decisi a lavorare. Ma la fermezza
delle autorità, il contegno non dubbio della cit¬
tadinanza, la ragionevole condotta del Comitato
e degl’ imprenditori fecero presto comprendere
che lo sciopero avrebbe finito col fallire.
11 presidente Villa, che non è certamente nuovo
a tali vicende ed a tali sorprese, aveva risposto,
molto giustamente, fino dal 20 febbraio stesso
al segretario della Camera del lavoro fra altro:
“ Io non ho nessuna difficoltà — fatte le debite riserve
sulla giustizia e sulla equità delle elevate pretese e sulla
loro opportunità, e lasciando in tutto libera la volontà delle
parti — di consigliare agli uni e agli altri di risparmiare al
nostro Paese i danni e le responsabilità gravissime di un con
trasto, discutendo amichevolmente le loro ragioni, ma perciò
mi occorre il tempo necessario ed io conto sull’animo bene¬
volo di tutti perchè non si proceda a delle determinazioni im¬
pulsive, le quali non tornerebbero a vantaggio di nessuno. „
Una riunione alla sede della Commissione ese¬
cutiva dell’Esposizione ebbe luogo il 27, pre¬
siedendo il senatore Villa; ma i delegati degli
operai si presentarono senza mandato di fiducia
da parte degli scioperanti. Quale affidamento, in
tal caso, avrebbero avuto gli eventuali accordi clic
l’assemblea plenaria degli operai avrebbe poi
potuto sconfessare — come tante volte è acca¬
duto?... Gl’imprenditori manifestarono, tuttavia,
il proposito di qualche aumento percentuale sulla
massa delle paghe, e, considerando rotte le trat¬
tative, aprirono il i.° marzo i cantieri. La Camera
del lavoro diramò proteste in foglietti a stampa;
furono adoperati nuovi incitamenti in mezzo agli
operai; ma la verità è questa: gli operai che al
27 febbraio trovavansi a lavorare in circa 35 o,
di giorno in giorno andavano aumentando, ed il
6 erano ritornati tutti al lavoro, nella mattinata,
meno una cinquantina che finirono coll'andarvi
nel pomeriggio. Gl’ imprenditori avevano formu¬
lata una proposta generica di proporzionali au¬
menti al Comitato, e la Camera del lavoro fece,
a sciopero fallito, il bel gesto di dire che non
voleva aggravare il bilancio dell'Esposizione; e
lo sciopero finì miseramente, come prevedevasi.
La grande esposizione nostra ha oramai, e per
l’interno, e per l’estero, i caratteri e l’impor¬
tanza di un grande servizio pubblico, di fronte
al quale i cattivi propositi dei suscitatori di mal¬
contento fra gli operai non possono essere trat¬
tati con debolezze, che sarebbero, in questo caso,
imperdonabili. Giorino.
7 6
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
(Fot. Pisculli.)
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
77
Sculture arcaiche pi Porta Romana a Milano.
Il Padiglione Lombardo cfArte retrospettiva all’Esposizione di Roma
Iv I MON U MENTI CHE VI S A H A N NO RI 1’ RODO T T I.
Molto opportunamente, la Deputazione Pro¬
vinciale ha pensato che la Lombardia potesse
degnamente figurare all’Esposizione di Roma, con
le manifestazioni di periodi d’attività artistica che
furono i più rappresentativi e i più fecondi, per
la nostra regione.
Il Padiglione Lombardo costituirà essenzial¬
mente la Mostra, con l'aspetto degli edifici, le
decorazioni policrome e i cimeli riprodotti con
fine discernimento e la massima accuratezza. Di
regola, non saranno esposti oggetti autentici; ma
i saggi pregevoli della nostra arte vi appariranno
quasi tutti in proporzioni ridotte. E ciò, per una
ragione molto ovvia, che sarebbe ozioso spiegare.
L’edificio che campeggia nella riproduzione è
l’Arengario di Monza (fine del secolo XIII), con
la torre semplice e dignitosa, l’orologio e la scala
esterna. Nè si volle dimenticare la notevolissima
Palazzo della Ragione in Milano.
Chiesa di San Michele a Pavia (porta minore).
parlerà coperta, un pulpito di forma quadrata,
così chiamato perchè di là i consoli, il podestà,
i magistrati, parlavano, o leggevano gli editti al
popolo convocato.
Altri edifici presi in considerazione ed ampia¬
mente presentati, sono la Casa dei Desta a Te-
glio (Sondrio) e la Casa, ora distrutta, dei Mis-
saglia, armaiuoli milanesi tenuti in gran conio
nella seconda metà del secolo XV. Di questa
Casa, ch’era, un tempo, ricchissima di decora¬
zioni in terra cotta e di affreschi a colori vivaci,
smaglianti, non rimase che il bel porticato di tre
arcate a sesto acuto.
Anche il Castello di Pandino (Crema), il cele¬
bre feudo di Casa d’Adda, con le sue caratteri¬
stiche loggie e torri, è ricordato largamente. 11
Castello (fatto edificare da Bernabò Visconti nel
i 38 o) è giunto fino a noi come una visione im¬
pareggiabile, massime nelle pittoresche laubie
della corte interna, di un’abitazione ducale cam¬
pestre per soggiorno di caccie o per ritrovi autun¬
nali nella seconda metà del secolo XIV.
Un’altra degna riproduzione è quella del Cor¬
tile dello storico Castello di Malpaga, dimora del
Colleoni sino al 1475. Il Cortile è circondato da
portici ad arco, sorretti da robuste colonne, i ca¬
pitelli delle quali portano gli stemmi Colleoni. Il
Castello contiene brillanti dipinti del Romanino
e del Giorgione. Le sale sono decorate con fregi
originali di fiori ricorrenti sotto il soffitto a guisa
di cornice: putti, figure di santi, immagini e mi¬
nutissimi intrecci geometrici s’intersecano ese¬
guono con grande naturalezza e a tinte armoniose.
E figureranno, inoltre, il Chiostrino della Cer¬
tosa di Pavia, in cotto; il Cortile del Monte di
Pietà di Cremona, ov’è una profusione di deco¬
razioni eleganti e leggiadre, e il Palazzo Branda
Castiglione a Castiglione Olona. Imponente è
l’aspetto esteriore di questo edificio (secolo XV).
Le finestre, in terracotta, sono capolavori. Liscio,
ma bellissimo, il cornicione che gira tutto intorno
al palazzo, e veramente superba la porta mar¬
morea con largo bordo sul quale stanno scolpite
le palme incluse in cimiero nel l’emblema aral¬
dico dei Castiglione.
Nel palazzo, durante il primo Rinascimento,
furono adunati, in gran copia, una quantità di
La STATUA DI Plinio A Como (sulla facciata del Duomo).
tesori artistici, con il concorso di pittori toscani.
Si ritenne poi necessario, che le città princi¬
pali della regione esponessero ambienti, che per
il complesso delle decorazioni e delle sculture,
apparissero i migliori e i più significativi.
Milano ha una sala di quel palazzo Borromeo,
che, se all’esterno non può dirsi mirabile per il
modo con il quale il Richini ne ornò la facciata,
internamente è magnifico, suntuoso di colonnati,
di vestiboli e di sale, che gli conferiscono un
aspetto regale. Dei Borromeo, si riprodusse pure
una sala della villa di Senago, nella quale è una
vasta raccolta di pitture, cimeli, pergamene, bron¬
zi, maioliche e vetri antichi, frammezzo a vecchi
mobili e vecchi dipinti di antenati e di soggetti
mitologici. (La villa fu acquistata, con i suoi
fondi, da Federico Borromeo, nel 1629).
Cortile di casa Besta in Teglio.
Cortile del Monte di Pietà a Cremona.
Il Padiglione Lombardo all’Esposizione di Roma (facciata interna).
Como manda una Sala del Palazzo Vertemate,
in Piuro, edificio costruito in uno stile architet¬
tonico di ordine corinzio e dorico, ornato di co¬
lonne, lesene, architravi, fregi, cornici ed ara¬
beschi. Il Palazzo contiene sale fastose, con lode-
volissimi affreschi di Antonio e Bernardino Campi.
Mantova presenta il graziosissimo gabinetto
d’isabella d’Este nel palazzo Ducale, e Brescia,
la sala della R. Pretura, decorata a buon fresco
da Lattanzio Gambara (i53o-i 574) che, dotato di
spirito fantasioso e di una vena inesauribile, vi
trattò ogni soggetto di storia civile o religiosa.
Bergamo figurerà con una sala di quel prodigio
d’eleganza ch’è la Cappella Collconi (costruita
dall’Amedeo), e Cremona, con una sala del ma¬
gnifico Palazzo del Monte di Pietà.
Nel Padiglione, saranno esposti pure alcuni
particolari di opere d’arte che, per la bellezza
del disegno e la squisitezza della fattura, o per
l’importanza dei ricorsi storici, erano preferibili
ad altri molti.
Milano avrà una buona copia di sculture ar¬
caiche. Queste adornavano, un tempo, i capitelli
dei grossi pilastri sostenenti gli archi della Porta
Romana e celebravano il ritorno dei milanesi in
patria e la gratitudine alle città alleate dopo la
distruzione di Milano ordinata dal Barbarossa. Le
sculture sono attribuite a un certo Anseimo (1171 ).
Mantova riproduce il Monumento fatto eri¬
gere dal Podestà Loderengo Martinengo in me¬
moria di Virgilio, sulla fronte del Palazzo Co¬
munale (secolo XIII), e Como, le statue dei Piinii
collocate in nicchie all’ esterno del Duomo, e,
pare, scolpite dal Rodari.
Pavia riprodurrà la porta romanica dell’in¬
signe basilica di San Michele, ove ricevettero la
corona Berengario I, Marchese del Friuli, Beren¬
gario II, Arduino d’Ivrea ed altri re di Germania.
E non mancheranno, rispettivamente per Son¬
drio e Cernusco, una artistica stufa valtellinese,
fregiata con bassorilievi a fiori e putti, e il tem¬
pietto barocco nel giardino della Villa Alari.
Coordinare i vari elementi architettonici, fon¬
dere tra loro i diversi stili delle costruzioni ri¬
prodotte, in modo che non ne derivassero cozzi
violenti, connubi grotteschi, ma un tutto sobrio,
organico, era assunto tutt’altro che facile. Alla
austerità trecentesca, si contrapponeva la squi¬
sitezza raffinatissima del Rinascimento: accanto
alla rigida severità medioevale, la eleganza ci¬
vettuola e scintillante di quella che fu chiamata
l’età aurea dell'arte italiana. Possiamo dire che
l’impresa, per quanto non scevra di ardimento,
fu condotta maestrevolmente a termine.
Il Padiglione, opera dell’architetto Adolfo Zac-
chi, occuperà un’area di millecinquecento metri
quadrati e sarà riguardato come uno dei più in¬
teressanti e caratteristici dell' Esposizione ro¬
mana.
Milano, febbraio.
Nino d’ Urio.
Castello Sforzesco a Milano (fontana nel cortile).
Sculture arcaiche a Porta Romana a Milano.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
79
J
&
L’INDUSTRIA ALL’ESPOSIZIONE DI TORINO
Se le Esposizioni contemporanee di Roma, di
Firenze, di Torino saranno solenne glorificazione
del primo cinquantenario della più grande pa¬
gina della nostra storia nazionale, all'evocazione
di un glorioso passato riuniranno la sintesi del
cammino compiuto dal Regno d'Italia nel suo
primo mezzo secolo di vita e di lotta.
Riconosciuta la sua unità politica, l'Italia do¬
veva ancora raggiungere quell' importanza eco¬
nomica ed industriale che praticamente la po¬
nesse fra le grandi nazioni. Malgrado le difficoltà
dell’inizio, attraverso crisi terribili, il nostro paese
è riuscito a raggiungere risultati veramente in¬
sperati. Dove nulla prima esisteva, in mezzo a
condizioni economiche più che difficili, in un
ventennio sono assurte ad un’ importanza che le
fa vittoriosamente gareggiare, con le più favo¬
rite d’oltr’Alpe. Basterebbe in proposito fra i
tanti riportare un esempio. L’Italia, dei paesi in
ciò che riguarda T utilizzazione e la distribuzione
dell’energia elettrica, è prima in Europa e seconda
nel mondo. Se l’Esposizione di Milano del 1906
fu per molti tecnici dell’ estero una rivelazione,
quella di 'Torino di quest’ anno sarà una più
ampia e dettagliata dimostrazione di ciò che
T Italia sa e può fare.
Il confronto del risultato nostro con quello
che si compiè in tutti i paesi del mondo sarà
per tutti vivo d’insegnamenti e di progresso.
11 Comitato clic vigila all’ordinamento della
gran Mostra di Torino ha voluto compiere,
usando dei dati forniti dai suoi predecessori,
un’opera eminentemente logica ed organica.
Volendo presentare al visitatore un nesso lo¬
gico e fedele fra i mezzi del lavoro moderno e
le sue produzioni, non si è contentata, come
troppo spesso avvenne per lo passato, di riu¬
nire esclusivamente il maggior numero possibile
di esempi, ma di sottoporli ad un’ intelligente
opera di selezione e di organizzazione.
Cosi nell’ordinamento delle varie parti della
Mostra la Commissione è partita dal concetto
molto giusto di seguire la via secondo la quale
procede la legge economica del lavoro.
Così risalendo ad uno degli elementi essenziali
della produzione: l’operaio, — è venuta agli stru¬
menti più semplici che servono ad esplicare la
sua attività, all’applicazione delle forze naturali
domate, all’industria, ai mezzi di trasporti fino
a giungere ai micidiali ordigni che assicurano
la pace.
Perche la visione di questa glorificazione del-
T industria sia formulata nel modo più vicino al
vero, quale si svolge nelle fabbriche e nei grandi
opifici, così, quanto la cosa è possibile, si assi¬
sterà alla rappresentazione del lavoro in azione.
Non si vedranno quindi macchine immobili e si¬
lenziose, ma i più complicati congegni in azione,
i quali inizieranno il gran pubblico alla cono¬
scenza così attraente e tanto poco nota dei me¬
todi ogni giorno più perfetti e celeri di produ¬
zione. _ . . . .
Basandosi sopra queste grandi linee iniziali
VEsposizione Internazionale dell Industria e del
Lavoro è stata ripartita in 26 gruppi ed in 5 q
classi. Con questo primo articolo, che potrebbe
quasi chiamarsi una prefazione, mi limiterò ad
un colpo d'occhio generale, mentre in seguito, in
singoli articoli, cercherò di dare una visione
esatta delle varie industrie con i suoi ritrovati
e le sue novità.
*
Il primo gruppo, suddiviso in cinque classi,
ha per scopo di mettere sotto gli occhi degli
studiosi l’opera così importante compiuta da
tutte quelle istituzioni d' insegnamento profes¬
sionale che tanto contribuirono allo sviluppo
delle industrie e dei commerci. Sono esse infatti
che educano ed avviano le menti delle nuove
generazioni ai problemi sempre nuovi e che for¬
nendo gli esempi pratici dei risultati altrui gettano
la semente feconda del progresso del domani.
Tutta l’importanza sociale di una simile or¬
ganizzazione è stata ben compresa, del resto, da
tutti i grandi paesi industriali, i quali l’incorag¬
giano con ogni mezzo morale e materiale.
Ciò che fino ad ieri era un'opera filantropica
per le masse, oggi è diventata una necessità im¬
pellente, assoluta nei tre rami del lavoro umano :
industriale, agrario, commerciale.
La costante, necessaria ricerca del meglio ha
fatto emergere ad una notevole importanza gli
apparati scientifici d’ogni genere e con essi quelli
di misura. Sono infatti essi che preparano la
via a tutte le grandi scoperte, a tutti i moderni
perfezionamenti, che permettono di rivelare il
modesto fenomeno passato fino ad ieri inosser¬
vato e che domani sarà costretto a compiere la
sua opera di progresso, che vigilano sopra i
risultati.
11 laboratorio è la mente di ogni grande in¬
dustria, mentre l’officina è il braccio che eseguisce.
In questo gruppo, oltre agli strumenti scientifici
di ogni genere, fisici, chimici, di meteorologia, ecc.,
una speciale classe è riservata alle macchine ecl
agli strumenti destinati alla misura della resi¬
stenza dei materiali in tutte le loro svariatissime
foggie.
Era le nuove grandi industrie prima la foto¬
grafia, in cui nel gruppo III, ad una completa
esposizione dei risultati ottenuti, vero salon
dell’arte fotografica, si aggiunge la lunga serie
degli apparecchi che vi si riferiscono, da quelli
che servono ai dilettanti alle piti complicate
prove di fotoincisione colorata. Anzi in quest’ul¬
timo si annunciano non poche novità, fra cui
specialmente tricromie e policromie in cui la
selezione viene ottenuta fotograficamente.
I.a grande industria.
1 maggiori insegnamenti per i tecnici ed i vi¬
sitatori saranno nell’osservare i risultati e le appli¬
cazioni di quella che ormai, per la potenza di ca¬
pitali e di organizzazioni che essa richiede, si
suole racchiudere nella vastissima denomina¬
zione di grande industria. In testa di essa può
porsi la meccanica generale (gruppo IV), la quale
razionalmente è stata divisa nelle sue due grandi
manifestazioni, di cui la prima comprende le
macchine motrici, i motori di ogni genere mu¬
scolari, idraulici, termici, elettrici e conseguen¬
temente tutti gli organi destinati alla trasmis¬
sione a distanza del lavoro meccanico. Nella se
concia invece raggruppati in classi, a seconda
delle singole industrie in cui si riferiscono, gli ap¬
parecchi e gli strumenti alla lavorazione del legno,
dei metalli, delle pietre sia naturali sia artificiali.
La macchina utensile può dirsi la sovrana del
lavoro moderno.
D'altra parte la necessità della produzione
spingendo all’impiego di sempre maggiori po¬
tenze e velocità, ne viene che questi organi pre¬
sentano gravi pericoli. Così il Comitato non ha
potuto esimersi dal riunire in uno speciale ri¬
parto gli apparecchi di soccorso e di preven¬
zione contro gl’infortuni delle officine.
La maggior parte degli apparecchi funzione¬
ranno davanti agli occhi del pubblico in un’im¬
mensa galleria all'uopo disposta.
Se nella meccanica generale l’Italia potrà figu¬
rare degnamente rispetto alle altre nazioni, dove
incontestatamente si troverà in prima linea sarà
nell’Elettricità (gruppo V).
La recente esposizione di Bruxelles del 1910
ha dimostrato a sufficienza questo nostro pri¬
mato. Se il nostro paese al momento attuale
possiede le pivi grandiose installazioni di Europa,
se ogni anno in media iòoooo cavalli sono strap¬
pati ai corsi d’acqua che precipitano lungo i
fianchi delle nostre montagne, allo stesso tempo
in ciò che riguarda la costruzione degli appa¬
recchi abbiamo già occupato sul mercato mon¬
diale una stima che onora la patria di \ olta, d
Galvani e di Galileo Ferraris. Alla grande in¬
dustria elettrica, a quella elettrochimica formante
una notevole classe, bisogna aggiungere i si¬
stemi di trasmissione elettrica del pensiero: tele¬
grafia, telefono, radiotelegrafia e fotografia.
Nè minore importanza hanno il gruppo XVIII,
che riguarda le industrie estrattive e chimiche, e il
XIX (industrie tessili), in cui l’industria della seta,
una delle nostre maggiori ricchezze, potrà porre
in vista i suoi meravigliosi prodotti e le sue
perfette macchine di lavorazione, capaci di tes¬
sere dal modesto nastro che adorna il collo del¬
l'operaio al complicato arazzo, abbellimento son¬
tuoso di case sovrane o multimilionario.
L’arte e l’industria di lusso dei gioielli e dei
metalli preziosi (gruppo XXI) costeggerà quella
importantissima del cuoio e dei suoi affini.
L’agricolfura: industrie alimentari.
L’agricoltura moderna nazionale è una delle,
grandi classi di questa Esposizione. Dalla selvi-
cultura alle industrie forestali, vedremo sfilare
le macchine agrarie che servono a dissodare la
terra di tutti i paesi ed a strappare ad essa la
sua sempre rinnovata ricchezza. Ed aderente ad
essa la produzione dei prodotti alimentari ed i
mezzi più adatti al loro trasporto ed alla loro
conservazione (gruppo XVI 1 ).
Dalla fabbricazione degli zuccheri a quella
della cioccolata, dalla trasformazione dei cereali
in pane all'industria del latte ed ai caseifici, vi
sarà un vasto campo all’attenzione degli scien¬
ziati come dei semplici artigiani.
Anche in questa parte il giusto concetto del¬
l'esposizione di macchine in lavoro sarà larga¬
mente applicato.
8o
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
Lavori pubblici e mezzi di trasporto.
Il mezzo di trasporto è diventato una neces¬
sità indiscutibile della vita moderna, e quindi ad
essa tre grandi gruppi sono consacrati. Prima
fra essi quello che riguarda la navigazione ma¬
rittima e fluviale. La navigazione interna, che
da noi è ancora, in confronto degli altri Stati,
molto indietro, sarà specialmente studiata. Indi
viene il gruppo dei trasporti terrestri ai quali è
aggiunta l’ultima venuta e certo non fra le mi¬
nori delle conquiste umane: la Navigazione Ae¬
rea. Di questa, che ragioni di opportunità hanno
riunito in un’unica organizzazione indipendente,
avremo da occuparci in seguito.
Ad un’esposizione statile di apparati e di ac¬
cessori che abbracciano l’aereonautica e l’avia¬
zione sono unite grandi gare sia per dirigibili
come per aeroplani, di cui è da ricordare il mici
aereostatico Torino-Roma e ritorno ed il cir¬
cuito aviatorio d’Italia ora in via di attuazione.
I.a città moderna.
La scienza costruttrice je l’arte architettonica
con le loro relative industrie si sono fatte ormai
cooperatrici efficacissime di benessere. Quindi
in una mostra dell’attività umana non poteva
certo essere esclusa. Così dall’ordinamento dei
municipi ai pubblici servizi municipalizzati, alla
polizia urbana e rurale fino agli edifici di uso
pubblico ed all’abitazione privata troveremo non
pochi esempi, completati dalle sezioni della de¬
corazione del mobilio e dell’arredamento delle
abitazioni private.
La stampa, questa meravigliosa propagandista
d’istruzione, avrà pure il suo palazzo speciale,
come l’arte della guerra mostrerà le sue mici¬
diali applicazioni destinate alla difesa dell’ordine
e dei confini.
Se uno volesse dilungarsi a fare delle previ¬
sioni od a scendere in dettagli sarebbero ne¬
cessari dei volumi, poiché bisognerebbe discen¬
dere all’osservazione ed alla descrizione del pro¬
gresso contemporaneo industriale.
Dare un’idea chiara e concisa della vita mo¬
derna, riunirla in un tutto organico, tale è stato
il concetto del Comitato dì 'l'orino.
La nobile città piemontese, ove primo partì
il grido di Vìva l’Italia Una, saprà svolgere
l’immenso programma che si è prefisso. Questo
solenne anniversario di libertà sarà degnamente
celebrato dalla manifestazione del genio umano
trionfante sulla terra, sull’acqua, sull’aria.
F. Savorgnan di Brazzà.
La Giuria per la Mostra di Belle Arti di Roma.
Il Comitato per le feste commemorative del 1911 in
Roma ci ha comunicato in data 21 gennaio:
" Il Consiglio di presidenza del Comitato ha approvalo
di questi giorni le proposte della Sezione di Belle Arti
per l'elezione della Giuria clic dovrà esaminare le opere
iscritte all’Esposizione del 1911. I.a Giuria si comporrà di
nove artisti, di cui cinque eletti dalla presidenza del Co¬
mitato su proposta della Se.ione di Belle Arti. La Giur a
sarà presieduta da un delegato della presidenza del Comi¬
tato che non avrà voto deliberativo. Lo spoglio delle
schede avverrà in una pubblica adunanza alla presenza
dei votanti e in località da destinarsi. La sezione provve-
derà di questi giorni all’invio delle schede per la votazione
è del regolamento contenente le norme per essere elettore.
Le schede dovranno, con particolari modalità, essere rimesse
al Comitato non oltre il 20 del prossimo febbraio.,,
Questa deliberazione naturalmente non accontentò tutti;
e vari sodalizi artistici deliberarono di non partecipare
alla votazione. Questa però ebbe luogo ugualmente e fu¬
rono eletti gli scultori Bartolomei, B.stolli, Trenlacoste,
iMonleverde, e i pittori Carcano, Innocenti e Balla (futurista)
e l’architetto Calderini. Essa, presieduta da Ettore Ferrari,
aveva già esaminato al i 3 marzo a 3 oo opere, non accet¬
tandone che circa duecento.
Programma e Calendario Ufficiale
OKI.LE FESTE 01 ROMA E OI TORINO.
R O M A.
Marzo 27: Solenne commemorazione nel Parlamento e in
Campidoglio, dove parlerà anche il Re; 28: Inaugurazione
dell'Esposizione artistica; dal 27 al 29: Congresso dei sni¬
daci delle città capoluogo di provincia, organizzato per
cura del sindaco di Roma;
Aprile 4: Inaugurazione del Congresso internazionale
di musica; ai: Inaugurazione dell’Esposizione etnografica;
Maggio 1: Congresso internazionale della stampa; dal
2 al 12: Concorso ippico internazionale; i 3 : Corso di fiori
a Villa Umberto; 14: Steepl-.-chasse militare internazionale;
i 5 : Partenza da Roma per il giro ciclistico d’Italia; 28 : Inau¬
gurazione della sesta gara generale rii tiro a segno (dal
28 maggio al 12 giugno);
Giugno 1: Inaugurazione ilei congresso dei sindaci ; dal
i° al l'j: Congresso degli italiani all’estero ; 4 : Inaugura¬
zione del monumento a Vitto io Emanuele. Nella prima
quindicina: Settimana internazionale di aviazione; 6: Ar¬
rivo a Roma del giro ciclistico d’Italia. Nel mese di giu¬
gno: Corse al trotto (11, i 5 , 18, 25 ).
Luglio 20: Arrivo a Roma delle imbarcazioni delia cro¬
ciera motonautica internazionale; 21: Esposizione di na¬
tanti; 22: Corsa Roma al mare; 23 : Corsa dei cento chi¬
lometri ad Anzio;
Settembre 8: Congresso del Touring Club; 20: Conve¬
gno automobilistico, feste dei gonfaloni: Esposizione inter¬
nazionale di igiene sociale.
Seguiranno feste popolari, feste allo stadio, fuochi arti¬
ficiali, concerti bandistici, ccc.
T O R I N O.
Aprile 29: Inaugurazione dell’Esposizione; Aprile-otto¬
bre: Coi corso internazionale di fotografia; Aprile 3 o : Inau
giunzione del concorso internazion.de ginnastico;
Maggio dal 5 al 7 c dall’ 11 al 14: Concorso c torneo in¬
ternazionali ginnastici; i 5 e 21: Concorso militare ginna¬
stico; dal 4 al 7: Esposizione temporanea internazionale
di avicoltura; 7, io, 14, 21, 25 , 28: Settimana di corse di
cavalli; dal i 5 al 20: Esposizione temporanea internazio¬
nale primaverile d’orticoltura e floricoltura; 27, 29 e co:
Concorso ippico internazionale; Maggio: Congressi dei co¬
sti attori italiani c degli industriali c commercianti;
Giugno 104: Concorso ippico internazionale; dal 3
al 6; Esposizione temporanea internazionale canina. Date da
stabilirsi: Concorso d’aviazione. Giugno dal 12 al 20: Espo¬
sizioni temporanee internazionali zootecniche; dal 20 al 3 o :
Regate internazionali; dal 27 al 3 o : Congressi delle arti
grafiche; dal 27 al 29: Congresso nazionale dei segretari
c degli impiegati di istituzioni locali;
Luglio 9: Grande corsa internazionale automobilistica
Susa-Monccnisio ;
Agosto dal i 3 al i 5 : Concorso internazionale di musica;
dal 16 al 2 i : Concorso internazionale e Congresso degli zap¬
patori-pompieri; dal 22 al 27: Concorso internazionale di
telegrafia; dal 28 al 3 o; Congresso nazionale forestale;
3 i : Congresso delle Società agricole;
Settembre 1 e 2: Congresso delle Società agricole; dal 5
al 9: Congresso magistrale nazionale. Nella prima decade
di settembre : Corsa ciclistica Torino-Roma ; dal 16 al 24:
Concorso di tiro; dal tó al 24: Esposizione temporanea in¬
ternazionale estiva di orticoltura e floricoltura ; 17: Regate
LIQUORE STREGA
Ditta G* ALBERTI • Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO AVErtBRQ DELLA GIURIA
nazionali; 17, 20, 24 : Riunione di corse; dal 21 al 23 : Con¬
gresso sericolo internazionale;
Dal 29 al r° ottobre: Primo Congresso delle organizza¬
zioni dei padroni industriali ed agricoli ; V Congresso in¬
ternazionale d’apicoltura; II Congresso di chimica appli¬
cata; Congresso delle Società di cremazione; 1 Congresso
nazionale di navigazione; Settembre: Esposizione tempo¬
ranea internazionale equina; Settembre-ottobre: Concorso
internazionale di cinematografia.
PREMI 1 PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO.
Oltre ai diplomi concessi dalla Giuria, sono stati desti¬
nati agli espositori della Mostra “ 11 lavoro degli Italiani
all’estero,, che figurerà nell’Esposizione Internazionale di
Torino nel 1911 1 seguenti premi:
5 . M. il Ikc concede: Una grande medaglia d’oro al¬
l’autore o agli autori delia migliore monografia illustrata
( di una collettività italiana stabilita oltre i confini del Re¬
gno. — Il R. iti/listerò di Agricoltura, Industria c Con.-
mv/cio concede: i.° Tre medaglie d’oro, sei d’argento, sci
di bronzo a quelle Ditte o a quei commercianti o a quelli
industriali, che, nell’ultimo decennio hanno aperto nuovi
mercati all’estero alla produzione nazionale: oppure hanno
favorito il commercio d’importazione verso il nostro pae?e
di prodotti necessari a vecchie e nuove industrie: oppure
hanno sviluppato all’estero industrie importanti con mano
d’opera italiana. 2. 0 Una medaglia doro, due d’argento,
tre di bronzo, per le migliori colonie agricole fondate al¬
l’estero con contadini, ai quali sia assicurato il graduale
possesso della terra che lavorano o garantita una parte
conveniente degli utili dell’azienda agricola. 3 .° L’na me¬
daglia d’oro, due d’argento, tre di bronzo per le società
italiane all’estero, che meglio dimostrino di aver saputo
adattarsi alle forme più moderne cd efficaci dell’associa¬
zione e di aver sempre cooperato alla concordia ed al¬
l’italianità della collettività. — Il li. Mini Acro digli AJ-
fari Esteri concede: Dodici medaglie (due d’oro, quattro
d’argento e sei di bronzo) per quelle scuole e per quelle
istituzioni di previdenza e di assistenza, che onorano le
nostre collettività italiane all’estero. — Il ‘R. Ministero del¬
l’Istruzione Pubblica concede: Tre grandi medaglie d’oro
a quelli artisti lirici e drammatici, che maggiormente ab¬
biano contribuito alla diffusione della lingua c della cul¬
tura italiana all’estero. — Il R. Commissariato dell’Emi¬
grazione concede: Cinque medaglie d’oro, dieci d’argento
c quindici in rame per quelle istituzioni, che più si siano
distinte in Italia od all’estero nella protezione o nell’istru¬
zione dei nostri emigranti.
_È USCITO
La voluttà di creare
Novelle di Litigi CAPUANA
Indice: Creazione.- Americanata. - Presentimento. - I
microbi del signor Sferla/.zo. - Un geloso! ! ! - Il gior¬
nale mobile. - 11 sogno d’1111 musicista. - La spina. -
L’incredibile esperimento. - Un uomo felice. - La vs-
den/.ione dei capolavori. - La scimmia del professor
Scliitz. - 1 1 busto. - L’aggettivo. - « In anima vili ». -
L’eròsmetro. - La conquista dell’aria.-Duescoperte.
- L’invisibile.- 11 domatore di aquile. - Conclusione.
Un volume in-16 di 3 ->o pagine : Lire 3,50.
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Rassegnazione, romanzo. 3 5 o
Passa l’amore, novelle. 3 5 o
C’era una voltai Fiabe. 6, n ediz. illustrata 2 5 o
11 raccontafiabe : seguito al C era una volta !...
•ob disegni di Mazzantic Cecconi. 2." ediz. 2 5 o
Re Bracalone, romanzo fiabesco, illustrato 2 5 o
Schiaccianoci. Novelle e novelline per i ragawi,
'bus iato da C. Chiostri. 3 —
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Diri;ere vaglia' agli Editori Fratelli Treu'<~Mil,iiK».
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Dirigere vaglia agli Editori Fratelli Treves, Milano.
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, romanzo di
I n Colmile di T72 pagine con copertina a colori: Cinque Lire.
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12.
Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza.
FASCICOLO 6.°
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 m
ài
» i
-
ROMA. I Sovrani si recano alla solenne seduta in Campidoglio (27 marzo) (fot. Moimarì)
82
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
ROMA. I Sovrani arrivano in Campidoglio (fot. Moiinari).
Le Peste per il Cmqxjtanteriario a Roma
E L’INAUGURAZIONE DELLE MOSTRE A VALLE GIULIA E IN CASTE], SANT’ANGELO,
(Mostra corrispondenza.)
2 aprile.
Ecco finalmente Roma nel periodo delle grandi
commemorazioni e delle solenni inaugurazioni.
Dal 27 marzo in poi, tutti i giorni, si può dire,
Roma accorre, assiste, ad una cerimonia, ad una
festa. Alla popolazione abituale di Roma si sono
aggiunti altri centomila abitanti, a dir poco, ve¬
nuti da fuori, da tutta Italia, dall’estero, a go¬
dere le bellezze caratteristiche della stagione ro¬
mana, e le manifestazioni straordinarie di que-
st'anno, eccezionalmente commemorativo.
La prima giornata di codeste teste e comme¬
morazioni è stata quella che si dice una g or¬
nata campale. Una seduta reale assolutamente
straorduiaria nella mattinata, V inaugurazione di
una esposizione internazionale nel pomeriggio,
un grande ricevimento la sera in Campidoglio —
hanno fatto si che tutti gl’ invitati a queste feste
e cerimonie si siano dovuti trovare mobilizzati ed
in perfetta tenuta per quindici ore, almeno, dalle
nove del mattino alla mezzanotte. Si fa dunque
qualche cosa per la Patria anche ai giorni nostri !...
Tutti, tutti si sono buttati con fervore, con
entusiasmo a rendere grandiose queste giornate
solenni; tutti, dai venditori ambulanti ai principi
romani, cominciando col profondere per ogni
dove ed in ogni forma i colori nazionali su tutta
la superfìcie di Roma. Dalle colossali cravatte
tricolori svolazzanti del limonaro girovago, alle
bandierine tricolori sventolanti dall’alto dei trai-
leys dei trams o dai frontini dei cavalli dei hot-
tari ; dalle banderuole delle finestrino degli am¬
mezzati delle piti umili case, alle bandierone delle
sedi principesche e delle ambasciate, è stata
una inebriante festa di colori, infiammata dallo
splendore del sole primaverile, che è entrato co¬
me elemento essenziale a creare quell’entusia¬
smo patologico a pressione elevata, che tutti
abbiamo qui respirato specialmente dall’alba del
27 alla mezzanotte del 28 marzo, anzi dalla mez¬
zanotte del 27, giacché a quell’ora, dal Gianicolo,
dove tanto latin sangue gentile cadde in di¬
fesa dell’italianità contro i francesi invasori e pa¬
llisti, nel ’49, dal (ìianicolo, su cui grandeggia il
superbo monumento di Garibaldi, e dove Passo
soffrì e morì, dal Gianicolo tuonò su Roma il
primo colpo di cannone a salutare l’alba festiva!...
Un altro colpo di cannone, alle dieci un quarto
del mattino del 27, annunciava l’uscita dall’alto
Quirinale del corteo reale che per la salita di Ma-
gnanapoli, via Nazionale, piazza Venezia, piazza
dell’Ara-Coeli portava il Re, la Regina, i per¬
sonaggi della Corte al Campidoglio, il cui cam-
panone spandeva su Roma le sue onde sonore
festose.
butta Roma era nelle vie e nelle piazze: Infe¬
sta ufficiale era attorniata da una vera, grande fe¬
sta di popolo acclamante; così che nel glorioso
recinto chiuso di Campidoglio, sulla classica piaz¬
zi fatta sgombare dalla folla, nel magnifico sa¬
lone degli Orazii e Curiazii, riservato agl’invitati
di qualità, si aveva quasi, malgrado la solennità,
una sensazione di vuoto, in confronto con la ressa
popolare delle vie e piazze, a stento attraver¬
sate, ed invase da un entusiasmo irrefrenabile.
Nella grande aula capitolina era tutto quanto
Roma accoglie e può offrire di solenne: le ca¬
valieresse dell’Annunziata, da donna Elena Cai-
roli Sizzo a donna Ra: Itele Marcora; i presidenti
delle due Camere, i ministri, ormai in partibus,
i sindaci di Roma e delle grandi città, ufficiali
generali, diplomatici in splendide uniformi, dame
e cavalieri in aggruppamenti accidentali pitto¬
reschi per la varietà delle toilettes primaverili ed
il luccichio delle decorate uniformi, uomini della
politica, della scienza, dell’arte, compreso Ermete
Novelli, col petto e la marsina cosparsi di de¬
corazioni, e 1 ommaso Salvini, appoggiarne, sotto
il peso di stelle, croci c crachats i suoi ottanta
anni di gloria al piedestallo del busto di Gari¬
baldi. Non mancava Matilde Serao, intenta, col
lorgnon , ad analizzare le toilettes delle dame, e
pronta a fissare la figura alta e severa della Re¬
gina Elena nel momento in cui al braccio del
Re, e nel cospetto di tutto quel magnifico udi¬
torio in piedi ed acclamante, entravano a pren¬
dere posto sul trono, seguiti dal Duca d’Aosta
dal Conte di Torino e dal Duca di Genova.
Dei discorsi non vi parlo: tutti li hanno letti
nei giornali. Il momento solenne fu per il di¬
scorso del Re, il primo, — discorso breve, ma
intenzionalmente significativo, riunente le idee e
la forma del primo ministro che se ne va, Luzzatti,
dedicate, quasi, al primo ministro che viene,
Gioì itti. Al discorso, detto con voce ferma, so¬
nora, ma calma, gli applausi risposero, quasi
ogni volta, per segnale di Tommaso Salvini, ad
ogni frase toccante i sentimenti dei convenuti.
Fu esso il grande numero della seduta capito¬
lina. Gli altri tre discorsi, cioè gì’ indirizzi del
Senato e della Camera, già noti, ed il discorso
del Sindaco di Roma, Ernesto Nathan, spropor¬
zionatamente lungo, furono accolti da un silenzio
rispettoso, ma rassegnato.
Due ore, appena, di tregua rimasero libere
per tutto il mondo di cerimonia; e in quelle
due ore c’era da rifarsi un poco dalla stanchezza,
rinfrescarsi, rifocillarsi; poi in marcia tutti al lato
opposto di Roma, da Sud a Nord, dall’Arce ca-
A questo fascicolo è unito il
grande
PANORAMA
DELLE ESPOSIZIONI DI ROMA
1
lì
disegnato espressamente dal vero
e da documenti ufficiali da Aldo
Moli nari, e che è degno riscon¬
tro del Panorama della Mostra di
Torino pubblicata nel fascicolo 4. 0
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
83
ROMA. La seduta Reale del 27 marzo in Campidoglio (fot. Moiinarii.
pitolina, alla Valle Giulia, alla vigna Cartoni, all' i-
naugurazione formale — non sostanziale — della
grande Esposizione internazionale di arte. Sulla
scalea del palazzo felicemente ideato dal Bazzani
e nel salone d’onore si raggruppava lo stesso
pubblico decorato, militare, diplomatico, parla¬
mentare che raccoglievasi due ore prima in Cam¬
pidoglio. 1 ministri dimissionari erano li, in tutta
la solennità delle loro uniformi, sotto il cui splen¬
dore nascondonsi gl’intimi sentimenti inesplica¬
bili di chi si sa designato al sagrifìcio dell’andar-
sene o a quello, non meno grave, del rimanere.
11 palazzo delle belle arti c’è, l’esposizione non
c’è ancora, ma ci sarà, man mano, nei giorni
venturi. Tutti ammirano dell' edificio la aran-
diosità e l’armonia. Fra gli ammiratori è il mi¬
liardario americano, Pierpont Morgan, ammirato
alla sua volta per la fioritura del suo naso so¬
lenne non meno che per la rinomanza dei suoi
milioni e del suo mecenatismo. L’ambiente è de¬
lizioso. Valle Giulia, solcata dall’ampio viale lungo
il quale sorgono eleganti e festosi i padiglioni
stranieri, belli nelle loro decorazioni boreali, ed
ornati da grandi orifiammi multicolori agitati dal¬
l’aura primaverile, è di effetto incantevole.
Le trombe squillano, la folla si move; è il
corteo reale che si avanza, nell’ordine e nell’in¬
sieme medesimo che abbiamo visto in Campi¬
doglio. Il Re, la Regina, i principi sono sotto il
trono; gli inchini, gli ossequi si susseguono ra¬
pidamente, e cominciano i discorsi — quattro
discorsi; quattro come nella mattinata in Cam¬
pidoglio, quattro e quattro otto, aprendo la nuova
serie" il conte di San Martino, imperturbabile;
poi, col suo bel vocione, la sua faccia serena e
contenta, il senatore Secondo Frola, che, presi¬
dente del Comitato generale dell’Esposizione di
Torino, reca a Roma il saluto, applaudito, dcU’ope-
roso Piemonte; quindi il ministro per gli affari
esteri di ieri e di domani, marchese Di San Giu¬
liano; ed infine l'ambasciatore francese, signor
Barrère, decano del corpo diplomatico, giacché
questa esposizione internazionale di arte ha an¬
che il suo contenuto diplomatico.
Finiti i discorsi, l’entusiasmo prorompe inva¬
dendo tutta vigna Cartoni, e di là rovesciandosi
di nuovo in Roma, mentre gli studenti fanno
attorno al Corteo Reale una dimostrazione cla¬
morosa, illuminata dal sole ridente, che na-
scondesi dietro la gran mole della cupola di
San Pietro.
Roma si accinge ai tripudi della sera: la luce
del crepuscolo si tramuta, per oggi, in alba
sorprendente di una nuova giornata luminosa;
ogni finestra, ogni piano, ogni facciata di casa
diventa, a poco a poco, risplendente per migliaia
e migliaia di ondeggianti fiammelle ; una miriade
di fiaccole danno bagliori ed ombre inconsuete
ai monumenti; due riflettori del genio incrociano
su Roma, dal Campidoglio al Monte Mario, i loro
fasci raggianti; tutta l’urbe è ài nuovo formicolante
nelle vie e nelle piazze; mentre la folla dei deco¬
rati e degli uniformati sale, per la seconda volta
nella giornata, il Colle Capitolino, ad ammirare
le bellezze dei tre palazzi classici, riuniti col tanto
discusso porticato intercomunicante, e racco¬
glienti in una pompa di luce e di fiori i sovrani e
1 dignitari dello Stato e del mondo ufficiale ad
un trattenimento artistico — epilogo delle fatiche
di questa prima giornata commemorativa.
La seconda giornata, il 28 marzo, è stata la
giornata di Castel Sant’Angelo. La mole maestosa
che l’imperatore Adriano si fece costruire a ri¬
poso delle ossa sue e di quelle della sua con¬
sorte, Sabina, era ancora tutta incorniciata este¬
riormente dalle fiaccole spente della illuminazione
della notte innanzi, quando la folla già veduta il 27
a Campidoglio ed a Valle Giulia, accorreva con
ogni forma di veicoli verso il Ponte ed il Castello,
per assistere all’ inaugurazione dell' Esposizione
artistica e storica retrospettiva. Già il i 3 feb¬
braio una prima reinaugurazione aveva colmato di
gioia il cuore del direttore generale ed organiz¬
zatore, colonnello Borgatti. E il 28 il benemerito
ufficiale non stava più in se dalla gioia, perchè
delle varie esposizioni di Roma, questa eli Castel
Sant’Angelo si può dire veramente la piti com¬
pleta ed organizzata, cosi che la parola inaugu¬
razione corrisponde ad un fatto reale e concreto.
Ciò è stato possibile, perchè qui non vi era che
ben poco da creare ex-novo ; tutti i grandiosi e fa¬
stosi locali del Castello erano pronti da un pezzo ;
poi il colonnello Borgatti ha potuto disporre di
un'organizzazione militare pronta e disciplinata,
che gli ha reso meno difficoltoso che altrove
tutto il lavoro, pur rilevante, di ordinamento.
11 28 marzo, in luogo degli homeni d’arme, di
Leone X o di Giulio II, battevano i risonanti
selciati dei fossati del castello i cavalli delle
carrozze reali recanti dentro l'antico pauroso
recinto riservato ai papi il Re e la Regina d’Ita¬
lia, affrontati, anche in Castel Sant’Angelo da¬
gl’inevitabili discorsi — due soli, per fortuna,
brevi e succosi, quello del ministro Credano, che
parlava come governante di ieri e governante
di domani, e quello del bravo colonnello Ma¬
riano Borgatti, la cui felicità trasudavagli dalla
spaziosa fronte — e ne aveva ben ragione e di¬
ritto, perchè egli, da almeno un ventennio è il
vero papa o papà del Castello, e ne ha rinno¬
vata la vita, pur rispettando i caratteri e la sto¬
ria del colossale edificio.
11 discorso del Borgatti fu una brillante pro¬
lusione storica, preparatrice eccellente dell’udi¬
torio sceltissimo alle maraviglie d’arte che poco
dopo tutti si affrettarono ad ammirare nelle ca-
sermette, nel cortile delle Palle, nei fossati, sui
bastioni, nelle casematte, nel grandioso appar¬
tamento papale, sulla piattaforma, dovunque il
bravo colonnello ha potuto collocare qualche og¬
getto degl’infiniti tesori che egli è riuscito a riu¬
nire e felicemente ordinare e disporre in ambienti
dove la civiltà romana ed il fasto papale non
sono in nessun modo turbati dall’ora soprag¬
giunta esposizione.
Non è possibile inoltrarsi, nemmeno per un
accenno sommario, nella specificazione di que¬
sta esposizione che formerà — non v’ha dubbio
— uno dei maggiori successi delle Esposizioni
Romane ed è fra le piti rispondenti alle tradi¬
zioni, alla storia, ai caratteri della Capitale d’Ita¬
lia. In Castel Sant’Angelo possono saziarsi di
godimenti gli eruditi e gli archeologi, gli ar¬
tisti e gli amatori, tutti i cultori della bellezza
sotto le forme piti elette e caratteristiche; è
un’Esposizione che ha, aneli’essa, i suoi limiti
di tempo, e, con quella archeologica che si inau¬
gurerà alle Ferme 1 )iocleziane, forma il paio delle
mostre che in Roma dovrebbero e potrebbero
rimanere permanenti.
Ma le scale di Sant’Angelo, oh! le scale sono
terribili, come l’antica dominazione papale, ed
io mi arresto a riposarmi sulla terrazza da dove
si domina l'urbe....
Giorino.
8 4
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
ROMA. LA MOSTRA INTERNAZIONALE DI BELLE ARTI INAUGURATA IL 27 MARZO.
Il Padiglione della Germ a n i a (fot. Abeniacar).
Il I adiglioxe del l’ Ungheria (fot. Abeniacar).
LE ESPOSIZIONI DEL
uni
(Edizione Treves).
PANORAMA GENERALE
DELLE ESEOSIZION
(ESEGUI TO Dal F1TT
I DELL' INC
ORE GENNARO AMATO).
Nel lontano, il Ministero dei Lavori Pubblici.
Ristorante Popolare.
Passerella provvisoria.
Tettoie Trasporti e Materiali Strade Ferrate.
Mostra della Provincia di Torino.
Ponte Isabella.
L’albero nasconde I’India non ancora cominciata.
L’ Inghilterra.
Il Giornale e l’Arte della Stampa. Galleria delle Macchine in azione. Monumento P. Amedeo.
Colonie Inglesi. Castello Medioevale. Porta d’entrata secondaria.
Salone delle
L’ Elettricità.
- ■ «usitóji S
fVMt
4
Guerra e Marina.
Industrie. Agricoltura e Macchine agricole.
Gl’ Italiani ali.’ Estero.
Siam.
Allemagna.
Spalle della Fontana dello Chatf.au d’Eau.
Ponte Monumentali: sul Po.
NONI DELL'INDUSTRIA E DEL LAVORO A TORINO
Dal PITTORE GENNARO AMATO).
P. Amedeo. Salone delle Feste e Palazzo Istrumenti di Musica.
v. L’Elettricità, Ponte Monumentale sul Po. Stampa,
Comitato.
Castello del Valentino.
La Città Moderna.
Ungheria.
Arte applicata all’industria.
Mole Antonelliana.
Entrata Principale (nascosta dagli alberi).
Passerella provvisoria Piazza Vittorio Emanuele e Ponte P. Umberto.
» 1 1 » t D
{ il li il 4 H »l !<
Ponte Monumentale sul Po.
Francia.
Belgio.
Brasile. L’America latina.
Uruguay ed Equatore.
Repubblica Argentina.
LE ESPOSIZIONI DEI
i 9 i i
9 3
ROMA. INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA RETROSPETTIVA IN CASTEL SANT’ANGELO (28 marzo).
4
£, • » aJ
'w U.m>
jtP'Vv v - V -
I Sovrani VISITANO I PADIGLIONI ifot. Menasci),
94
LE ESPOSIZIONI DEL 19 ii
(fot. Abeniacar).
ROMA. L’Ambasciatore d’ Inghilterra Sir Rennel Rodo
AI.L’INAUGURAZIONE DEL PADIGLIONE INGLESE A VALLE GlULIA.
Cora' è ordinata l’Esposizione di Belle Arti.
Nel primo disegno generale della Mostra di Belle Arti era stabilito
elio il Palazzo centrale del Bazzani, che noi abbiamo già illustrato, rac¬
cogliesse tutte le opere italiane, e che tutte le opere degli stranieri tro¬
vassero luogo nei Padiglioni, singolarmente destinati alle altre nazioni.
Era questo un proposito di ordinamento assai lodevole: ma quando, per
ragioni varie e sulle quali è inutile fermarsi, qualcuna delle nazioni fece
sapere che, pur partecipando alla Mostra, non avrebbe però potuto co¬
struire un proprio padiglione, si dovette pensare al modo di dare ospi¬
talità anche alle opere di stranieri, ai quali sarebbe mancato il proprio
padiglione nazionale.
E la conseguenza — felice — è stata questa: che il nucleo centrale
dell’ Esposizione, quello del grande Palazzo, avrà delle attrattive e of¬
frirà un interesse assolutamente insospettati; attrattiva e interesse che
derivano dai confronti immediati che si possono fare tra le opere del¬
l’arte italiana c quella straniera, c dalla maggiore varietà e vivacità che
offrono sempre le sale di mostre internazionali.
E all’ospitalità dell’arte straniera nel Palazzo centrale si potè prov¬
vedere con signorile larghezza: sia col vasto spazio offerto dai grandi
saloni dell’edifìcio principale, sia con la geniale costruzione delle “ Gal¬
lerie provvisorie,,, che cingono da tre lati il Palazzo, e ne formano la
continuazione, anzi, sotto un certo punto di vista, il completamento ar¬
chitettonico.
Vediamo ora come, tenendo conto di tutte queste circostanze, si sia
provveduto all’ordinamento dell’Esposizione internazionale artistica.
E cominciamo dal grande Palazzo centrale.
Nell’ala destra (destra, naturalmente, per colui che, sceso dall’in¬
gresso d’onore a Villa Borghese, sale la grande scalea che conduce al ve¬
stibolo del Palazzo) è la Sezione dell'Arte Italiana, composta di sette
grandi sale; sono anche da questa parte tre sale, parallele alle altre, delle
quali una contiene la mostra individuale di Enrico Coleman, l’interprete
squisito della Campagna romana, il pittore dei ruderi degli acquedotti
delle forre delle torri diroccate, delle tombe im¬
periali in rovina; l’artista il quale dello squal¬
lore dell’Agro inseminato fu il pittore poeta, e
che proprio in questi ultimi giorni la morte
ci ha rapito. La seconda di queste tre sale con¬
tiene una mostra personale di Giulio Monteverde,
il Maestro a cui tutti s’inchinano; il quale vi
esporrà l'opera a cui egli lavora da forse un
ventennio, e che sarà il suggello glorioso della
sua lunga e invidiata carriera. La terza sala è
destinata a raccogliere una mostra di pastelli e
di acquerelli.
Nell’ala sinistra del Palazzo, quattro sale sono
riservate alla Svezia, e piti particolarmente alle
mostre personali di Lawson, eh Milles, di I*iestad c dello Zoili, il quale
ultimo si presenta a Roma con opere assolutamente nuove.
Oltre che con mostre individuali di questi suoi quattro grandi pit¬
tori, la Svezia si presenta con circa duecento opere dei suoi artisti più
significativi.
1 Altre tre sale di quest’ala del Palazzo sono intieramente riservate
alla Norvegia: e altre tre sono occupate da una mostra internazionale
di bianco e nero e da una “Mostra della medaglia,,.
Nel Salone centrale è una delle maggiori attrattive dell Esposizione:
anzi quella il cui annuncio definitivo — che ora soltanto è possibile di
dare — ebbe un’eco universale di simpatia: vogliamo dire il grande fregio
che Aristide Sartorio ha preparato per decorazione della monumentale
aula del nuovo Parlamento italiano. _
In questo Salone, in cui sarà fatta l'inaugurazione solenne dell Espo¬
sizione, saranno poi disposte, immediatamente dopo la cerimonia, le opere
della grande scultura italiana. , .
Le Gallerie provvisorie contengono sale italiane, sale internazionali
e sale straniere. Le sale italiane sono, naturalmente, la continuazione
delle mostre accolte nelle sale esclusivamente italiane e di cui abbiamo
parlato. _
Nelle sale internazionali è la mostra speciale dell Argentina e quella
della Rumenia; e le opere di alcuni stranieri, cui non sono state riser¬
vate sale proprie, ma che hanno partecipato all’Esposizione direttamente
con noi. V’è inoltre una mostra delle opere dei Pensionati esteri resi¬
denti in Roma: mostra che offrirà un interesse veramente grande, per¬
chè per la prima volta si vedono raccolte in uno stesso ambiente opere
di pensionati di diverse nazioni; e il latto di averle così riavvicinate
potrà esser ragione di osservazioni e di raffronti tutt altro che inutili
agli studiosi dell’arte contemporanea.
Delle sale straniere, tre sono riservate alla Danimarca, quattro al¬
l’Olanda: una accoglie — magnifica mostra — 27 opere di Ignacio Zu-
loaga; un’altra è dedicata all’esposizione di sci grandi pannelli di vita
spaglinola, dipinti dall’Anglada. Altre due sale sono intieramente riservate
alla Svizzera, che ha magnificamente trasformato gli ambienti con de¬
corazioni, sia in legno che in stoffa, tutte caratteristiche del paese. Que¬
ste sale svizzere contengono 140 opere: nel centro di una di esse è un
grande gruppo scultorio.
Altre due sale sono destinate alle opere della Bulgaria e della Gre¬
cia: un’altra accoglie opere d’arte cinesi e in modo speciale acquarelli;
così che per la prima volta si potrà studiare in Europa una raccolta
d’opere d’arte cinesi d’una certa importanza e vastità.
L’ala estrema delle Gallerie provvisorie è occupata dall' Esposizione
internazionale di Architettura.
Una delle sale accoglie le opere delle varie Associazioni di architetti
austriaci; un’altra è riservata all’Associazione italiana fra i cultori di
architettura; ed essa vi sta eseguendo una speciale decorazione, per la
quale fu bandito un apposito concorso.
La grande sala a destra delle Gallerie, e che ne finisce la testata,
è destinata ai ricevimenti della Presidenza del Comitato; il quale avrà
modo di accogliervi degnamente i Commissari delle nazioni estere.
Il Salone centrale delle Gallerie provvisorie accoglie, simmetrica¬
mente all'altro del Palazzo principale, opere discultura italiana e straniera.
A questo ordinamento del nucleo centrale dell’ Esposizione fa ri¬
scontro l’ordinamento delle mostre nei Padiglioni esteri, delle quali si
parlerà nel prossimo numero.
Arturo Calza.
LA MOSTRA ITALIANA DI BELLE ARTI, clic fu inaugurata il 27 marzo
contiene solo quattrocento opere e tutte eseguite l’anno scorso, magari in questo prin¬
cipio d’anno. Esse sono state scelte con una severità ed esposte con un gusto che non
saranno mai abbastanza lodati. Di molti artisti invitati ò stato, all’ultima ora, respinto
quel eh’essi avevano mandato. Tremila opere di pittura e di scultura passarono davanti
alla giuria clic non ne accolse che duecento, meno dell’otto per cento. Ecco i nomi degli
artisti che furono accettati :
Pittori: Àlmagià, Agazzi, Amistani, Bonivcnto, Bcrtolctti, Bovio, Foggi, Belfiore,
Bignotti, Bosso, Bursi, Boglione, Heltito, Barriceli!, Bresciani, Bortoluzzi, Bastianini,
Berla, Barcellini, Brandemberg, Capranesi, Colucci, Cavaglieri, Chablin, Cadorin, Caz-
zaniga, Garosi, Crema, Cipolla, Castegnaro, Casorati, Coltelli, Costantini, Caputo, Cam-
bon, Cruscio, Diamantini, Danieli, D’Aghiarti, Dal Molin, Deguirot, Favai, Falchetti,
Ferrazzi, Fracnkel, Guarino, Gamboggi, Gaudenzi, Grimaldi, Guerrini, Goidie, Garbali,
Gloz, Iswolski, Koheler, Langhlau, Buzzi, Lembrecht, Lamerlini, Lancelò-Croee, Lloyd,
Longoni, Levi, Martina, Micheli, Mazzoni, Malerba, Menato, Molere, Mcngarini, Mofer,
Mattielli, Modigliani, Michailesen, Moeuschuller, Nathan, Noether, Monili, Nodari, Otto,
Ortolani, Orlandini, Pollonera, Pomo, Passon, Protti, Passigli, Petrucci, Palamenghi-
Crispi, Pascucci, Pennasilico, Piazzi, Panncggiani, Rossini, Ronca, Rossi, Roselli, Èlio,
Ricci, Pini, Scabbia, Stanga, Tonelli, Stella, Saens, Siverio, Tavernier, Torchi, Testi,
Tosi, Valeriani, Vittori, Vegetti, Villani, Valli, Wasnuth, Wagner, e Zambellctti.
Scultori: Astorri, Pentivegna, Burnham, Anita R. Cavalieri, Calori, Cataldi, Ca¬
sadio, Camaur, Cellini, Ciampi, Cifariello, Cullen, Fantino, D’Amore, Del Bo, De Be¬
nedetti, Fioravanti, Franceschi, Gemignani, Gangeri, Raschine, Jardclla, Kohlcr, Lamo-
naca, Lovatelli, Mayer, Manganello; Merculiano, Ohlssen, Piraino, Pogliani, Profeta,
Rancher, Romanelli, Rossi Giuseppe, Rossi Eduardo, Saroldi, Schlass, Sortini, Uccello’
Zonza, Briamo.
Fra gli artisti invitati, figurano tra i principali, c con opere notevoli, Tito, Innocenti,
Calandra, Lionne, Noci, Coromaldi, Balla, Mancini, Dalbono, Casorati, i due Gioii, No-
mellino, Bezzi, Scattola, Bress, Fragiacomo, i tre Ciardi, Pierelto Bianco, Sartorcllo,
Maggi, Tavernier, Mariani, Careano, Mentessi, Bazzaro, Belloni, Selvatico, Alciati, Tal¬
lone ed altri.
Nel palazzo italiano delle Belle Arti sono accorsi anche tutti gli stranieri che non
hanno un vero padiglione nazionale, come gli svizzeri con due sale, i danesi con tre,
gli svedesi con quattro, che sono state destinate a mostre personali di Zorn, di Larsson’
di 1 1,àstaci c dello seultoie Millis. E due sale sono state infine date a due insigni pit¬
tori spaglinoli, ai quali forse il padiglione spaglinolo non sembrava troppo ospitale;
Zuloaga e Anglada. E le loro mostre saranno, pare, tra le maraviglie di questa bella
c varia e piacevole esposizione. Anglada questa volta ha dipinto anche grandi pan¬
nelli decorativi, lunghi tre __
o quattro metri ; notevoli
fra tutti una Scena notturna
con un gruppo di chitarri¬
sti spagnuoli e l’Arrivo d,l
torero, che risplendente
d’oro e di rasi scende dalla
vettura acclamato da una
folla d’amici c di donne.
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI - Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO AE/ABRO DELLA GIURIA
LE ESPOSIZIONI DEL 19T1
9 5
TORINO. MILLE E TRECENTO SINO AGI PER IL 17 MARZO.
La visita all’Esposizione dopo il banchetto. - Sui. ponte provvisorio al Pii.onetto (tot. Pomari).
L'imponente corteo passa in Piazza Castello sotto il monumento “all’Esercito Sardo,, (fot. Pomari).
96
L E ESPOSIZIONI DEL 1911
Il Discorso del Re in Campidoglio
per u. Cinquantenario dell’ Unità Italiana.
Delle lesti: iniziatesi a Roma il 27 marzo, parla in al¬
tre pagine il nostro corrispondente dorino. Il giorno 27
la grande attesa era per l’annunziato discorso del Re, che,
cessate le acclamazioni, svolse un ampio foglio e lesse
con voce chiara c sicura :
" Sul Campidoglio, vaticinato dal sommo Poeta latino,
eterno come Roma, stanno oggi attorno al Re i liberi rap¬
presentanti del Parlamento, dei Municipi, simboli viventi
dell’unità politica indissolubile e delle franchigie locali, lo
Vi saluto, evocando la memoria dei pensatori, degli eroi e
dei martiri, ai quali dobbiamo la Patria 1
“ In questo convegno nazionale, irresistibile e fervido,
esce dai nostri petti il giuramento di rendere l'Italia sem¬
pre piii libera, più felice, più rispettata nel mondo (ap¬
plausi). Nelle legittime impazienze, aspiranti a migliori for¬
tune, giova riconoscere che non si riparano in breve tempo
gli effetti ili lunghi secoli vissuti nella divisione e nel ser¬
vaggio (applausi).
“ Per il nostro paese corse un’età anche più miseranda
di quella dipinta dal Segretario fiorentino quando, man¬
cata la concordia dei cuori c delle armi, la disciplina del
carattere, l’obbedienza spontanea a quelle leggi che sono
sostanza di vita e di salute, all’Italia vinta e doma si tolse
ogni virtù ili pensiero, ogni potere militare e civile.
" E occorre figgere io sguardo in quelle calamitose pro¬
fondità a misurare ili quale sforzo titanico fu capace l’a¬
nimo della Nazione per rivolgere le sorti di un volgo av¬
vilito in quelle di un popolo libero e geloso dei suoi di¬
ritti. Nella nostra virile modestia non si dimentichi l’uf¬
ficio che la storia ha assegnato all’ Italia. Esso esprime con
il ricongiungersi di sparse genti infelici il diritto intan¬
gibile delle nazioni a vivere indipendenti (grandi applausi.
Grida di: Viva il Rei) Con Roma capitale, l’Italia rap¬
presenta la tianqu Ila convivenza della Chiesa con lo Stato,
che garantisce piena e feconda libertà alla religione come
alla scienza (applausi).
“ Quest’opera ilei padri, dei redentori della patria, non
può apparire meno elevata delle due precedenti civiltà di
Roma,
“ 11 Padre mio di venerata memoria, in un discorso so¬
lenne, diceva: "Fra i maestosi avanzi della grandezza an¬
tica non ci sembri modesta la grandezza nuova. L’antica
per lo spirito del tempo fu universale, la nuova ò nazio
naie. Dalla prima si ebbe un’ Italia romana, si ha dall’altra
una Roma italiana. Quella fu l’espressione della forza,
questa è l’espressione del diritto e, come ogni diritto, Ro¬
ma italiana è inviolabile (applausi .
“ Devota all’indipendenza di ogni popolo, l’Italia saprà
custodire la propria che è il retaggio di tutta la sua storia
antica e recente e contribuirà con le opere della pace al
progresso universale in una ascensione continua verso
ideal: sempre più alti.
“ Ed è fatidico che di tanti imperatori sul Colle aperto
ni fasti consolari e alle istituzioni romane, resti solo il -i-
mulacro di Marco Aurelio, salutante il trionfo, illuminato
dalla luce austera della virtù stoica (appi itisi); immagine
sacra e propiziatrice di quel culto della legge morale e ci¬
vile che la Patria nostra vuol osservare fidente in un si¬
curo avvenire di prosperità e di gloria (lunga ovazione) „.
Dopo il discorso reale, lessero degl’indirizzi di occasione
il presidente del Senato, Manfredi; il presidente della Ca¬
mera, Marcora; poi pronunziò un discorso —ahi ! troppo
lungo — il sindaco di Roma, Ernesto Nathan. La cerimonia,
veramente solenne, aveva durato meno di tre quarti d’ora
e alle xi e un quarto, fra le acclamazioni incessanti della
lolla, i sovrani e tutto il corteggio rientrarono al Quiri¬
nale, dal cui grande balcone il Re e la Regina dovettero
presentarsi alla folla plaudente sulla Piazza.
Tre ore dopo il corteo reale, attraversando ancora tutta
la città festante, moveva dal Quirinale a Villa Cartoni,
fuori di Porta del Popolo, atteso dai ministri, dal corpo
diplomatico, da una collana fiorita e splendente di dame
e di personaggi, ad inaugurarvi l’Esposizione di Belle Arti
internazionale. Anche questa, naturalmente, è stata una
cerimonia di discorsi : hanno parlato il conte di San Mar¬
tino, presidente dell’Esposizione di Torino: il ministro per
gli affari esteri, marchese di San Giuliano, e l’ambasciatore
di Francia, signor Barrerò, decano del corpo diplomatico.
Dopo i discorsi sono passati davanti ai sovrani tutti i
rappresentanti, ad uno ad uno, dei vari governi esteri, ed
il Re ha accolte da ciascuno simpatiche parole d’augurio,
ricambiate con ringraziamenti cortesi e vigorose strette di
mano. Per le Esposizioni, l’importante è inaugurarle; il
resto viene poi; ed anche per l’Esposizione di Roma tutto
si ò limitato all’inaugurazione esteriore ed al godimento
della folla nell’ammirare il corteo, gl’invitati, se stessa, le
bellezze dell’ampio pronao del palazzo e dell’ingresso trion¬
fale, e le facciate dei padiglioni esteri ancora chiusi.
1 utta Roma eri nelle vie, affollate, imbandierate, riso¬
nanti di evviva; e la sera tutta Roma fu ravvolta in un
vero mare di luce, mentre in Campidoglio i sovrani assiste¬
vano ad uno spettacolo artistico e ad un ricevimento fastoso.
I telegrammi scambiatisi il 27 marzo
fra i due Imperatori Alleati e il Re d’Italia.
Della giornata memorabile oltre al discorso reale vanno
ricordati i telegrammi augurali inviati al Re d’Italia dai
sovrani alleati ed amici. Ecco i più caratteristici:
Venezia, 27; ore 7,10.
S. M. il Re d'Italia - Roma.
" Tanto io quan o l’Imperatrice siamo felici di poter espri¬
merti, dal suolo ospitale del tuo bel paese, le nostre cor¬
diali felicitazioni e i voti più sinceri che noi formiamo
con la Germania intera per te e per la Nazione amica e
alleata in occasione del cinquantesimo anniversario, oggi
celebrato. Noi preghiamo Dio perchè sparga tutte le be¬
nedizioni sopra di te, la tua Casa e il tuo Regno, e perchè
accordi sempre il suo potente concorso all’accrescimento
della prosperità e della gloria d'Italia.
/•'innato: Guglielmo,,.
Vienna, 27 ; ore 8.
S. M. il Re d’Italia - Roma.
“ La commemorazione della proclamazione del Regno d’I¬
talia mi fornisce l’occasione di offrire a V. M. le mie sin¬
cere felicitazioni con i mici migliori voti per la prosperità
del Suo paese.
Io sono convinto che l’amicizia stretta che unisce così
felicemente i nostri Stati contribuirà nell’avvenire, come
per il passato, allo sviluppo dei loro reciproci rapporti, c
saia un pegno di piti per il mantenimento della pace generale.
In mato: Francesco Giuseppe „.
II Re cosi ha risposto agli alleati:
Roma, 27 marzo.
A >. M. I Imperatore di Germania - Venezia.
Le felicitazioni ed i voti che Tu mi esprimi con una
cosi grande cordialità in nome tuo e in nome dell’impe¬
ratrice mi hanno profondamente commosso. Questi senti¬
menti trovano un’eco nel mio cuore c nel cuoi e della na-
zionc italiana. ....
« L'alleanza dei nostri due popoli; uniti da vincoli di cosi
sincera simpatia reciproca, costituirà sempre una potente
garanzia per il loro progresso e per la pace del mondo.
Firmato: Vittorio Emanuele „.
Roma, 27 marzo.
A S. M. l’Imperatore e Re - Vienna.
« Ringrazio vivissimamente la M. V. delle felicitazioni che
mi ha espresso. Condivido la fiducia della M. V. nella
realizzazione del nobile compito di pace e di progresso
che incombe ai nostri popoli c che trova una Sicilia ga¬
ranzia nell’amicizia e nell’alleanza che li uniscono.
« Prego la M. V. di gradire i miei caldi voti per la sua
persona e per la prosperità dei suoi Stati.
Firmato : Vittorio Emanuele „.
Vi è stato scambio di telegrammi col Sultano, coi Re
di Serbia, di Svezia e Norvegia, di Danimarca, col Re Ni¬
cola del Montenegro, col Re di Grecia, coi presidenti del
Cile, del Brasile e con altri capi di Stato. Telegrammi
cordialissimi sono stati scambiati fra il cancelliere ausli iaco
ed il cancelliere tedesco ed il ministero degli esteri, Di
San Giuliano.
Martedì, 28, in Castel Sant’Angelo, il Re, la Regina,
con grande seguito hanno inaugurata la riuscitissima, in¬
teressante esposizione storica, artistica, militare retrospet¬
tiva, che è al completo.
In tutta Italia sono avvenu'e lunedi, 27, commemora¬
zioni, vi sono stati cortei, illuminazioni, con un'espansione
di concorde patriottismo pegno di sempre più prospere
sorti all’Italia.
Il Banchetto dei Smelaci a Torino.
Torino, che fu già alla testa dei grandi avvenimenti di
mezzo secolo fa, ha voluto anche esseie la prima ad ini¬
ziare le solenni commemorazioni, ed ha trovato per iar ciò
una celle forme più simpatiche: — un grandioso banchetto
dei Snidaci degli Antichi Stati Sardi. Non fu una cosa da
poco — trattandosi di milletrecento rappresentanti dei
Municipii del forte e patriottico Piemonte. Tanti, in latto,
ne convennero a Torino il giorno 17 marzo — anniver¬
sario cinquantesimo dalla promulgazione della legge che
conferì il titolo di Re d’Italia a Vittorio Emanuele II. La
variopinta folla sindacale di tutto il Piemonte fu onorata
di un ricevimento in Municipio, poi un fitto e ben ordi¬
nato corteo procedette dal Municipio alla Mole Antonel-
liana, dove con discorsi patriottici del sindaco di Torino,
senatore Teofilo Rossi, del ministro per le finanze, depu¬
tato Facta, e con una bella e dotta conferenza del pro¬
fessore Costanzo Rinaudo fu commemorato l’avvenimento
storico compiutosi il 17 marzo 1861. Nell'aula Antonel-
liana erano presenti la principessa Letizia, il duca di Ge¬
nova, senatori, deputati, autorità. Dopo la riuscitissima
commemorazione, ebbe luogo nella grande Galleria della
Guerra, d -1 tutto ultimata, nel recinto dell’Esposizione, il
sindacale banchetto pantagruelico. La galleria, lunga 260
metri e larga 20, era occupata da ottocento metri lineari
di tavole, servite da circa trecento camerieri. 11 pranzo era
preparato da venti e più cuochi; fu cucinato in sci cal¬
daie capaci ciascuna di trecento litri di brodo. .. e tutto il
resto in proporzione!... Furono cotti quattrocento chilo¬
grammi di riso, tre maiali, duecentoventi pollastri, furono
consumati ventidue ettolitri di vino, cinquecento bottiglie
di champagne.... e i brindisi e l’allegria furono in pro¬
porzione !...
Il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
27 marzo. - Roma. 11 Re, dopo celebrata in Campido¬
glio la commemorazione dell’Unità Italiana, inaugura
a Valle Giulia l'esposizione internazionale di Belle
Arti.
» — 11 Re, inaugura nella mattina a Castel Sant’An¬
gelo l’esposizione di arte retrospettiva e storica. Nel
pomeriggio inaugura a Valle Giulia i padiglioni di
Belle Arti dell’Ungheria e dell’Inghilterra.
— In Campidoglio, nella sala degli Grazii e Curiazii,
è inaugurato il Congresso dei Sindaci e dei Segretari
generali dei Comuni capoluoghi di provincia, l.a sera
il Re offre ai Sindaci un banchetto di gala.
2 9 „ — Chiusura del Congresso dei Sindaci suddetto.
3 ° „ — In Campidoglio c inaugurato il V Congresso del¬
l’Unione Statistica delle città italiane.
3 i „ — Il Consiglio dei Veterani va a collocare solenne¬
mente nel Museo in Campidoglio la bandiera donata
nel 1873 dalla guardia nazionale di Torino alla guardia
nazionale di Roma. Nel pomeriggio il Re inaugura a
Vigna Cartoni i padiglioni di Belle Arti dell’Olanda,
Danimarca, Norvegia e Svizzera.
2 aprile — A Castel Sant’Angelo nel padiglione dei Con¬
gressi il Re inaugura il Cong.esso artistico interna¬
zionale. Nel pomeriggio il Re inaugura a Vigna Car¬
toni il padiglione tedesco di Belle Arti.
4 » — 11 Re inaugura a Vigna Cartoni il padiglione Au¬
striaco di Belle Arti e quello Danese.
5 „ — Solenne arrivo a Roma del Kronprinz di Germania
Guglielmo, con la sua consorte, principessa Cecilia.
50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini
FASCICOLO 7 .°
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
£7
ROMA. Il Re inaugura il Padiglione Austriaco a Valle Giulia (disegno di A. Moiinari)
9 8
L È ESPOSIZIONI DEL i 9 1 t
I CONGRESSI DI ROMA.
I CONGRESSI DEI SINDACI.
A quale numero ascenderanno i congressi che
quest’anno, sacro alla celebrazione dei l'asti della
rinnovata Italia, si terranno a Roma, a 'Forino
e in qualche altro centro della penisola? Finora
sono annunciati oltre un’ottantina di codesti
convegni Ira nazionali e internazionali, promossi
da ogni sorta di cultori dello scibile umano e
dalle più svariate categorie di professionisti e di
lavoratori, una grande cosparsa famiglia, la quale
— parliamo dei congressi indetti a Roma — si
riunisce intorno all 'alma water, madre amata e
rispettata, cui i secoli non hanno tolto prestigio,
splendore c vigoria.
11 civis romanus, nel vecchio senso — come
ebbe ad osservare Corrado Ricci — è ora finito.
Oggi i veri cittadini di Roma sono i dotti e gli
artisti. Per cui i congressisti che convengono
all’Urbe dalle più remote regioni si trovano un
po’ tutti come in casa propria.
E i risultati materiali e morali dei congressi
— contro i quali si appuntano la facile critica
e lo scetticismo del pubblico — saranno certa¬
mente ragguardevoli. La voce dei congressi evi¬
dentemente non vuole e non può essere che voce
di consiglio, ma i governi illuminati, i legislatori
sagaci ascoltano quella voce e fan tesoro di quel
consiglio.
La lunga serie dei congressi di Roma fu aperta
dal Congresso dei Sindaci e dei segretari gene¬
rali dei Comuni capoluogo di provincia, avan¬
guardia di quella pleiade di rappresentanti locali
— oltre ottomila, quanti cioè sono i Comuni
d’ Italia — che converranno alla capitale nel
giorno dello Statuto, per l’inaugurazione del mo¬
numento al Padre della Patria.
L’inaugurazione del congresso si tenne nel
salone degli Grazi e Curiazi, tutto ridente di
palme e di fiori, che formano come superbe aiuole
intorno al candore della statua di Urbano Vili
e alla monumentale statua in bronzo di Inno¬
cenzo X, due papi i quali sono condannati ad
assistere alle principali cerimonie inaugurali che
si svolgono in Campidoglio e che finiranno per
essere nominati congressisti onorari.
Il saluto ai sessantanove sindaci ed altrettanti
segretari generali, la cui azione è parte cosi co¬
spicua nell’andamento funzionale del Comune, fu
pòrto naturalmente da Ernesto Nathan, il quale
come sindaco di Roma condivide col conte di
San Martino, presidente del Comitato Esecutivo
dell’Esposizione, l’altissimo onore e il non lieve
onere di dare il benvenuto agli ospiti che ac¬
corrono quest’anno alla città eterna.
In rappresentanza del governo parlò S.E. l’ono¬
revole Calissano, il quale si trovava in crisi come
sottosegretario all’Interno, e che la fine del con¬
gresso doveva salutare ministro delle Poste e
Telegrafi.
All’importante convegno cui parteciparono co¬
me relatori, oltre il sindaco di Roma, il sena¬
tore Teofilo Rossi sindaco di Torino, Fon. Greppi
prosindaco di Milano, il marchese Corsini sin¬
daco di Firenze, l’avv. Nadalini in rappresen¬
tanza del marchese Tanari sindaco di Bologna,
in quei giorni ammalato, il prof. Grasso sindaco
di Genova, il senatore marchese Idei Carretto
sindaco di Napoli, il senatore De Martino sin¬
daco di Palermo, il conte Grimani sindaco di
Venezia, il comm. Orefici sindaco di Brescia, ed
altri: vennero trattate le più vitali questioni che
interessano le aziende comunali, dalle finanze
locali alla vigilanza e tutela dei Comuni, dalla
municipalizzazione dei pubblici servizi ai pro¬
blemi inerenti all’istruzione, all’igiene, alla spe¬
dalità, alla beneficenza, e perfino al casermaggio.
Al Congresso dei Sindaci seguì quello della
Statistica, che del precedente può considerarsi
complemento e corollario, giacché la disciplina
della statistica, che il Nathan chiamò “ barome¬
tro delle vicende umane „, deve annoverarsi fra
gli strumenti piti utili per misurare e conoscere
i vari svolgimenti e le varie manifestazioni della
vita pubblica.
11 discorso inaugurale di questo secondo con¬
gresso fu tenuto dal marchese Corsini, il gio¬
vane e operoso sindaco di Firenze, presidente
dell’Unione della Statistica; il governo vi era
rappresentato dall’on. Luciani, il quale come sot¬
tosegretario morituro, vi liberò il suo canto del
cigno di vice-ministro all’Agricoltura.
In onore dei rappresentanti le città capoluogo
di provincia — i quali furono anche invitati a
pranzo a Corte — non mancarono feste, ban¬
chetti e ricevimenti. Degno di una speciale men¬
zione il ricevimento al Campidoglio, il quale co¬
stituì un grande avvenimento artistico e mon¬
dano per la partecipazione di artisti come Virginia
Marini, Tommaso Salvini, Ermete Novelli e Fer¬
ruccio Benini, e rappresentò una.... geniale sin¬
golarità per la suddivisione degli invitati in due
categorie ; invitati di prima e invitati di seconda
classe. Venne giustificata la suddivisione in due
classi dalla necessità di mantenere il. buon or¬
dine del ricevimento: certo qualche invitato di
seconda classe, aggirantesi nei corridoi, che si
trovava sul Campidoglio alla stessa altezza, di
Marco Aurelio e col petto costellato di croci e
di decorazioni, si è sentito diminuito pensando
che nei saloni centrali si trovava una classe di
persone superiore alla sua. E non gli era pos¬
sibile mutar classe, neanche pagando la diffe¬
renza.... Non gli rimaneva clic la soddisfazione
di scendere nel cortile e accender la sigaretta:
invitato di seconda classe a fumare.
Nei ricevimenti successivi in Campidoglio la
suddivisione in due categorie fu abolita, forse
in omaggio alla proclamazione del suffragio uni¬
versale fatta alla Camera da Giovanni Giolitti.
I CONGRESSI INTERNAZIONALE ART ISTI CI.
Quasi simultaneamente vennero inaugurati e
tennero le loro adunanze, a Castel Sant’Angelo,
il Congresso Artistico e il Congresso Musicale,
ambedue internazionali.
Alla cerimonia inaugurale dei due importan¬
tissimi congressi intervennero i Sovrani : parla¬
rono, oltre il sindaco e il conte di San Martino,
Corrado Ricci, direttore generale delle Belle Arti,
pronunciando due forti e alati discorsi.
Il Congresso Artistico, promosso dall’Associa¬
zione Internazionale Artistica di Roma presie¬
duta dal comm. Adolfo Apolloni, spirito geniale
e intraprendente, elesse a suo presidente Fer¬
dinando Martini, il quale mise in rilievo F im¬
portanza e il significato di codesti convegni, cui
partecipano i rappresentanti dell’estero.
I congressi internazionali — egli disse — con
stabilire relazioni fra uomini colti di paesi diversi,
col provocare i sentimenti di simpatia vicende¬
vole, coll’ accumunare in un alto intendimento
animo e intelletto, finiscono ad essere strumenti
preparativi anch’essi di quell’amicizia fra tutti i
popoli, che sarà nell’avvenire il contrassegno c
l’ultimo sigillo dell’incivilimento internazionale.
L’internazionalismo di questi congressi non
impedisce però che, quando occorra, si faccia
sentire la nota sanamente nazionalista: notiamo,
fra altro che, mentre nelle discussioni ognuno
può parlare la lingua che gli è più famigliare, i
discorsi ufficiali delle cerimonie inaugurali ven¬
gono tenuti in italiano. All’ inaugurazione del
Congresso Musicale parlò in italiano, sia pure
accentando a modo suo le parole, perfino il pro¬
fessor Adler del Conservatorio di Vienna.
In ambedue i congressi intervennero nume¬
rose e autorevoli personalità del mondo dell’arte
e degli studi storico-artistici, e vennero discussi
ampiamente e talvolta con vivacità, però sempre
garbata, temi che riguardano problemi di cultura
e d’insegnamento, l’estetica e l’arte pubblica, le
esposizioni e i concorsi, la legislazione artistica,
gli studi e le esperienze sui procedimenti tecnici.
Oltre che pittori, scultori, architetti e critici
d’arte nel Congresso Artistico e musicisti e mu¬
sicologi in quello Musicale, parteciparono ai la¬
vori dei due congressi anche alcuni avvocati, i
quali per una certa facoltà assimilatrice e per la
prontezza di parola di cui sono generalmente do¬
tati, finiscono coll’avere partita vinta anche quando
si tratta di discutere di questioni lontane dai loro
stridii e dalle loro consuetudini professionali. Gli
avvocati, come i giornalisti, spiegano su tutte le
questioni una geniale ignoranza enciclopedica.
Fra gli intervenuti al Congresso Artistico emer¬
se George Harmand, delegato della Società degli
Artisti francesi, un avvocato questo non soltanto
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
99
// banco della Presidenza
a Castel S. Angelo.
On.Greppi (Milano). Jen. Rossi (Tonno)- ben. Del Carretto (Napoli) -
Cuu. Binile ri
Segretario yen .{Genova.)
Prvf- avv. Crasso (Genova)
Auu■ ceto. Detta (Bergamo)
Comm. Fìnarelu (Catania]
Civ. avo Supino
Cm„ Brucia K .
Avv. Cau. Capruzzi (Bari)
Avv. Cav. Cornacchia fCascrTaf
Comm. Avv. Orefici (Brescia) Op. Cfaudcazi ( Porli)
Comm . /Vadali ni (Bologna)
Comm. Luciano li Gr. Uff. Malenckini Segretario yen diLivorno Bof. Carrara
Segretario <Jtn,(Koma) (Livorno) J r™ « mm.fRon
Cons.com .(Roma) March Corsihi(Firenze) - Co Cprimanif Venezia)
R O M A. Il Congresso dei Sixdaci.
facondo ma dotto ed acuto specialmente in tema
di legislazione artistica e che aveva la costante
preoccupazione, del resto legittima, di ridurre
allo stesso comune denominatore internazionale
le questioni di carattere nazionale o anche sem¬
plicemente regionale.
Agli artisti convenuti a Roma, patria ideale
dell’arte, furono offerti una svariata serie di fe¬
steggiamenti e di ricevimenti animati dalla più
fervida cordialità.
Ma gli artisti, nel cui animo vibra l’entusia¬
smo per quanto è bello, nobile e grandioso, ri¬
masero specialmente ammirati di quanto l'Urbe
offre di vetusto e di solenne. Venuti da Buda¬
pest e da Madrid, da Mannheim e da Algeri,
da Parigi e da Zurigo, da Strasburgo e da Lon¬
dra, da New York e da Francoforte questi ar¬
tisti vogliono tutto vedere e recar seco, lontano
lontano dal fascino della città eterna, nel se¬
greto dell’ anima, la visione indimenticabile di
tanto tesoro di ruderi superbi ; vogliono vedere
e poter dire di aver percorso il “ Velabrum di
essere passati accanto all’Arco di Giano Qua¬
drifronte, di essere passati presso il Circo Mas¬
simo o presso il sepolcro degli Scipioni....
Caratteristica, simpaticissima, fra le altre, la
visita al Palatino, con relativa colazione campe¬
stre: tra i ruderi dello Stadio, sui rocchi delle
colonne, sui capitelli corinti, una folla di artisti
di tutti i paesi sulle cui labbra fiorivano tutti
gli idiomi fece bersaglio il comm. Apolloni e i
suoi collaboratori di applausi, di declamazioni
e.... di pagnottelle imbottite.
Riuscitissimo anche il banchetto al ristorante
del Giardino Zoologico: gli artisti fraternizzarono
fra loro clamorosamente fra il ruggito dei leoni, il
barrire degli elefanti e lo squittio delle scimmie....
Finiti i congressi artistico e musicale si tenne
qui a Roma il convegno femminile con relativa
discussione sul suffragio universale e, mentre
scrivo, si sta inaugurando nell’Aula Magna della
Sapienza il Congresso goliardico.
Gaudeamus igitur....
Roma, aprile 1911. GIOVANNI BlÀDENE.
IOO
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
ROMA. LA “ GLORIA DI VENEZIA ,, TONDO DIPINTO DA
ETTORE TITO PER IL PADIGLIONE DEL VENE IO.
II. TONDO NEL SUO INSIEME (fot. Filippi).
Questo gran tondo dipinto da Ettore Tito sarà fra pochi giorni alzato dentro una
cornice d’alloro dorata, nel centro del soffitto sul salone detto “ della Gloria di Ve¬
nezia al Padiglione Veneto già costruì.o dall’architetto Max Ongaro in Piazza d’Armi
a Roma. E la prima vasta pittura decorativa che al grande pittore veneziano sia stato
finora concesso di fare e che siamo lieti di poter pubblicare.
Quattro anni fa Ugo Ojetti scriveva in un saggio sul Tito, che a giorni uscirà
nel nostro volume Ritratti di artisti italiani: •* Iti altri tempi, c con altri mecenati e
altre architetture e altre mode, egli si sarchi e dedicato alla pittura decorativa con una
foga giovanile c fastosa, ormai sicura della forma, libera di sbizzarrirsi a dipingere rosei
nudi sotto languidi cieli su da marine cangianti o contro paesaggi fantastici, chiedendo
alla mitologia più trita soltanto l’oc asiono, lo spunto, il tema per le sue variazioni
armoniose e capricciose „.
Queste parole di Ugo Ojetti, scritte quando tutti dubitavano di questa capacità
del l'ito per la pittura vasta e decorativa, sono state una profezia tanto precisa, che
oggi esse possono servire a descrivere questa magnifica opera. Su dal mare, sopra un
delfino, emerge la bellezza dì Venezia, nuda e luminosa. A destra vola Mercurio con¬
ducendo i cavalli per le vie della vittoria commerciale.
A sinistra, dei tritoni s jffìano nella buccina, aì z a no uno scrigno con tesori con¬
quistati. La figura del Conquistatore sta n i fondo contro il ciclo col tipico profilo del
Colleoni. In alto vola l’Italia armata, a proteggere le memorie della gloria, la bellezza
presente, i rinnovati commerci.
Chi ha veduto nello studio del Tito questo dipinto, ne è rimasto entusiasmato. Il
vigor del rilievo, la fluidità del pennello, l’esuberanza della fantasia, l’armonia della
colorazione, l’equilibrio delle masse: tutto è magistrale.
E non ultimo dei vanti dell’Esposizione di Roma sarà di rivelare al gran pub'
blico, in quest’artista italiano già glorioso, questa nupva potenza d’artp.
i »—
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
101
Ux angolo di Venezia all’Esposizione Regionale di Roma (fot. Fontana).
IL VENETO A ROMA.
La Loggia di Candia. - Le Sale delle Città. - Pro¬
grammi musicali e di teatro. - 11 Salone della
gloria navale di San Marco.
Da poco meno di un secolo era cominciato il
decadimento. Il sei di settembre del 1669, dopo
venticinque anni di una guerra implacabile, irta
di fatti d’armi, di vittorie e di sconfitte più glo¬
riose, forse, delle vittorie, combattuta ostina¬
tamente contro la preponderanza turca; Candia,
uno tra i più belli e più ricchi possedimenti di
San Marco, capitolava e si arrendeva al nemico.
Le truppe veneziane, molta parte della popola¬
zione, ne uscivano con gli onori dovuti a gente
eroica che abbia resistito fino all’impossibile.
Cessava una signoria, un’altra le subentrava;
ma sulla terra generosa, stupenda di bellezze
naturali, rimaneva impresso indelebilmente il sug¬
gello della grande civiltà mercantile ed impe¬
rialistica di Venezia. Poterono gli ottomani ten¬
tarvi distruzioni o trasformazioni; passarono cen¬
tinaia d'anni sul già conteso, ed oggi più che
mai conteso, suolo bagnato di sangue umano,
ma l’impronta del dolce artiglio leonino, vi per¬
siste incancellata. Resti di fortilizi smantellati,
resti di monumenti austeri, perpetuano all’ in¬
gresso dell’ Egeo il ricordo della libertà repub¬
blicana. Tra questi resti di monumenti uno so¬
pratutto, contiguo all’armeria costrutta verso il
i 5 -jo essendo procuratore Almorò Pisani, so¬
pravvive in Candia la loggia attribuita al San
Micheli, che lavorò nell’isola dal 1537 per invito
della Signoria.
La loggia, ch’era alta tredici metri e ne mi¬
surava circa 27 per circa io ed era destinata
alle pubbliche riunioni ed alla trattazione degli
affari, è attualmente in gran parte diroccata. Il
San Micheli, "grande nella architettura civile e
religiosa, sommo nella militare „, vi ripetè i li¬
neamenti e le configurazioni sansovinesche della
Libreria Marciana. Ma non perciò la loggia do¬
veva sembrare meno imponente. Secondo la de¬
scrizione perfetta del Berchet “ essa appariva
decorata con due ordini di architettura sovrap¬
posti, il dorico a pianoterra e l’ionico al primo
piano. Ogni ordine era formato di sette inter¬
colonni chiusi fra le pilastratate angolari della
fabbrica con sei semicolonne scannellate. La tra¬
beazione dorica era a triglifi e a metopc con trofei
variati e leoni di San Marco alternati; quella
ionica di coronamento era a modiglioni. La cor¬
nice terminale doveva esser coronata da una
balaustrata e finita con statue „.
Orbene, il comitato per la partecipazione del
Veneto alle esposizioni cinquantenarie di Roma,
di cui è presidente il conte Filippo Grimani e
vicepresidente delegato il comm. Beppe Ravà,
dovendo scegliere tra i disegni dell’edifìcio da
costruire, si pronunziò per la riproduzione delle
Loggie di Candia ideata dall'ingegner Max On-
garo direttore deH’uffìcio regionale per la con¬
servazione dei Monumenti ; riproduzione che di¬
venne un’opera un po’ arbitraria giacché, il Co¬
mitato ritenne, per ragioni di opportunità, di
alterare nelle dimensioni l’aspetto dell’edificio
portandolo a una maggiore altezza di settanta
centimetri. La loggia, così modificata, sorge
adesso sul viale delle Regioni, verso Monte
Mario con l’ingresso principale ed il piazzale
di accesso in corrispondenza delle mostre etno¬
grafiche. Essa ha una sopraelevazione dal suolo
determinata dalla gradinata di accesso. L’atrio
terreno porta ad un ridosso interno composto
di una certa quantità di stanze per i servizi, e
da uno scalone magnifico su al piano superiore,
di cui si vedrà tosto l'uso.
Dagli angoli interni della loggia, ossia dal
corpo di fabbricato interno aggiunto, si entra
in una serie ininterrotta di padiglioncini dise¬
gnati dall’ ing. Ongaro sempre sullo stile del
San Micheli. Queste due ali, più basse del fab¬
bricato centrale, conducono sul fondo, paralle¬
lamente ad uno spazioso porticato. Si viene
dunque a creare un cortile chiuso di aspetto
pittoresco, nel mezzo del quale avrebbe dovuto
sorgere il pozzo tolto dal cortile della Zecca di
Venezia quando fu trasformato in sala di let¬
tura della biblioteca. Ma le difficoltà del tra¬
sporto impedirono l’attuazione del simpatico pro¬
getto. La loggia, il cortile e i fabbricati laterali
occupano uno spazio di duemila cinquecento me¬
tri quadrati. Davanti alla loggia si inalzano una
colonna col Leone aligero e uno stendardo con
il purpureo gonfalone della Dominante. Ai lati,
negli angoli formati dai corpi aggiunti, sono di¬
sposte simmetricamente due fontane.
. stato già notato che il padiglione del Ve¬
neto sorge in corrispondenza delle mostre etno¬
grafiche. Esso è forse il solo che con le mo¬
stre etnografiche si fonde, o si completa. La
mostra etnografica di Venezia, cui lavorano gli
ingegneri Giustini e Guazzeroni, comprende un
bacino acqueo di cinquemila seicento metri qua¬
drati, dove si specchieranno facciate di palazzi
storici, ad esempio la facciata del bel palazzo
Van Axel. Le acque del bacino saranno percorse
da numerose gondole, per cura del Comitato Ro¬
mano. Da quest’ultimo però il Comitato Veneto
ha ottenuto che un prolungamento di canale,
un rio di cinque a sette metri di larghezza, si
stacchi dal bacino e giri tutto intorno al padi¬
glione della Regione. I collegamenti dall’interno
all’esterno di questa frazione di Venezia dislo¬
cata a Roma si sono provveduti, naturalmente,
con alcuni ponti due ad imitazione dei ponti del
Paradiso e della Piavola; tre ad imitazione dei
ponti carrettieri del Lido. 11 terzo di tali ponti
servirà al passaggio dal lato posteriore della
cinta del padiglione Veneto al resto della espo¬
sizione universale.
La costruzione del padiglione Veneto, che pro¬
cedette spedita, fu affidata all’impresa Venturi
e Cherubini. Esso è di materia assolutamente
refrattaria al fuoco, l’unico di tal genere : in poz¬
zolana e rete metallica. Le statue però, affidate
per la riproduzione ad uno scultore di Verona,
sono tutte in marmo. La base finanziaria delle
esposizioni del Veneto a Roma fu inizialmente
costituita da 190000 lire sottoscritte dai Co-
Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza.
T02
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 n
muni e dalle provincie; noooo lire elargì il
Comitato centrale romano ; alcune migliaia di
lire sottoscrissero le Assicurazioni Generali,
la Cassa di Risparmio di Venezia, ecc., ecc. Il
totale raggiunto si aggira intorno alle 35 oooo
lire; e i progetti e i preventivi di spesa si ri¬
portano a tale somma modesta, certo non pro¬
porzionata alla capacità finanziaria del Veneto,
suscettibile — è da credere — di ben altri
sforzi !
•*
Vediamo adesso brevemente la distribuzione
dei locali interni del padiglione. Il pianoterra
della Loggia di Candia è riservato ad ospitare
una importante collezione araldica — gli stem¬
mi delle famiglie patrizie celebri del Veneto. Là
sala del piano superiore, vasta duecento e ven¬
ticinque metri quadrati servirà a convegno per
le solennità regionali e conterrà un palcosce¬
nico per esecuzioni musicali. A renderla più
splendida lavorano Ettore Tito, l’illustre pittore
che prepara un tondo di sei metri e mezzo di
diametro per il soffitto, una allegoria della gloria
di Venezia; Vittorio Bressanin, di cui si svol¬
gerà lungo una delle pareti minori e su due
tratti attigui delle maggiori una processione sto¬
rica destinata ad emulare quella da lui dipinta
assieme a Vincenzo De Stefani nella sala del
Consiglio provinciale di Venezia; il Donati di
Verona c il Vianello di Padova. La Sala costerà,
ultimata, oltre 40000 lire; il teatro ne verrà se¬
parato da un immenso tendone di pizzo della
ditta Jesurum tramato di stelle a cinque punte,
la stella d’Italia, e di leoni molcca, il sigillo di
Venezia, alternati.
Una parola ancora sulle esecuzioni musicali.
11 Comitato di Venezia spera nell’aiuto del Co¬
mitato romano per allestire il celebre melodram¬
ma Il filosofo di campagna, del Galluppi detto il
Buranello e di Carlo Goldoni, un tesoro di facile
e arguta melodia settecentesca, esumato dal Li¬
ceo musicale Benedetto Marcello durante le feste
centenarie della nascita di Goldoni. A completa¬
mento del suggestivo avvenimento Taddeo Wiel,
uno studioso di musica antica, parlerà di Fran¬
cesco Cavalli; e il prof. Bernardi della musica
da camera del sei c settecento e del melodram¬
ma nel XVIII secolo; il maestro Poiini, col quar¬
tetto della Regina ed una orchestra, illustreranno
le conferenze. Sarà insomma una piccola espo¬
sizione musicale à còte della grande esposizione
musicale in corso nei teatri della Capitale. A
pronunciar una conferenza era stato officiato
Antonio Fogazzaro, il quale aveva accettato.
Ahimè, che non udremo più la parola serena e
piena di fede del buon Maestro.
Completiamo addirittura le linee del program¬
ma artistico del Comitato: nel bacino della mo¬
stra etnografica saranno svolte serenatine ve- .
neziane di musica del *700. Imaginate l’agile e
birichino canto della “ biondina in gondolcta „ di
Lamberti c Meyr :
" La biondina in gondolcta
l’altra sera gho mena
dal piacer la povareta
la s’à in bota indormenzà....
una sola bavesela
sventolava i so cavoli
e faceva che dai veli
scondò.... el sen no lusso piìi !... „
imaginate, ripeto l’agile canto dedicato alla ce¬
lebre Benzon espandersi nella maestà dei cieli
romani fatti grigi dalla luce lunare l
Nè è improbabile che nel cortile del padiglione
si allestiscano commedie settecentesche a brac¬
cia. Ma chi mai sostituirà nell’escguirle il tra¬
passato Arlecchino di grande memoria, il buon
Sacchi dai celebri lazzi, caro alle commedie del
rustico Carlo Gozzi, sentimental orso questi, as¬
setato d’amore, terribile di rabbia contro i no¬
vatori ed, insieme, gli ignoranti ? }
Ridiscendiamo frettolosamente dal salone d'o¬
nore al pianterreno e infiliamo le sale che si
susseguono lungo le ali aggiunte alla Loggia.
Sono quivi distribuite le mostre delle singole
provincie. Verona è rappresentata, nel Comitato
generale, dal prof. Gerola, direttore di quel mu¬
seo Civico; Belluno dal dott. Rodolfo Protti, ispet¬
tore dei monumenti ; Treviso dal dott. Luigi Co¬
letti; Vicenza dai professori Vaccardo ed On-
garo; Padova dal prof. Moschetti, direttore del
locale Museo. Da destra apre le raccolte pro¬
vinciali Treviso con una sala del dugento. In un
pannello decorativo il pittore Carlini evoca una
Corte d’amore nella celebre Marca. Indi Padita
ci ripete una visione trecentesca con la ripro¬
duzione della stanza di Petrarca ad Arquà, ri¬
costrutta su documenti nostri e tedeschi. Questa
creazione devota in onore del poeta dei trionfi
dei Sonetti e delle Canzoni resterà di proprietà
del Comune. Poi un salone di settantasctte metri
quadrati attende la illustrazione delle industrie
veneziane. E la parentesi di industrie moderne
permetterà di ammirare e gustare anche più le
glorie artistiche che Verona onora in una sala
del 1400 dedicata al Pisanello. In essa Augusto
Sezanne riproduce fedelmente nientemeno che
la stanza del carpaccesco Sogno di Sant’Or¬
sola, nelle Gallerie Veneziane. Auguriamo che
lo spirito carpaccesco vi aleggi veramente (e
di ciò è mallevadore lo squisito buon gusto del
Sezanne), ma come fare allora ad uscirne? Non
sarà preso il visitatore dal sottile incantamento
dell’ambiente soave e riposante?
A Verona terrà dietro Udine con la riprodu¬
zione di una cucina friulana del secolo XVIII;
nota simpatica di folk-lore montanaro. Traver¬
sato in seguito il porticato dell’edificio poste¬
riore del padiglione ricomincerà la sfilata delle
mostre provinciali. Ancora Verona nello stile
del i 5 oo (architetto Savini) e Vicenza con un
Tempietto palladiano — si può pensar Vicenza
senza Palladio? — e Venezia col salone della
Nave di cui converrà subito trattenerci più dif¬
fusamente, tanta è la sua caratteristica impor¬
tanza; e Belluno con un salotto da pranzo del 1700
su disegni del Protti.
Come la indipendenza del Veneto termina col
morire del secolo X\ III, così termina con una
evocazione settecentesca la galleria delle pro¬
vince, della quale questa rapidissima indicazione
sommaria non può dare che una ben pallida
impressione preliminare.
I Io accennato or ora al Salone della Gloria
Navale di San Marco. La organizzazione ne è
dovuta all’onorevole conte Pietro Foscari, coa¬
diuvato da un comitato speciale composto di
persone scelte da lui medesimo, tra ,le quali
il pittore V izzotto Alberti, autore di due pan¬
nelli che vi figureranno al sommo di due delle
porte.
L'idea di dedicare una sala alla Nave è fon¬
data su di una doppia serie di considerazioni.
Non soltanto, infatti, si volle evocare la potenza
marinara della Serenissima, ma si intese moltic
di ammonire nuovamente, ti aendone la dimo¬
strazione migliore dalla stoiia, che 1 espansione
marittima come accompagnò, anzi precedette,
1 periodi più floridi delle vicende della pati ìa,
ciò deve stare al sommo dei propositi dei reg¬
gitori attuali della patria. E poiché per tanti
secoli la Navis Navinm, il segnacolo più ful¬
gido dell’Italia su tutti i mari, fu il “ Bucin¬
toro ,„ il vascello sontuoso dal quale, gittando
nei profondi gorghi l’anello _ simbolico, il doge
sposava la equorea divinità in segno di domi¬
nio perpetuo, nulla di più giusto e di più natu¬
rale che la glorificazione della potenza navale
nei tempi andati sia polarizzata verso il “ Bu¬
cintoro „. Il quale occuperà quindi il centro del
salone dedicatogli nel padiglione Veneto. Si
tratta, strano a dirsi, del modello di “ Bucintoro „
ricostruito dall’ impero d Austria, e conservato
attualmente nel museo dell’Arzanà Dantesco,
quando i francesi si ritirarono dai territori della
ex Dominante. * ì
Il Museo dell’Arsenale veneziano ha prestato
alla sala della Nave altre molte cose preziose,
armi, modelli di navi, trofei di vittoria, fanali
di galee turchesche, esemplari di triremi, ecc.
Tra i fanali ve ne sarà uno notevole riprodotto
fedelmente dal Lova di Trissino il quale ha pure
riprodotto, a sbalzo dorato, il pomo ricchissimo
di un’asta di stendardo. Fra le memorie di in¬
dimenticabili geste militari van ricordati, una
cinquecentesca colubrina preziosamente cesellata
da artefice ignoto; un mortaio intessuto salda¬
mente di cuoio e cordame che servì alla difesa
di Venezia, improvvisata da Vittor Pisani, con¬
tro ai genovesi all’epoca della guerra di Chiog-
gia; il modello d’una delle batterie galleggianti,
il germe delle odierne dreadnoughts, forse, ima¬
ginate dall’ultimo ammiraglio della Repubblica,
Angelo Emo, nella seconda metà del settecento,
quando battendosi contro il bey di Tunisi, rin¬
novò e riaccese per l’ultima volta, inutilmente,
la tradizione dei Dandolo, dei Mocenigo, dei
Venier....
La sala della nave ha lo sviluppo di una T.
Agli spigoli interni, formati dalla concorrenza
delle pareti dell’asta della maiuscola, con le pa¬
reti minori della testa, verranno collocati gli
unici esemplari oggi esistenti di colonna ro¬
strata; le due colonne rostrate, cioè, esistenti
nella sala del Consiglio dei Savi da Mar, che
precede, nell’arsenale, l’antica ed odierna sala
dei tracciati. Le pareti si adornano ancora degli
stemmi dei possedimenti della Repubblica, ri¬
correnti tutto intorno al sommo; mentre più
basso si alterneranno le riproduzioni degli ori¬
ginali bassorilievi di marmo, rappresentanti le
piante topografiche delle città marinare dei do¬
mimi di Venezia, come Zara, Spalato, ecc.; esi¬
stenti, per esempio, sulla facciata della chiesa
di Santa Maria Zobenigo, o nei Musei; e le ri-
produzioni di monumenti ad alcuni degli ammi¬
ragli veneziani più famosi, Francesco Morosini,
il Peloponnesiaco, al centro, quale fu scolpito
nel 1694 per la sala degli Scrutimi di Palazzo
Ducale; Sebastiano Veniero, il vincitor di Le¬
panto, in piedi, nel bronzo, di Antonio dal Zotto,
per la tomba dei Santi Giovanni e Paolo; An¬
gelo Emo, come lo illustrò Antonio Canova per
01 dine del Senato dopo la morte di lui a bordo
della Faina da una banda; 1 omaso Mocenigo e
Vittor Pisani dall’altra banda.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
io 3
Il grande scalone interno e corti le.
alla pagina dove, dopo l’accenno a Roma ma¬
dre, stan scritti questi versi:
Ma non a furia sùbita di vento
tagliaste mai la gomena in travaglio
abbandonando l’àncora nel fondo
per cappeggiare contro la tempesta?
Tale nel fondo il peso de l’antica
cittadinanza, troncò il suo ritegno -
or nuovi siete alle fortune nuove.
Or nuova è Venezia, e con Venezia la Veneta
Regione, alle fortune nuove d’Italia. E mentre
un soffio poderoso di vita, una corrente irresi¬
stibile ed invincibile di energie la percorrono
tutta, sollevandola alla dignità di secondo porto
della nazione; alla dignità invidiata di centro
maggiore, nella nazione, dell'arte internazionale,
spronandola a confluiste industriali, anche piti
armonica sembra questa rispondenza tra i valori
espressi sinteticamente nelle gallerie di Torino
e i modernissimi valori del passato evocati ed
illustrati ed esaltati, per tanti aspetti affascinanti,
nel padiglione dell’Esposizione del Cinquantena¬
rio, in Roma Capitale.
Gino Damerini.
La ricostruzione delle Locgie di',Candì a.
Questo insieme di nobilissime cose costituirà un compatto e se¬
vero organismo nell’ambiente di purissimo stile cinquecentesco. Certo
l’interesse storico ed artistico non potrebbe essere maggiore; non mag¬
giore per gli eruditi che troveranno in cosi poco spazio riuniti ri¬
chiami preziosi alla loro cultura; non maggiore per i profani che avranno
la rivelazione di un mondo pur troppo ignorato dalla grandissima
massa degli italiani. E non è davvero colpa degli italiani se nei pro¬
grammi di insegnamento delle scuole secondarie la storia di Venezia,
che continua la storia di Roma, ha una parte irrisoria ed incidentale
limitata appena ad alcuni degli avvenimenti connessi alla storia delle
altre nazioni.
Il significato allegorico della sala della potenza marinara di Venezia
verrà integrato da tre cospicui documenti letterari. Da una delle colonne
rostrate dianzi rammentate penderà in fac-simile il discorso proferito
nel dialetto veneziano dal podestà di Perasso il giorno in cui, prima di
dichiarar decaduta la potenza della signorìa di San Marco e subentrata
quella austriaca sulle coste e sulle città Istriane, assistette al seppelli¬
mento del gonfalone della Serenissima sotto all’altar maggiore della mo¬
desta Cattedrale. Discorso commovente e fieramente rassegnato al quale
non è possibile tornar con la mente, senza che risvegli in noi la tristezza
dei tragici momenti dell’istoria che lo determinarono. Dall’altra delle co¬
lonne rostrate penderà un più recente frammento di poesia italiana; il
fac-simile della famosa Sirventese all’Adriatico, posta da Gabriele d’An-
nunzio in fronte alla Nave; la possente tragedia in cui s’agita veramente
— checché si sia voluto negare — il palpito delle origini della Repub¬
blica; quella Sirventese che termina con la suprema invocazione al Dio
“ grande e tremendo „ :
Fa di tutti gli Oceani il mare nostro.
Infine, sul davanti del modello dell’aureo “ Bucintoro „, in una spe¬
ciale vetrina troverà posto precisamente il manoscritto della Nave; il
voluminoso manoscritto per la consegna del quale al Comune di Ve¬
nezia, durarono così a lungo, suscitate da incomprcnsibili ire clericali,
le polemiche sui giornali.
Il manoscritto, prestato dal Civico Museo Correr figurerà aperto
La 1 ORRE DELL’ OROLOGIO (facciata principale).
(Fot. Aldo Jesurum.)
TORINO. I LAVORI AL GRANDE PONTE /MONUMENTALE SUL PO
muj
r
• *
Disegno di R. Paolctti.
io 6
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 1 r
T O R I N O. I. A V ITA OKI E N T A L E E
L A G K A N I) E
K E R M E S S E.
La Scuola.
La Gran Moschea# La sala degli spettacoli.
Egitto»
Avvicinandoci al Siam: Un punto di contatto fra la civiltà Afri
icana e l’Asiatica.
Dal Siam al Giapponi-:
•il passaggio quasi inavvertito fra due forme di architettura.
TI
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
107
,
Nei paesi dell 1 Asia.
La Vita Orientale e la Grande Kermesse alf Esposizione di Torino.
Viviamo in pieno tempo d'imperio proletario;
è naturale quindi che in qualunque manifesta¬
zione dell’attività sociale, provenga da ritrovati
scientifici, da genialità d’arti, da portenti indu¬
striali, il proletariato abbia il suo posto, se non
il suo gran posto.
E forse non a torto, se a questa attività
grandi risorse di aiuto apporta il lavoro delle
menti talvolta umili, delle braccia quasi sempre.
Quale campo migliore dunque di un’Esposi¬
zione ove si affermi questa necessaria e tur¬
bolenta grande parte della società?
Una tale riflessione ha certo dovuto penetrare
nella mente del signor Ernest Pourtauborde,
oriundo dei Pirenei, se, dopo aver viaggiato il
mondo senza tregua, si fa concessionario di
grandi trovate per divertimenti popolari nelle
Esposizioni.
Già, nel 1900 all’Esposizione di Parigi, egli
ideò quella sorprendente evocazione del Cam-
bodge e dell’Algeria, che ottennero un vero suc¬
cesso. Ora, a d orino, egli volle ampliare, ren¬
derle più attraenti ancora e più divertenti, le
evocazioni orientali, delle quali finora è insupe¬
rato maestro.
E con bel coraggio che saprebbe di audacia
se non fosse grande fiducia nel proprio valore,
si è fatto concessionario generale di tutto il vasto
e non facile compito di trovare allettamenti nuovi,
con nuove forme, per rallegrare, render vario, di¬
lettevole, istruttivo anche, e fin dove è possibile,
l’avvenimento italico dell’Esposizione di Torino.
11 vasto terreno che a lui affidò il Comitato,
sulle due rive del Po, egli lo riserbò: quello
sulla parte sinistra ad una grande “ kermesse „
dove la vita si svolgerà vertiginosa, fra bars,
caffè, giostre, serragli, altalene, una specie di
quelle fiere annuali dei rioni milanesi, ma in
grande, ma con novità che rimarranno impresse
La pagoda c 1 xese e il teatro indocinese.
nell’immaginazione dei visitatori, come la “ruota
allegra „, una novità assoluta, dermer cri, che
se spaventava nei tempi in cui la tortura era
di moda, questa della “ kermesse „ lascera il
buon umore per tutta la vità; quello sulla parte
destra ad una varia, pittoresca, interessantissi¬
ma evocazione degli usi, dei costumi, dell’indu¬
strie, dell’arte, dei divertimenti, delle religioni,
dei popoli orientali. L’Egitto, la 1 unisia, l’Al¬
geria, il Madagascar, il Congo, il Senegai, il Ni-
ger, la Colonia Eritrea, la Cina, il Siam, il Giap¬
pone e l’Indo-Cina vi saranno evocati con mi¬
rabile e impressionante fedeltà. Poiché non sa¬
ranno soltanto offerti ai visitatori dei semplici
panorami, coi soliti palmizi, le consuete pagode,
le melanconiche capannucce protette da stracci
feticci. Al contrario, il visitatore si troverà, il¬
ludendosi di aver già fatto il grande _ viaggio
per mare e per terra, nel Giappone, in Cina,
nel Siam come in Persia, nella vita strana o tu¬
multuosa, caratteristica o melanconica, misera o
religiosa o guerriera di quei popoli; potrà assi¬
stere ai loro lavori, rendersi conto dei loro co¬
stumi famigliari, intervenire ai loro uffici reli¬
giosi, conoscere i loro svaghi, ascoltare la loro
lingua stridula o armoniosa, le loro strane mu¬
siche, i loro balli. Visitare i loro mercati, i loro
negozi, le loro officine e rendersi conto dei pro¬
dotti del loro suolo, delle loro industrie, del
loro regresso come del loro progresso.
E più che all’occhio e all’immaginazione dello
spettatore, parlerà alla sua mente tutta quella
vita dell’antica civiltà, e gli sarà oltre che di
svago soggetto di studio; quelle casette basse
dalle architetture esili, quei porticati a colon¬
nine tisiche, quelle cupole a campane di zuc¬
chero, i brevi angiporti, le tristi e fredde chiese,
le bottegucce senza luce; quanti pensieri diversi
non susciteranno?
Se quella isolata e non perfettamente riuscita
riproduzione del Cairo all’Esposizione del 1906
di Milano, ebbe la virtù di rendersi, fra le no¬
vità, la novità principale, divenendo mèta delle
migliaia di visitatori, non è esagerato arguire
che una delle massime attrattive dell’ Esposizione
di Torino sarà la geniale, accurata e varia evo¬
cazione orientale del signor Pourtauborde, per¬
chè sarà in piccole proporzioni tutto un mondo
a noi lontano, a noi diverso per costumi, per
usi, meno che nell’esistenza, in tutto.
L’area che il signor Pourtauborde occupa per
le sue evocazioni occidentali e orientali, è di
circa cinquemila metri quadrati, e di per se stessa
può definirsi un’originale Esposizione nell’Espo¬
sizione torinese. Ce n’è per gl' intellettuali e ce
n’è per il popolo, che nella vasta "kermesse,,
occidentale ha da divertirsi, farsi prendere dalle
vertigini piti bizzarre, se vuole, e per pochis¬
sima spesa. Parigi rammenta ancora con com¬
piacimento il grande successo che colà ebbe,
per opera del medesimo ideatore, il Cambodgc
e l’Algeria; Torino e gli altri visitatori italiani
non dimenticheranno di certo la soddisfazione
provata di aver visitato e studiato 1 ’ Oriente in¬
cantatore, senza pericoli di lunghi viaggi e con
piccolissima spesa. O. G. B.
rò8
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
T O R I N O. I ORA N D I PADIG LI O N I
Il Padiglione Francese.
Una sala del Padiglione Francese.
Signora Garrire. L’ambasciatore Barrire. Matilde Serao. Jean Garrire.
All’inaugurazione del Padiglione Francese.
(Fot. Abeniacar.) I SOVRANI ACCOMPAGNATI DALL’ AMBASCIATORE BaRRÈRE DOPO l’ INAUGURAZIONE.
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LE ESPOSIZIONI DEL 1911
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TORINO. Il pittore.Premoli eseguisce le decorazioni per il Salone delle Teste (fot Trevcs),
rORINO ALLA VIGILIA DELL' ESPOSIZIONE
A Torino si respira già un’aria di esposizione.
La nobile città che è sempre cosi eguale a sè
stessa, come una di quelle austere e vecchie
case di provincia, dove a distanza di trent’anni
si trovano gli stessi mobili, sempre al medesimo
posto e con l’identico strato di polvere, comin¬
cia a essere sossopra, a far la sua toilette da ri¬
cevimento. In questi ultimi giorni si notano già
dei cambiamenti vistosi. Io che vado a Torino
di sovente sono rimasto sorpreso Tultima volta,
or è una settimana, da questo rimescolìo e an¬
cor più da certi nuovi aspetti di strade e di bot¬
teghe, che io credevo invariabili nei secoli, che
ero abituato a considerare intangibili più di tutti
i monumenti nazionali.
Si capisce che si prepara qualche cosa di
grosso, se Torino si decide a una così insolita
impresa. Chi non ricorda qualche vetusto sa¬
lotto dove si penetrava da bambini con un senso
di venerazione opprimente? Pareva di entrare
in chiesa, perchè era buio silenzioso e freddo
e perchè quel rigoroso ordine dei suoi arredi
pareva sacro, come decretato in eterno dalla
Provvidenza. Si sarebbe meglio supposto un
sovvertimento di tutta la terra anziché un solo
seggiolone collocato di traverso, o una custo¬
dia di fiori finti, come quelli che piacciono a
Guido Gozzano, posata su una tavola diversa dal¬
l’abituale. Poltrone e divani erano ricoperti di
venerabili fodere stinte, divenute, assai piti delle
stoffe dell’imbottitura, la vera epidermide di quei
mobili. Quando mai noi avremmo osato violare
uno dei lembi della fodera per vedere il tessuto
prezioso al disotto? Ci sarebbe parso di com¬
mettere una profanazione. Quel tessuto era per
la nostra immaginazione qualche cosa di fanta¬
stico. Era l’inarrivabile, l’invisibile. Ce ne aveva
parlato talvolta la nonna, come dell’ottava me¬
raviglia. Era stato scoperto una volta solo in
occasione della visita del vescovo. Chi sa quando
mai lo sarà più. Per lo meno ci vorrà un car¬
dinale, la presenza dei Corpi Santi, come si
dice nel Veneto, che co i se move, tona e tira
lampi.
Torino sta operando, qualcosa di altrettanto
inverosimile, sta levando le fodere. L’avveni¬
mento sarà straordinario. Ce ne accorgiamo fino
daU’anticamera e cioè dalla stazione ferroviaria
che vi è una rivoluzione alle viste!
Fino da quando, quarantanni or sono, il primo
treno è giunto a Torino i viaggiatori sono scesi
sempre allo stesso punto, sul medesimo marcia¬
piede. Almeno fin dove arriva la mia memoria
infantile io mi vedo sempre smontare dal va¬
gone, fermo nel terzo binario a destra, sulla piat¬
taforma di mezzo, come se non fosse mai cam¬
biato nè il treno nè il macchinista, nè l’ora di
arrivo.
Figuratevi ora il mio sbalordimento, quando
l’ultima volta, il treno si è arrestato fuori del¬
l’alta e arcuata tettoia antica, presso una tettoia
nuova bassa lunga costruita fra binari novella-
mente impiantati, e ho dovuto percorrere tutto
un nuovo cammino per avviarmi all’uscita!
Non ero ancora rinvenuto per tanto stupore
che qui me ne colse un altro ben più acuto. Al
posto di uno steccato di legno che da più mesi
chiudeva il fondo della stazione, sorgeva un
grande padiglione di ferro colorato, qualchecosa
come una falsa pagoda in ghisa o un genuino
chiosco da tabaccheria o da rivendita di gior-
itali; un vero saggio di architettura metallica,
destinato alla distribuzione dei biglietti.
Diamine le ferrovie, da che sono passate allo
Stato, si son date a proteggere le belle arti!
Mi sono arrestato dieci minuti in ammirazione
di quell' imprevisto e variopinto edificio. Era
forse mezzo secolo che la stazione di Torino
restava inalterata, ma bisogna riconoscere che
ora che si son messi a rinnovarla, lo fanno sul
serio.
Per tutti gli habitues è divenuta irreconosci-
bile. E vi è ancora chi osa negare i benefici delle
Esposizioni! O bene o male tuttavia la Stazione
si è ampliata e mentre da parecchi mesi si giun¬
geva a Torino a Porta Nuova, tra dighe di rot¬
tami, tra cumuli di calcinacci anneriti, fra can¬
tieri e travature in costruzione, ecco che in
quindici giorni, il terreno è stato sgombrato e
rassettato, i binari si sono triplicati allargandosi
a ventaglio tra Via Nizza e Via Sacelli, numerosi
imbarcaderi coperti da tettoie provviste persino
di decorazioni a frangie non so se di zinco o
di legno come quelle degli chalets svizzeri si
allineano tra un binario e l’altro. Qui siamo già
a buon punto, quasi all’ordine.
Non si aspettano che le folle.
Ed ora entriamo in città. Vi è del nuovo?
Ma certo. 1 buoni borghesi di Torino, tranquilli
e abitudinari, casalinghi e parsimoniosi, sono di¬
venuti improvvisamente solerti, innovatori, fret¬
tolosi e audaci. Si sono posti all’opera con un
accanimento inaudito, hanno certo dispensato
più alacrità ed energia nervosa in poche setti¬
mane adesso che non in passato durante vari
anni. Non soltanto le due rive del Po, tutto
lungo il Valentino, per un tratto di tre chil'o-
metri si sono completamente trasformate, ma
la città intera, se la si guardi con occhio scru¬
tatore, ha subito un cambiamento, addirittura
incommensurabile, se non altro per la sua esten¬
sione.
A prima vista, per chi arrivi per la prima volta
può darsi che questa immensa trasformazione
sfugga. Poiché non si tratta di alcunché di vi¬
stoso, di bizzarro, di colossale, di fantastico,
lutto può sembrar forse come prima, eppure
tutto è diverso da prima. Non vi è cosa per
quanto piccola, non vi è angolo per quanto de¬
relitto che siano stati risparmiati. È stato un
lavorìo indescrivibile e innumerevole, un lavorìo
minuzioso paziente, compiuto su mille punti dif¬
ferenti, in mille attitudini diverse, da infiniti sforzi
isolati. Ognuno si è posto all’opera senza saper
dell altro, da sè, per suo conto, nella sua sfera
d azione, ma tutti in vista dello stesso evento.
Qui si è aperto un nuovo negozio, lì si è cam¬
biata una insegna, altrove si è rinnovata una
bottega. Qui si è ripulita la facciata di una casa,
lì un caffè ha sfoderato un lusso scintillante di
dorature e di specchi, altrove un magazzino ha
rifatto la sua mostra che non era più stata smossa
da dieci anni. Io mi ricordo di una piccola ve¬
trina che serviva di esposizione-réclame a un
calzolaio. Quelli stivaletti scomparivano sotto l’o-
50 années triomphal succés : contre les
lìsez des Pastilles Marchesini
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
FORINO. Le decorazioni per il Salone delle Feste, dei pittori Tremoli e Sobrile (iot. Trcves).
norata polve di parecchi lustri; eran cambiate
nel frattempo più e più volte le mode, e le punte
e i tacchi e le allacciature, ma quelli stivaletti
erano sempre rimasti inalterabili, simbolo di una
stabilità che soltanto può valere per il piede
dell’uomo. Orbene io ho creduto di sognare non
ritrovando più quei testimoni della mia adole¬
scenza. Spariti! Anche loro! Spazzati dalla bu¬
fera del modernismo. E al loro posto ecco le
punte rigonfie come guancie enfiate dal mal di
denti, ecco i tacchi obliqui all’americana. E l’Ame¬
rica sarà scomparsa quando questi ci saranno
ancora !
Ciò che mi ha altresì impressionato è stata la
quantità di nuovi alberghi e trattorie. Oh i fo¬
restieri non mancheranno di alloggio e di nu¬
trimento a Torino!
I vecchi alberghi si sono rimodernati e am¬
pliati, dall’esterno e dall’interno, si sono annessi
appartamenti e palazzi vicini, hanno moltiplicato
le camere e i camerini e i camerieri, nella spe¬
ranza di moltiplicare i prezzi. E i nuovi sono
spuntati come funghi, anzi come cinematografi.
Non avrei mai creduto, prima d’ora, che con
tanta rapidità si potesse improvvisare un nuovo
albergo.
Ce ne sono ora da per tutto, in tutte le strade,
nei luoghi dove mene si aspettano.
Su uno dei tanti corsi, maestosi, silenziosi
come fiumi asciutti, si scorge un bel palazzo
serio, oscuro, che non desta il minimo sospetto.
Quello non può essere che l’alloggio di persone
morigerate, ossequienti al padrone di casa e ai
portinai, di famiglie ivi nate, cresciute, sposate,
defunte da chi sa quante generazioni. Per una
combinazione si deve entrare, salire le scale,
ed ecco che questo pacifica quadro di esistenza
patriarcale, ecco che questo nido di fedeli elet¬
tori moderati, e di pensionati, appare come una
balorda illusione. Quel rispettabile palazzo è un
hotel meublé, recentissi¬
mo con caloriferi che non
scaldano, con cutinaggi
a disegni liberty, con
porte inverniciate di fre¬
sco, con numeri sulle ca¬
mere, con i campanelli
elettrici nuovi che non
suonano, e con i came¬
rieri che non sanno ser¬
vire.
Nelle strade più cen¬
trali e di passaggio in¬
vece gli alberghi nuovi hanno inalberato insegne
e spalancate entrate vistosissime.
Sotto i portici di piazza Castello — i classici
portici — sono rimaste le piccole botteguccc di
guantai e orologiai, ma oiiné sono quasi scom¬
parse le vispe e seducenti sartine. Sembrano
grondaie malinconiche di tetti da cui siano esu¬
late le rondini. Non è certo l’imminente Espo¬
sizione che le ha allontanate, ma desse non ci
son più — son così rade che non si avvertono.
In compenso si ammirano ora alcuni fastosi ne¬
gozi nuovi. E sull’angolo, presso la Galleria, con¬
tro il caffè Romano, i gentiemen , gli eleganti
e gli ufficiali di cavalleria hanno da qualche
giorno un convegno magnifico. L’antica offelleria
ove si vendevano le famose caramelle si è a sua
volta superbamente ringiovanita, con uno sfarzo
di marmi, di ornamentazioni ricchissime e con
l’aggiunta di una sala da thè in omaggio al nuovo
costume.
Ad un estremo opposto una istituzione altret¬
tanto tipica quanto i portici e l’offelleria ha cam¬
biato faccia: la piazza d’armi. L’immenso piaz¬
zale dove gli alberi da una estremità all’altra
sembrano piccini piccini, come quelli di legno
per i giocattoli dei bimbi, dove non ho mai visto
un soldato manovrare se non all’assalto di qual¬
che sperduta bambinaia, quel vasto e deserto
terreno che all’inverno coperto di neve, pareva
lo sterminato lenzuolo per un letto di gigante,
è stato dimezzato, e per una metà occupato da
circhi di piloni e gradinate, che formano il nuovo
stadio. Lo sport ha cacciato il militarismo, la
guerra da burla, la guerra sul serio. E un po'
quella che avviene dovunque!
Ma l'impeto creativo è stato formidabile dav¬
vero nel recinto dell’Esposizione. Io ho assistito
al nascere e al lento crescere di questa selva
di edifici. Pareva che fossero sempre allo stesso
grado, come i fanciulli rachitici. Erano infatti
armature scheletriche bianchiccie e giallognole,
senza forma decisa e che rimanevano sempre
alla medesima altezza. Le avevo viste così sotto
l’ardente sole dell’estate, così ancora nei fluenti
tramonti autunnali, in cui la sera sembra {or¬
mata da grandi ombre violacee che scendono
dalle Alpi con le acque eridanee, le avevo an¬
cora trovate così sul far dell’ inverno, tra le pri¬
me nevi, in mezzo a un decoro strano di pas¬
saggio siberiano, ed ecco che proprio sotto la
neve tutto quel fittizio mondo di legno, di gesso,
di cemento, tutto quel mondo artificiale di linee
e di forme, di guglie e di cupole, ha assunto,
al pari delle germinazioni naturali, una fervente
vitalità. Improvvisamente si è svegliato, ha co¬
minciato a fremere, a fermentare, a salire, a con¬
formarsi, a palpitare. La crisalide addormentata,
si passi l’antica immagine, in pochi giorni ha
preso la forma dell’essere definitivo, ed ecco
che ora sulle due placide sponde del fiume pa¬
terno, sulle due rive del nobile Po, dove ai primi
annunci della primavera eravamo avvezzi a go¬
dere la visione di declivi verdeggianti, di colline
in germoglio ad aver lo spettacolo dolce di una
infinita e delicata vegetazione verde, scorgiamo
ora uno spettacolo insolito di una stupefacente
vegetazione bianca, di una foresta architettonica
di minareti, di torri, di pinnacoli.
Qui si son compiuti dei miracoli in questi ul¬
timi periodi.
Alla secolare alberatura l’uomo ha sostituito
vertiginosamente una intera città edificata dalle
sue mani per darvi mostra del suo genio, del
suo valore, delle sue moderne ricchezze.
I lettori hanno già ammirata nello stupendo
disegno di Gennaro Amato, pubblicato nei nu¬
meri addietro il grandioso Panorama dei palazzi
e delle gallerie dell’ Esposizione di Torino, talché
non è il caso di rifarne verbalmente la descri¬
zione. E poi a che prò? Lodata la celebre co¬
struzione altro non vi è da lodare. Gli edifici
dell’Esposizione torinese, sono della stessa na¬
tura e della stessa struttura degli edifici di tutte
le altre grandi Esposizioni. Ormai vi è una ar¬
chitettura convenzionale da Esposizione che può
dirsi veramente cosmopolita e che non tollera
alcuna deroga.
Si apra una Mostra a Sidney o a Saint Louis,
a Bruxelles o a Milano l’architettura non cambia,
i padiglioni sembrano tutti stereotipati sull’iden¬
tico modello.
Non è questa una critica, è l'osservazione di
un fatto. Le Esposizioni non hanno varietà, sem¬
brano tutte eguali, anzi dal di fuori sono tutte
eguali. E forse lo sono anche al di dentro.
Ma non anticipiamo gli avvenimenti.
M.
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI • Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
[FUORI CONCORSO AEABRO DELLA GIURIA
IT2
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 11
Il Commendatore Stefano Derville
Commissario Generale della Francia a Torino.
La grandiosa esposizione che la Francia ha organizzata sulle rive del Po, al Valen¬
tino, ha alla sua testa un uomo amicissimo dell’Italia e grandemente benemerito del
riavvicinamento franco-italiano — il commendatore Stefano Derville, che dal governo
della Repubblica ò stato nominato Commissario Generale a Torino per le mostre
francesi.
Il signor Derville è in Francia, nel mondo industriale ed artistico, una ben nota
personalità. Egli è amministratore della grande compagnia ferroviaria Paris-Lyon-Medi¬
terranée, ed anzi è stato in essa chiamato all’alto grado di presidente del Consiglio d’Am-
ministrazione. Commendatore della Legion d’Onore, Cavaliere gran croce dell’ordine della
Corona d’Italia, grand’ufficiale dell'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, il signor Derville
è, in certo qual modo, anche un poco italiano, possedendo egli una splendida villa a
Carrara, presso le grandi cave di marmo di cui è proprietario tanto a Carrara clic a
Serravezza. A Parigi egli abita un sontuoso palazzo, nella via Fortuny, ed ivi egli è
attorniato da un vero museo d’arte, raccolto dalla sua munificenza e dal suo gusto
finissimo.
Egli fu in altri tempi presidente del tribunale di commercio della Senna, poi dal
t 8 g 3 al i8g7 censore della Banca di Francia, di cui recentemente fu nominato Reg¬
gente, c nel igoo alla grande Esposizione Universale fu chiamato a dirigere la splendida
sezione francese, che ebbe il successo che ancora si ricorda. Egli ha attitudini veramente
speciali per ogni manifestazione d’arte, per tutte le esposizioni dove si tratti di far sor¬
gere dei musei retrospettivi delle varie classi, essendo egli dotato di grandi cognizioni,
di vera dottrina appresa nello studiare e nel raccogliere le cose più belle e più in¬
teressanti.
Il governo francese non poteva designare per Torino una personalità più simpatica
e piìi competente, e la sua nomina è stata accolta con grande favore in Italia, dove sono
ben noti i suoi meriti e le sue distinte qualità.
Il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
4 aprile - Roma. In [Castel l Sant’ Angelo inaugurato il Congresso internazionale di
Musica.
5 „ Bologna. Inaugurato il IV Congresso mondiale di Filosofia.
6 „ Roma. 1 principi di Germania visitano a Frascati la villa Falconieri, proprietà del¬
l’imperatore Guglielmo ; poi a Roma intervengono a colazione dalla Regina Mar¬
gherita, indi visitano l’Esposizione di Belle Arti. La sera gran banchetto al Qui¬
rinale con scambio fra il Re ed il Principe di brindisi politici.
7 „ — Il Re ed il Kronprinz visitano le principali caserme.
8 „ — 11 Re, la Regina i principi tedeschi inaugurano alle Terme Diocleziane la
Mostra Archeologica; i principi tedeschi partono alle 12.40 per la Germania.
„ „ — 11 Re inaugura a Vigna Cartoni il padiglione del Belgio.
11 „ — Da Ancona, dove è sbarcata, arriva a Roma la deputazione parlamentare un¬
gherese, col presidente della Camera magiara, Alberto de Berceviczy.
12 „ — Inaugurato il convegno nazionale per il suffragio femminile.
17 „ Firenze. Nei locali della Società di Belle Arti inaugurata l’Esposizione retrospet¬
tiva italiana e nazionale toscana.
18 „ — Inaugurato il Congresso della Società per la diffusione e l'incoraggiamento degli
studi classici. " ”
ao „ Roma. Arriva il principe di Connaught, latore al Re Vittorio Emanuele di una
lettera autografa augurativa del Re d’Inghilterra.
21 „ — Inaugurata in Piazza d’Armi la Grande Esposizione Etnografica delle Regioni
Italiane. 13
13 A. IG O IMI -A..
Arrivi e ricevimenti. - L’arte e il patriottismo serbo. - Il Foro delle Regioni c
l’indennità ai deputati.
(Nostra corrispondenza.)
20 aprile.
Le inaugurazioni, gli arrivi solenni, le cerimonie continuano. Tutti i
o-iorni c’è un qualche padiglione straniero da inaugurare, od una qualche
esposizione speciale da scuoprire; tutti i giorni c è tinti deputazione
straniera che arriva, od una coppia di illustri visitatori che pat te.
I principi ereditari tedeschi hanno poi tata dappei tutto la loto gio¬
vanile allegria; ed appena partiti essi, sono arrivati i magnati ungheresi.
L’amicizia fra Italia ed Austria-Ungheria è stata celebrata, acclamata,
invocata cominciando dalla seconda parte del binomio^ impci iale
l’Ungheria. Era la cosa più facile, o, piuttosto, meno difficile.
Kra giorni arriveranno le deputazioni austriache ed allora enti eia
in ballo la prima parte del binomio —- l’Austria. Vedremo.
Frattanto, oggi è arrivato il principe di Connaughfi latore di un au¬
tografa lettera augurale di re Giorgio V al Re Vittorio Emanuele, e sven¬
tola per tutta Roma 1 ’english Jlag. _ .
Ora, poi, ci prodighiamo in complimenti e congratulazioni con la
Serbia — la vittima più recente dell’Austria. Essa ha impiantato a
Vigna Cartoni un padiglione che le fa veramente onore. E un’esposi¬
zione d’arte, ma è, sopratutto, una manifestazione etnografica dominata
da un’alta poesia, da un profondo sentimento nazionale. Ed è anche una
rivelazione: è il trionfo di Ivan Mestrovic e della sua scultura vigorosa,
possente. Il pastore ingenuo che, appena quindicenne, guidando le mandre
per i pascoli, intagliava arcaicamente nel legno, rievocando con giovanile
fantasia gli eroi celebrati nelle patrie canzoni popolari — l’ingenuo pa¬
store è divenuto d’un tratto uno scultore risoluto, dall’energia creatrice,
dalla personalità volitiva e prorompente, ed ora tutta la sua scultura ro¬
busta, impressionante trionfa, nelle figure dei grandi eroi serbi, nel padi¬
glione serbo, che è, si può dire, in gran parte una mostra personale del
possente Mestrovic. Egli è un grande maestro, ed accanto alle opere sue
avanzansi, improntate dalla sua scuola, quelle degli allievi ben degni,
quali il Rosandic.
Anche la pittura — sebbene incerta, meno sicura e meno personale
della scultura — fa degna mostra di sè, ed aneli’essa è dedicata alla
celebrazione delle glorie serbe. Mirko Rackè, per esempio, si afferma con
forti pitture decorative, dai colori possenti e dallo slancio poderoso, esal¬
tanti le gesta di Marko Kraljevic, poetico eroe della patria serba. Alla
vita di questo eroe sono pure dedicate le pitture del Krizman e del Ba-
bic. Altri quattro cinque artisti, alcuni dei quali allievi del nostro Palizzi
e del nostro Morelli, completano le manifestazioni dell’arte pittorica
serba, intonata costantemente alle tradizioni nazionali, ai canti patriottici
delle Guzle.
L’architettura austera del padiglione, eseguito su disegni del Baya-
lovich, ammonisce anch’ essa trattarsi di un popolo che pensa, traendo
dalle memorie del glorioso passato la fede e la speranza per un agognato
avvenire di forza e di grandezza, per oggi affermato dalle opere espres¬
sive ed anche poderose dei suoi artisti.
La grande aspettazione, ora, è per l’inaugurazione, che avverrà do¬
mani, del Foro delle Regioni Italiche — la grande Esposizione Etnogra¬
fica a piazza d’Armi. Ci fui ier l’altro, e mi parve impossibile che nel
breve giro di quattro giorni tutto dovesse essere pronto: eppure sarà.
Confesso che si sono fatti, in questi due mesi, miracoli di cui io non avrei
mai creduto capace questa Roma.... sebbene sia stata per secoli la ccn-
sacratrice dei miracoli più ammirativi. In questi delle esposizioni, però,
la forza mistica non c’è entrata affatto: si è manifestata, invece, all’ultimo
momento una gran forza di organizzazione, con decisive insufflazioni di
denaro bene speso — due forme di attività che a Roma non si credeva
di vedere cosi efficacemente applicate.
In piazza d’Armi c’è tutta Italia; cioè in costruzioni tutte originalis¬
sime, tutte caratteristiche, l’Italia ha mandato da ogni parte del conti¬
nente e delle isole il campionario di sè stessa. È riuscita, credetelo, una
cosa di bellissimo effetto e di grande curiosità. Peccato che anche que¬
sta sia poi condannata a sparire. O non si potrebbe conservarla, ed uti¬
lizzarla? Non andiamo al suffragio universale, con l’indennità ai depu¬
tati ? Oltre all’indennità non si potrebbe dare ai futuri eletti del popolo
1 abitazione gratuita nei padiglioni delle rispettive regioni?... Con l’in¬
dennità dovranno ben stare a Roma più di quanto vi stiano ora. Un quar¬
tiere veramente nazionale più adatto non si saprebbe immaginare. La
rappresentanza nazionale sarebbe cosi, in Roma, al completo, e poiché
la deputazione va a diventare, con l’indennità, un canonicato, vi avrebbe
nel foro Italico di piazza d’Armi le sue adeguate canoniche!...
Giorino.
FASCICOLO 8.°
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
n3
L A S O L E N N E I N AUGURAZION E D E L I.’ E S P O S I Z I O N E D 1 T O R I N O (29 a p r i I e).
Il gruppo dei Sovrani,
dei Principi, dei Ministri e dei dignitari di Stato nel Salone dei Festeggiamenti,
(Fot, G. Ubcrtalli e F. Morsolin - Succ. A. Ambrosio, Torino.)
MENTRE PARLA IL SENATORE VlLLA.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
ROMA. Studenti delle diverse Università d’ Italia intervenuti per il Congresso^ Goliardico dot. scarptttini). *
Il Natale di Ro/aa.
L’inaugurazione del Foro (Ielle Regioni. - Il discorso di
Martini. - L'Inno a Roma di Pascoli. - La girandola a
Monte Mario e i Boi boni. - Domenico Gitoli ai Goliardi.
(Nostra cor rispondenza.)
Roma, n 3 aprile.
Per quali calcoli il Natale di Roma sia stato
fissato alla data 21 aprile io non ricordo più
bene, ma è un fatto che ogni anno in tale giorno
l 'urbe festeggia il proprio natalizio, risalente al¬
l’anno 753 a. C.
Così, almeno, computò Vairone, Marco Teren¬
zio, l’insigne enciclopedico dell’ultimo secolo
avanti Cristo, e non c’è nulla in contrario a cre¬
dergli sulla parola, sebbene un antico canto in
lode dell’antico Servio dica
Roma ante Romitlum fuit
Et ab ea nomai Romulus
Adquisivit ....
“ Roma fu prima di Romolo, e da essa Romolo
prese il nome. „
Ed Antioco di Siracusa, uno storico del quarto
secolo avanti Cristo, contemporaneo di Tucidide,
affermò che un’antica Roma esisteva anterior-
mejite all’assedio di Troja.
I lettori che nc abbiano voglia, possono an¬
dare a ripescare tutta una biblioteca sulle ori¬
gini del Natale di Roma, festeggiato fino dagli
antichissimi tempi, ideila XI calenda di maggio,
che sarebbe il nostro 21 aprile, giorno consa¬
crato a Pale, Dea dei Pastori — invocata per la
conservazione e la felice
fecondità dei greggi.
Oggi la festa è per
il successo delle nostre
grandi esposizioni, l’ul¬
tima delle quali — la Mo¬
stra Etnografica, il Foro
delle Regioni Italiche, in
Piazza d’Arrni — è stata
inaugurata ieri l’altro, ve¬
nerdì...., e subito chiusa,
perchè questa è la inelut¬
tabile fatalità di tutte le
esposizioni, che, appena inaugurate, si chiu¬
dono.... per dar tempo a metterle in ordine.
È inutile scandalizzarsi per questo: le inaugu¬
razioni sono come il primo veglione, che, come
si sa, è sempre, per concorso di bellezze e di
maschere, una specie di funerale.
Invece, alle inaugurazioni delle esposizioni, il
concorso è sempre grande — perchè non oc¬
corre che il facile cartoncino d’invito — ma le
esposizioni non ci sono.... perché ci saranno
qualche settimana più tardi!... Fu così a Milano
ROMA -01 5 ESPOSIZIONE
INTERNAZIONALE
■u\tL u/aiu w v/r\nntn c rcuicvorr.: UVA-* A £ DKìnnA
aRQILOJDGÌA ETNOGRAFÌA ITALIANA - CONGULàl •-
11 nuovo manifesto peRl’ Esposizione di Roma
disegnato da Aleardo Terzi, e riprodotto dallo
Stabilimento del dottor Chappuis di Bologna.
nel_i9o6; è stato così a Roma quest’anno,'e r sarà
così a Torino fra sei giorni. Questo è il fato
delle Esposizioni!...
Ma ciò non impedisce alla folla degl’invitati
e dei curiosi di accorrere! Anche per il Natale
di Roma l’ha chiamata il cannone, tuonante dal¬
l’alto Gianicolo, ai cui rombi hanno risposto a
distesa le campane della torre di Campidoglio.
Arazzi, tappeti, bandiere, tutta Fonia nelle strade,
le signore con le toelette e coi cappelli dai co¬
lori e dalle infioratine primaverili, le minenti e
le popolane con certi spilloni, certi scialletti e
certe pettinature degne del carnevale di Cerbara
e del Divino Amore; tutto un su e giti di cor¬
porazioni, di pelottoni di soldati e di cacciatori
del 1 evere, di chiassose comitive di studenti
col goliardico berretto, testimoniavano il brio
festoso dell’alma Roma, sulle cui strade e piazze
era disteso il caratteristico tappeto di gialla poz¬
zolana fino a Piazza d’Armi.
Là giù, oltrepassate, ai Prati di Castello, le
lunghe massiccie caserme di rossi mattoni, sten-
desi la Piazza d’Armi, oggi occupata da tutta
una città nuova e fantastica. Si spiega questa
da una parte fino al nuovo ponte Flaminio, quasi
di contro agli edifici dell’Esposizione Internazio¬
nale d’Arte, che appaiono, in macchie giallastre
caratteristiche, fra il folto verde degli alberi di
Villa Borghese, e dall’altra parte fino quasi ai
piedi del verdecupo Montemario. Così, tanto dalla
parte di Porta del Popolo, quanto dalla parte di
San Pietro, di Castel Sant’Angelo, per i prati
era venerdì mattina uno sfilare precipitoso di
vetture private, di botti, di automobili, di mo¬
tociclette, ciclisti verso Piazza d’Armi, per as¬
sistere all’inaugurazione o, per lo meno, per ve¬
dervi arrivare i Sovrani accompagnati dall’ospite
del giorno, il rappresentante di re Giorgio V
d’Inghilterra, il principe di Connaught.
I n giornale ieri l’altro si lamentava perchè
nei ricevimenti e nelle feste di quest’anno il
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI - Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
[FUORI CONCORSO AEABRO DELLA GIURIA
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
1 io
municipio, le altre autorità non spiegano fastosità, pompa. Veramente io
non ricordo che — all’ infuori dell’arrivo del presidente Loubet — sianvi
mai stati grandi apparati esteriori per gli arrivi a Roma di Sovrani e
missioni straniere. L si che dal 1871 in poi ne ho viste di siffatte ceri¬
monie. Ma a me pare che non vi sia bisogno di nessun intervento del¬
l’entusiasmo ufficiale del municipio capitolino, o del ministero per gT in¬
terni, quando basta ed è più che evidente e prorompente l’entusiasmo
della popolazione, la cui resistenza a tutto il succedersi di pubbliche ma¬
nifestazioni, da oltre un mese, è veramente maravigliosa.
11 principe di Connaught, tipo calmo, quasi impassibile, che ieri l’altro
era a Piazza d’Armi alla destra della Regina, sotto il grande padiglione
davanti al Foro delle Regioni, parve impressionato anch’egli al fragore
d’applausi che accolse il corteggio reale al suo arrivo, ed al triplice hip !
hip! hip! urrah! con cui gli studenti salutarono i sovrani e il principe.
L’ hip ! e 1 ’ urrah ! sono anti-nazionalisti, ma non bisogna badare pel
sottile, trattandosi di fare impressione sull’animo freddo di un illustre
ospite inglese. —t
Tutti gli occhi erano rivolti su di lui, non solo perchè un principe
straniero, intervenuto in forma ufficiale, nella sua elegante uniforme del
reggimento delle guardie del Re, desta sempre interesse, ma perchè
l’ Agenzia Stefani aveva annunciato per errore l’arrivo del duca di Con¬
naught fratello del fu re Edoardo, e nessuno riusciva a capacitarsi come
potesse essere così giovane il fratello del fu Re d’Inghilterra, mentre
invece si tratta del principe di Connaught, figlio del duca, e non zio ma
cugino di re Giorgio V. In realtà quello che doveva venire a Roma era
il duca, ma ammalatosi all’ultimo momento, fu sostituito dal figlio.
I discorsi non sono mancati — e questo si capisce — nemmeno in
Piazza d’Armi, ma non sono stati che tre — quello inevitabile, di pram¬
matica, del presidente generale, conte di San Martino, quello speciale alla
Mostra Etnografica, di Ferdinando Martini, e quello del comm. Giordano,
presidente della sezione etnografica piemontese.
Ferdinando Martini ha parlato chiaro, facile, ma senza quella gustosa
ironia che forma il successo costante dei suoi discorsi politici a Mon¬
tecitorio.
Eccovi i punti sostanziali del suo bel discorso :
“Alle terme di Diocleziano storia di proconsoli e di imperatori; a Castel Sant’An¬
gelo ^storia di pontefici; qui storia del popolo e dell’anima sua.
“ Primo lo smisurato intelletto del Goethe divinò quanto importasse alla storia lo
studio delPanima popolare; studio che in Germania il Grimm, e da noi iniziarono racco¬
gliendo stornelli e proverbi il Tommaseo ed il Giusti seguiti poi da numerosi infaticati
ricercatori di novelle, di leggende, di miti. La letteratura popolare orale e scritta, sussidio
validissimo, non sempre bas.a a determinare i caratteri etnici delle varie genti d’Italia.
È per ciò necessario indagarne, conoscerne ogni uso, ogni costumanza, ogni foggia, tutti
quanti gli abiti della vita.
“ Questi caratteri particolari alle diverse regioni della penisola, neppur Roma, uni¬
versale dominatrice, riuscì ad unificare; ne estesero più persistente la disparità le inva¬
sioni barbariche e le gelose autonomie dei Comuni; sì che oggi, dove l’incivilimento non
ha pei anco compiuta l’opera propria, e tutto spalmato del suo scialbo colore, perman
gono, ora negli orgogli di un’acconciatura femminile, ora nell’umiltà di un attrezzo do¬
mestico, documenti preziosi di una storia remota, che è la storia delle nostre stirpi medesime,
“ Così il pensiero del Comitato si tradusse in effetto mediante la dottrina e le cure
di Lamberto Loria e Decio Vinciguerra, le fedeli genialità degli ingegneri Giustini c
Guazzaroni, gli aiuti amorevoli di cittadini di ogni parte del paese: tali i propositi nostri
nel rintracciare, rngunare, esporre le vestigia estreme di secolari usanze e costumi.
Gioielli di felice ornamentazione e di squisita fattura; vesti che nella loro varietà pitto¬
resca paiono significare ad un tempo la indole della gente e la temperie della regione :
scure, severe nei paesi dove il clima è rigido fra le brume e le nevi, sfarzose e vivaci
nel brio delie tinte accese, là dove cielo e terra si allegrano perennemente della gloria
del sole; xilografie sulle quali rozza ma calda e ingenua altrettanto si impresse la fede,
e amuleti in cui si annida, terribile chimera, la superstizione; insegne di poveri com¬
merci che tuttavia si affidano alla tradizionale facezia paesana, atta forse, solleticando il
sorriso, ad aguzzare le voglie degli avventori; ceramiche e stoffe ed armi ed arnesi per
ogni maniera di lavoro, tutto ciò che uscì dalle mani del popolo nostro o dettò ad esso
la fantasia, o servì ai bisogni della sua vita, ci siamo studiati di raccogliere; e da molti
di quelli esemplari son da trarre insegnamenti utili all’educazione e alla economia na¬
zionale. Qua l’uno ci avverte di un pregiudizio da combattere, di una mala consuetudine
da correggere, là un altro di una industria ignorata da incuorare c diffondere, in cui
industrie più recenti e più fortunate, possono rinvenire i germi di vaghezze originali,
sopraffatte, con offesa del gusto, dalla capricciosa mutazione di modelli forestieri
E Martini così ha concluso;
“ Sire. Arnesi, abbigliamenti, costumanze, tutto ciò dovrà piìi o meno sollecitamente
sparire. Noi non ce ne dorremo. In queste feste cinquantenarie vano sarebbe il ricordare
se i ricordi non fossero promesse. S’unifichino pure da Susa a Mandrina usi e costumi;
ma l’anima popolare palpiti di un palpito solo. Le diverse genti d’Italia confondano le
antiche disparità nel comune proposito di essere degne delle nuove fortune e pari ai
loro nuovi destini „.
Un nuovo fragore di applausi, finiti i discorsi, ha indicato che, attra¬
verso le strade irte di ciottoli crudeli e solcate da avvallamenti strabal¬
zanti il corteo se ne andava, e dietro esso tutta l’immensa folla di
automobili, vetture, carrozzelle, pedoni, alle cui spalle disegnavasi sull’oriz-
zonte, circondato da un polverìo d’oro, tutto il panorama di torri, pin¬
nacoli, guglie, colonne, antenne, costituenti il profilo terminale di questa
interessantissima mostra etnografica — apertasi con una splendida ceri¬
monia, susseguita, l'indomani, da una disgrazia, la caduta della colonna
che, all’ingresso principale, sorregge il Leone Veneto, di fronte alla
colonna sorreggente la Lupa Romana. La colonna e il leone sono an¬
dati in frantumi, e, pur troppo, un operaio ci è morto sotto, ed altri due
ne sono rimasti feriti.
Qui le giornate inaugurali sono sempre giornate campali. Si comincia
la mattina a buon’ ora, e non si finisce che a tarda notte. 11 Natale di
Roma non sarebbe stato veramente tale senza una qualche solenne can¬
tata in Campidoglio. Quest'anno c’è stato qualche cosa più di una can¬
tata — c’ è stata la rivelazione di un nuovo canto — l’Inno a Roma,
carme latino, celebrante la grandezza di Roma, pel quale era stato in¬
detto concorso nazionale.
La pubblicazione del carme ha avuto luogo in Campidoglio, alle i 5 ,
davanti ad una folla rispettabilissima, tanto più encomiabile in quanto
trattavasi di udire la lettura di un componimento in latino. Non man-
ROMA. Gli ambasciatori Tutori, Barrère e il sindaco Nathan
IN ATTESA DELLA MISSIONE MILITARE FRANCESE (Fot. Fontana).
cava, fra i presenti, l’illustre clinico di Roma, Guido Baccelli, che è stato
certamente uno dei pochi che hanno pienamente gustata la lettura latina,
fatta dal prof. Albini dell’ Università di Bologna.
11 Sindaco Nathan accortosi dell’ammirazione senza parole onde erano
rimaste aperte le bocche della grande maggioranza degl’intervenuti, pregò
il prof. Albini a dare la versione italiana del carme, subito concessa, e
terminata fra vivissimi applausi.
Tutti si chiedevano l’un l’altro; Chi è il poeta? — Chi è il poeta?
E dalla generalità rispondevasi un nome solo: “Giovanni Pascoli,,.
E la vox populi ha colto nel segno.
11 Natale di Roma è terminato colla girandola — lo spettacolo tra¬
dizionale di Roma. O la girandola o F illuminazione a bengala del Foro
romano, del palazzo dei Cesari e del Colosseo. Abbiamo avuto que¬
st’anno l’illuminazione del Colosseo, ed anche la girandola. E che gi¬
randola!... Non a Castel Sant’Angelo, nè al Pincio, come nei tempi an¬
dati, ma nientemeno che a Monte Mario, così possono averla goduta
anche gli abitanti di Palo, e, magari di Civitavecchia.
E ci fu anche qualche cosa di impreveduto — un razzo che andò
ad incendiare il bosco della villa Madama, posseduta su Monte Mario
dal conte di Caserta — figlio, fratello ed erede dei fu re delle Due
Sicilie, Ferdinando II, re Bomba, e Francesco I (Franceschiello).
Questo incendio non ci voleva, ma non si può negare che non sia
commemorativo. Cinquant’anni sono ai Borboni fu incendiato il Regno,
cinquant’anni dopo è stato loro incendiato un bosco! Essi penseranno
che sarebbe stato meglio, se nel 60-61 l’incendio avesse avuto la portata
di quello dell'altra sera!...
Molta parte nell’animazione popolare di questi giorni l’ha avuta la
baraonda studentesca dei bravi giovani accorsi da ogni parte d’Italia al
congresso goliardico. Essi, ieri, sabato, nel pomeriggio, si recarono in
vivace e numeroso corteo al Gianicolo a deporre corone sul monumento
di Garibaldi, e dai gradini del basamento rivolse loro altissime parole il
vecchio e benemerito patriotta e professore Domenico Gnoli.
" O giovani — gridò egli — non date ascolto a dottrine assopitoci dell’anima. La
lotta è la legge dell’universo. La civiltà potrà trasformare un giorno in piìi umane le
armi delle battaglie; ma dove non ferva la lotta degli ideali, ivi fermenta la volgarità
degli egoismi sul ristagno della palude La emulazione dei popoli è forza motrice di
umano progresso, e lavora per l’umanità chi lavora per la sua patria....
“ ....Se la gloria di Roma ò grande per l’universo, ricordate che essa non tollera
piccole cose. La sua grandezza antica non sia il guanciale su cui posare la testa son¬
nacchiosa, ma pesi sopra di voi, pesi ogni giorno, pesi ogni ora, come una rampogna,
come un rimorso, finché non abbiate reso alla gran madre una grandezza diversa dal¬
l’antica, ma non minore.
“ Che varrebbe l’avervi dato una patria, se non sapeste rifarla prospera c grande?
Nelle vostre mani, o giovani, noi l’affidiamo questa patria, per cui i gloriosi morti fe¬
cero getto delle loro giovani vite!...,,
Acclamazioni ed applausi salutarono queste nobili, ardenti parole del
Gnoli, riassumenti l’onda di sentimento che in questi giorni corre per
tutta Roma. Giorino.
50 années trioraphal succés: cantre les TOUX usez des Pastilles Marchesini
LE ESPOSIZIONI DEL 19 n
116
R O M A.
L’ I N A U G ORAZIO N E
DELLA MOSTRA FOTOGRAFICA.
s. M. IL Re si reca all’ inaugurazione del Congresso fotografico in Castel Sant’Angelo (fot. Fontana).
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
R O M A. I N A U G U R A Z I O N E I) E L L A M () S T R A E T N O G R AFIGA IN RIA Z Z A
D A R M I.
I GIOVANI DELLE SCUOLE IN ATTESA DEL CORTEO REALE (fot. Tolentino).
Il Corteo Reale entra nel Salone delle Feste (fot. Moiinari).
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
118
Natale di Roma ha avuto luogo in Campidoglio nell'Aula.Massima dei C> °” SCTVa ^^ di cittadini di tutte le classi,
bandito dal Municipio per un componimento in lingua latina, inteso a cdebiare ‘ ‘ . , r ti e a sinistra l’on Guido
ino il sindaco Nathan, con alla destra l'assessore Tonelli, il prof. Ramorino di Firenze, il prof. Gir, d, Roma e .assessore Canti, e sinistra 1 on.
Il ai aprile, nel
vittorioso nel concorso
Sul palco d’onore stavano
Baccelli, il prof. Albini di Bologna, il prof. Trinchieri e l’assessore Ballori. le orieini di Roma. " I.a
Si è alzato prima a parlare il rettore dell’Università prof. Tonelli, il quale, fra il silenzio degli astanti, con un >ic\< t isloiso, '• dj t • ò cssere sorta
leggenda - egli ha detto - è tanto bella e poetica che ci piace considerarla verità perchè solo nel bel paCSC .^“c^unVÌToZrsireletti a giudicare, i quali hanno con zelo
la Roma rinnovcllantesi sempre c sempre florida per mutar di eventi. „ L’oratore ha quindi ringraziato a nome <c
e dottrina adempiuto al loro compito, scegliendo come meritevole di premio il carme che sarà letto e che c di -uiton ignoto. , m ricreili dalla
Dopo D Loie do, prof. Tonelli, n, colto d, vivissimi oppinosi, il prof. Ramorino ha lotto quindi la breve relazione dell. Commutatone, prestednta dal on Bacoel , do la
quale si rileva che dei cento concorrenti all’incirca ammessi, solo pochi furono degni di considerazione e pochissimi di premio. 11 miglici componimeli o n IP ’ ‘
quello firmato col motto “ Ninnine Divac „ di cui Giovanni Pascoli, il giorno dopo, si confessò autore. i„a-cr,.„rìm
Dopo I» relazione, il prof. Albini ha lene il carme che 0 stato accolto da applausi calorosi c unanimi. Il prof. Albini ha poi r,serbato per l'ud,torto una so,presa, leggendo
la traduzione in volgare del carme, cosi come è qui riprodotta:
INNO A ROMA.
Roma Amor — dato è alfine proferir l’arcana parola. —
Chi mai primo per te prodigava il sangue e la vita?
Quel tra i veli ed i bagliori dei secoli molto compianto
presso al Tebro, Pallante. Tricolore il corbezzolo, i bianchi
fiori, le rosse bacche, le fronde sue verdi gli porse:
fatto fu di quest'albero il feretro del giovinetto.
Mille l’accompagnarono guerrieri tornantesi a casa.
Gli era padre il re Fauno, che povero in povera reggia,
abitava le cime del Palatino boscose,
E tu non eri ancora! Potevasi ancora vedere
sparso di muscosi ruderi il Capitolino
colle e di rotte mura pur, biancheggiare tra i dumi
il Granicolo, Due città minate dal tempo
giacquero ivi. Poi gli anni ne cancellarono Fauno
povero e l'timil casa dal tetto di paglia, a l’aurora
cinguettante di passeri. Sul Palatino gli armenti
pascolano. E qualora paresse al pastore bramosi
lupi udire, tranquillo chiudeva nell’antro le greggi.
Spesse volte a la notte fiutò quel rifugio la lupa.
Al fin, mentre schiudeva primavera le gemme, e il Tebro
più ricche volgeva Tacque con suo sonoro sussurro,
ecco che d’ogni parte per campi rifulsero e colli,
la notte sacra, i fuochi; fu il Tevere un correr di fiamme.
Avean messo i pastori l'incendio a lor case silvestri,
che già più non volevano altro riparo che d'ombre.
Col giorno un aratore girando da piè il Palatino
alte frangea col vomero le zolle e segnava un quadrato.
Gli portavano il giogo di pari una vacca ed un toro:
e poggiati alle verghe, villosi di pelli caprine,
al lavoro assistevano i cittadini futuri.
Ma poi che avevano in core le verdi rive de'paschi
e ognor la terra sotto le antiche stelle novella,
irridean la semente gittata a perire nascosta.
T orvi sguardi all'intorno, possente anelare di petti.
Tra quelli era il fratello del primo, a la poppa ferina
nudrito insicm, pastore dal viso crucciato al colono.
Muti continuavano i buoi via tra il popolo muto
rapidi all incalzare di quel tremendo bifolco.
Parve tra il sole su l'ale vastissime ferma
la vision d un aquila, e a lungo ne l'opra s'affisse,
poi senza volger gli occhi s'immerse nell’alto del cielo.
Flora — il cielo ti chiama col nome sacro di Flora _
tale da l'aspro solco sorgevi su rugiadosa.
Era allor primavera; tu primaverile fioristi,
lepide il creatore soffio spiravano l'aure:
e tu spargesti il seme per regioni infinite.
Piu lucido che spada 1 acciar dell aratro indefesso
sua con le sue ferite faceva la solida terra.
Ma il Tevere da presso col torbido flutto radeva
le sponde e nunziando piu alte cose chiamava
le genti al mare azzurro. — Tagliate anche il Tebro col ferro!
Arate il pian marino! Sia vomere al solco la prora! —
Amore allor de Tonde, sì come pastor vagabonde,
prese i memori cuori e di far lor pascolo il mondo.
Ma quando rosseggiarono i colli del primo tramonto,
e fumante il toro con la campagna pascea
l’erba de la solinga città, di subito grido
tuonan le valli e il greto. Si fa battaglia ne'solchi.
Passano le nuvole del sangue terreno riflesse.
Tu così cominciasti dettare la legge di pace,
o Flora, dolorosa, che solo i sanguigni colori
ne' fiori ami e sul volto di vereconda fanciulla.
Tu miele e olio e vino, non sangue, Flora, domandi.
Sacro e sicuro agli esuli apparecchiasti l'asilo!
Agli universi popoli accolto in sè l'universo!
Ai numi, da l’imperio cacciati e da Tare, il sacrario!
Oh salve casa tempio foro legge agli umani comune!
Che mai seguìa, se tu rovinavi? Se il barbaro un giorno
straziò, s'abbattè, si cinse ghirlande di fiamma
più pura da l'incendio, per ferro più alta risorgi.
Poi di stento il nemico finirti e di lento languore
teco propose. Tutte da tutta la terra per cenno
vanno le genti via lasciando solinghe le mura.
Con sè sola deserta (fu questo il consiglio) si sfaccia
l'aurea urbe, e in se stessa per piccolo crollo, ricada.
Dentro la sacra cerchia così si fu fatto silenzio,
e l'immenso pomerio fingea un immenso sepolcro.
In rumorosa schiera talora tornandosi i corvi
quel d'uomini e di cose rompevano arcano letargo,
e cauta per le tenebre la volpe s'udìa guaire:
a cercar tra i palagi de'Cesari i noti covili.
Non saliva respiro su da Turbe più, che giaceva
abbandonata per i sette colli le membra giganti.
Ma il zappator che ardiva notturno tentar de la vanga
il Palatino, e d'aurea preda servir lo straniero,
sbigottì, poiché vide sotterra una luce, e stupito
ne l’aperto sepolcro rimirò la persona d'un grande
guerriero con a sommo del petto una grande ferita.
Quei fu il giovin Pallante, sott'esso una viva lucerna,
de la città primizia.
Che ragione ha teco la morte?
Dopo le molte stragi, dopo gli obli! diuturni,
e le jatture gravi tra un vasto proromper d'incendi,
tu sopra de le ceneri e de le tremate ruine
sublime risorgendo di tutta la morte trionfi:
ai popoli, consorti per te del diritto, ti mostri
meravigliosa già sul fiore di tua giovinezza
ben simile a i aliante de 1 armi fulgenti protetta
e cinta de la spada: con la destra levi ne l'alto,
irradiando il mondo, l'eterna lampada, o Roma.
(Dal latino di GIOVANNI PASCOLI
versione del prof. ALBINI.)
Veduta panoramica del Gran Ponte Monumentale, del Chatf.au d’Eau e del gran Palazzo della Francia (fot. Pomari).
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LE ESPOSIZIONI DEL
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(Riproduzione vietala.I
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INAUGURALE D E L l’ E S P 0 S I ZIOKE : 1 T OR 1 N O NEL SALONE DEI FESTEGGIAMENTI (29 aprile).
(Fot. G, Ubcrtalli e F. Morsoli» - Succ. A. Ambrosio, 'l'orino).
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I Sovrani
INAUGURANO LA MOSTRA E T N O G R A EI C-' N P UZZA d’ArJII A ROMA (21
aprile) (disegno di A. Molinari).
(Riproduzione vietata.)
122
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
li. Padiglione del P i e m o x t e (fot. MoUnnrìi.
L’Esposizione Etnografica a Roma.
Ferdinando Martini clic di questa genialissima
fra le Esposizioni romane è stato il più fervido
apostolo tiene assai a che essa sia chiamata
cosi, e non col titolo di regionali', che parecchi
giornali le avevano cominciato a dare.
Ed ha ragione: si tratta infatti d’una vera
Esposizione d’etnografia italiana, la quale acco¬
glie in un duplice — e parallelo — ordine di
edifici tutto ciò che di più caratteristico offrono
nei costumi, nella vita, nelle tendenze commer¬
ciali ed artistiche le nostre varie Regioni. E ciò
che ne aumenta l’interesse e l’importanza è
questo: che essa riesce a fissare queste parti¬
colarità della multiforme anima italiana, proprio
quando l’anima livellatrice della politica c della
civiltà tende a farle scomparire in uno sfondo
di tinta uniforme.
Dalla parte del nuovo Ponte Flaminio che tra¬
versando la Via Flaminia ed il Tevere unisce
l’Esposizione di Belle Arti di Valle Giulia a
questa di Piazza d’Armi, è l 'Ingresso d’onore
dell’Esposizione; il quale dà accesso a quello
che fu chiamato “ il Foro delle Regioni e che
è una grande piazza circondata da edifìci essen¬
zialmente decorativi, alti, maestosi, ricchi di co¬
lonne e di opere di scultura. La piazza ò posta
a specchio di un piccolo lago, sulle cui sponde
sorge il vasto edificio in cui è il Salone per le
grandi riunioni ed un Teatro.
Questo complesso di edifici monumentali che
forma il nucleo e il centro principale dell'Esposi¬
zione fu costruito, per opera specialmente dell’ar¬
chitetto Piacentini, in stile barocco romano, stile
severo e grandioso, magnificamente intonato al¬
l’ambiente architettonico e monumentale di Roma.
Da cpiesto centro partono e sono costruiti
sopra una linea pressoché elittica i Padiglioni
regionali: sopra un'altra linea elittica esterna e
naturalmente più ampia sono invece costruiti i
gruppi regionali etnografici propriamente detti. E
questa distinzione che bisogna aver presente per
aver un’ idea chiara di questa Mostra e per vi¬
sitarla con profitto: ed è di questi due ordini
di edifici che ora parlerò brevemente e sinteti¬
camente, riservandomi di illustrarli a parte nei
numeri successivi.
I Padiglioni regionali sono vere e proprie
opere d’arte, in cui il particolar carattere di ogni
regione italiana fu interpretato in un edifìcio che
si potrebbe dire “ di carattere riassuntivo „, nel
quale sono stati fusi, e per lo più con singolare
felicità, gli elementi dei modelli classici di mag¬
giore bellezza.
Nel Padiglione veneto è, per esempio, ripro¬
dotta l’elegante struttura della “ Loggia di Can-
dia „, sorta nell’estrema isola levantina a cura ì
della grande Repubblica che fu per secoli il
baluardo dell’Europa contro i Turchi; ma negli
ambienti interni dell’edificio sono state sapien¬
temente riprodotte le maggiori e più caratteri¬
stiche bellezze dell’architettura veneta, colla sala
trevigiana del duecento, colla visione trecente¬
sca della sala del Petrarca in Padova, con una
sala quattrocentesca dedicata al Pisanello, con
una sala palladiana, e con quella sala della
“ Gloria di Venezia „, dove i più eletti artisti
veneziani, con a capo Ettore Tito, hanno rievo¬
cato nelle loro figurazioni, la meravigliosa gran¬
dezza civile e politica della Repubblica. E cosi
nel Padiglione romagnolo-emiliano furono con
grande perizia sintetizzati tre dei pivi grandi e
famosi edifici della Romagna c dell’Emilia, e
cioè il castello degli Estensi di Ferrara, il Pa¬
lazzo dei Bentivoglio a Bologna e il Tempio
malatestiano di Rimini. Ma, come ho detto,
ognuno di questi Padiglioni merita poi, a mi¬
glior agio, un'illustrazione speciale.
I gruppi etnografici caratteristici delle varie
regioni italiane sono trentasette e si svolgono
all’esterno dei Padiglioni e normalmente ad essi:
ciascuno di questi ha la' caratteristica architet¬
tura e le particolari singolarità costruttive degli
edifìci delle singole regioni. Questa parte della
mostra sarà senza dubbio la piti interessante
per ogni categoria di visitatori; perchè non solo
essa dà con la sua struttura una esatta visione
dei caratteri esterni o architettonici o pittorici
di ogni regione italiana, ma anche perchè sarà
“ tutta in azione „. E cioè dentro ogni singolo
edifìcio vi saranno uomini e donne di quella
regione, vestiti dei costumi di quella regione ed
esercitanti sotto gli occhi dei visitatori i me¬
stieri e le industrie particolari di quella regione,
dando cosi al vastissimo quadro una magnifica
e costante animazione. Anche i gruppi di que¬
sta mostra, tutti importantissimi, meritano di
esser poi singolarmente illustrati: ora, per dare
ancor più chiaramente l’idea di ciò che essi
sono e che essi significano, parlerò brevemente
di qualcuno di essi.
Nel gruppo siciliano sarà aperta una fabbrica
di quelle caratteristiche maioliche che da secoli
sì fabbricano a Caltagirone; ed è costruito, ri¬
producendolo esattamente dal vero, il famoso
“ Teatro dei pupi „, ossia il Teatro delle mario¬
nette, con le lunghe file di panche senza spal¬
liera per gli spettatoli e col piccolo palcoscenico
tutto aperto.
Un altro gruppo assai caratteristico è costituito
da un gruppo di case del Campidano di Cagliari
c da un altro gruppo di abituri della Sardegna
montuosa. Quest’ultimo è veramente interessan¬
tissimo: le piccole case non hanno vere finestre
e prendono una scarsissima luce da una specie
di piccolo abbaino: non hanno neppure cucina
e camino: il fuoco si fa a pianterreno, in mezzo
a una camera e il fumo se ne va, come può, da
un foro del soffitto. Ogni casa ha un piccolo
orticello in cui non manca mai l’albero del fico,
e l’orticello è cinto da un rozzo muro di pietre,
alto, con gli spigoli sempre arrotondati. In que¬
ste case gli abitanti nei loro pittoreschi costumi
eserciteranno le industrie tipiche della Sardegna,
e cioè la lavorazione del sughero e la prepara¬
zione della canepa.
L’antichissima fabbrica d’armi di Gardone, nel
Bresciano, è riprodotta con meravigliosa fedeltà:
il vecchio edifìcio, basso, tutto nero accoglie gli
stromcnti e le macchine ancora primitive, ani¬
mate da un’unica ruota, le cui pale son poste
in movimento dalla forza di un piccolo ruscello
che scorre all’esterno: nel gruppo faentino un
vasaio fabbrica già quei piccoli e semplici vasi
di creta che nel Medio Evo corsero il inondo e
che parvero perpetuare, in forma tanto più mo¬
desta, le tradizioni dell’antica e gloriosa indu¬
stria fittile dell’Italia centrale.
Nel gruppo napoletano, un gruppo di casucce
e di viuzze di Santa Lucia antica saranno le ca¬
ratteristiche botteghe della vecchia Napoli, e il
maccaronaro e il pizzaiolo e il friggitore di pesce
venderanno la loro merce: nella latteria di Val
d Aosta si mungeranno le vacche e sì farà il
burro, nel procoto del Lazio si faranno le ricotte
e le famose eaciotelle.
Un gruppo veneto è composto di un palaz-
zetto proprio veneziano, e cioè quell’elegante
palazzetto Van Axcl che si specchia sul tortuoso
no di Santa Marina, non lontano dal “ Campo „
di San Giovanni e Paolo: vecchio edifìcio, dan-
neggiato dal tempo e mai restaurato, il quale
ha acquistato, coi secoli, un “ colore „ veramente
delizioso. Ma completano il gruppo case di Mu¬
rano, in cui sarà la fornace e i vetrai lavore¬
ranno, innanzi al pubblico, quei sottili vetri tinti
dei più varii colori, che sono famosi in tutto il
mondo; case di Burano e di Chioggia in cui le
donne lavoreranno i celebri merletti; e il piccolo
no sarà percorso da una piccola gondola, e nello
squero si ripareranno le barche.
Riproduzioni, dunque, di vita in azione: Espo¬
sizione genialmente concepita e magnificamente
attuata dei lati più caratteristici della vita ita¬
liana più umile, piti tradizionale, più caratteri¬
stica, più pittoresca: Esposizione, dunque, bella
ed originale in tutto degna della nuova Capitale
d’Italia.
Arturo Calza.
LE ESPOSIZIONI DEL
r 9 t i
123
T O R I N () E
1 / E S P () S I Z I () N E.
Veduta di Torino con l’Esposizione (fot. ìvunni).
li. Padiglione della Francia (fot. Pcdrìni).
124
LE ESPOSIZIONI DEL 19 11
li. papa Eugenio IV e l’ imperatore Giovanni Paleologo ricevuti dal Castellano
DI Castel Sant’Angelo (altorilievo dello scultore Prini tolto da un’incisione del tempo).
Le mostre retrospettive in Castel Sant'Angelo.
LA MOSTRA TOPOGRAFICA ROMANA.
Collocata in una delle casermette di Urbano Vili,
un edificio lungo, basso ad un sol piano, la
mostra topografica romana è il tentativo più
completo c più riuscito che sia stato fatto lìnora di
una ricostituzione grafica della storia della città.
Attraverso le piante, i panorami, i disegni, i ri¬
lievi plastici, gli acquerelli, le incisioni, tutto un
materiale prezioso fornito dalla Galleria degli
Uffizi, dal Gabinetto delle stampe di Roma, dalla
Biblioteca di Vittorio Emanuele, dal Museo del
Louvre, dal British Museum, dai gabinetti di
Berlino, di Dresda e di Monaco, e da molti col¬
lezionisti privati, in una serie mirabile che co¬
mincia con la celebre veduta panoramica man¬
tovana, del 1470, comprende i calchi di tutte le
iscrizioni, ovunque esistenti, relative alla topo¬
grafìa della città medioevale, e giunge fino ai
giorni nostri con gli acquerelli del Roesler Franz,
è la Roma sparita che risorge dal secolo deci-
moquinto a noi, via via illustrata nel cammino
del tempo, la Roma papale con i suoi aspetti
caratteristici, con le sue vie scomparse e dimen¬
ticate, con le sue rovine pittoresche, con la folla
oscura delle vecchie case, con i suoi monumenti
con i suoi costumi, con la sua vita.
Lungo il corridoio il quale segna da nord a sud
approssimativamente l’orientamento di questa
Roma rievocata, si allineano sulle pareti le grandi
vellute d’insieme, i capisaldi della cartografia di
Roma, e nella serie numerosa sono pezzi pre¬
ziosissimi, come quello così detto del Cariavo,
ilei 15 / 6 , unico al mondo, e la grandissima pianta
panoramica del Maggi, ordinata da Paolo V, di
cui si conoscono tre soli esemplari.
Si alternano a queste piante alcune impres¬
sioni che hanno un aspetto di fantasia gloriosa,
i disegni cinquecenteschi dell’Ileemskerck ri-
producenti il Settizonio, una magnifica serie dei
deliziosi quadretti del vecchio Vanvitelli, e i cen¬
toventi acquerelli del Roesler Franz, nostalgica
visione di poesia e di bellezza, in cui tutta l’a¬
nima di Roma sembra rivivere, evocata da uno
spirito appassionato.
Nelle ventiquattro salctte che fiancheggiano il
corridoio la storia edilizia della città si svolge
per gruppi, per modo che è tolta ogni mono¬
tonia alla mostra e ogni stanchezza al visitatore,
il quale, tra gli aspetti che non sa più ravvisare,
ritrova ad un tratto una forma ben nota e di¬
stinta, una stradetta, una chiesa, un cortile ri¬
masti immutati, una apparizione inattesa a cui
si riattacano vaghe rimembranze di giovinezza.
E in quella visione del passato che continua e
ci accompagna, lasciati gli uomini e le cose del
nostro tempo, noi ci sentiamo trascinati a risa¬
lire le onde invisibili dei secoli e le memorie
della storia remota; gli avvenimenti innumerevoli
della città millenaria ci ritornano nel loro am¬
biente reale, indistinti com’eco lontana, come il
ricordo confuso d’un sogno di cui non si rie¬
scano a fermare le immagini.
Ecco la Roma dei primi anni del secolo de-
cimoquinto, una città strana, cupa, turrita, sco¬
nosciuta, somigliante ad un vasto campo, con
colline e con valli, con terreni deserti e colti¬
vati, da cui si sollevano, tratto tratto, oscure
torri e castelli, basiliche e chiostri antichi che
volgono in rovina, monumenti colossali, terme,
acquedotti diroccati, colonne isolate e solitarie,
ponti cadenti e un labirinto di vie strette, lu¬
briche, tortuose, interrotte a volte da ruderi ritti
in atto di sfida, fiancheggiate da case con lunghi
porticati, tagliate da altre vie ancora più an¬
guste e dense. Qua e là appariscono palazzi di
forme originali, merlati, simili a fortezze, co¬
struiti di marmi rubati ai gloriosi edifici del¬
l’antichità: sono le rocche dei guelfi e dei ghi¬
bellini, smaniosi di battaglia, che v i passano la
vita asserragliati con i parenti c 1 famigli, ma sem¬
pre pronti a sbucarne per combattei e conti o 1 ne¬
mici ereditari. Questo mondo smisurato coi suoi
colli coronati da chiese solitarie, coi suoi ter¬
reni incolti, coi massi di 1 ovine ili Roma vec¬
chia e Roma nuova, coi suoi dintorni desolati
dalla malaria, sembra un deserto che rappre¬
senti a un tempo la rovina dell antichità pagana
e del medioevo cristiano. La sola nota di vita
che vi apparisca sono le edere che avvolgono i
ruderi degli archi trionfali, i muschi che si ab¬
barbicano sulle mura della vecchia cinta di Au¬
reliano.
Tale è il commento fatto dalle rappresenta¬
zioni grafiche alle descrizioni che Poggio Brac¬
ciolini e il suo amico Antonio Lusco lasciavano
della ruinosa città medioevale, “ corpo gigante,
putrefatto e irriconoscibile, già padrone del
mondo c ora, privato della maestà dell impero,
precipitato nella più bassa servitù „.
Non molto diverso è l’aspetto ili Roma quale
ci apparisce nelle vedute panoramiche e nei pro¬
spetti parziali del i 5 oo. Poche e basse ^ cupole
di alcune chiese del tempo di Sisto 1 \ inter¬
rompono la disseminazione degli svelti campa¬
nili e delle torri su cui quella delle Milizie do¬
mina sovrana. Ma sul Campidoglio, circondato
di nere rupi di tufo, le capre pascolano anche
fra gli orti, fra miseri gruppi di casupole e in
mezzo ai ruderi e agli avanzi dei templi. I tolti
quartieri, che sorgono intorno al I evere e nel
Campo di Marte con oscure ma-se di case e con
un dedalo di viuzze, si vanno allargando sempre
più verso la parte inferiore della via Lata; il
Gianicolo si eleva con i suoi giardini; il Borgo
mostra l’antico San Pietro con l’obelisco al suo
fianco, la mole imponente del Vaticano il Bel¬
vedere, le Torri rotonde delle mura Leonine,
l’ospedale di Santo Spirito e Castel Sant’Angelo;
il centro della città appare come signoreggiato
dal palazzo Orsini, dalla Cancelleria, dalle grandi
costruzioni di San Marco, dalla cupola schiac¬
ciata del Pantheon e dalla colonna di Marco
Aurelio, che era allora senza la sua statua
alla cima; il Corso si allunga verso Piazza del
Popolo, interrotto tratto tratto da lacune, con
alcune chiese, con edifici, con minati archi di
trionfo, con molti giardini, formando quasi il con¬
fine della Roma abitata. Poi, al di là, fino al
Pincio e al Quirinale, giardini e qualche piccola
chiesa, come quella della Trinità al Pincio, che
era ancora in costruzione, e case poche e di¬
sperse.
E uno scenario meraviglioso, quello di questa
Roma oscura, irregolare sparsa di ruderi, dis¬
seminata di orti, con la campagna che si insinua
tra le masse degli edifici, con la sua associa¬
zione di vita e di deserto, col suo stupendo
aspetto di città abitata e di mondo di rovine,
uno scenario solenne, in cui dalle traccie di tutti
i secoli appare un uguale desiderio di una im¬
mortalità gloriosa, una identica insaziabile bra-
La venuta a Roma dell’Ambasciatore di Polonia
(altorilievo dello scultore Prini tolto da un’incisione del tempo) (fot. Finozzi, Collavi e Argus).
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
J 2 D
ma di perpetuarsi in opere di grandezza, una
stessa volontà di dominio che ha bisogno di
divinizzare la morte alloggiandola nei templi,
che risorge perennemente dal suo sfacelo, che,
quando la civiltà antica sembra ferita per sem¬
pre, con l'umiltà, col disprezzo della carne, con
l'odio pauroso della natura inizia un’altra società
che esce dalle tenebre per rigenerare il mondo.
E lo spettacolo senza pari si completa con i do¬
cumenti del periodo immediatamente successivo,
con i quadri, con le stampe, con le piante ri-
producenti la Roma di Giulio II, la città santa
ridiventata pagana, che nelle vene dei pontefici
sentiva ribollir il sangue imperiale, che nell'u-
mile cristianesimo primitivo aveva fatto il cat¬
tolicesimo vittorioso, e nel bronzo, nei marmi,
negli edifici colossali ripeteva il suo sovrumano
sogno di apoteosi, la sua delirante passione di
dominio universale.
La mostra topografica, ordinata con tanta cura
nelle sale della casermetta di Urbano Vili dal
dottor Ashby, dal dottor Calcagno e dal dottor
Bartoli, non ha soltanto un valore storico per
lo studioso o un valore di curiosità per il pub¬
blico che nella vicinà infermeria di Castello, dalle
finestre del conventino così ingegnosamente ri-
costituito, si reca ad ammirare i grandiosi pa¬
norami che Vittorio Grassi e Umberto Principe
hanno dipinto, vivificando con la luce e col co¬
lore il noto disegno della fine del secolo deci-
mosesto.
La mostra topografica romana è il più fiero
atto di accusa per coloro che in questi ultimi
Il corteo papale entra in Roma
(altorilievo dello scultore Prini tolto da un’incisione del tempo).
Il Trionfo delle Arti
(altorilievo dello scultore Prini tolto da un’incisione del tempo) (fot. Finozzi, Celiavi c Argus).
cinquant’anni, succedendosi nel reggere le sorti
della città, non hanno avuto nessun sentimento
della responsabilità gravissima che pesava su
di loro. Solo dinanzi a questa rievocazione gran¬
diosa della Roma del passato è possibile inten¬
dere ciò che l’umana ignoranza sia stata capace
di fare in un ambiente nel quale gli avanzi del¬
l'età pagana vivono vicino ai ricordi del cristia¬
nesimo primitivo, e le memorie del cupo medio¬
evo s’ingemmano delle più delicate invenzioni
decorative del Rinascimento. Distrutte le ville
meravigliose che ingemmavano i colli della gloria
del sole romano, asserragliati il Colosseo e il
Foro Romano da orribili alveari umani, mal fer¬
mi sulle loro basi di mota e di calcina, sforac¬
chiati da brutte finestre, eretti con un criterio
esclusivamente commerciale e non secondo le
eterne leggi dell’architettura e della bellezza,
abbattute fontane, palazzi insigni, portici, chiese,
tolta al Tevere l’infinita poesia delle sue rive
pittoresche, su cui le case colorite dalla luce
e dalla pioggia sorgevano a specchio delle acque
fuggenti, demoliti i tratti più belli della glo¬
riosa cinta che ricordava sedici secoli della
meravigliosa storia del mondo, la città eterna,
la città unica si è modellata sulle più brutte
città moderne della Germania e dell’ Inghil¬
terra.
Certo noi siamo i figli del nostro tempo; sap¬
piamo che il mondo cammina e che le città deb¬
bono adattarsi, trasformandosi, agli usi della ci¬
viltà, alle esigenze dell' igiene, alle necessità della
vita nuova.
Ma non è forse questa la storia di tutti i tempi,
e non avevamo noi una tradizione gloriosa per
gli edifìci di uso pubblico, per i monumenti ono¬
rari, per il rinnovamento edilizio delle nostre
città più belle? Quando il Rinascimento distrusse
la vecchia basilica vaticana, sostituì all’antico
tetto a doppio piovente la cupola di Michelan¬
gelo, e il Bernini, che tanti preziosi avanzi dei
secoli passati sacrificò alla sua smania novatrice,
popolò le piazze di Roma di magnifiche fontane,
di superbi palazzi, di forme mirabili scaturite con
foga prodigiosa dal suo genio inesauribile. 11
secolo nostro invece lascia in eredità ai lontani
nipoti il monumento a Pietro Cossa e le belle
architetture della nuova via del Tritone! Orbene
nessuna forza umana potrà mai creare artificial¬
mente la gloria artistica di una età, ma non è
troppo pretendere che sia rispettato quello che
ò intangibile patrimonio comune di memorie e
di bellezza.
Questo è l’insegnamento clic, con un senso
di rimpianto amaro, scaturisce dalla mostra di
topografia romana ordinata in Castel Sant'An¬
gelo.
Arduino Colasanti.
(Dal Marzocco).
L’Angelo.
I2Ó
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
AI PORT I C I DI PO
CELEBRANDOSI LA PESTA DELLA PATRIA A TORINO.
I.
O Portici di Po, da le profonde
Arcate piene di ricordi d’oro,
Quanti pensano a voi, mentre s'effonde
Via per l’Italia il grande inno al lavoro ;
Mentre salgono mille echi e gioconde
Voci laggiù, dal limpido tesoro
D’acque e di verde, ed ogni cuor risponde
Con santa gioia al glorioso coro !
Oh di quante febbrili ansie e di quali
Lotte e fortune ancor l’eco risuona
Sotto i grandi archi vostri, 0 lieta o triste;
Oh quante volte irrompere, sentiste
Giù da quest'Alpi che vi fan corona,
Nembi di pugne e grida trionfali !
IL
Irrompere vedeste da le nere
Nuvole il sole e illuminar le nuove
Speranze intorno.... Ed ecco, in ogni dove
Si destano le antiche anime fiere;
E tutto freme e palpita e si muove
Come al soffio di cento primavere....
Passa ravvolta in manto di bandiere
L’anima invitta del “Cinquanta nove,,.
Oh la potenza di quei giorni d’oro!
Al grido di I ’iìtorio e Garibaldi
Sorgea la giovanile anima indoma,
E ognun su l’ara de la patria i saldi
Muscoli offriva ed ogni suo tesoro,
Come una sposa la fragrante chioma.
III.
E veniva Cavour, fedele aneli’esso
Ospite vostro, sotto Lauree lenti
Saettando gli arguti occhi lucenti.
Ratto il gestir, più rapido l 'incesso ;
Scuro nel volto se nefasti venti,
Ira 0 minaccia gli raggimi da presso.
Ma col sorriso su la Jconte impresso
All'avverarsi di sognati eventi.
Il popolo guardava al suo cammino,
Scambiandosi pensier, motti, domande ;
Non avido oramai che del domani....
Passava stropicciandosi le mani
U piccolo Ministro, nella grande
Anima chiuso il sogno suo divino.
IV.
E il sogno s’avvero. - Questo a le genti
Narrano i vecchi Portici, sognanti
Ancor l’ebbrezza di quei dì giganti
E Rincalzar dei fortunosi eventi.
Oh riditeci voi da quali e quanti
Sforzi l’Italia uscì; voi, eloquenti
7 est intoni, evocateci le ardenti
Anime antiche e gli eroismi santi!
Il tempo dileguò; ma voi serbate
Ancora il dolce fascino profondo,
La poesia de l'cpopec passate,
Di cui laggiù fra le ridenti aiuole,
La “Città nuova,,, testimone il mondo.
Cauta la gloria, sfolgorante al sole.
(UOSLPPK DEABATE.
Il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
2 j aprile - Ranni. Al Quirinale a sera banchetto di gala
in onore del principe di Connaught, con scambio di
brindisi amichevoli fra il re ed il principe.
■2 4 „ — Arriva la missione straordinaria francese (gen. Mi¬
chel, gen. Espinasse, colonnelli Jullian e Savaticr) c
reca al Quirinale al Re un messaggio augurale del
presidente Fallières. La sera al Quirinale banchetto
con scambio di brindisi del Re e del gen. Michel.
„ „ — 11 Re a Castel Sant’Angelo inaugura il Congresso
fotografico internazionale e l’annessavi mostra.
2 5 „ — Al palazzo della Regina Margherita garden party
in onore della missione francese.
„ „ — Solenne arrivo del Re e della Regina di Svezia
ospiti al Quirinale. La missione francese parte oggi.
26 „ — Al Quirinale banchetto di gala in onore dei reali
di Svezia e con scambio di brindisi di amicizia fra
i due sovrani. Partono il 27.
27 „ Firenze. Grande corteo commemorativo della pacifica
rivoluzione del 27 aprile 1859.
29 „ Torino. Solenne inaugurazione dell’Esposizione in¬
ternazionale dell’industria e del lavoro, presenti il
Re, i principi, ecc.
30 „ — 11 Re e la Regina inaugurano la 70’ mostra di
Belle Arti, poi il grande Stadiuni dove assistono alle
esercitazioni di un seimila fanciulli.
Le giornate inaugurali di Torino.
Le promesse del ministro Nitti.
(Nostra corrispondenza).
Torino, i maggio.
Non è inesatto dire che Torino non vedeva,
da cinquanta anni, una giornata come quella di
sabato. Sissignori, da cinquanta anni, perchè dalla
convocazione del primo gran Parlamento italia¬
no, del febbraio i86r, I orino non era mai più
stata così pienamente capitale come sabato e ieri.
La popolazione della città è stata sovraccari¬
cata nel giro di quarantotto ore, di più che cen¬
toventimila visitatori, accorsi da ogni pai te
d’Italia e da ogni angolo del Piemonte. Chi non
aveva prenotata in tempo in qualche albergo
una stanza, o non aveva un sicuro pied-à-terre
presso amici o parenti, ha dovuto accontentarsi
di una o due notti bianche sotto i portici e nei
caffè, affollati come di giorno, a meno di non
fare come un mio amico, che la sera del 28 ha
preso, per disperazione, il treno, ed è andato a
dormire.... a Parigi!...
Nella notte medesima il Re e la Regina d'Ita¬
lia, dormivano anch’essi in treno, con la loro
corte, venendo a tutta velocità da Roma a fo¬
rino, nella cui stazione principale a Porta Nuova,
erano ricevuti, la mattina del 29 alle 9 e mezza,
iu forma più che privata dal nostro sindaco, se¬
natore Teofilo Rossi. Ma la forma privata finiva
nella stazione. Immediatamente fuori, c’era già,
per le vie, allineata di qua e di là, dietro i cor¬
doni di truppe, tutta una folla compatta, animata
da un vivo entusiasmo che non tardò a pro¬
rompere in evviva ed in applausi, appena il pic¬
colo corteo reale di quattro carrozze di corte,
scortate dai corazzieri, apparve, dirigendosi im¬
mediatamente all’ Esposizione.
Quivi, nel salone delle feste, che il giorno in¬
nanzi era ancora tutto sossopra, e la mattina
del 29 era in perfetto ordine, trovavansi già,
fin dalle io il duca di Genova, il duca d’Aosta,
il duca degli Abruzzi, il conte di Torino, la prin¬
cipessa Isabella di Genova, la principessa Lae-
titia, i ministri, i rappresentanti della Camera e
del Senato, una cinquantina di senatori, un cen¬
tinaio di deputati; tutto il corpo diplomatico
nello splendore delle sue uniformi e delle scin¬
tillanti decorazioni, poi numerosissimi invitati in
mezzo ai quali predominavano con le ridenti
toilettes primaverili tante e tante belle signore.
I sovrani acclamati sono entrati ed hanno preso
posto in mezzo al gruppo dei principi e delle
principesse, poco dopo le dieci, fra il suonare
delle fanfare e delle musiche; e subito dopo sono
cominciati i discorsi — cinque discorsi. L’ex-sin-
daco di Torino, l’avvocato senatore Secondo
Frola, col suo bel vocione baritonale, ha parlato
brevemente, come presidente generale dell'Espo¬
sizione. Dopo di lui ha dette brevi parole, il se¬
natore Tomaso Villa, presidente del Comitato
esecutivo; egli è il padre, il nonno di tutte le
Esposizioni torinesi — il nonno, ripeto, giacché
egli ha sulle spalle la bellezza di 81 anni, e li
porta abbastanza bene; ma la sua voce non ha
la sonorità energica dei bei tempi, ed il suo
breve discorso non è stato udito, forse, che dai
più vicini. Invece il discorso — ottimamente
brevissimo — del sindaco di Torino, senatore
Teofilo Rossi, è stato udito da tutti, e benissimo
udito anche quello del ministro d’Agricoltura,
Industria e Commercio, deputato Saverio Nitti,
la cui parola era attesa con qualche curiosità.
Egli ha manifestato, sommariamente, il proprio
programma ministeriale in queste parole:
“ 1 ulti gl’ indici dell’attività economica segnano un pro¬
gresso continuo.
L indomani dell unità costituiva grave preoccupazione
un piccolo sbilancio commerciale; oggi che i valori del
commercio internazionale sono piìi che quadruplicati, uno
sbilancio di oltre milleduecento milioni si salda assai age¬
volmente. Anche industrie le quali trovavano difficoltà di
sviluppo si sono formate e progrediscono e alcune si sono
nobilmente affermate sul mercato mondiale.
“ Poche industrie appena potettero
comparire alla prima festa del lavoro ita¬
liano a 1‘irenze, nel 1861; e come pai-
dimessa la veste di allora di fronte all’im¬
ponente edificio industriale che qui l’Ita¬
lia ha eretto per cimentarsi nel confronto
coi progressi delle altre nazioni !
“ E già gli effetti del sostanziale mu¬
tamento nelle condizioni della nostra vita
si scorgono nel movimento intrinseco
della popolazione, da cui tende a sparire
la mortalità economica, per lasciare so¬
pravvivere sola la mortalità che è dovuta
al lento deperire dell’organismo umano
nell’aflermazione della vita. La mortalità
della popolazione italiana dal 3r per
mille abitanti, nei primi anni del Regno,
è discesa ora a poco più del 20 per mille
contrastando alle insidie delle malattie infettive, della mala¬
ria della pellagra della mortalità infantile, diecine di mi¬
gliaia di vite umane in ciascun anno, concorrendo così ad
accrescere la nostra popolazione e ad aumentare il iapporto
di essa alla terra; mentre già si utilizzano meglio le energie
naturali del paese e si trasforma la economia italiana.
« Xoi siamo assai più numerosi nel mondo. Ai cento¬
mila italiani che erano all’estero cinquant’anni or sono,
si contrappongono ora cinque milioni di italiani, che hanno
portata dovunque la loro attività di lavoio.
“ L’antico istinto migratore si è ridestato e il grande
numero delle nascite, prova di resistenza della tazza, vi
ha contribuito piti di ogni altra cosa.
« I nostri sforzi devono convergere ora verso l’aumento
della produzione che renderà possibile una migliore distri¬
buzione della ricchezza. Le nostre pendici montane atten¬
dono il bosco; le nostre acque cadenti attendono di es¬
sere utilizzate. Una grande politica di acque e di boschi,
una politica diretta a combattere la malaria nei suoi ricetta¬
coli di morte; una politica diretta a far scomparire l’analfabe¬
tismo che è come la malaria dello spirito; saranno il com¬
pito dei nostri sforzi, l’opera della nostra generazione „.
Chi non applaudirebbe?!...
Come a Roma si è sempre udita, in ogni inaugu¬
razione una voce ufficiale di I orino, cosi a I orino
è sorta, per ultima, la voce del sindaco di Roma,
Ernesto Nathan, portante alla vecchia Capitale
subalpina gli auguri e i voti della Città Eterna. Poi,
fra un nuovo fragore di applausi i sovrani e tutto
il loro seguito sono usciti dal salone e si sono
diretti al magnifico Ponte Monumentale, dove il
Re ha ricevuto l'omaggio di tutti i rappresentanti
esteri; poi tutti — sovrani, dignitari, autorità, in¬
vitati — si sono rovesciati fuori dell'Esposizione,
dove, altro non c’era, nè da fare, nè da vedere.
Cosicché la giornata inaugurale si è limitata
tutta alla cerimonia nel salone delle feste, dove,
nel pomeriggio, vi è stato un grande concerto
ufficiale — e poi basta. L’Esposizione è inaugu¬
rata, ma quanto a vedervi qualche cosa — se
non si eccettuino il padiglione dell’Argentina, il
villaggio eritreo, ed altre cose minime, bisogna
avere la pazienza di aspettare. Si può dire —
come dicevasi dell’Italia nel 1861 — l’Esposi¬
zione è fatta, ma non è compiuta. Anzi, molto
meno che compiuta.... ma si andrà ogni giorno
compiendo. Ma già il 29, subito dopo l’inaugu¬
razione, la Mostra fu aperta al pubblico, che la
invase festosamente, gaiamente, e, nelle esposi¬
zioni.... quando c’è il pubblico, c’è tutto!... Il pub¬
blico è stato di facile contentatura; ed il castello
medioevale del 1884 — il clou di quell’Esposi¬
zione, dovuto ai compianti Giuseppe Giacosa e
pittore Avondo — ha ottenuto un nuovo successo,
coni’è delle rinnovate arti medioevali, attorno
alle quali la folla ha formicolato questi due giorni.
Ieri, 3 o aprile, è stato inaugurato in Piazza
d’Armi l’immenso Stadium — capace di cento-
mila persone — dove sarà, dirò così, una per¬
manente esposizione vivente internazionale ad
esaltazione dei ginnici ludi. Seimila fanciulli
d’ambo i sessi, a suono di tromba, hanno ese¬
guiti davanti ai sovrani ed agli invitati bellissimi
esercizi vivamente applauditi, e questa festa di
vita e di giovinezza non è stata, dirò così, con¬
turbata, che da un breve discorso di ringrazia¬
mento del papà della ginnastica piemontese, il
marchese e deputato Compans di Brichanteau.
Mentre scrivo sento suonare in strada le fan¬
fare che salutano i sovrani, che vanno a visitare il
Palazzo delle Poste e ad inaugurare la qoh Espo¬
sizione di Belle Arti. Gente corre all’ Esposizione,
sul Po, dove i tedeschi inaugurano il loro grande
Palazzo, e dove si aprono, con cerimonie ade¬
guate, il Padiglione Ungherese, il Padiglione della
Citta di Parigi, il Villaggio Alpino, la Mostra
della Marina. Poi, tutti i giorni ci sarà una qualche
inaugurazione fino alla fine. Non è forse bello
questo !... Da farne che di Esposizioni che si inau¬
gurano in una sola giornata?... Così almeno tutti
i giorni c’è una festa, quando non ce n’è due, ed
anche 1 ultimo giorno dell’Esposizione potrà es¬
sere una.... inaugurazione!... Intanto abbiamo un
nuovo conte, il sindaco di Torino, ed un nuovo
ministro di Stato (che fa la terna col Rattazzi e
con Luzzatti) Tomaso Villa!...
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
,2 7
L A V I S I T A I) E I
SOVRANI
D I
S V E Z I A A
R O M A.
Le DUE Regine (fot. Fontana).
I D U E S O V K A X I (fot. Fontana).
PROSSIME PUBBLICAZIONI
Edmondo De Amicis
Nelf Arte e nella Scienza
SAGGI DI
SCIPIO SIGISELE,
Questi Saggi vengono a far seguito a quolli contenuti nella Letteratura
tragica dolio stesso autore, elio divennero relebri. L’importanza del nuovo
volume si rilova dal titolo dei novo grandi capitoli in cui è diviso:
i L’amore e la morte nell’opera di Maurizio Barrès. - n. Leggendo Balzac.
m I tipi femminili nell’opera di Gabriele d’Annunzio: Le voluttuose: Le
dolorose; La Maddalena; L’attrice; La vergine; Nel regno della follìa; L’amore
sororale; Che cosa è l’a-more? - iv. La Nave. - v. Gabriele d’Annunzio e la
folla. - vi. La tristezza contemporanea. - vii. L’elogio della malattia. -
vin. L’elogio della menzogna. - i\. Romanticismo depravatore.
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SPERANZE_e_GLORIE
LE TRE CAPITALI
(TORINO - FIRENZE - ROMA) DUE LIRE
DUE LIRE
Da San Martino a Mentana
" ricordi di un volontario. "
ai GIULIO ADAMOLI.
In quest’anno dedicato alla memoria del Risorgimento, crediamo utile ristampare
in edizione popolare questo libro ch’ebbe già un grandissimo succosso, e fu pa¬
ragonato ai ricordi dei Mille di G. Abba. L'opora si divide in novo capitoli:
Sul Volturno (1860).
Aspromonte (1862).
Sul Chiese (1865).
Vezza d’Oglio (1866).
In Roma (1867).
Mentana (1867).
In Piemonte (1859).
San Martino (1859).
In Sicilia (1860).
L'autore, già garibaldino, che ora è Senatore del Regno, narra i fatti che ha veduto e a
cui prese parte; presenta i personaggi grandi e piccoli con cui ha combattuto. Numerosi gli
episodi inediti. Il racconto è lesto, personale, semplice, caloroso ed elegante al tempo stesso.
BUE LIRE.
La Spagna e il Vaticano, l ettere spagnole, di
Romolo MURRI. In-16, con 2 ritratti.L. 2 —
i. Piccola o grossa questione?
ii. Un colloquio con Canalejas.
ni. Cavalieri, alle armi!
iv. La Cattedrale in ritardo.
v. Conventi ed affari.
Coi ritratti del Re Alfonso e de! ministro Canalejas.
vi. La scuola popolare.
vii. Spagna, popolo di letterati,
vm. A Roma, non a Canossa.
ix. La Spagna delle regioni.
x. Dalla politica eroica alla poli¬
tica realistica.
Dello !ste*r<o autore
Della Religione, della Chiesa e dello Stato. | Dalla Monarchia alla Repubblica. Lettere
Un volume in-16 , . . . L. 4 — j portoghesi.L. 2 —
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FASCICOLO
LE ESPOSIZIONI DEI
1911
9 -
o
T O R I N O. L I N A U G U R A Z I () N E I) E L P A I) I G L I O N E I) E L L A C I T T A I) I P A R I G I.
L’Ambasciatorf. di Francia signor Par rè re riceve 1 Sovrani all’ingresso del Padiglione <o»i. cimss-, au !■ laviciis).
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
i 3 o
TORINO
I
Jw
descritta da
EX D e A ni icis
:sfr
crosso volume, ove
o
Nel 1S80 in occasione della prima Mostra di Belle Arti in Tonno, quel Comitato allestì un ^
Torino è celebra 1 a nella sua storia, nelle sue bellezze artistiche e naturali, nei suoi monumenti, nelle sue piazze e
ne' suoi giardini da insigni scrittori, quali erano Bersezio, Faldella, Giacosa, Mar eneo, Sacchetti, ed albi. A a moia 0
De Amicis toccò il capitolo la '‘Città,,. .
Oggi, dopo pi anni, quelle pagine scritte con Limpeto del giovani!e entusiasmo, conservano tanta fi esthcgza ai sta e
e verità d'osservazione, che sembrano scritte ieri mentre s'inaugurava la grande Esposizione dell Industria e di i La¬
voro. Non una ruga in questa eloquente evocazione della città ridente e maestosa che al De Amicis fu cai a sopì a ogni
altra; anzi - come certi quadri che col tempo acquistano in bellezza, in intensità e in fusione, la pi osa- così viva
e colorita del caro scrittore, sembra oggi ancora più robusta e più armonica. Ora, mentre presso la Casa Ireves ^ce
ii volume LE TRE CAP ILA LI (che comprende con Roma e Firenze anche la prima capitale d Italia), siamo lieti di
offrire ai lettori di questa rivista, in cui Tonno ha tanta parte, la primizia di questa opportuna esumazione.
Un Torinese che voglia far da guida a un
Italiano il quale venga qui per la prima volta,
dovrebbe, prima di lasciarlo entrare in Torino,
condurlo diritto a Superga, per fargli provar su¬
bito un sentimento di meraviglia e di piacere,
che lo metta in una disposizione d’animo favo¬
revole alla città sconosciuta. Ci son degli spet¬
tacoli che sono per la vista degli occhi ciò che.
sono per la vista della mente quelle grandi in¬
tuizioni istantanee del genio, che abbracciano
secoli di storia e migliaia d’idee. Lo spettacolo
che si gode da Superga è uno di questi; ed è
anche più grande e più bello della sua fama.
Dalla sommità della cupola, con un solo giro
dello sguardo, in tre secondi, si abbraccia tutto
l’immenso cerchio dell’Apennino genovese e delle
Alpi, dai gioghi di Diego c di Millesimo alla pi¬
ramide enorme del Monviso, dal Monviso all’im¬
boccatura della valle di Susa, al Gran San Ber¬
nardo, al Sempione, al Monrosa, alle ultime
montagne ('he luggono verso Levante di là dal
Lago Maggiore; sotto, tutti i colli di Torino,
popolati di ville e di giardini, più in là i bei
poggi del Monferrato, coronati di castella, le
colline ubertose della sinistra del d anaro, una
successione di sterminati tappeti verdi, una cam¬
pagna sconfinata, che si perde nelle pianure va¬
porose della Lombardia, argentata dalle mille
curve del Po, seminata di centinaia di villaggi
e di casali, rigata da strade innumerevoli, co¬
perta d’una vegetazione lussureggiante di boschi,
di vigneti e di messi: cosi rilevata c nettamente
visibile fino «alle piti grandi distanze, così fresca
c così italiana di forme e di colori, così grande
e terribile di antiche e di nuove memorie, così
maestosamente serena nella immensità dei suoi
orizzonti azzurrini, per cui T immaginazione si
slancia lino ai confini opposti d'Italia, che, dopo
averla percorsa intera, a guardar giti la città di
Torino, piccola e raccolta, sul confluente del Po
e della Dora, dentro un cerchio di verzura, in
faccia al bel monte conico dei Cappuccini, viene
spontaneo sulle labbra il Te beata, che gridò
Ugo Foscolo a Firenze, e si resta meravigliati
che pitta quella bellezza non abbia ancora rice¬
vuto anch'essa da qualche grande poeta il tri¬
buto di una lode immortale.
I lo cercato molte volte, curiosamente, con uno
sforzo dell’ immaginazione, di rendermi conto
dell’impressione che può produrre la città di To¬
rino in un Italiano che la veda per la prima volta.
Certo, un Italiano che arrivi qui, coll’idea di
trovare una città uggiosa, e un po’ triste, come
i dispettosi soglion definire Torino — un vil¬
laggio ingrandito — un mucchio di conventi e
di caserme — deve provare un disinganno pia¬
cevole, uscendo dalla stazione di Porta Nuova
in una bella mattinata di primavera. Alla vista
di quel grande Corso, lungo quanto i Campi
Elisi di Parigi, chiuso a sinistra dalle Alpi, a
destra dalla collina, davanti a quell’infilata di
piazze, a quelle fughe di portici, a quel verde
rigoglioso, a quella vastità allegra, piena di luce
e di lavoro, deve esclamare: — È bello! — o
tirare almeno uno di quei larghi respiri, che
equivalgono ad una parola d’ammirazione. E an¬
dando su verso piazza Castello.... Ma un Italiano
che venga a Torino per la prima volta, se ap¬
pena ha una scintilla d’amor di patria nel san¬
gue, è impossibile che, addentrandosi nel cuore
della città, serbi tanta freddezza d’animo, da
giudicarla coll’occhio dell’artista. Egli deve sen¬
tirsi sollevato, travolto da un torrente di ricordi,
sfolgorato da una miriade d’immagini care e
gloriose, che trasfigurino la città a’suoi occhi, e
gli facciano parer bella ogni cosa. Deve veder
Carlo Alberto, affacciato alla loggia del palazzo
reale, in atto di bandire la guerra dell’indipen¬
denza; incontrar sotto i portici il conte di Ca¬
vour che va al Ministero, dandosi la solita fre-
gatina di mani; vedere i Commissari austriaci
del 09 che portano T ultimatum al Presidente del
Consiglio; i corrieri che divorano la via Nuova
portando le notizie delle battaglie di Coito, di
Pastrengo e di Palestro; le deputazioni dell’Ita¬
lia centrale che portano i voti del plebiscito; una
legione di vecchi generali predestinati a morire
sui campi di battaglia; a una cantonata Massimo
d’Azeglio, in fondo a una strada Cesare Balbo,
qui il Brofferio, là il Berchct, laggiù il Gioberti;
visi tristi e gloriosi di prigionieri dei Piombi e
di Castel dell’Uovo; giovani che portano sulla
fronte, còme un raggio, il presentimento dell’e-
popea dei Mille; battaglioni abbronzati di ber¬
saglieri della Crimea che passano di corsa e
stormi di giovani emigrati che sbarrano la strada,
agitando i cappelli, alla carrozza di Vittorio Ema¬
nuele; in ogni parte cento immagini di quella
vita ardente e tumultuosa, piena di speranze e
d’audacie, di grida di dolore, di canti di guerra
e di fanfare trionfali, che s'agitò per quindici
anni fra queste mura. 11 centro di Torino ha
una bellezza sua propria, invisibile allo straniero
indifferente, ma che deve affascinare 1 Italiano
nuovo arrivato. Ogni suo angolo, ogni sua casa
parla, racconta, accenna, grida. Ogni arco de’suoi
portici è stato l’arco di trionfo d’un idea vitto¬
riosa, sopra ogni pietra del suo lastrico si sono
incontrati e stretti la mano per la prima volta
due italiani di provincie diverse, due esuli, due
soldati della grande causa comune: tutto v’è
ancora caldo del soffio immenso di amor di pa¬
tria che vi passò, infiammando e travolgendo
ogni cosa, come un uragano di fuoco. Quale ita¬
liano può arrivar là senza sentirsi commosso?
In un giro di pochi passi, intorno al Palazzo Ma¬
dama, si vede e si ricorda tutto. In poche città
i luoghi e i monumenti più memorabili si tro¬
vano meglio disposti per colpire tutf insieme lo
sguardo e la mente. Ed è anche bella per l’ar¬
tista e per il poeta quella piazza vastissima, che
arieggia il cortile d’un palazzo smisurato. Quella
reggia severa e nuda, dietro a cui s’innalza la
cupola della vecchia cattedrale, il Palazzo Ma¬
dama, cupo come una fortezza, sorvolato da nu¬
voli di colombi, la cortina bianca delle Alpi che
chiude via Dora Grossa, la cortina verde delle
colline che chiude via di Po, quel contrasto di
baracconi da fiera e di palazzi austeri, di folla
e di strepito da un lato e di solitudine tranquilla,
dall'altro, dànno a quella parte di Torino un
aspetto singolare, misto di città nuova e di città
vecchia, di gravità nordica e di gaiezza meridio¬
nale, di maestà e di modestia ad un tempo, che
fa lavorare la fantasia come una poesia a dop¬
ino senso. Ma qui non può farsi un’idea di To¬
rino il forestiero. Quetato il tumulto dei ricordi,
bisogna che s’inoltri in quella parte della città
che è compresa fra via di Po, via Roma, il Corso
del Re e il fiume. Se egli non è mai uscito
d’Italia, proverà senza dubbio un’impressione
nuova. La città par fabbricata sopra un immenso
scacchiere. Per quanto si giri, non si riesce che
a descrivere delle greche perfette. Tutte le strade
a primo aspetto si rassomigliano: tagliano tutte
un lunghissimo rettangolo di cielo con due file
di color uniforme, su cui lo sguardo scivola dal
cornicione al marciapiede, senza trovar nulla clic
l’arresti; allineate come lo erano i vecchi reggi¬
menti piemontesi, coi guidoni e le guide sulla
linea, dopo un’ora di lavoro. Si va avanti, e par
sempre di passare c di ripassare nei medesimi
luoghi. Si può camminare a occhi chiusi: non
cè da sbagliare: ogni tanti passi, riaprendo gli
occhi, si vedranno due interminabili vie diritte
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Strofina
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Raccomandata dalle Autorità Mediche nelle
Malattie polmonari,
Catarri bronchiali cronici,
Tosse Asinina, Scrofola, Influenza
GUARDARSI Valle CONTRAFFAZIONI %
unici fabbricanti: F. Hoffniann-La Rocl]6 & G.° - Basilea
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
i3t
a destra e a sinistra, l'una chiusa dalle Alpi,
l'altra chiusa dalle colline. Qualche somiglianza
con altre città ci si trova: si ricorda via Toledo
di Palermo, Livorno, certi quartieri di Marsiglia
e di Barcellona. Ma qui c'è qualche cosa di spe¬
ciale, difficile a definirsi: non so che di più ri¬
gido e di più corretto. Non son le case francesi,
gabbioni con pretese di palazzi, parate di deco¬
razioni posticcie; bottegaie rinfronzolite. Sono
file d' umiliate, schiere di alunne di collegio-con¬
vitto, grosse massaie benestanti, tarchiate, in
abito da camera, che si danno francamente per
quelle che sono, e spirano un’aria di bontà con¬
tegnosa, l’amor della vita regolare, l’abitudine
delle passioni contenute. Il color giallo impela,
con tutte le sue sfumature, dal calcare cupo al¬
l'oro pallido, misto d’innumerevoli tinte verdo¬
gnole e grigie, che però si perdono in una tinta
generale giallastra, un po' sbiadita, che dà alla
città un certo aspetto tranquillo di decoro uffi¬
ciale. Qua e là c’è un tentativo di ribellione d’una
casa azzurra, in qualche punto scoppia il grido
acuto d’un edifìzio bianco, che fa un po’di scan¬
dalo in quel silenzio di colori modesti ; ma su¬
bito dopo si ristabilisce la disciplina in due lun¬
ghe (ile di case della solita tinta, un po’imbron¬
cile, che han l’aria di disapprovare quella pazzia.
Percorse le prime strade, si comincia a notare
qualche corrispondenza tra la forma della città
e il carattere della popolazione. C"è espressa
una certa ostinazione in quella uniformità, c’è
un’idea di schiettezza in quello sdegno d’ogni
ostentazione, un certo indizio di procedere aperto
in quell’ampiezza di spazi, un’immagine di forza
in quella tarchiatura di edilìzi, una perseveranza
che va dritta allo scopo in quella rettitudine di
linee. Passando per quelle strade si ricorda in¬
volontariamente la disciplina dell'antico esercito
sardo, le antiche abitudini militari della popola¬
zione, la rigidezza della burocrazia, l’onnipotenza
dei regolamenti, lo stile duro dell’Alfieri, la sem¬
plicità nuda di Silvio Pellico, la correttezza un
po’ pedantesca d’Alberto Nota, lo stile cadenzato
e simmetrico dei lunghi periodi oratori! di An¬
gelo Broflferio, e la chiarezza ordinata degli ar¬
ticoli di don Margotti, di Giacomo Dina e del
dottore Bottcro. S’indovina la vita della città a
primo aspetto. Non c’è, come a Firenze, il pic¬
colo crocicchio, l’angoletto, la piazzetta, dove
ognuno si pare a casa sua, dove è possibile il
dialogo tra la strada e la finestra e la fermata
d’un’ora colle spalle alla cantonata. Qui c’è per
tutto la città aperta, larga, pubblica, che vede
tutto, che non si presta al crocchio, che inter¬
rompe le conversazioni intime, che dice conti¬
nuamente, come il poliziotto inglese: — Circo¬
late, lasciate passare, andate pei vostri affari.
Si può esser usciti col miglior proposito di an¬
dare a zonzo: si finisce col fissarsi una meta.
A un certo punto si sente un po'di sazietà;
l’artista si rivolta contro quella regolarità com¬
passata. S’ha la testa così piena di angoli ’retti,
di parallelismi, di simmetrie, di analogie, che,
per dispetto, si vorrebbe poter scompigliare tutta
quella geometria con un colpo di bacchetta la-
tata, che mettesse Torino sossopra. Ma a poco
a poco, come certi motivi monotoni, che, a furia
di sentirli ripetere, ci si fissano nella testa con
una irresistibile simpatia, così quella regolarità
a grado a grado fa forza al gusto e soggioga la
fantasia. Si prende amore a quell'uniformità che
lascia la mente libera, a quella specie di dignità
edilizia, non ancora offesa dall’insolenza ciarla¬
tanesca della reclame colossale, a quelle corri¬
spondenze di prospetti, che s'indovinano prima
di vederli, come le rime delle strofe metasta¬
siane, a quella nettezza rigorosa, a quei grandi
lembi di cielo, a quelle vie lunghissime in cui
insensibilmente il passo s’affretta, lo sguardo
s'acumina, il petto si dilata, la mente si rischiara,
alle grandi piazze e ai grandi giardini che fanno
qua e là un largo squarcio improvviso pieno
d’aria e di verde, nella rete uggiosa delle strade
gemelle. La città sonnecchia un poco tra via di
Po e via San Lazzaro, dove grandi isolati di
color cupo gettano come un'ombra di tristezza
nelle vie larghe e solitarie, nelle quali non si
sente strepito di lavoro, e la pedata di chi passa
risuona sotto le volte dei portoni muti e nei
cortili erbosi; ma si ravviva c ringiovanisce sui
confini di Borgo Nuovo, dove per sei vie alle¬
gre e chiare, piene di popolo minuto, si vede il
verde fitto del Corso del Re; e all’estremità di
tutte le strade che van da ponente a levante,
le colline del Po mettono un riflesso di serenità
e di grazia campestre. Più si va lontano dal
centro, più la città si fa varia e amena. Si tro¬
vano degli angoli ariosi, tranquilli e simpatici,
che fanno pensare alla vita raccolta d’un capo
sezione giubilato, che vada ogni giorno a quel¬
l’ora a leggere il giornale al caffè vicino e a far
la passeggiata igienica nel viale accanto, ed ab¬
bia la sua oretta fissa per la visita galante a una
buona amica di quarant'anni ; dei piccoli cro¬
cicchi operosi, d’aspetto giovanile, formati da
alte case poderose, che dominano un vasto oriz¬
zonte, attraverso alle quali par di vedere le ca¬
merette di tanti studenti di provincia, poveri,
ma di buona razza piemontese, che martellino
ostinatamente sui libri, menando una vita dì sa¬
crifizi, per procurarsi un avvenire onorato e lu¬
croso; delle grandi case aperte ad angolo verso
la strada, con cinque ordini di terrazzini, che
mostrano mille piccoli particolari intimi della
vita torinese, dal servitore che innaffia i fiori
della contessa al primo piano, su, su, scendendo
per la scala s ciale a misura che si sale per la
scala della casa, fino ali’impiegatuccio tirato che
legge il giornale sotto i tetti e alla moglie del¬
l’operaio 1 he stende i suoi cenci fuori della sof¬
fitta. Le strade essendo lunghissime, presentano
successivamente vari aspetti ; andando avanti
diritto per una strada sola, si attraversa una
piccola parte di Torino commerciale, una parte
di Forino elegante, un quartiere povero, un
quartiere affollato, un quartiere deserto: si vede
la città in tutti i suoi aspetti, senza svoltare una
volta sola. E non si trovali grandi contrasti. 1
palazzi, schierati alla pari colie grandi case bor¬
ghesi, alcuni anche dissimulati da una facciata
comune, come il palazzo dell’Università e il pa¬
lazzo dell'Accademia filarmonica, non servono a
dar carattere alle strade. Non c’è il palazzo vi¬
stoso del gran signore, che schiaccia gli edilìzi
circostanti, e dà l’immagine d'ima vita splendida
e superba. L'architettura è democratica ed egua-
gliatrice. Le case possono chiamarsi fra loro:
— Cittadina — e darsi del tu. La divisione delle
classi sociali a strati sovrapposti dal piano no¬
bile ai tetti, toglie alla città quelle opposizioni
visibili di magnificenza e di miseria, clic accen¬
dono nell’immaginazione il desiderio inquieto e
triste delle grandi ricchezze. Girando per 'fo¬
rino, si prova piuttosto un desiderio di vita agiata
senza sfarzo, d’eleganza discreta, di piccoli co¬
modi e di piccoli piaceri, accompagnati da un’o¬
perosità regolare, confortata da un capitale mo¬
desto, ma solido, come i pilastri dei suoi por¬
tici, che dia la sicurezza dell’avvenire. Ma questo
carattere apparente di forino muta tutt’a un
tratto, all’entrare in quella parte della città che
si stende fra via Santa Teresa c piazza Ema¬
nuele Filiberto. Qui la città invecchia improvvi¬
samente di parecchi secoli, si oscura, si stringe,
s’intrica, si fa povera e malinconica. 11 forestiero
che vi capita per la prima volta, ne rimane stu¬
pito, come dalia trasformazione istantanea d’una
scena teatrale. Appena v’è entrato, la città gli
si chiude intorno, intercettandogli la vista da
tutte le parti, ed egli vi resta preso come in un
agguato. Le vie serpeggiano e si spezzano biz¬
zarramente, fiancheggiate da case alte e lugubri,
divise da una striscia di cielo, che s’aprono in
portoni bassi e cavernosi, da cui si vedono cor¬
tili neri, scalette cupe, anditi bui, vicoli senza
uscita, sfondi umidi e tristi di chiostro e di pri¬
gione. Par di essere discesi in una 'forino sot¬
terranea, dove non penetri che una luce riflessa.
E andando avanti verso il Palazzo Municipale,
tutto si fa più stretto, più nero e più vecchio.
Si riesce in crocicchi angusti che ricordano le
scene del Goldoni, dove si spettegola tra la
strada e le finestre, in angoli di viuzze, raccolti
e intimi, in cui pare che tutte le famiglie che
v’abitano debbano far vita comune, come una
tribù di gitani; si vedono dei chiassuoli miste¬
riosi, chiusi fra alti muri senza finestre, d’un
grigio sudicio, coperti di gran macchie diaboli¬
che; e là delle immagini di madonne agli spi¬
goli delle case, delle botteghe di barbiere col
lume acceso di mezzogiorno, dei covi di rigat¬
tieri che paiono imboccature di cantine, degli
alberguggi di villaggio con insegne grottesche,
e cortiletti coperti di tetti ie rustiche, ingombri
di carri di mercanti di campagna; dei caffè, se¬
polcrali, che cuattro avventori riempiscono; e si
gira in mezzo a file di botteguccie che han tutto
fuor dell’uscio, fra odori di formaggi, di scarpe,
d’olii, d’acciughe, in un puzzo di stantìo e di
rinserrato, in una mezza luce di crepuscolo, fra
un va e vieni di gente affaccendata clic si stringe
al muro per lasciar passare carri e carrette che
ingombrano tutta la strada; e si vedono fra quella
gente delle figure che non si ritrovata che là,
delle beghinette incartocciate a cui si domande¬
rebbero i connotati di Carlo Emanuele 111 ; dei
droghieri vecchi come le strade, che han l’aria
di aver militato contro la Spagna, delle mum¬
mie d’orefici secolari, a cui vien voglia di dare
passando la notizia fresca dell’unificazione d'Ita¬
lia. C’è in tutta quella parte di forino un ma¬
lumore d’antica cittaduzza fortificata, una tristezza
di museo archeologico, un tal vecchiume di muri,
di merci, di faccio, d’esalazioni, di tinte, che vien
fatto di guardarsi intorno coll’idea di veder an¬
cora gl’israeliti col nastro giallo al braccio, o di
tender l’orecchio per sentire se la campana del¬
l’antica torre di Dora Grossa sonasse per caso
un’esecuzione capitale o la raccolta del Consi¬
glio decurionale della città. L'illusione si fa più
viva arrivando sulla piazza del Municipio. Da¬
vanti a quel palazzo, giovine di due secoli, ma
d’aspetio già antico, in quella piazzetta raccolta,
affollata di gente della campagna, circondata di
portici ingombri di banchi di mereiaio, attraver¬
sata dalla folla che va al mercato di Porta Pa¬
lazzo, in mezzo alle statue colossali di Carlo Al¬
berto e di Vittorio Emanuele, fra il duca di Ge¬
nova che brandisce la spada e la figura atlet ca
del Conte Verde che atterra i Saraceni, ili fronte
alla via stretta e austera per cui lo sguardo va
diritto al palazzo silenzioso delle antiche Segre¬
terie; si rimane presi così strettamente dalle
memorie e dalle immagini d’un altro tempo, che
par di riviverci e di vedere e di capire fin nelle
sue piti intime cose l’antica capitale del Piemonte,
quella piccola città rude, severa, soldatesca, coc¬
ciuta, che preparò ostinatamente, in silenzio, la
grande lotta, e si cacciò per la prima, a capo
basso, contro il colosso nemico, coll'impeto del
toro da cui ha tolto lo stemma. E si scorda
quasi, stando in quel punto, la bella Torino va-
^ta, gaia, crescente, clic le si allarga intorno da
ogni parte, e par di cadere in un altro mondo,
rientrando improvvisamente in via Dora Crossa,
che spande un torrente d’aria e ili vita nuova
a traverso a quel mondo invecchiato. Come can¬
zoni monotone e tristi che finiscano in una ri¬
sata argentina, tutte quelle vecchie strade che
corrono ila levante a ponente, vanno a riuscire
in istrado spaziose e chiare, sboccano in piazze
e in giardini, conducono ad una nuova Torino
giovanile, attraversata da larghi viali, piena di
verde, ribelle all’antica disciplina architettonica,
dove al gran !e isolato succede la casa geniale,
al grosso pilastro la colonna snella, al terraz¬
zino a ringhiera il terrazzo a balaustri, al giallo
tedioso mille colori ridenti e leggieri; a una
forino regolare e simmetrica, senza monotonia,
che spalanca verso le Alpi la gran bocca di
piazza dello Statuto, come per aspirare a grandi
ondate l’aria sana e vivificante della montagna,
fritta questa parte di Torino riceve un riflesso
particolare di bellezza dalla grande catena al¬
pina che corona l’orizzonte delle sue smisurate
piramidi bianche. Pare che le Alpi mettano nelle
sue piazze e nelle sue strade tranquille il sen¬
timento del silenzio immenso delle loro solitu¬
dini. Da ogni parte spuntano le loro cime: tutto
si profila sulla loro bianchezza; le ultime case
di forino sembrano fabbricate alle loro falde;
in meno d’un’ora pare che si debba arrivare ai
piedi delle prime montagne. Al levar del sole
tutta la grande catena si tinge d’un colore di
rosa leggerissimo, d’una grazia infinita, che im¬
pone quasi il silenzio all’ammirazione, come se
la parola dovesse rompere l’incanto, e far sva¬
nire la visione. Lungo il giorno lo spettacolo
cangia ad ogni ora. A momenti si intravvedono
appena, dietro a un velo ili nebbia, come una
linea misteriosa, i contorni altissimi che paiono
profili di nuvole enormi ed immobili; poi la ca¬
tena immensa passa per tutte le sfumature piìi
fresche e più pompose dell’azzurro, presentando
tutta una tinta unita senz'ombre, che le dà l’ap¬
parenza d’una prodigiosa muraglia verticale e
merlata che separi due mondi. Ora le montagne
appariscono vicinissime, a traverso all’aria lim¬
pida, variate d’infiniti contrasti d’ombra e di
luce, che fanno distinguere nettamente tutte le
creste, tutti i dorsi, tutte le gole, tutti gli sco¬
scendimenti, i pili piccoli rilievi e le più leggiere
ondulazioni dei loro fianchi mostruosi, come si
vedrebbero col telescopio; ora svaniscono quasi
nel chiarore bianco del mezzogiorno, smisurata¬
mente lontane, d’una tinta vaporosa che si con¬
fonde col cielo, e ingannano l’occhio che le cerca
con dei profili fantastici d’altezze soprannaturali,
che si dileguano quando si crede d’averli affer¬
rati. Alle volte si mostrano qua e là a larghi
tratti, come inquadrati negli squarci delle nu¬
vole, dopo un rovescio d’acqua, nette e fresche
sul cielo terso e profondo; altre volte, cinte di
immensi veli bianchi, coronate d’aureole candide,
impennacchiate di nuvolette luminose, che dànno
un aspetto più solenne, con quel sorriso di gra¬
zia passeggierà, alla maestà impassibile della loro
grandezza.
(Continuazione e fine al prossimo numero.)
le ESPOSIZIONI DEL 1911
[32
L’uscita di i Sovrani k dell’Ambasciatore giapponese dopo l’inaugurazione (fot. Abemacar).
L’ARTE GIAPPONESE A ROMA.
X KAKEMONI DEL MTJMUJAMA.
Se io fossi un critico d'arte, nonché un estremo
orientalista, come forse sarebbe doveroso, po¬
trei dirvi molte cose dotte sull’arte giapponese,
sulla tecnica di questi pittori dai nomi trillanti
come voci di uccelli di siepe, sulla storia del¬
l’arte giapponese, sulle sue origini cino-coreane,
sulle sue scuole che sono ben otto, a cominciare
da quella buddica, che introdotta nelle isole
dei crisantemi da alcuni pellegrini nel VI secolo
ebbe nel IX in Kose Kanoaka il capostipite
riconosciuto della pittura nipponica, fino alla
scuola ( kijo-je, il Settecento giapponese, in cui si
maturò la rivoluzione naturalistica naufragante
ai giorni nostri nel divisionismo del Nakagawa
llachir > e del Nakazawa I liromitsu, rappresen¬
tanti della giovine scuola d’oggi e valorosi pit¬
tori, del resto. Scuola, questa ( ’kijo-je , che fu
instaurata da quel celebre Mataei, che è una vera
vergogna non conoscere; e si divise poi in tre
periodi, il primo dei quali fu famoso per l’arte
degli I lishikava e degli I lanabusa; e il secondo
per ( )utamaro, il dolce pittore di donne, caro a
Edmondo De Goncourt; e il terzo per i pittori
di “surimoni,, c porgli umoristi, fra i quali pri¬
meggia Kiosai, allievo di Ivano, pittore di lan¬
terne e gran bevitore al cospetto di Budda, qua¬
lità per cui fu appunto soprannominato shojo che,
come tutti sanno, in giapponese significa lo sbor-
gnato.
Basterebbe la saletta alle cui pareti si alli¬
neano i preziosi kakemoni — kakemono in giap¬
ponese è tutto ciò che pende e si appende, ma
indica particolarmente, più che le pere, gli im¬
piccati, le liti e tutte le altre cose pendole, le
tele e le sete dipinte a scopo di arredamento —
i preziosi kakemoni della mostra retrospettiva
per mettere assieme un corso sufficiente di sto¬
ria dell’arte giapponése ad uso dell’Europa. Quel
Nobuzane, per esempio, che ci dà il ritrattino
del celebre poeta Istomaru seduto in terra in
conversazione con un altro celebre uomo ingiu¬
stamente dimenticato — anzi, quale sarà poi,
fra i due, il poeta? — visse dal 1177 a I 1265, e
fu il ritrattista ufficiale ili Corte, c studiò nella
scuola del pittore l'osa Mitsnnaga. Proprio così.
Il suo vicino Mokuan, che ci fa vedere il buon
santo Kuannon alla cascata, fu prete e discepolo
di Musokuski. Si sente in lui, ed è evidente, la
influenza di quell’arte cinese che egli dovette
studiare allorché si recò in Cina alla corte della
dinastia Ghen. Viceversa uno degli ultimi di
questi retrospettivi, il Sosen, che morì nel 1821,
studiò sotto Yamamoto-'Tengiù, ma dovette la
sua celebrità alle scimmie, nel dipingere le quali
fu, e lo vediamo in questa onesta famigliola che
qui ammiriamo, inimitabile. Le scimmie furono
per Sosen ciò che nel nostro Occidente furono
gli asini per Cesare Pascarella. Jakuschin ci of¬
fre, fresco fresco, dipinto che par vivo, un ma¬
gnifico carpione. Ma è un’eccezione: questo linis¬
simo artista, che dopo aver seguito la scuola di
Ivano si diede con nuovo ardore a ricercare gli
elementi più squisiti dell’antichissima arte cinese,
fu sovratutto un grande pittore di animali do¬
mestici c terrestri, e specialmente di volatili da
pollaio.... E il mio corso di storia dell’arte del
Sole Levante potrebbe continuare.
Ma vedete quanto è facile diventare un dotto
e fare dei dotti; io non ho dovuto far altro che
tirar giù dal suo scaffale un volume della Grande
Encyclopedie c spigolare qua e là alcune notiziole
dal catalogo della Mostra che, all’ingresso, un
cortese suddito di S. M. Mutsuhito distribuiva
largamente agli invitati.
Lasciamo andare, dunque. E giriamo per que¬
ste sale piene d’una chiarezza discreta, guardia¬
mo, godiamo, rassereniamoci in quest’arte sem¬
plice,' lieta, fantasiosa, odorosa, senza preoccu¬
parci di avere o di non avere una coltura in
materia, senza tentar di ripetere ed imparare
questi nomi cinguettanti, che le nostre lingue
occidentali induriscono e sformano. Bisogna sen¬
tirli pronunciare da qualcuno di questi gentilis¬
simi asiatici che sanno fare con tanta signori¬
lità gli onori di casa. Sono deliziosi. Un trillo,
un gorgheggio leggero, una fronda che sussurra,
una foglia che cade, un rivolo che gorgoglia, e
il nome illustre c tutto là. Nella nostra bocca
diventano dei gargarismi. Lasciamoli stare. Non
cerchiamo d’impararli, signore mie: tanto li di¬
menticheremmo subito, e non sapremmo ripe¬
terli nelle nostre lettere c nelle nostre conver¬
sazioni.
Ma fermiamoci a lungo dinanzi ad ognuno di
questi kakemoni , dinanzi a queste poesie di ve¬
rità, viste attraverso un sogno, dipinte attraverso
un sorriso ed un sospiro. Sono cosi minuziose
e pur cosi vaghe, così indefinite, così vive e leg¬
gere, e pur così tenui, così miti, così serene!
La tecnica? E che ve ne importa? Non si
sono mai preoccupati di far della tecnica, co¬
storo: hanno voluto fare della poesia. Quando
hanno cominciato con la tecnica, con quella tec¬
nica che tanto ossessiona gii artisti nostri, hanno
fatto sì dei buoni quadri ad olio, come vedete
nella sala dei modernisti, ma la poesia di quei
pittori di fiori, di uccelli, di animali vari, di cac¬
ciatori, di guerrieri, di belle donnine bambole-
sche e imbambolate, di paesaggi leggeri e velati,
sulla seta o sulla tela, all’acquarello, o al guazzo,
o a non so che, è finita: la dolce sognatrice,
anima del lontano Oriente, si è spenta.
Ricerchiamola in queste altre sale: e ognuno
di questi kakemoni ve la riporterà con una gen¬
tilezza infinita, un po’ triste, un po’ gaia, un po'
spensieiata, un po’ pensierosa, leggiadrissima
sempre. Volete la primavera? Eccovela nel ka¬
kemono del Takashima Ilokkai, che si intitola
appunto “Volpe di notte di primavera,,. La
notte non c’è, o almeno c’è molta luna, perchè
tutto è chiaro come di giorno. Ma c’è la prima¬
vera, con quella volpe fulva che fiuta il vento,
il muso levato verso il ramo dei mandorli fio¬
riti. Non c’è null’altro. Ma che fresco odore di
rugiada, che senso squisito di mille tepidi ri¬
svegli in quella semplice scena! E che tenerezza
nel “Principio di primavera,, del Tsubata, in
quella piccola giapponese che odora e bacia un
fiore di violetta, uno solo, il primo! E che festa,
che rigoglio, che gioia in questo gran cespo di
rododendri rosei, che inghirlandano gli snelli
tronchi dei palmizi nei “Fiori,, del Takashima
Ilokkai !
Eccovi due paraventi: una “Sera sulla spiag¬
gia,, del Kawakita. Gli alberi, le capanne coperte
di stoppia, il villaggio silenzioso sono appena
accennati: il mare non è neppure segnato: po¬
chi tratti precisi come parole e leggeri come
S. M. la Regina f. l Ambasciatore del Giappone (tot. Abeniacar).
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
i 33
carezze. L l’anima della sera, il respiro del ma¬
re, la frescura lieve del vento sono sensibili,
pieni di una infinita melanconica dolcezza in
quelfampio paesaggio su cui sorge il primo chia¬
rore delia luna tonda fra gli alberi scarni e le
brume leggere. Nell’altro di Shoda Kakuya,
“Sera di neve,,, la semplicità è uguale; ma fra
gli alberi e le case infreddolite, e per la bru¬
ghiera su cui scendono minuziosamente i piccoli
fiocchi bianchi portati dall’inverno giù dai monti
su cui s’addensano fosche le nuvole, c’è tutto
il senso della prima neve, il silenzio ovattato
di cui la terra s’involge. Sono specialmente care
ai giapponesi queste ore di silenzio, di attesa,
di stanchezza, questi primi brividi e questi
primi languori e questi abbandoni direi stanchi.
Ricordo un “Dopo la pioggia,, dello Yeguchi
Oshiu; un pittore “ half european style — hall
japanese style „, mi diceva sorridendo, tutto lieto
della mia silenziosa ammirazione, il suo collega
Tanìguchi, uno dei velocissimi e cortesissimi
pittori che hanno donato alle signore un’infinità
di acquarelli improvvisati li per li; un fiore, un
volo d'anitre, un alberello, tutti con la dedica
alla persona, che aveva anche la sorpresa di
vedersi tradotto il proprio nome in caratteri
giapponesi. Credeva forse di aumentarlo nella
mia ammirazione, con quella “ metà di stile eu¬
ropeo,,. Ma io non la vedevo, quantunque certo
vi fosse in quel verde, silenzioso paesaggio,
qualche cosa di nuovo; l'altra metà, quella giap¬
ponese, me lo nascondeva ancora. E che soa¬
vità in queirimmensa distesa, tutta umida della
pioggia recente, ariosa, luminosa, sconfinata!
Null’altro che un vastissimo panorama di prati
bagnati, una linea di monti leggeri leggeri al¬
l’orizzonte, una frotta di anitre bianche in uno
stagno, tre omettini spersi per l’immensa pia¬
nura; e su tutto una dolcezza di riposo, di quiete
infinita, inesprimibile; data da che, con che?
Chi sa! Con un po’di colore, e con l’anima del
poeta: voglio dire del pittore....
E inutile che io continui. Potrei dirvi ancora
come ci si fermi innamorati dinanzi alle lisce
donnine che portano a spasso per i pettinati
giardini o per le sponde dei laghetti di cristallo
il loro immobile sorriso di pupattole leggiadre,
e ripetervi un’infinità di titoli che sembrano versi
e spunti di piccole liriche d’impressionismo sen¬
timentale: “Anitre d’inverno al chiaro di luna,,
— “ Tramonto in un giardino abbandonato „ —
“ Pioggia uggiosa „ — “ Neve sul pino „ — “ Am¬
mirazione in autunno,, — potrei continuare al¬
l’infinito con questa tiritera di impressioni e di
sensazioni. A che scopo? Ciascuno venga ed ab¬
bia le sue. E la casa per sognare, questo grazioso
minnujana roseo e turchino, e tutto può far so¬
gnare. Anche, vedete, una “ Stalla con buoi „
come quella del Tagahashi: fatela fare, se v’ag¬
grada, ad un pittore nostro: vi sentirete anche
l’odore del letame, nella nostra verità occiden¬
tale. Il Tagahashi non è meno verista di noi ;
ma d’un verismo di poesia, che gli fa vedere e
ritrarre una frotta sbarazzina di vitellucci bian¬
chi e biondi che s’affacciano da uno steccato,
un bel topo grigio in un secchio rovesciato, e
sotto lo steccato un gran cespo di ortensie fio¬
rite. Ed è anche questa una vera stalla; ma che
od r di primavera!...
Guelfo Civinini.
R ( ) M A. L A M O S T R A E T N o c. R A P I C A.
1 I. P A D I G L I O N E DE L l’ E M I L 1 A E R O M A G N A (fot. Molinari).
LA PITTURA ALL'ESPOSIZIO
Leon ardo B a z
zaro. - 1 vecchi a Chioggia (Ultimo conforto).
DI BELLE ARTI IN ROMA
Giorgio Bel toni..- Libeccio.
Francesco Gì oli. - La processione del Sabato Santo a Lisa.
TORINO. LO
“5TADIUA,, E I
grandi padiglioni delle nazioni.
(Riproduzione vietata . 1
I ORINO. La imponente cerimonia inaugurale dello
“ Stadie^,,. - La cantata di seimila fanciulli in presenza dei Sovrani.
(Fot. Ubt rtalli <.* F. Morso]in - Succ. A. Ambrosio., Torino).
Il I A I) 1 G L 1 O N E della F ranci a.
Il Padiglione della Germania.
i38
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
La SCENA DEI. “ Don Pasquale „ (atto IV). (Cesare Ferri, scenografo.^
LA /AUSICA A RO/AA NEL 1911.
Abbiamo dunque a Roma, in quest’anno, anche
un’Esposizione musicale in azione.
Veramente, in azione, fra le Mostre romane
ce n’èanche un’altra: quella Regionale di Piazza
d’Armi, in cui i singoli edifìci, caratteristici delle
varie regioni d’Italia (il canale e lo squero di
Venezia, il pezzetto di Santa Lucia a Napoli, la
latteria valdostana, la casa colonica siciliana, ecc.)
saranno tutti animati da persone dei singoli luo¬
ghi, che vestiranno quei costumi, che faranno
quei loro speciali lavori, che parleranno quei dia¬
letti. Un folk-lore cinematografico.... ma vivo —
se fosse lecito di esprimersi così.
Ebbene anche 1’ Esposizione musicale non sarà,
questa volta, una cosa morta, una sala d’archi¬
vio in cui sono raccolti degli spartiti che nes¬
suno legge, nemmeno quelli che saprebbero farlo:
il pubblico savio, frettoloso, ogni giorno rinno-
vantesi, delle grandi Esposizioni, ha altro da fare
che leggere o sfogliare gli spartiti dei grandi
maestri !
Roma vuol presentare invece nel T911 ai suoi
ospiti le opere teatrali dei nostri maggiori com¬
positori, le opere sinfoniche dei più celebri mu¬
sicisti elei mondo nella viva forma di esecuzioni
teatrali ; e completarle con l’offrir successiva¬
mente l’audizione delle massime e più tipiche
organizzazioni orchestrali e corali delle varie na¬
zioni, come l’orchestra Samoureux, quella dei
filarmonici di Vienna, la Liedertafel di Basilea,
la Gewandhaus di Lipsia, il coro del Santo Si-
nodo di Pietroburgo. E ci saranno rappresenta¬
zioni della “Compagnia dei balli russi „ del teatro
imperiale di Pietroburgo e recite dell’ “ Opera
Comique „ di Parigi, che verrà a Roma con tutti
i suoi artisti c i suoi allestimenti.
In verità difficilmente un cultore o un amatore
di musica troverà, non solo in Italia ma all’e¬
stero, una più favorevole occasione musicale di
studio e di diletto insieme!
Poiché l’evoluzione della musica è ora una
questione, come dicono, palpitante d’attualità.
Per entro le varie forme e manifestazioni mu¬
sicali si va cacciando il bistouri del dissettore
anatomico; e chi vi scopre “ l’omogenità indefi¬
nita „ delle forme, chi la loro successiva “ ete¬
rogeneità definita, chi l’integrazione della ma¬
teria „ che diventa centro di trasformazioni
crescenti. Ma in verità tutta questa difficile termi¬
nologia spenceriana serve poco a spiegare i pro¬
cedimenti misteriosi dell’anima musicale, sia in¬
dividuale che collettiva, la quale trova ugual¬
mente la sua naturale manifestazione tanto nelle
primitive nenie funebri dei selvaggi dell'Africa,
quanto nella Nona Sinfonia di Beethoven. È
l’apparizione e la disparizione di date forme, e
le loro successive evoluzioni, sono “ i passaggi „
che è interessante, curioso e istruttivo di stu¬
diare: ma non nel freddo ambiente delle biblio¬
teche e per entro le mute pagine dei libri, ma
innanzi alla viva esecuzione delle manifestazioni
musicali, la sola prova in cui esse diventano ve¬
ramente perfette e comprensibili.
E per questo che è veramente importante
1 ’ « Esposizione musicale,, di Roma, perchè è
una cosa viva, in azione, a tutti accessibile, emi¬
nentemente popolare: e certo la parte di essa
che desterà una curiosità intensa, sarà “lo svolgi¬
mento storico „ del melodramma. Poiché tutto
il ciclo melodrammatico italiano — di questa
nobile c purissima manifestazione del nostro ge¬
nio nazionale — si svolgerà a Roma in questo
anno, a partire dalle sue prime incerte e remote
origini.
E si cominciò dagli Intermedi: al Teatro Ar¬
gentina, come intermezzo alla “Cortigiana,, di
Pietro Aretino (uno dei “ numeri „ del ciclo delle
rappresentazioni drammatiche d’ogni tempo), ver¬
ranno eseguiti quelli scritti da Luca Marenzio,
da Cristoforo Malvezzi, da Emilio del Cavaliere,
da Jacopo Peri, da Giovanni de’ Bardi per le
commedie recitate a Firenze nel 1089 per le
nozze di l'ordinando de’ Medici con Cristina di
Lorena; e come intermezzi all’“ Aminta „ del
Tasso, quelli formanti 1’ “ Orfeo dolente „ di Do¬
menico Belli sul testo poetico del Chiabrera. ■
All'Accademia di Santa Cecilia udiremo le vec¬
chie “ Commedie madrigalesche : „ “ Il cicala-
mento delle donne al mercato „ di Alessandro
Striggio e “ L’Antiparnaso „ di Orazio Vecchi;
e poi assisteremo ai primi albori del melodram¬
ma con alcuni frammenti di “ laudi spirituali vol¬
gari „ con la “ Rappresentazione d’anima e cor¬
po „ di Emilio del Cavaliere, con 1 ’ “ Euridice „
del Peri, con la “Liberazione di Ruggero dal-
l’isola di Alcina „ del Caccini, con la “ Catena
d’Adone „ del Mazzocchi, con la “ Flora „ di
Marco da Pagliano. E udremo saggi dell'antica
opera napoletana, tratti dalle opere del Proven¬
zale, di Leonardo Leo, di Alessandro Scar¬
latti, ecc.
E veramente memoranda, anche per il luogo
suggestivamente magnifico in cui si darà, sarà
l’esecuzione dei famosi “ melodrammi barberi-
niani „ nel grande Salone di Palazzo Barberini;
e sentiremo questa ignorata musica, scritta in¬
torno alla metà del seicento: il “Sant’Alessio,,
del Laudi, 1 ’ “ Erminia sul Giordano „ del Rossi,
il “ Chi soffre speri „ del Mazzocchi, la “ Fiera
di Palestrina „ del Vittori, ed altri.
All’Argentina, il maestro Tebaldini concerterà
e dirigerà un saggio dell’ “ opera veneta „ : “ L’in¬
coronazione di Poppea „, del Monteverdi e il “Gia¬
sone „ del Cavalli: al Quirino avremo una serie
di rappresentazioni, rappresentate cantate e deco¬
rate con intenti di arte pura, delle nostre migliori
opere giocose e semiserie: quelle per le quali
il teatro era ai nostri nonni onesta letizia e sano
divertimento, ristoratore delle fatiche del giorno.
Noi, sia detto tra parentesi, abbiamo fatto del
teatro un’altra cosa, non so se migliore o peg¬
giore — ma certamente un’altra cosa. E si rap¬
presenteranno “ 11 matrimonio segreto „ di Cima-
rosa, “ 11 Socrate immaginario „ del Paisiello,
“ Le Precauzioni „ del Petrella (che gioiello, que¬
sta!), “La Molinarella „ del Piccioni, “L'impre¬
sario in angustie,, del Cimacosa, “la Livietta
e Tracollo „ del Pergolesi.
E finalmente nella grande stagione lirica del
Costanzi, che comprende due cicli di spetta¬
coli, l’uno diretto da Luigi Mancinelli e l’altro
da Arturo Toscanini. Ed ecco opere dei no¬
stri sommi musicisti, scelte tra quelle che non
solo, per varie ragioni, raramente possono es¬
sere rappresentate (e più raramente ancora lo
sono con criteri d’arte), ma che giovano a dare
della produzione dei singoli maestri — dal “ Gu¬
glielmo Teli „ e dal “ Barbiere „ al “ Don Pa¬
squale „ e al " Don Sebastiano „, dal “ Macbeth „
e dalla “ Sonnambula „ al “ Paolo e Francesca „
alla “ Fanciulla del West „ e al “ San Seba¬
stiano „ di D’Annunzio musicato dal Debussy,
un'impressione anche storica, precisa ed effi¬
cace, per ricchezza d’allestimento scenico e per
il valore degli artisti. Non capita spesso infatti
— nè in Italia nè in Europa — di udire in una
sola stagione d’opera (cito, s’intende, a caso o,
forse, secondo le mie personali referenze) artisti
come la Kruceniski, la Darclée, la Fabbri, la
Russ, la Storchio, o come Battistini e De Luca,
e Bonci e Kaschmann e Caruso!
forniamo dunque alle ormai antiche grandi tra¬
dizioni italiane della buona musica bene eseguita?
Sì, torniamo — ma per tornarci ci voleva il
Cinquantenario....
Arturo Calza.
La SCENA DEL Guglielmo Fell „ (atto 111). (G. B. Costantini, scenografo.
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
139
R O M A. L’ E S P O S I Z I O N E M U S I C A L E A L T E A T R () C () S T ANZI.
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GUGLIELMO TELL
GUGLIELMO TELL
GUGLIELMO TELL
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
140
ATTRAVERSO L’ESPOSIZIONE DI TORINO
L’Esposizione, divisa in 26 gruppi, non è sol¬
tanto industriale; essa ha il line di dimostrare
il cammino percorso dalla nazione e dal mondo
civile in ogni ramo dell’attività fisica, intellet¬
tuale, economica e morale.
.Moda, Industrie artistiche, Città Moderna,
Città di Torino.
Chi entra dall’ingresso principale in fondo al
corso Vittorio Emanuele presso il ponte Um¬
berto, trova a sinistra il Palazzo della Moda e
a destra quello delle Industrie artistiche, con la
Mostra della Città Moderna e della Città di Torino.
11 Palazzo della Moda, svelto e grazioso, con
due avancorpi sormontati da cupole dorate, ha
una facciata lunga 60 metri e i 5 oo mq. d’area.
Una galleria centrale con le pareti di cristallo
offre la vista delle sale di un ricco appartamento
mobiliato nei differenti stili e popolato di arti¬
stici mannequin^. Mobili e abbigliamenti sono il
prodotto dell’industria nazionale e mirano ad isti¬
tuire una moda italiana.
Il Palazzo delle Industrie Artistiche, che copre
con gli annessi padiglioni della Città Moderna e
di Torino 8000 mq., è uno dei più belli, vasti c
fastosi edilizi della Mostra. La facciata, decorata
di balaustre, fontane e statue, termina con una
cupola grandiosa alta 40 m. dal suolo, sulla quale
poggia una Vittoria alata. Qui è esposto tutto
ciò che f Italia ha fatto in questo vastissimo
campo. Una parte notevole della Mostra è ri¬
servata al Giappone, che vi presenta i migliori
prodotti delle sue industrie artistiche.
Il padiglione annesso della Città Moderna
(2000 mq.) contiene i progressi raggiunti dalla
convivenza sociale; dall’edilità alla nettezza ur¬
bana, alla illuminazione, al riscaldamento. L’al¬
tro padiglione della Città di Torino (1400 mq.),
elegante, con cupola slanciata, mostra il cam¬
mino percorso dalla capitale del Piemonte dopo
che depose generosamente il serto regale per
cederlo a Roma.
Ungheria, Mostra alpina. Caccia e Pesca.
Dopo pochi passi il visitatore trova sulla si¬
nistra una delle mostre più attraenti c più ca¬
ratteristiche : il Palazzo dell’Ungheria (6000 mq.)
in puro stile magiaro, con alte cuspidi e deco¬
razioni policrome di maiolica. L’interno, addob¬
bato con grande eleganza, offre i prodotti più
svariati, artistici, agricoli ed industriali.
Proseguendo a risalire la riva sinistra del Po
e lasciando sulla destra il Castello del Valentino,
s’incontra il Padiglione del Club Alpino (708nicp).
r. un piccolo villaggio delle alte montagne con
la chiesetta valdostana, un gruppo di casolari e
la piazzetta. Nell’interno: la Mostra delle indu¬
strie montane, l’equipaggiamento per le ascen¬
sioni alpine, i rilievi plastici e i dirami delle Alpi,
e infine i ricordi c le vedute delle esplorazioni
compiute dal duca degli Abruzzi.
In riva al Po sorge la Mostra della Caccia e
Pesca con annesso Acquario ( 65 omq.). Pivi oltre,
in fondo a un viale di abeti, l’Albergo Modello
Alpino, pieno di luce e di comodità, igienico,
economico (lunghezza m. 52 , area 728 mq.), co¬
struito per cura del Touring Club Italiano, che
vi espone Tillustrazione dell’opera propria e l’ar¬
redamento di un albergo modello.
Ponte monumentale, Città di Parigi,
Castello delle Acque.
I na grandiosa scalea di piti rampe conduce
al vastissimo Ponte Monumentale, lungo me¬
tri io 6 . 5 o, a cinque arcate, di legno e di stucco,
adornato di cariatidi e di colonne sormontate
da Vittorie alate. Il ponte ha nel piano inferiore
tre passaggi interni: due laterali che da ampie
finestre ovali guardano sul fiume; una centrale
con tapis roulant. Sulla destra della scalea sorge
l’elegantissimo Padiglione della Città di Parigi,
rievocazione di Versailles, cinto da un vago
giardino che prolunga le sue aiuole fiorite tra
le rampe, della scalea e di là da questa termina
con una fontana e un’esedra a colonne e archi.
II ponte sbocca sulla riva destra in un piaz¬
zale amplissimo, chiuso armonicamente ai Iati
dai palazzi di Francia e di Germania, abbellito
da aiuole e giardini, aperto nel fondo, ove un’al¬
tra grandiosa serie di gradinate conduce a tre
cavalcavia sopra la strada di Monealieri, l’uno
al centro scoperto e gli altri due ai lati coperti
da portici con colonnati, e di qui al piede della
collina. Su questa s’innalza la grande mole del
====■==^3 © ©@ ®
Castello delle Acque, fiancheggiata da due torri
alte 80 metri e formata da tre fontane princi¬
pali, dalle quali l’acqua si precipita con un’impo¬
nente cascata larga 40 metri. Nel centro una
statua colossale simboleggia la Patria; altre sta¬
tue adornano lateralmente sopra e sotto le tic
fontane e il Castello, al quale fa da sfondo la
collina verdeggiante.
La Riva delle Nazioni.
Da questo punto, volgendo a sinistra, e discen¬
dendo il corso del Po, si trova anzitutto il Pa¬
lazzo della Francia, imponente, grandioso, elegan¬
tissimo, che copre rqooomq. sopra un fronte di
193 m. e innalza la cupola ardita a 5 o m. dal suolo.
Se si tiene conto che sull’opposta riva sorgono i
padiglioni delle Colonie francesi, della Città di Pa¬
rigi e della Città di Marsiglia, e se si computa lo
spazio occupato, inoltre, nelle varie gallerie, si ve¬
drà che la Francia copre coi suoi prodotti e con
le sue mostre ben 40 000 mq. di spazio coperto,
oltre ad altri loooomq. di giardini e chioschi.
Segue a valle il Palazzo del Belgio (9000mq.)
con due corpi laterali a portico, collegati a un
corpo centrale a grandi archi sormontati da un
timpano. Scalee con giardini e piazzali, aiuole e
fontane, da questo edificio e dagli attigui digra¬
dano fino alla sponda del fiume tra statue, stuc¬
chi e grandi vasi.
Viene appresso, sempre discendendo il Po, il
Palazzo del Brasile, con un fronte di i 5 o metri
e una superficie di 8000 mq. L’edificio è composto
di parecchi corpi a cupola, collegati da terrazzo,
con un padiglione centrale riccamente decorato.
Il Palazzo dell’America Latina, che contiene,
nell’area di 6000 mq., le mostre del Perù, Vene¬
zuela, Equatore, Cile, Messico, Panama, Guate¬
mala, Costarica, Bolivia e Cuba, con le sue belle
lince architettoniche e le vaghe decorazioni, si
collega artisticamente agli edifici precedenti e
a quello che lo segue, chiudendo, da questo lato,
presso il Ponte Umberto, la riva delle Nazioni.
'l'ale Palazzo è quello dell’Argentina, caratte¬
ristico, imponente.
Risalendo invece dal piazzale del Ponte Mo¬
numentale la riva destra del Po, s’incontrano
altri palazzi delle nazioni che fronteggiano il
fiume sino al ponte Isabella.
Anzitutto il Palazzo di Germania, che sorge
sul lato sud del vastissimo piazzale facendo
riscontro a quello di Francia e sviluppa sulla
riva una fronte di 90001119. Ma altri 3 i 000 mq.
nelle gallerie principali sono destinati alla Mo¬
stra tedesca. Il fastoso edificio è intonato, come
tutti gii altri in generale, allo stile settecente¬
sco, e si compone di un corpo c ntrale a tre
piani, con una cupola alta ni. 46.00 dal suolo sor¬
montata dalla corona imperiale, e di gallerie late¬
rali terminanti in due corpi con frontoni e cupole.
Segue il Palazzo degli Stati Uniti, maestoso
e sobrio ( 5 ooo mq.) con un corpo centrale sor¬
montato da timpano, con nicchie laterali e sta¬
tue, con un portale artistico al quale si uniscono
due corpi laterali a colonnato. Una grande ter¬
razza corre sulla fronte e con ampie gradinate
scende al fiume.
Il Padiglione del Siam (800 mq.) e quello di
Serbia (looomq.) che vengono appresso, ripro¬
ducono l’architettura dei rispettivi paesi. Il pri¬
mo è coperto da grandi tetti policromi e da una
cuspide dorata. Il secondo in stile serbo-bizan¬
tino, è costruito con archi allungati tinti in verde;
la facciata è adorna di policromia. La Serbia con¬
fina col ponte Isabella.
Dal ponte Isabella ripassando sulla sinistra del
Po, e dirigendosi al fianco meridionale del Ca¬
stello del Valentino, s’incontra il Palazzo della
Marina (4000 mq.) con la Mostra di tutto ciò che
concerne la nostra armata, dai modelli delle
grandi corazzate e da un cannone del peso di
56 tonnellate ai particolari del vettovagliamento
e dall’assistenza sanitaria a bordo.
Presso il corso d’Azeglio sorgono la Palazzina
della Comm ssione esecutiva e il Padiglione delle
con la Mostra che
presente, dalla pri¬
mitiva macchina Morse alla telegrafìa Marconi.
Risalendo il corso d’Azeglio fino al limite
meridionale del Parco del Valentino, s’incon¬
trano, collegati da un portico grandioso, che fa
cornice al magnifico monumento del principe
Amedeo, due gruppi vastissimi di edifici, tra i
più belli e piti grandiosi dell’Esposizione.
Poste, Telegrafi e Telefoni
comprende il passato ed i
Anzitutto il Palazzo delle Feste e quello della
Musica, collegati con gallerie alla Mostra del¬
l’Elettricità, a quella delle Meraviglie dell’Elet¬
tricità, al Padiglione del lavoro professionale.
Il Palazzo delle Feste, suntuoso, con grande
portale, decorato da statue, da due quadrighe
e da ricche decorazioni pittoresche, ha nel cen¬
tro il salone dei concerti, od anfiteatro, di 33 m.
di diametro, con ardita cupola alta 56 m. dal
suolo, sostenuta da colonnati. Il Palazzo della
Musica, più semplice, più piccolo, gareggia in
eleganza con quello delle Teste. La Mostra mu¬
sicale, interessantissima, vi occupa 4000 mq.
Sopra 20 000 mq. di arca sorgono appresso la
Mostra dell'Elettricità e quella delle Meraviglie
dell’ Elettricità. La prima comprende tutti gli
apparecchi e le macchine attinenti all’elettricità.
Nel secondo piano è disposta la Mostra del La¬
voro professionale ordinata per cura del Mini¬
stero di Agricoltura.
A sud del monumento del principe Amedeo
sorge il secondo gruppo di grandi edifici tra i
quali prima si offre la immensa galleria delle
macchine in azione, lunga 246 m. larga 80, con
un’area di i6 8oomq. nella quale tutte le nazioni,
oltre l’Italia, e specialmente la Trancia, la Ger¬
mania, l’Inghilterra ed il Belgio, espongono le
loro macchine in movimento. Lo spettacolo è
imponente, magnifico.
L’attiguo Palazzo del Giornale, vasto e gran¬
dioso edificio in cemento armato, che copre
un’arca di 6000 mq. e ha una facciata lunga
io 5 m. con un salone centrale rettangolare alto
23 m., di m. 22X80, coperto da una cupola mae¬
stosa e circondato da portico, sopravviverà al¬
l’Esposizione odierna, cosi come il Castello e il
Borgo medioevale sono rimasti testimoni dei-
fi Esposizione del T884.
Il Palazzo d’Inghilterra, il più vasto tra quelli
delle nazioni è uno dei più ricchi; sorge su
20 000 mq. attorno alla fontana monumentale del
Parco del Valentino, con una fronte curvilinea
a colonne, portici, guglie e cupole, ed è la di¬
mostrazione eloquente della cordiale e larga par¬
tecipazione della nazione britannica alla grande
festa italiana del lavoro e alla commemorazione
del glorioso cinquantenario.
Tra questo colossale gruppo di edifici e il
fiume, sempre nel Parco del Valentino, sorgono
il Padiglione di Russia, imponente e severo, con
colonne doriche e cupola, e il Padiglione di Tur¬
chia di stile orientale-moresco con finestre bifore
ad arco Tudor e pareti policrome. 11 Padiglione
della Manifattura dei tabacchi, con un campicello
sperimentale e una salina in azione, completa
questo gruppo minore di mostre speciali nel¬
l’area del Valentino.
Di là dal corso Dante, tra la sponda del Po
e la cinta daziaria, sorge l’ultimo gruppo di edi¬
fìci sulla riva sinistra del fiume, incontro al
gruppo che, nella località detta Pilonetto, forma
il termine estremo meridionale dell’Esposizione
sulla riva destra.
Iale gruppo comprende: il Padiglione della
Provincia di Torino con la Mostra dì tutti i ser¬
vizi provinciali: ospizi, manicomi, viabilità, fore¬
ste: il Ristorante Popolare (i 5 oomq.) capace di
mille persone; la Mostra della grossa metallurgia
(7400 mq.) ove sono esposti tutti i pezzi dì grossa
fucinatura, alberi di acciaio, ruote dentate, ca¬
priate metalliche, magli, presse idrauliche, ecc. ; la
Mostra ferroviaria (i8ooomq.) ove Francia, Ger¬
mania, Inghilterra c Belgio occupano ciascuna
100 m. di binario e ove, insieme a locomotive,
carri, carrozze, ecc., sono esposti saggi di officine,
abitazioni, stazioni, apparecchi di manovra, ecc.;
la Mostra dei lavori pubblici 1 4300'in q.) con tutto
ciò che si riferisce alle opere e al materiale per
la costruzione di strade ordinarie e ferrate, ca¬
nali, ponti, opere pubbliche in generale, ecc.
Oltrepassato il ponte provvisorio, che parte
dal piazzale dinanzi al Ristorante ^Popolare, si
giunge sulla riva destra agli edifici del Pilonetto,
ci 1 condati e intramezzati da aiuole, giardini e da
un amplissimo piazzale fiorito, e riuniti in un
giuppo immenso che copre un’area di 65 000 mq.
Il ponte provvisorio sbocca dinanzi al grande
coi tile d onore della Mostra degl’italiani all’estero
e delle Industrie manifatturiere, formato dalla fac¬
ciata di questi edifizi collegati da colonnati. At¬
torno al piazzale si svolge un portico lungo 570 m.
con avancorpi. Attraverso le colonne si vedono
1 cortili e gli spaziosi giardini interni. N. B.
50 années trioraphal succés: contre les TOU X usez des Pastilles Marche sini
U X A D ELLE SALE.
/W
Reparto s c o l t u r a.
(Fot. Alemanni.)
L’ammirato nudo dello scultore f’r ascese B e r.
161 3 3 d INOlZISOdS3 3 3
I 4 2
LI*: ESPOSIZIONI DEL 1911
ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE
GRANDI FESTE
RIDVZIONI ECCEZIONALI di VIAGGIO
i
Il nuovo mani fusto per l’Esposizione di Torino
lisegnato da Aldo Mazza e riprodotto dalla tipografia del dottor Chappuis di Bologna.
‘ ' Se io fossi Re !...
TORINO - ROMA - FIRENZE.
(Notti a cor rispondenza.)
11 maggio.
Che cosa io farei se fossi Re non lo dirò qui
subito; ma per far comprendere elio cosa farei
io, se fossi Re, direi che cosa ha fatto il Re in
questi primi dieci giorni di maggio.
Re Vittorio con la regina Elena era a l'orino
(ino dal 29 aprile: i due ultimi giorni di aprile
furono, nella capitale, per i Sovrani due giorni
di incessante fatica. Il i.° maggio, mentre le
masse operaie se ne correvano liberamente alla
campagna, il Re cominciava, alle 8 del mattino,
col recarsi a visitare il nuovo palazzo della
Scuola di guerra eretto
in corso Vinzaglio; poi
andava all’Esposizione a
visitarvi la Mostra Eri¬
trea, che è appena siste¬
mata, e vi passava in rivi¬
sta la bella e caratteristi¬
ca compagnia di soldati
indigeni eritrei (àscari)
comandata dal tenente
Pesenti. Dalla Mostra Eri¬
trea passava alla Mostra
degl’ italiani all’ estero,
parlando con molte e diverse persone; poi alla
Mostra della Società Geografica Italiana, anche
qui intrattenendosi con gli uni e con gli altri;
poi entrava nella Galleria del Ministero per la
Guerra, guidato dal tenente generale Porro a
visitare minutamente tutte le singole stazioni,
tutti i diversi stands , soffermandosi specialmente
a visitare l’ospedale’da campo e l’ambulanza
medica della Croce Rossa italiana, clic ha ivi
allineati tutti i suoi mannequins di cera raffigu¬
ranti ufficiali, infermieri ed anche.... feriti!../
Poi il Re ha dovuto entrare nelle ampie gal¬
lerie della Mostra ferroviaria, tutt’altro che com¬
pleta, soffermandosi a visitarvi la Mostra ferro¬
viaria italiana. Da ultimo è entrato nella Galle¬
ria della Marina, tutto attentamente osservando;
poi alle u è un quarto è salito in automobile
e se ne è ritornato a palazzo.
Quivi ha dovuto accordare varie udienze; dopo
le quali ha potuto prendere anch’egli quel pasto
semplice e consuetudinario che si chiama '‘co¬
lazione „ — poi ha dovuto esaminare varie pro¬
poste di onorificenze da distribuire nella gior¬
nata; e per le i5 ha dovuto trovarsi pronto con
la Regina per intraprendere una nuova spedi¬
zione.
In fatto alle i5.i 5 i sovrani, circondati dai pit¬
toreschi magnati ungheresi, da diplomatici e da
ministri erano all’Esposizione, ad inaugurarvi il
padiglione ungherese — molto bello — e ad
udirvi un discorso in francese. Nella sala della
magnifica città di Buda-Pest eranvi due albmns
deAdsitatori da firmare, e Re e Regina l’hanno
firmato; e nella sezione agricola i sovrani hanno
dovuto bevere una coppa di vino di Tokai, of¬
ferta secondo il tradizionale costume magiaro.
Vuotato il calice fino all’ultima goccia, i so¬
vrani hanno potuto salire per pochi minuti nel
loro automobile per scenderne subito davanti al
meraviglioso padiglione della Città di Parigi,
dove, appena stesi sono stati letificati da tre
brevi ma caldi, si proprio caldi, discorsi augu¬
rali, a cui il Re ha dovuto rispondere ringra¬
ziando; poi si sono avviati ad esaminare tutta
la Mostra francese, mentre una musica nascosta
perseguitava i sovrani col suono della marcia
reale.
Passata la Francia, ecco la volta della Germa-
nia, — subito al di là del Ponte Monumentale,
che i sovrani hanno attraversato a piedi. Anche
nel severo e grandioso Padiglione della Germa¬
nia due discorsi. Poi accontentata la Germania,
inaugurazione solenne della Regia Marina Ita¬
liana, ascoltando le spiegazioni di un gruppo di
nostri ufficiali del Genio Navale.
Erano quasi le 18, quando il Re Vittorio e la
Regina Elena rientravano a palazzo reale ; atte¬
sivi da personaggi che avevano ancora qualche
cosa da dire. Eppure dovevano abbisognare di
un poco di riposo, di quiete. E il pranzo di fa¬
miglia?... E dopo il pranzo di famiglia, la toilcUc
per il ballo. Sicuro, perchè vi era gran ballo al
Circolo degli Artisti, ed i Sovrani hanno dovuto
intervenirvi in forma solenne, arrivandovi alle
22 precise, uscendone alle 23. io, e recandosi di¬
rettamente alla stazione di Porta Nuova, dove li
attendeva il treno reale, che dopo dicci minuti
filava per Roma.
Per tutto riposo, una notte in treno — per
quanto treno speciale e reale!...
Viaggiare in treno reale deve essere un viag¬
giare ideale, ma è sempre viaggiare, ed il suo
tempo ci vuole. Il treno reale arrivava a Roma
alle i5.3o del 3: l’arrivo fu in forma privatis¬
sima — cioè alla stazione non c’era tutto il
mondo ufficiale, ma un certo gruppo di perso¬
naggi, coi quali i Sovrani hanno dovuto intrat¬
tenersi, non mancava. E i giornalisti notarono
che la Regina pareva un poco stanca per il viag¬
gio. Ma le fatiche non sono finite. |
Il 4, nella mattina il Re —-soltanto il Re questa
volta — ha dovuto recarsi in Campidoglio, sul
Sacro Monte, nella cento volte veduta sala degli
Grazi e Curiazi ad inaugurarvi il Congresso in¬
ternazionale della Stampa, e ad ascoltarvi tre
discorsi solenni — di Luigi Luzzatti, di Guglielmo
Singer, direttore del Wiener Tagblatt e presi¬
dente dell’ufficio internazionale della Stampa, e
‘del sindaco Ernesto Nathan. Dopo i discorsi,
congratulazioni e strette di mano reali.
Il giorno 5 non vi fu a Roma nessuna ceri¬
monia pubblica, ma non si creda che il Re e la
Regina, anche nel limite della loro vita consueta,
non abbiano avute varie e molteplici occupa¬
zioni.
Il 6 di buon mattino la Regina Elena ha ac¬
compagnate le principessine Jolanda c Mafalda
ed il principino Umberto a Valle Giulia a visi¬
tarvi per quasi due ore le mostre artistiche
giapponese e cinese. Poche ore dopo la Regina
Elena ha dovuto intervenire col Re a Castel
Sant’Angelo all'inaugurazione di una esposizione
originalissima detta della “ Vita degli stranieri
a Roma „. La città eterna è sempre stata, nei
secoli, la città prediletta dagli stranieri, e in
questa mostra è raccolto tutto quanto può illu¬
strare il soggiorno in Roma degli stranieri illu
stri, dal cardinale di Polignac a Napoleone I....
che non fu mai a Roma!... I Sovrani hanno pas¬
sato in questa mostra curiosissima un paio d’ore.
Poi nel pomeriggio hanno avuto il loro da fare
a Palazzo, essendovi nei bellissimi giardini del
Quirinale la garden party offerta da loro a 4800
invitati per onorare i congressisti della Stampa.
Dopo quattro ore di ricevimenti, di conver¬
sazioni mutevolissime, di frastuono si ha il di¬
ritto di essere stanchi; ma questo non è un di¬
ritto da sovrani. In fatto, dopo mezzanotte il
Re e la Regina hanno dovuto recarsi in stazione
e partire, nel loro treno per Firenze, dove sono
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI - Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO MEMBRO DELLA GIURIA
LE ESPOSIZIONI DEL 191 i
T O R I N O. IL P A I) I G L I O N E I) E L L A R USSI A.
143
Liberando la caratteristica facciata dalle ultime impalcature (disegno di L. Bompard).
Conte ili Bolon^hera Conte Delfino Or.si S. E. Calissano Jean l'arròrc
Scgr t. Gener. del Comitato. Diretta Gazzella del Popolo. Min. Foste e Tel, del Figaro
TORINO. I Giornalisti italiani e esteri intervenuti al banchetto offerto dai. Comitato dell’Esposizione (fot. Pomari).
arrivati alio 9.30 del mattino del 7, cominciando
immediatamente altri cerimoniali e ricevimenti,
<• recandosi in forma ufficiale sulla verde, amena
collina che scende in Mugnone ad inaugurarvi
la deliziosa Esposizione Internazionale di Fiori
e di Erutta.... benedetta da Dio con una pioggia
incessante.
Appena due ore sono state accordate ai So¬
vrani per asciugarsi dalla pioggia e fare un poco
di colazione. Alle 14.30 hanno dovuto visitare,
trattenendosi piuttosto lungamente, l’istituto fo¬
toterapico del professor Pelizzari; poi il Re si
e recato alla Biblioteca Laurenziana, mentre la
Regina visitava l'ospedaletto pediatrico Mayer ;
e dopo, entrambi sono intervenuti alle Cascine
alle corse al galoppo. Ere ore appena, hanno
essi avute disponibili per il pranzo e per fare la
toeletta della sera, poi subito dopo eccoli alla
serata di gala al Politeama Nazionale, di dove
si sono ritirati — e dovevano averne desiderio
— alle 23 !...
Altra giornata campale l’8 maggio: dalle 9
alle 1 1 cerimonia nel secondo chiostro di Santa
Croce per il collocamento della prima pietra
della grande Biblioteca Centrale Nazionale, con
audizione di due discorsi; nel pomeriggio visita
al palazzo Davanzati, poi alla mostra retrospet¬
tiva di Belle Arti, poi al campo di aviazione;
poi la sera dalle 22.3o a quasi mezzanotte in¬
tervento al gran ballo al Casino Borghese.
11 9, dopo inevitabili udienze mattutine del
Re, visita dei Sovrani dalle 10 a quasi mezzo¬
giorno, alla Mostra del Ritratto a Palazzo Vec¬
chio, previo discorso — breve e garbato — del
sindaco Corsini; alle i 3 la Regina si è recata a
visitare il patronato delle giovani operaie, ed il
Re alla Galleria degli Uffizi, poi la Regina ha
tenuto circolo a Palazzo Pitti, olfrendo il le a
moltissime dame. Alle 18 da Palazzo Pitti i So¬
vrani si sono recati alla stazione, mentre dal¬
l'alto nello spazio salutavali il dirigibile Au¬
sonia bis, di Nico Piccoli e Celestino Usuelli.
A mezzanotte i Sovrani — goduto il pranzo
di famiglia nel loro treno - arrivavano a Roma,
e, se Dio vuole, a quell’ora non vi era nessun
altro ricevimento!...
E così non vi pare giusto che io esclami: “Ah!
se tossi Re.... „ abolirei tutte le cerimonie e le
rappresentazioni, dando, forse, il maggior dolore,
agli amatissimi sudditi!...
Giorino.
Il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
i maggio - Torino. Inaugurati dal Re il Padiglione Un¬
gherese, quello della Città di Parigi, il Palazzo Te¬
desco, il Villaggio Alpino, la Mostra della Marina.
» Inaugurata la Mostra Svizzera delle Macchine Elet¬
triche; ed il Congresso degli Ingegneri.
„ „ Tonni. Ritornati i Sovrani da Torino.
4 « — In Campidoglio, presente il Re, con discorsi di'
Luigi Luzzatti, di Paolo Singer e di Nathan, inaugu¬
rato il Congresso Internazionale della Stampa.
„ „ Ialino. Nel teatro dei Salesiani in Valdocco inaugu¬
rato il Congresso degli studenti cattolici.
» ii Inaugurata la Mostra temporanea degli animali ila
cortile.
ó „ Tonta. Gita del Congresso dei Giornalisti a Frascati.
» 11 lonno. Al Congresso degli allievi ingegneri solenne
commemorazione di Galileo Ferraris.
6 „ Roma. Al Concorso Ippico chiusa la gara del cavallo
d’Arme con la vittoria del cavallo " Camerata „ del
tenente Lacava montato dal tenente Ubertalli, die
vince la coppa donata dall’imperatore Francesco Giu¬
seppe.
6 maggio - Roma. 11 Re in Castel Sant’Angelo inaugura l i
Mostra della “ Vita degli stranieri a Roma „. Nel pomerig¬
gio nei Giardini del Quirinale garden party offerta dal Re
al Congresso
Internazionale i
della Stampa.
7 „ Firenze. Sulla
collina c li e
scende in Mu¬
gnone inaugu¬
ra t a d a i So¬
vrani la Mostra
Internazionale
di Floricoltura
e di Frutticol¬
tura.
8 „ — I Sovrani
nel secondo
chiostro di
Santa Croce
pongon la pri¬
ma pietra del- !
la nuova Bi- \
blioteca Cen¬
trale Naziona¬
le, progetto
dell’ architetto
Bazzani
„ „ Roma. Sulla
nave Romana
all’ Esposizio¬
ne in Piazza
d’Armi ban¬
chetto di chiu¬
sura del Con¬
gresso Interna¬
zionale dell a
Stampa.
UNICO AL
VMONDO
MARASCHINO
LUXARDO!
Edmondo De Amicis
SPER ANZE e G LORIE
LE TRE CAPITALI
DUE LIRE (TORINO - FIRENZE - ROMA) DUE LIRE
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12 ; E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 64-66-68.
Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza.
FASCICOLO io.'
LE ESPOSIZIONI DEL tqi i
r 4 5
R () M A. L I N A U G U R AZI O N E 1) E L RADI G L I O N E R U S S O A V I G N A C A R T O N I
March, di San Giuliano.
Conto di San Martino.
0?)w5f>2;
* 3 *
flyWU v i
» <^>rv^ ^7
(Riproduzione vietata.»
I Sovrani con i Gran duchi visitano il Padiglione (disegno di A. Moiinari).
T 46
LE E S F O S I Z I O N I DEL 1911
Il corteo reale, col Re e la Granduchessa Paulowna,
il Granduca Boris e la Regina, inaugurano il Padiglione Russo (fot. Molina»).
Il Congresso Internazionale della Stampa,
È stato chiamato il congresso dei congressi,
il congressissimo per eccellenza. Anche a pre¬
scindere dalle questioni professionali che vi fu¬
rono trattate — le quali non interessano la grande
massa del pubblico e mediocremente i giorna¬
listi, più pensosi delle cose altrui che delle pro¬
prie — il XV. 0 Congresso internazionale delle
Associazioni di Stampa inaugurato ai primi di
maggio a Roma, nel salone degli Grazi e Cu-
riazi in Campidoglio, alla presenza del Re d’Ita¬
lia e delle piti alte cariche dello Stato, per il
numero dei convenuti appartenenti a tutte le
nazionalità, a tutte le razze, a tutte le tendenze
religiose e politiche, per le svariate manifesta¬
zioni cui diede luogo, per la sua durata, per il
carattere assunto nella sua seconda fase in cui
si è trasformato in un pellegrinaggio di amore
e dì devozione attraverso le principali contrade
d’Italia, ha acquistato un’importanza e un signi¬
ficato speciali che vennero rilevati da tutti i
principali organi d’oltr’Alpe e d’oltre mare.
Un Congresso internazionale della Stampa, il
sesto, era già stato tenuto a Roma nel 1899,
mentre presiedeva alle sorti dell’Associazione
della Stampa Italiana il compianto on. Bonfadini;
ma in quell’occasione il convegno di tanti “prin¬
cipi dell’opinione pubblica „, come l’on. Luzzatti
ha chiamato un po’ madrigalescamente i giorna¬
listi nel suo discorso inaugurale in Campidoglio,
non poteva rivestire l’importanza del congresso
tenuto in un’epoca come questa, che tutti vo¬
gliamo consacrata ai ricordi più solenni della
patria e alle speranze più radiose. Giacché i
giornalisti calati di questi giorni dalle diverse
parti d’Europa, e alcuni anche dall’America e
dall’Asia, si sono raccolti nell’Urbe e han visi¬
tato Napoli incantevole, Eirenze gentile, Torino
industriosa e altri centri d’Italia, non soltanto
per discutere i loro interessi e per altre ragioni
professionali, ma per riconoscere e proclamare
il meraviglioso fenomeno di una nazione gagliar¬
damente rifatta in cinquantanni di vita politica.
Questi periodici convegni, promossi da quasi
quattro lustri dall’ “ Union Internationale des As*
sociations de Eresse „, collo stringere sempre
più i legami di amicizia c di simpatia fra rap¬
presentanti di diverse nazioni, finiscono coll’ap-
portare a risultati pratici, cui non sempre per¬
vengono gli ufficiali convegni diplomatici.
Opportunamente l’on. Barzilai, presidente del¬
l’Associazione della Stampa Italiana e della Fe¬
derazione nazionale tra le Associazioni giornali¬
stiche, nel suo eloquente discorso di chiusura
del congresso, osservò che sopra i protocolli
del ministro degli esteri e gli affusti del mini¬
stro della guerra i giornalisti possono tenere,
mercè le pagine di carta stampata, le sorti della
pace e della guerra, della giustizia e dell'ingiustizia,
della fratellanza e della discordia dei popoli. E
nello stesso senso si espressero nei loro discorsi
il ministro on. Di San Giuliano, l’on. Luzzatti e
Guglielmo Singer, il venerato presidente del-
1 ’ “ Union internationale de la Presse „ e presi¬
dente del congresso.
Si deve principalmente al Singer, direttore della
Neues Wiener Tagblatt, l’autorevole giornale vien¬
nese costante amico dell’Italia, se la grande as¬
sociazione giornalistica internazionale da lui pre¬
sieduta, tiene raccolte le file dei giornalisti di
tutto il mondo, promuovendo quasi ogni anno
importanti convegni, in cui va ognor più affer¬
mandosi il sentimento di solidarietà fra elementi
i quali — pur mantenendo fede a principi di¬
versi — esercitano collo stesso fervore la tanto
temuta e calunniata professione del giornalismo.
Il Singer, il quale è un oratore fine, amabilissimo,
pieno di tatto squisito, in uno dei suoi discorsi te¬
nuti a Roma volle ricordare che il primo statuto
del grande sodalizio internazionale fu abbozzato
da Eugenio Torelli-Viollier, il primo direttore-
proprietario del “ Corriere della Sera „. Di fatti
il Torelli-Viollier, che ricordiamo di aver avuto
collega autorevole per vari anni nei consigli di¬
rettivi dell’Associazione Lombarda dei Giorna¬
listi, fu uno degli assertori più tenaci e convinti
del principio di organizzazione e di solidarietà
professionale. E ricordiamo anche che agli inizi
della sua propaganda per la costituzione di una
grande Federazione Giornalistica Internazionale,
dovette lottare contro la diffidenza e lo scetti¬
cismo di molti colleglli, cui sembrava utopistica
la realizzazione del progetto da lui vagheggiato.
In omaggio alla verità-storica dobbiamo però
rilevare che precursori dell'idea poi in gran parte
attuata dal 1 orelli-Viollier furono due giorna¬
listi belgi, Goaemare de Kayser e Savino Flainz-
man. Fu precisamente nel 1892, in occasione del¬
l'Esposizione di Anversa, che questi due gior¬
nalisti pensarono di federare le Associazioni di
Stampa mediante un Comitato internazionale.
L’idea sembrò allora prematura, e fu solamente
alla successiva riunione di Londra, presieduta
da Emilio Zola, che fu deciso il primo congresso
delle associazioni di stampa tenuto poi ad An¬
versa.
Gettate le basi dell’iniziativa, Guglielmo Singer,
coadiuvato da \ ictor Taunay, l’operosissimo se¬
gretario generale del “ Bureau Central de la
Presse „, e da altri volenterosi, col suo senso
pratico, il suo tatto e la sua energia riuscì a
dare consistenza e a far prosperare il grande
sodalizio, raccogliendo sempre nuove adesioni.
Al congresso di Anversa seguirono i congressi
di Budapest, di Stoccolma, di Lisbona ed" altri
in altri centri d’Europa, e negli ultimi anni quelli
di Bordeaux, di Berlino, di Londra.
I soci federati sono ora complessivamente quin¬
dicimila, dei quali circa millecinquecento italiani.
I nostri delegati presso il Consiglio direttivo
dell’Unione sono i colleghi Ottorino Raimondi
e Vittorio \ ettori. L’ “ Union Internationale de
la Presse „ ha anche il suo bravo tesoriere, lo
Schweitzer, redattore, se non erro, della Frank¬
furter Zeitung : egli non si limita ad ammini¬
strare le finanze dell’ente, ma prende parte viva
ai congressi con relazioni e discorsi, nonché ai
banchetti con brindisi in tedesco accolti da al¬
tissimi hoch ! hoch!
I lavori del congresso, tenuti nell’ampia e fa¬
stosa sala dell’Associazione della Stampa Ita¬
liana, in piazza Colonna, furono esauriti in tre
o quattro sedute nè lunghe nè faticose. Eppure,
a giudizio anche di esperimentati habitnes di
congressi internazionali, il congresso di Roma
fu uno dei più laboriosi. Non oserei dire però
che riuscì molto conclusivo. Del resto, in tutti i
congressi in generale e in quelli internazionali
in particolare basta porre dei principi che de¬
vono poi essere raccolti ed elaborati da speciali
organi competenti.
Si discusse dell’abolizione del “ foro ambu¬
lante „ e del “ segreto professionale „ dei gior¬
nalisti, del duello fra giornalisti per questioni
di stampa e del duello nei rapporti dei tribu¬
nali arbitrali professionali, del funzionamento dei
Collegi dei probiviri nel giornalismo e dello svi¬
luppo degli istituti di previdenza a favore dei
giornalisti.
Sul funzionamento dei probiviri ha presentato
una lucida relazione Andrea Cantalupi, il dotto
giornalista-giurista, che nella materia si è fatta
una speciale competenza.
Circa la previdenza vennero avanzati molti
progetti fra i quali quello di una grande Cassa
federale internazionale. In materia di previdenza
qualche cosa si comincia a fare anche in Italia:
oltre la Cassa Pia dell’Associazione della Stampa
Italiana, che ha un patrimonio di oltre un mi¬
lione e mezzo, e la Cassa Pia dell’Associazione
della Stampa Subalpina, la quale ha cominciato
a funzionare di recente dando al suo primo pen¬
sionato 1200 lire annue, stanno sorgendo, mercè
l’iniziativa della Federazione tra le Associazioni
Giornalistiche italiane, una decina di altre casse
di previdenza a favore dei giornalisti. Ma siamo
ancora lontani dai risultati ottenuti in Austria e
in Germania, dove i giornalisti, agitando la ban¬
diera della mutualità, sono riusciti ad assicurarsi
una vecchiezza tranquilla e serena.
Non credo di calunniare i miei colleglli affer¬
mando che mentre ai lavori del congresso il nu¬
mero dei giornalisti era limitato, a tutte le altre
manifestazioni del programma organizzato da
una speciale Commissione Esecutiva — ricevi¬
menti, banchetti, serata di gala, gite, ecc. — i
congressisti erano quasi sempre alt grand com¬
piet. 11 segretario generale del Comitato ordi¬
natore del Congresso, l’onorevole Enrico Buo-
nanno — un collega precipitato, come parecchi
altri, nell’aula di Montecitorio dalla tribuna della
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
i47
R O M A. I Congressisti della Stamp a (schizzi di G. Biàdene).
stampa — doveva premunirsi in tutti i modi
contro gli assalti e le richieste di biglietti d'in¬
vito da parte di congressisti autentici e anche
di congressisti improvvisati. Poiché niente è più
facile della professione di congressista: poeta
si nasce, .congressista si diventa da un minuto
all’altro.
Le sale dell'Associazione della Stampa furono
animate per parecchi giorni da una folla cosmo¬
polita che faceva ressa agli sportelli dell'ufficio
postale-telegrafico e a quello dei reinsegnemcnls,
impiantati appositamente per iniziativa di Giulio
Norsa e in cui lo stesso Norsa, Gustavo Nesti,
Vettori, Raimondi, De Fiori ed altri colleghi fa¬
cevano per turno i postelegrafici, gli interpreti
e.... i fattorini.
A quale spirito di abnegazione conduce la so¬
lidarietà di classe!
Le onoranze ai congressisti — cui contribuì
il governo anche con opportune concessioni spe¬
ciali — riuscirono veramente sontuose. Oltre a
ricevimenti e a serata di gala, i congressisti fu¬
rono invitati anche a una gar-den party ne.\ Giar¬
dini del Quirinale: Re Vittorio, spirito acuto e
sagace, volle attestare con questa manifestazione
la sua deferenza alla stampa, questa sovrana del
mondo moderno.
Meravigliosamente fantastico il banchetto sulla
Nave Romana sorta per incanto a Piazza d’Armi ;
al quale assistettero circa settecento commen¬
sali; alla tavola d’onore sedevano sette ministri
e quattro sottosegretari: l’on. Barzilai, che si
trovava nel mezzo, sembrava funzionare da pre¬
sidente del Consiglio. 1 Non mancava che l'onore¬
vole Marcora munito di campanello, e l'illusione di
una Camera di deputati con relative suffragette
— giacché erano presenti anche molte signore —
poteva dirsi completa.
Finito il congresso a Roma, i congressisti si re¬
carono a.Napoli, a Firenze, a Torino : dovunque
i “ principi dell’opinione pubblica „ hanno avuto
accoglienze regali. Giovanni Biàdene.
148
LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 1 1
DESCRI T T A 1) A
TORINO
E. De Amicis
—"^>[o]l«][sK? t:
Veduta del Monte dei Cappuccini (fot. Pedrini).
(Continuazione e fine.1
Ma lo spettacolo, sempre bellissimo, è me¬
raviglioso verso sera, quando la luce calda
del tramonto retrocede di altura in altura, e
tutte le terribili punte si disegnano a contorni
bruni sul cielo purpureo, come le guglie d’una
città favolosa sullo splendore d’un incendio, e
quando tutto il grande cerchio delle montagne
essendo già immerso nell’ombra, il monte Rosa
solitario brilla ancora della sua bella luce rosata,
come se vi battesse il raggio d’un altro sole, c
le sue cime gloriose fossero privilegiate d’un’au¬
rora eterna. Il forestiero deve cogliere quel mo¬
mento, quando è tutto compreso della bellezza
formidabile delle Alpi, e di quel sentimento af¬
fettuoso e triste che si prova ai confini della
patria, per procurarsi uno dei più piacevoli ef¬
fetti di contrasto che presenta forino. Deve sa¬
lire in una carrozza, e farsi condurre rapida¬
mente, per la via più diritta, sulla riva sinistra
del Po. Là era il poema, qui è l'idillio, davanti
al quale il pensiero, che già vagava al di là delle
Alpi, ritorna tutto verso f Italia. E un paesag¬
gio tutto verde, pieno di grazia, e un po’ tea¬
trale, tanto ogni sua parte è in vista, si mostra,
si porge quasi allo sguardo, e par che tradisca
f intenzione d'un artista, più che l’opera della
natura. Le colline schierate sulla sponda oppo¬
sta, s’avanzano sul fiume, si ritirano, si dispon¬
gono ad anfiteatro, si risospingono innanzi, s’in¬
nalzano le une sulle altre, a curve leggiere e
gentili, che si fanno accompagnare con uno
sguardo carezzevole e con un atto di consenso
del capo: coperte di vigneti, ombreggiate di bo¬
schetti di pini, sparse di case e di ville, non
tanto fitte da toglier loro la grazia della solitu¬
dine campestre; simili qua e là nella vegetazione
e nelle forme a certi tratti delle colline del Bo¬
sforo e del Reno. Una schiera di case da vil¬
laggio si stende lungo la riva; da una parte il
Castello del Valentino specchia nelle acque le
sue mura severe e i suoi tetti acuti, e il fiume
s’allunga fra due sponde romite, che si curvano
in mille piccoli seni folti di salici e d’ontani;
dalla parte opposta il paesaggio s’apre in una
grande chiarezza, e s’alza in disparte a grandi
curve riposate e superbe, la collina di Superga,
coronata della sua Basilica solitaria, accesa dal
sole. Lo strepito d’un molino, il mormorio d’una
cascatella del fiume e le voci delle lavandaie
inginocchiate lungo le sponde, sono i soli rumori
che turbino il silenzio di quel vasto giardino
pieno di gentilezza e di pace, dinanzi al quale
il più prosaico Prudhomme torinese si arresta,
ammirando. E il vecchio Po, largo c lento, spande
in mezzo a quella gentilezza la poesia guerriera
dei suoi ricordi e delle sue glorie.
Ma non ha visto Torino chi non ha visto i
suoi sobborghi, ciascuno dei quali ha un carat¬
tere suo proprio, non abbastanza osservato, forse,
neppure dagli stessi Torinesi. C’è da fare un
giro curiosissimo, partendo da San Salvario, e
andando su per l’antica Piazza d’Armi e per il
Borgo San Donato, fino a Borgo Dora. Il Borgo
San Salvario è una specie di piccola city di 'fo¬
rino, dalle grandi case annerite, velato dai nu¬
voli di fumo della grande stazione della strada
ferrata, che lo riempie tutto del suo respiro af¬
fannoso, del frastuono metallico della sua vita
rude, affrettata e senza riposo; una piccola città
a parte, giovane di trentanni, operosa, formi¬
colante di operai lordi di polvere di carbone e
di impiegati accigliati, che attraversano le strade
a passi frettolosi, fra lo scalpitìo dei cavalli co¬
lossali e lo strepito dei carri carichi di merci
che fan tintinnare i vetri, barcollando fra gli
omnibus, i^ tramvai e le carrette, sul ciottolato
sonoro. L aspetto del sobborgo è ancora tori¬
nese, ma arieggia la “ barriera „ di Parigi. I
portici sono affollati di gente affaccendata, che
si disputa lo spazio; le scale delle case risuo¬
nano di passi precipitosi ; nei caffè si parla d’af¬
fari; tutto dà l’indizio d’una vita più concitata
che nelle altre parti di Torino. E una piccola
Torino in biouse, che si leva di buon’ora, e la¬
vora coll’orologio alla mano, senza perdere tem¬
po; che frequenta il teatro Balbo, passeggia sul
Corso del Re e va a prendere la tazza al caffè
Ligure, allegra e chiassosa la sera, democratica,
un po’ rozza, .piena di buone speranze, ariosa e
pulita, un po’ affaticata, ma che par contenta di
sè, in mezzo alla verzura e ai larghi viali che le
fanno corona, davanti alla stazione che l’assorda
coi suoi fragori e i suoi sbuffi di gigantesca of¬
ficina.
Di là andando su per il Corso Vittorio Ema¬
nuele, si arriva nella vecchia Piazza d’Armi, in
mezzo a una cittadina nata ieri, a una specie di
giardino architettonico, pittorescamente disordi¬
nato, dove ogni settimana sboccia una casa;
dove si ritrova l 'Hotel dei Campi Elisi, la palaz¬
zina del Viale dei Colli, la villetta genovese, il
casino svizzero, un vero visibilio di capricci sfar¬
zosi, ognuno dei quali par la protesta d’una bella
signora contro l’antica tirannia dell’architettura
regolamentare. Le strade strette e discrete, in
cui il silenzio non è interrotto che raramente
dal rumore di qualche carrozza privata, si bifor¬
cano e serpeggiano fra i muri variopinti e le
cancellate eleganti dei giardini, girando intorno
alle case mute in curve rispettose e cortesi, e
formando dei crocicchi simpatici, da cui si ve¬
dono qua e là spicchi obliqui di villette lontane,
terrazze a balaustri, piccoli portici, giardinetti
d’inverno coperti di vetrate, padiglioncini e chio-
schetti coloriti; dietro ai quali appaiono e dispa¬
iono livree di cocchieri e cuffiette bianche di
governanti. Si dimenticherebbe di essere a To¬
rino, se tutti quei tetti acuti, quei cornicioni
frangiati, quei camini di forme graziose e biz¬
zarre, non si disegnassero sulla bianchezza delle
Alpi. ^ un quartiere ridente, misto di città e di
campagna, pieno di fragranze d’erbe e di fiori,
con un leggero color di mistero, un po’ femmi¬
neo, che fa venir sulle labbra dei versi di Al¬
fredo de Musset, e sveglia mille fantasie volut-
50 années triomphal suecés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
49
diose di amori aristocratici, di scalette di seta
e di duelli all’ultimo sangue nel silenzio dei giar¬
dinetti chiusi, al chiarore della luna. I giovani
romanzieri di I orino si serviranno largamente,
senza dubbio, nei loro romanzi avvenire, di que¬
sta piccola città pomposa e gentile; e intanto
essa s allarga rapidamente, e si popola da ogni
parte, aspettando il Re gigantesco destinato a
torreggiare sulle sue case.
Poco lontano di là, girando a destra, tutto
cambia: s’entra in una città militare. L’Arsenale,
i Magazzini di Artiglieria, il Laboratorio pirotec¬
nico, 1 Opificio militare meccanico, la Cittadella,
la grande Caserma della Cernaia, si stendono in
una lunga catena da piazza Solferino a piazza
San Martino, e dànno a quella parte della città
un aspetto tutto soldatesco, completato dai tre
monumenti guerreschi del Duca di Genova, di
Alessandro Lamarmora e di Pietro Micca, che
brandiscono le spade e la miccia. Qui a certe
ore del giorno par d'essere in una città forte,
in tempo di guerra. 1 coscritti fanno l'esercizio
sui viali e sulla piazza Venezia, per le stranie
passano i picchetti di guardia, i carri dei viveri
e le vetture d'ambulanza, passano ordinanze del
treno a cavallo e ordinanze di fanteria coi bimbi
degli ufficiali per mano; escono frotte di cara¬
binieri dalla Cittadella, stormi d'ufficiali dalla
Scuola d'equitazione, sciami d'operaie dagli opi¬
fìci militari; e qualche volta, mentre l’Arsenale
d’artiglieria riempie le strade vicine dei suoi ru¬
mori minacciosi, dal Laboratorio pirotecnico si
sentono delle detonazioni, la Caserma della Ccr-
naia echeggia di canti e squilli di tromba, le
bande dei reggimenti passano suonando, e le
macchine a vapore del genio militare percorrono
le strade, facendo tremare le case. Compiscono
il quadro i vecchi ufficiali giubilati che leggono
la gazzetta all’ombra dei platani, e le lunghe
processioni di figlie di militari, vestite di nero
e d’azzurro, che passano sui viali, in doppia fila,
per ordine di statura. Tutto quel quartiere di
Forino piglia colore dall’esercito. Sotto i portici
ci son le piccole trattorie che tengon pensione,
affollate d'ufficiali verso rimbrunire, camere mo¬
biliate e libere ai mezzanini, gran quadri di fo¬
tografi, pieni di militari puliti e lustri, voltati
tutti dì prospetto, piccoli banchi di merciaiuoli,
dove il soldato va a comprare lo specchietto, la
pipa, il foglio di carta da lettera e la matassina
di filo, e pilastri tappezzati di giornali popolari
illustrati, per ingannare il tempo nel corpo di
guardia e nella stanza di picchetto. La popola¬
zione ha pure il suo carattere speciale. La gente
di bottega conosce i segnali delle trombe e gli
orarii, le erbivendolo parlano di "traslocazioni
di corpi,, e di “campi d’istruzione,,, e i mo¬
nelli fischiano le arie della ritirata. È una pic¬
cola Torino in armi, balda ed allegra, nella quale
s’incontra una sentinella a ogni passo, e si cam¬
mina, la notte, sotto una perpetua minaccia del
chi va là; bella e pittoresca sopra tutto di notte,
coi suoi lunghi muri silenziosi, coi suoi vasti
cortili nascosti, quando la luna batte sui merli
della grande caserma di Alfonso Lamarmora, e
pende
Cornine un point sur un i
sul carabiniere solitario, ritto davanti al suo ca¬
sotto, sopra gli spalti deserti della Cittadella ad¬
dormentata.
Andando innanzi verso ponente, oltrepassato
il Borgo di San Donato, che s’allunga sopra una
strada sola, pigliando gradatamente l’aspetto di
un villaggio grazioso, si entra per il Corso Prin¬
cipe Eugenio, in una parte di 1 orino stranissi¬
ma, poco nota, nella quale la città si perde nella
campagna: e dove son raccolti i principali isti¬
tuti di beneficenza, fra cui il Ritiro del Buon
Pastore, l’Ospedale di San Luigi, il Manicomio,
lo Stabilimento di don Bosco, l’Ospedale di Cot-
tolengo; edifizi chiusi e muti, dall’aspetto di con¬
venti e di carceri, colle persiane rovesciate, coi
finestrini ingraticolati, con porte e porticine sbar¬
rate, che dànno al luogo l’aspetto misterioso
d’un quartiere di città orientale. Qui vive un
"ermi, di vecchi, di tra¬
viate, di preservande, di
ragazze abbandonate, di
bimbi senza parenti, di
giovinetti poveri, di mae¬
stre e di suore che pre¬
gano , soffrono, studia¬
no, lavorano, si pre¬
parano alla vita e alla
morte, separati dal mon¬
do, nel raccoglimento se¬
vero della loro piccola
città solitaria. Le strade
sono quasi deserte. Pas¬
sano delle carrozze colle tendine calate, s’incon¬
trai! dei preti, qualche monaca, dei poveri, si
sentono canti di bambini, echi lontani di litanie,
rumori di porte interne aperte e chiuse cauta¬
mente, e tintinnii di campanelli di parlatori, a cui
seguono dei silenzi profondi. Tutto spira pace,
rassegnazione e penitenza. Chi passa di là ab¬
bassa la voce, senz’avvedersene; scorda la 'Fo¬
rino rumorosa del lavoro e dei piaceri, e si ab¬
bandona, rallentando il passo, alla meditazione
dei dolori e delle miserie umane, punto da una
curiosità triste di penetrare in quei recinti se¬
veri, d’interrogare quelle sventure, di scrutare
quel mondo sconosciuto e nascosto, a cui tanta
gente pietosa consacrò la vita e la fortuna. E alla
tristezza di quel quartiere singolare, corrisponde
la campagna circostante, piana c silenziosa, spe¬
cialmente d’inverno, all’ora del tramonto, quando
al di sopra delle case e dei campi coperti di
neve, già immersi nell’ombra azzurrina della sera,
scintilla ancora sotto l’ultimo raggio del sole
l’alta statua dorata di Maria Ausiliatrice, ritta
sulla cupola della sua chiesa solitaria, colle brac¬
cia tese verso le Alpi.
Proseguendo di là per il Corso San Massimo
s’arriva nella grande piazza ottagonale di Ema¬
nuele Filiberto. Ma per vederla in tutta la sua
bellezza bisogna capitarvi una mattina di sabato,
d’inverno, in pieno mercato. Uno Zola torinese
potrebbe mettere li la scena di un romanzo in¬
titolato Il ventre di Tarino. Sotto le vaste tet¬
toie, fra lunghe file di baracche di mercanti di
stoffe, di botteghini di chincaglierie e d’esposi¬
zioni di terraglia all’aria aperta, in mezzo a monti
di frutta, di legumi e di pollame, a mucchi di
ceste e di sacelli, tra il va e vieni delle carrette
che portai! via la neve, tra il fumo delle casta¬
gne arrosto e delle pere cotte, gira e s’agita
confusamente una folla fitta di contadini, di ser¬
vitori, di sguatteri, di serve imbacuccate negli
scialli, di signore massaie, di ordinanze colla ce¬
sta al braccio, di facchini carichi, di donne del
popolo c di monelli intirizziti, che fanno nera la
piazza. Intorno ai banchi innumerevoli è un al¬
ternarsi affollato e continuo di offerte e di ri¬
fiuti, di discussioni a frasi secche e tronche, di
voci di meraviglia e di sdegno, di apostrofi e
di sacrati, che si confondono tutti insieme in un
mormorio sordo e diffuso, come d’una moltitu¬
dine malcontenta. Là bisogna andare per vedere
le erbivendole famose, formidabili di tarchiatura,
di pugni e di lingua, e per studiare la potenza
insolente del vernacolo, la ferocia spietata del¬
l’ingiuria plebea, il lazzo che schiaffeggia, il sar¬
casmo che leva la pelle, strazia la carne e incide
le ossa. Da una parte c’è il mercato delle con¬
tadine, venute da tutte le parti della provincia,
partite a mezzanotte dai loro villaggi per arri¬
vare in tempo a pigliare un buon posto a de¬
stra o a sinistra d’un viale fiancheggiato di pla¬
tani; e son là schierate, ritte o sedute, colle loro
derrate esposte su mucchi di neve sudicia, strette
le uno alle altre come per tenersi calde, inzoc¬
colate, imbottite, infagottate, fasciate di pezzuole
e di scialli, con guanti di cenci, con fazzoletti
attorcigliati intorno alla fronte, con cappelli da
uomini sul capo, con vecchi mantelli da carret¬
tieri sulle spalle, e lo scaldino fra le mani, coi
nasi e i menti pavonazzi, e in mezzo a loro passa
la processione accalcata e lenta dei compratori.
Qui un pretucolo soffia tra le penne di un pollo
per scoprire le polpe, là una vecchia signora
cogli occhiali guarda le uova ad una ad una di
contro alla luce, più in là un vecchio celibe, ac¬
compagnato dalla cuoca colla sporta, scruta un
formaggio colla lente; da ogni parte si tasta, si
palpa, si soppesa, si fiuta, si disputa, in un tuono
di lamento stizzoso, gesticolando coi cavoli in
mano, brandendo i cardi, scotendo le galline,
gettando negli orecchi di chi passa frammenti
eli dialoghi monosillabici, che fanno indovinare
dei tira tira d’un’ora per un centesimo, delle eco¬
nomie disperate, delle avarizie rabbiose, delle
miserie segrete di famiglie decorose, tutte le
durezze e le angoscie della gran lotta per la vita.
Passano delle signore eleganti, dei grossi bor¬
ghesi buongustai, dei cuochi tronfi e sprezzanti,
delle cameriere padrone, dei curiosi allegri, una
folla continuamente cangiante, fra cui si fanno
largo ogni specie di rivenditori ambulanti, vecchi
decrepiti, bambine, mostriciattoli col botteghino
al collo, che offrono un almanacco, un tartufo,
due limoni, una catenella d’acciaio, un pezzo di
tela, facendo un vocìo assordante, dominato dalla
voce stentorea del venditore della Cronaca dei
tribunali e della cantilena funebre del sacrestano
che scuote un bossolo domandando l’elemosina
per le anime del Purgatorio. Per tutta la piazza
è un affaccendamento e un rimescolìo rumoroso,
un farsi e un disfarsi continuo di crocchi in¬
torno a carrozze di cavadenti, a venditori di
specifici, a strimpellatori di violino, a banditori
d’incanti, a ciarlatani cappelluti che raccontano
storie di delitti, davanti a grandi quadri rosseg¬
giami di sangue, a teatrini da burattini, rizzati
in mezzo alla neve, a grandi fiammate di paglia,
accese dai fruttaiuoli infreddoliti per sgranchirsi
le membra. E non si può dire quant’è pittoresca
e bizzarra quella confusione di gente e di cose,
di lavoro e di festa, di città e di campagna, vi¬
sta a traverso la nebbia della mattina, che lotta
ancora col sole, in mezzo a quei grandi alberi
sfrondati, imperlati di brina.
D’infondo alla piazza, scendendo per una gra¬
dinata, si riesce in una larga strada ricurva, che
va verso la Dora, davanti a un altro spettacolo
curiosissimo. La strada è tutta da un capo al¬
l’altro una sola enorme bottega di rigattiere al¬
l’aria libera, un’esposizione grandiosa e superba
di miserie, di cui non è possibile farsi un’im¬
magine fuorché supponendo die un intiero quar¬
tiere di Forino, invaso da un furore di distru¬
zione, abbia rovesciato giù dalle finestre tutte le
masserizie delle sue case, dai solai alle cantine,
sino all’ultima carabattola dell’ultimo armadio.
E tutto è ordinato, pulito, messo in vista, con
una cura scrupolosa, come la merce più rara, e
accanto a ciascuna delle cento rigatterie, elle
formano quell’interminabile bazar di cenci e di
tritumi, siede il venditore meditabondo, appog¬
giato alla sua carretta, in atteggiamento filoso¬
fico, cogli occhi fìssi sulle rovine da cui ricava la
vita. La varietà e la stranezza degli oggetti è me¬
ravigliosa. iì. una confusione di cose e d’avanzi di
cose da far impazzire il disgraziato che ne do¬
vesse far l’inventario. La pianeta del prete, il
cappello sfondato del bersagliere, la marionetta
rotta del teatrino di San Martiniano, la veste di
seta lacerata al teatro Scribe, la serratura del
cinquecento, il romanzo incompleto di Eugenio
Sue, il chiodo rotto, il basto dell’asino, il qua¬
dro a olio, il berretto piumato del tenore, denti
finti, spille scapocchiate, padelle senza manico,
elmi, mappamondi, gambe di tavola, spogli d’al¬
cove, di salotti, di studi d’avvocato, di soffitte,
d’officine, di taverne, muffiti, sbrindellati, rosic¬
chiati dai topi, bucati dalle tignole, marciti dalla
pioggia, smangiati dal fango, consunti dalla rug¬
gine, senza colore, senza forma, senza nome,
senza prezzo; c’è tutto quello che il mare agi¬
tato della vita umana rigetta da sè, tutto quello
che la mente può immaginare di più miserabile,
di più inutile, di più spregevole, di piii rifinito
e di piti snaturato dal tempo, dall’uso e dalla
violenza. In quello strano mercato comincia il
lavoro nel cuor della notte, al lume delle lan¬
terne, e comincia la folla allo spuntare dell’alba.
Là va la sartina, furtivamente, a cercare lo scialle
smesso; ci va il padre di famiglia corto a quat¬
trini, a comprare il lume a petrolio; ci va l’ar¬
tista a scovar l’abito per il modello, ci va l’an¬
tiquario, il bibliomane, l’attore spiantato, l’ebreo
rigattiere, una processione di collettori di bagat¬
telle e di curiosi d’ogni specie, impazienti tutti
d’arrivare i primi a pescare in quel mare magno
in cui si nascondono qualche volta dei tesori
ignorati e delle piccole fortune impreviste; e tutti
girano e cercano avidamente fino a giorno alto,
in mezzo a un via vai di contadini e contadine
che contrattano dei panni logori, di ceticiaiuoli
girovaghi, carichi di stivali sdrusciti e di pentole
fesse, di facchini, di raccoglitori di cicche e di
carte, di guardie municipali, di donne di servi¬
zio, di bottegai, di sensali, che fluttuano in due
opposte correnti fra il mercato dell’erbe e il gran
pandemonio della piazza vicina.
Chi ha fatto questo giro, e s’è ancora spinto
poi, per il corso San Maurizio, fino in faccia al
Borgo Po, che chiude come un graziosissimo sce¬
nario il grande palcoscenico della piazza Vitto¬
rio Emanuele, ha visto la città di Torino. Ma
gli resta da studiare il movimento e l’aspetto
della popolazione, che c pure curioso. 11 più
grosso torrente della vita scorre dalla stazione
di Porta Nuova fino a piazza Castello, dove
arriva gonfiato dall’affluente di via Santa Te¬
resa; e là si rispande per via di Po e per via
Doragrossa, e serpeggia in mille rigagnoli per
le vie strette della vecchia Torino, fino al gran
lago ondeggiante della piazza Emanuele Fili-
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI * Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
[FUORI CONCORSO AEttBRO DELLA GIURIA
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
i 5 o
berto. La gente si perde nella vastità delle
piazze, dove non si vedono che rari nantes ;
presenta un aspetto generale d’eleganza nell’ul¬
timo tratto di via Roma e sotto i portici, e pi¬
glia gradatamente un colore modesto e popolano,
via via che scende verso il fiume o risale verso
i quartieri di settentrione o di ponente. L’ordine
è nella folla come nell’architettura : passa una
processione a destra e una processione a sini¬
stra d’ogni strada, l’una opposta all’altra: da
una parte non si vedono che nuche, dall’altra
non si vedono che visi. Certi personaggi si suc¬
cedono con una frequenza che si nota subito :
il vecchio giubilato, sbarbato e pulito, che va
rasente il muro, il giovane ufficiale d’artiglieria
della scuola d’applicazione, lo studente vestito
con una certa sprezzatura d’artista, la sartina
dal corpicino snello e asciutto, con quattro cenci
addosso, messi con garbo signorile, e aggra¬
ziati da un’andatura capricciosa insieme e com¬
posta; l’operaio di statura media, d’aspetto rude,
di membra solide, di movimenti da soldato;
l’uomo nuovo, l’industriale, il commerciante, l’a¬
gente d’affari, fra i trenta c i quarant’anni, tra¬
scurato nel vestire, di viso serio, grigio innanzi
tempo, leggermente invermigliato dal Barolo
vecchio, col sigaro di Cavour spento fra le dita
della mano inquieta, e un pensiero fisso sulla
fronte; il grosso padre di famiglia, borghese
benestante, con un viso benevolo, che rivela
poche idee, ma quelle poche nette e salde, e
inchiodate profondamente nel cervello, nella co¬
scienza e nel cuore ; e tratto tratto qualche si¬
gnora alta, sottile e bianca, coll’occhio azzurro
e il piede patrizio, che fa col suo mantello di
velluto nero una macchietta vigorosa e pomposa
nel grigio volgare della folla. Tutti camminano
guardando diritto davanti a sè ; si discorre
senza rallentare il passo ; poche conversazioni
ad alta voce; nessuna apostrofe da un lato al¬
l’altro della strada ; si parla a mezza voce, a
frasi spedite, gesticolando in uno spazio circo¬
lare di non più di due palmi di raggio, e risa¬
lendo prontamente sul marciapiede, per forza
d’abitudine, ogni volta che s’è stati costretti a
discendere. E già, nelle strade frequentate, si
vede, come nelle grandi città del nord, una
specie di gara ad arrivare i primi, a lasciarsi
indietro chi ci cammina accanto, come se ogni
vicino fosse un concorrente in affari. Tutte le
scorciatoie sono utilizzate, si scantona rasente i
muri, si attraversa la strada di corsa, s’ inse¬
guono i tranvai, si fa folla agli incrociamenti
delle carrozze e dei carri, e si apostrofano car¬
rettieri e cocchieri con voci e gesti impazienti
di gente clic ha i minuti contati. Ma una certa
apparenza di gentilezza corregge il carattere un
po’aspro di quella vita frettolosa di città indu¬
striale. I saluti sono premurosi, i cappelli si ab¬
bassano profondamente, la gente si scansa con
dei giri svelti e larghi ; i bottegai riaccompa¬
gnano i compratori alla porta con un atto ce¬
rimonioso, il cameriere s’inchina all’avventore
sulla soglia della trattoria, il fiaccheraio riveri¬
sce la “ pratica „ , il venditore di giornali rin¬
grazia del soldo con un buon augurio, le erbi-
vendole si chiamano “ madama „ , le due frasi
spicciole del galateo torinese ca passa grassia
e ca scasa si sentono da ogni parte e ad ogni
proposito come il pai-don c il s'il voas plait a
Bangi ; la città fa i suoi affari alla lesta ma con
dignità, da signora educata, non da rozza mer-
ciaia. E come Parigi na l’ora dell'assenzio, Torino
ha l’ora del vermut, l’ora in cui la sua faccia si
colora c il suo sangue circola più rapido e più
caldo. Allora le scuole riversano per le strade
nuvoli di ragazzi, dagli opifici escono turbe d’o¬
perai, i tran vai passano stipati di gente, gli
equipaggi s’inseguono, le botteghe dei liquoristi
s’afFoliano, un esercito d’ufficiali e di soldati
d’ogni arma si spande in ogni parte e mette
un soffio di gioventù per le vie, e nella mezza
oscurità della sera, par di veder Torino come
all’immaginazione piace di raffigurarsela in un
avvenire lontano : una Torino di quattrocento
mila abitanti, che riempia la sua cinta daziaria,
con un nuovo centro e nuovi sobborghi, tutta
sonante di lavoro e rigurgitante di vita.
Ma il più bello spettacolo vivo, e nello stesso
tempo il più originale, che offra Torino, è la
passeggiata sotto i portici di Po, le sere d’in¬
verno. I portici sono i boa levar ds di Torino.
L'albergo d’Europa può rappresentare il Grand
Ilùtei ; la chiesa dell’Annunziata, la Madclaine ;
il caffè Fiorio, Tortola ; il Teatro Regio, il
Grand Opera. Anche qui la folla maggiore, e il
fiore dell’eleganza e del lusso sono a destra. La
prima cosa che dà agli occhi è il contrasto
della bottega splendida col baraccone da vil¬
laggio che le sorge in faccia, nello stesso tempo
officina e negozio; il banco della fruttaiola di
fronte alla trattoria aristocratica; il rivenditore
d’almanacchi e di libri usati in faccia al grande
libraio signorile. La contessa vestita in gala
passa accanto ai banchi di legumi e di caci, la
conversazione leccata dei dandy è interrotta
dalTuriio plebeo dei cavamacchie e dei vendi¬
tori di fotografie; tutto il mondo elegante sfila
in mezzo a quella lotta muta e continua^ del
grande e del piccolo commercio, schierati 1 uno
di fronte all’altro, in atteggiamento ostile, come
due catene di sentinelle avanzate dei due grossi
eserciti nemici della borghesia e della plebe.
Qui la folla è fitta e nera, divisa in due correnti,
che si toccano, e spesso si confondono, e stra¬
ripano fuori dei portici. In alcuni punti è un
vero serra serra, come all’uscita da un teatro,
tanto che nello spazio di tre braccia quadrate
si ritrovano spesso un capitano d’artiglieria, una
coppia matrimoniale, un prete, un accademista,
una crestaia, un operaio, stretti in un mazzo,
che paiono una famiglia sola. Qualche volta per
pigliar spazio la folla è costretta a fermarsi, e
tutti “ segnano il passo „ come una colonna di
soldati. L’aspetto e il contegno generale è grave,
come l’andatura. La gente gira tutt’intorno alla
Galleria Subalpina, a passi lenii, processional-
mente, come nella sala d’un museo, non fa¬
cendo che un leggiero bisbiglio, che lascia sen¬
tire distintamente le note acute dei cantanti
nella sala sotterranea del Caffè Romano. Sotto
i portici non si sente che un mormorio sordo
ecl eguale, fra cui risonano forte, qua e là, le
sciabole degli ufficiali e le risa argentine delle
fioraie e delle sartine, che fanno una scappata
a traverso il bel mondo, coll'involtino in mano,
prima di tornare a casa, e le porte dei caffè
affollati, aperte e richiuse bruscamente, per
paura del freddo. Par di essere in una galle¬
ria d’un palazzo grandissimo, dove i convitati
sfilino — rispettosamente. Siccome gl’ incontri
sono frequentissimi c si ripetono, così è un sa¬
lutarsi continuo di militari, una continua scap-
pellatura di amici e di conoscenti, di studenti
e di professori, di grossi e di piccoli impiegati,
che si voltano obliquamente, passandosi accanto,
per non urtarsi nel petto. Della gente non si
vede che il viso. 1 fiati fumano. Ma i baracconi
riparano dal freddo. .Si sta bene in quella calca,
così stretti, l'uno addosso all’altro, e pare che
tutti provino piacere a pigiarsi, a sentirsi da¬
vanti, dietro e dai lati dei pesanti pastrani, dei
grandi mantelli d’ufficiali, dei grossi borghesi
ben pasciuti e caldi, usciti allora da una sala
da pranzo. Da tutte le strade laterali arriva
gente, chiudendo l’ombrello, pestando i piedi,
scuotendo i panni bianchi di neve, e tutti si
ficcano in quella folla, con gusto, tirando un
respiro, come se entrassero in ca$a. E la folla
essendo così stretta, si colgono a volo da tutte
le parti, passando, dei brani di dialoghi som¬
messi, frammenti di discussioni scientifiche,
giudizi letterarii di studenti, riflessioni sullo
stato dei fondi pubblici, qualche volta frasi stac¬
cate di confidenze di signorine, che un’ondata
di gente ha separate dai parenti che vengon
dietro, conversazioni francesi e tedesche, parole
dolci vibrate a bruciapelo nei momenti di mag¬
gior confusione ; specialmente allo svolto dei
portici in faccia alla Galleria, dove accade spesso
d’incontrarsi faccia faccia con marito e moglie,
e sentire nello stesso tempo il fumo del sigaro
del marito negli occhi, il manicotto della si¬
gnora contro le mani e la testa del bimbo in
un fianco. Chi non c’è abituato, può seccarsi
sulle prime, e impazientarsi di quella strana
passeggiata: ma tutti, prima o poi, ci pigliano
piacere. C’è non so che idea d’intimità dome¬
stica in quel lento va e vieni di gente affollata
sotto quegli archi, dinanzi a quelle vetrine
splendide, che finiscono collo stamparsi nella
memoria, ad una ad una, come i mobili della
casa propria; c’è un’apparenza come di buon
accordo universa^, di affratellamento, un’im¬
magine viva di quelTunanimità di sentimenti e
di propositi che rese forte e simpatico il po¬
polo piemontese, qualche cosa di geniale e di
benevolo, che non si sa ben dire, ma che
mette un calor salutare nel petto, dalla parte
sinistra.
Forino, però, si presenta in molti aspetti
molto diversi, che un forestiero non può osser¬
vare in pochi giorni. Ci son poche città che
cambino viso così completamente col cambiare
della stagione e del tempo. I la una bellezza sua
propria quando è coperta di neve, quando le
Alpi son tutte bianche, le colline bianche, i
giardini, gli alberi dei viali lunghissimi, i larghi
corsi, le grandi piazze, tutto bianco ; special-
mente di notte, quando a traverso la neve fitta,
che vela la luce delle file interminabili dei lam¬
pioni, non si riconoscono più le vie, si confon-
dono i crocicchi, la città sembra immersa, e nei
vasti spazi deserti, regnano dei silenzi cupi di
città disabitata, in cui fuggono e spariscono
come ombre impaurite le carrozze la gente,
e vi par spenta la vita per sempre. E bella an¬
che nelle mattinate d’inverno grigie e rigide,
quando il cielo coperto piglia successivamente
mille colori strani di viola, d’oro e di porpora,
che paiono riflessi di grandi incendii lontani, c
ogni strada è chiusa da una cortina di nebbia,
come dal fumo del fuoco di fila d una barricata,
nel quale i monumenti si drizzano come larve,
e le persone appariscono improvvisamente, come
se sbucassero di terra, e tutta la popolazione
affaccendata della mattina, morsa dal freddo,
precipita il passo, batte i piedi, stropiccia le
mani, soffia sulle dita, saltella e scantona ad
angolo retto, colle spalle ingobbite e il gomito
al muro, come se fosse inseguita e sferzata da
una legione d’aguzzini invisibili ; e par che i
raggi del sole, s’arrestino intimiditi sui corni¬
cioni delle case, e che la città sia condannata
al gelo c alla penombra d’un’alba perpetua. Ma
è bella sopratutto di primavera, in quei giorni
in cui da un inverno lungo e uggioso si salta
improvvisamente nella bella stagione, e si sente
la verità di quello che disse George Sand : la
primavera dell’Italia settentrionale è la più bella
del mondo. Allora Torino si riscuote tutta, e
par che ringiovanisca in poche ore; la popola¬
zione si spande per i giardini e peri viali, come
a una festa ; per le grandi strade passano tor¬
renti di luce e d’aria; a ogni cantonata par che
soffi una brezza nuova; si sentono delle ondate
di odor di campagna e di fragranze alpine, che
dànno una scossa al sangue ; il cielo, le mon¬
tagne, le colline, gli sfondi lontani delle vie,
tutto è terso, netto, fresco, allegro ; I orino
pare una città americana, venuta su da pochi
anni, nel primo sboccio della sua verde adole¬
scenza ; ma dorata da un raggio di bellezza
italiana.
Ma per veder Torino nel suo più bell’aspetto,
bisogna vederla nell’occasione d’una di quelle
grandi feste nazionali, in cui accorrono qui Ita¬
liani d’ ogni provincia, vecchi ministri che vi
passarono i più belli anni della loro età matura,
deputati maturi che vi passarono gli anni più
belli della gioventù, giornalisti che vi fecero le
prime armi, ricchi che ci vissero nella stret¬
tezza, antichi emigrati, senatori, generali, tutti
i superstiti di quella grande legione di uomini
di Stato, di scrittori, di lottatori, di soldati, di
tribuni, che preparò e iniziò qui la rivoluzione
italiana, e se n'andò colla capitale, iv bello e
commovente quel ritorno. Tutti hanno qui mille
memorie ; sparpagliandosi per la città, ne ritro¬
vano una ad ogni passo ; riconoscono luoghi e
persone, rivedono col pensiero gli amici c i
compagni perduti, ricordano alla svolta d’ogni
via, si può dire, un avvenimento e un’emozione.
In quei giorni la popolazione torinese è tutta
in giro, e aneli’essa rivive in quel bel tempo,
che par già tanto lontano, in quei begli anni
di speranze e d’entusiasmi ; anch’essa riconosce
a ogni passo un ospite antico, deputati incanu¬
titi, generali incurvati, gravi pubblicisti di cui
ha letto le prime appendici letterarie, ministri
che vivevano in una cameretta al quarto piano
in via Dora Grossa, visi, voci, gesti clic ravvi¬
vano tutti i suoi più cari ricordi e le fanno
battere il cuore. Allora certi luoghi della città,
certi angoli storici ripigliano per qualche ora
1 aspetto antico ; si rivedono nei vecchi caffè i
personaggi e i crocchi d’una volta; da ogni
parte si stringono mani d’amici, si sentono escla¬
mazioni di sorpresa e di piacere, e conversa¬
zioni concitate, piene di domande, di date, di
nomi, di parole tristi e affettuose, e di echi so¬
nori delle antiche passioni giovanili; piazza Ca¬
stello si rianima, sotto i portici ripassa un sof¬
fio del cinquantanove, tutta la città si sente ri¬
fluire al core il suo vecchio sangue di guer¬
riera e di regina, e apparisce più bella e più
altiera in mezzo alla grande cintura verde dei
suoi platani, nell’immenso anfiteatro azzurro
delle Alpi.
(Riproduzione vietata.)
Edmondo De Amicis.
LE ESPOSIZIONI DEL
i g i i
1 5r
ROMA.
LE STAFFETTE DELI/ “ AUDAX ,, PORTANO
1/OMAGGIO DI ROMA A TORINO.
Nel Foro pelle Regioni al momento della partenza.
Le stai-tette in marcia. - Passaggio sotto l’ ingresso monumentale dell’ Esposizione (fot. a. Moiinari).
I
ROMA. LA MOSTRA ETNOGRAFICA IN PIAZZA D'ARMI 1 = 1
4
I Sovrani inaugurano ii. Padiglione Veneto.
/Rot. •'«•linaii,
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1 Sovrani inaugurano il Padiglione Emiliano.
PADIGLIONI DELLE REGIONI APERTI AL PUBBLICO.
Interno del Padiglione Veneto. - Il pubblico è ammesso dopo l’ inaugurazione.
J Sovrani si recano ad inaugurare il Padiglione Lombardo.
ESPOSIZIONI DE
1911
m 4
L E
F I R li N Z E, A L E A M () ST R A D E L R I T R A T T O ITALIA N O.
Carlo Dolci. - Ritratto di Fra Arnolfo di Bardi cavaliere Gerosolimitano.
G R IIPPO DELLE BANDE E FANFARE DI TUTTI I REGGIMENTI DEL PRESIDIO DI 1 ' I R E N ZE
che sotto la direzione del jnaestro Ascolese eseguirono il giorno 27 aprile un grandioso concerto di musica patriottica per festeggiare il 5o." anniversario della proclamazione del Regno d’Italia <1 M , )ntahon ,
Or
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
t56
LE ESPOSIZIONI DEL x 9 i i
ROMA. Un canali-: di Venezia alla Mostra Etnografica (fot. Abcnìacar).
Un viaggio attraverso l’Italia alla Mostra Etnografica di Roma.
Non conoscete l'Italia? Volete conoscerla? È
semplicissimo ed economico. Due o tre ore di
cammino, ed avrete fatto il vostro “ Reise in
Weltschland „, il vostro “ Travet in Italy „ , il
vostro “Voyage en Italie,,; potrete anche can¬
tare a Suzon, se volete:
Je rcviens, teI quc tu me vois
d'iui grand voyage en Italie.
Qu'as tu fait depms moti de pari ?...
E Suzon vi vedrà appena un po’ impolverato, e
vi risponderà che in due o tre ore non c’era
molto da fare. Ed avrà perfettamente ragione.
L’Italia si riunisce qui tutta per accogliere cia¬
scuno con un sorriso unico, con un volto che
avvicini e riassuma tutti , i volti che essa ha e
che voi meno conoscete. E l’Italia dove non vi
portano le vostre guide, la piccola grande Italia
provinciale, quella delle cittadine silenziose, dei
villaggi, dei sobborghi, delle campagne, oscura
e radiosa, dormente fra le memorie del passato
e sempre desta fra le operosità che sono d’oggi
come furono di ieri, quella delle tradizioni, quella
che non muta, l’Italia nostra d’ogni tempo.
Veramente siamo fuori dal ferro di cavallo
che comprende i grandi padiglioni regionali: là
è, sintetizzata in ognuno di quei padiglioni, ce¬
lebrata nella fantasia del Foro delle Regioni e
del Palazzo delle Feste, l’Italia cittadina, glorio¬
samente monumentale: qui siamo fuori, in pro¬
vincia, in campagna. C’è anche qui dell’alterezza,
ma il tono è modesto; c’è anche qui molta luce,
molto sorriso, ma c’è del rude anche: pochi
marmi, ma molta pietra, molto mattone, e muri
scalcinati che il sole ha abbronzato e dorato;
della povertà, anche, ma sana e serena e forte ;
e ogni tanto qualche lampo di bellezza, qualche
fiore che l’arte ha profuso per le mura oscure,
un insieme di gentilezza e di violenza; segni
d un orgoglio di signori o di popolo; e non me¬
morie o ricostruzioni morte e mute, ma ravvi¬
vate dalle imagini e dalle opere della vita d’ogni
giorno umile e attiva, la calma georgica del
campo, la vivacità pettegola dei sobborghi cit¬
tadini, la semplicità incorrotta delle industrie
paesane.
L’Italia, alla Mostra Etnografica, comincia da
Napoli, se volete principiare a percorrerla da de¬
stra: o dalla Sicilia, se volete principiare da sini¬
stra. Cominciamola da Napoli, la quale si trova
proprio accanto alla Val d’Aosta, che, come altri
vi ricorderà, rappresenta con uno dei suoi castelli,
nella cerchia gloriosa dei padiglioni regionali, il
vecchio Piemonte : e anche questa Napoli è vec¬
chia, lontana, scomparsa: un angolo della fu
Santa Lucia. Strano, però: per quanto vecchia è
ancora disabitata: i ladani debbono ancora arri¬
vare, debbono metter fuori dai balconcini i me-
loncclli e i grappoli di pomidori, pavesare le rin¬
ghiere di lenzuoli e fasciatori, apparecchiare le
bancarelle lungo le case, e distendersi o vaga¬
bondare al sole con le capre, le vaccherelle e le
galline. Verranno. L’impresa Fornari ha scrittu¬
rato cinquecento persone da tutte le parti d’Ita¬
lia per venire a fare gli Italiani all'Esposizione.
Verranno dunque anche i luciani e le lucianelle
e avranno chitarre e putifù; e balleranno anche
la tarantella. Che festa per gli americani!
Torniamo a Napoli; due passi, e prima che si
spengano gli accordi di Fenesta che lucioe, siamo
in Abruzzo: Aquila e Sulmona: una fabbrica di
merletti nel delizioso palazzetto de’ Sardi, ed una
di merletti in un altro. L’ho visto fabbricare,
questo antico palazzetto: è graziosissimo vedere
come si fabbricano facilmente le case antiche.
C’era un uomo che dopo aver fabbricato il muro
si metteva in funzione di intemperie e con certi
suoi ferri lo sgretolava, lo corrodeva, lo lisciava;
un altro che faceva da sole e lo abbronzava.
Veniva fatto di pensare al Sogno d’ttna notte
d’estate: “Io sono il chiaro di luna.. E l’ef¬
fetto qui, come altrove, è sorprendente; si giu¬
rerebbe che mai ala del tempo è passata più
efficacemente su muro al mondo, a scopo di pit¬
toresco e di caratteristico.
Tre trulli, le bizzarre abitazioni pugliesi dal
tetto a cono, sormontato sovente da certi strani
emblemi di pietre sovrapposte a croce, che qui
sono state dimenticate, e che ripetono, immutati
attraverso tanti secoli, delle antiche insegne fe¬
nicie, e subito ecco apparire Venezia. Bisogna
vederla uscendo dal padiglione che le è dinnanzi,
dalla Loggia di C’andia, a cui si unisce in una
prospettiva mirabile, fantasiosa e squisita di li¬
nee e di colori. Non importa che dietro si dile¬
guino le pendici di Monte Mario: è uno scena¬
rio, un fondale nuovo e inatteso, ma clic non
turba, come non turbano le altre vicinanze. Le
note sono diverse, ma l'armonia è unica; varietà
di dialetti, ma la lingua è la stessa. In questa
armonica diversità apparisce il senso vero del-
l’Italia, l'intima fraternità di ogni nostra terra.
I cipressi di Monte Mario; e sotto un angolo di
Venezia, col celebre palazzetto von Axel, una
casa di Chioggia, un campiello di Burano, un
rio, un ponticello, c, fra non molto, delle gon¬
dole.
Pensate: sembrerebbe, a dirlo, di sentire in¬
terloquire una bauta in un dramma di Pietro
Cossa. E invece c’è una consanguineità profonda
che unisce i due aspetti cosi diversi: due volti
che non si assomigliano, ma che hanno egual¬
mente l’aria di famiglia. E più oltre ecco il Pie¬
monte, colla semplice e gaia chiesetta valdosta¬
na, e in mezzo i fabbricati lunghi, neri, neri di
una armeria di Lardone accanto ad una serena
casa colonica brianzola: chiesa, casa, officina
hanno ciascuna il carattere nativo, accuratissimo
in ogni particolare, meravigliosamente illusivo;
eppure nulla, in questo loro accomunamento
sotto un altro cielo, in un altro paesaggio, rompe
quella illusione; v’è un distacco, ma non è sen¬
sibile; quei piccoli edifici si uniscono e si affra¬
tellano; sembra che siano delle buone persone
liete di trovarsi insieme e di conoscersi da vi¬
cino dopo essersi voluto bene per tanto tempo
da lontano. E tutto il resto d’Italia, intorno, è
così. Di là dalla selva di comignoli a imbuto che
si levano sulle vecchie case veneziane, rugose,
scrostate, imbellettate, civettone e civettine, bor¬
bottone e chiacchierine, imbronciate e ridarelle,
siamo nell’Italia Centrale, con una oasi di Cala¬
bria, che i terremoti hanno portato quassù. Ec¬
covi la casa colonica delle Marche e di Roma¬
gna, con un angolo di Ascoli Piceno e una fab¬
brica di maioliche faentine, all’ombra di un grande
torrazzo massiccio, traversato da un arcone basso
e cupo, dove già si stanno scaricando dei carri
LE ESPOSIZIONI DEL
1911
137
di creta die i visitatori vedranno trasformare in
piatti e vasellami iridescenti; e accanto il Lazio,
con una capanna di pastori dell’Agro e con Vi¬
terbo severa e adorna, rappresentata da una
delle sue più belle fontane e da uno dei suoi
più puri palazzetti medioevali, e, sia lode a Dio,
senza processo Cuocolo; e accanto la Toscana,
con una C|uieta fattoria di San Giminiano e un
casale maremmano di Capalbio, tutto aerato di
loggie e di tettoie, annidato all’ombra di un’an¬
tica torre fosca e diruta, dalle mura che sem¬
brano impregnate dell’aria greve di una solitu¬
dine di boschi e di acquitrini; e poi l’Umbria,
l’Umbria dolce di Assisi; una chiara pennellata
di paesaggio, squisita,come manca forse altrove....
Ancora una piccola solitudine di Romagna: una
solitudine sacra, con la capanna di Garibaldi. Ma
non v’è il mare, non v’è la pineta; e qui la
mancanza della cornice si sente.
L’illusione ricomincia subito: dalle rive del¬
l’Adriatico si passa al Tirreno, che si attraversa a
piede asciutto, e senza accorgercene siamo in Sar¬
degna. L’isola ci manda incontro un suo rappre¬
sentante molto rispettabile: un nuraghe. Sembra
portato qui pezzo a pezzo e rimontato. Invece
anch’esso è fìnto. Ma è magnifico: si direbbe
uscito da una novella di magnifico assolutamente.
A giudicarne dall’estensione che ha in questa
mostra, la Sardegna deve essere grandissima:
quasi quanto l’Italia. C’è una casa del Campi-
ciano, alcune case di Tempio, una capanna di
pescatori di Oristano, tutto un gruppo di case
Gruppo Faentino.
Torre di Casal Capalbio (Maremma Toscana).
attorie: il paesaggio, il verde, gli alberi, le siepi,
i campi. Finora non vi sono che i cipressetti
d’Assisi, gli aranci di Sicilia, qualche siepe di
fichi d’india, qualche albero solitario nei cortili
delle case di Sardegna, un po' d’erba tra le pie¬
tre dei nuraghi. Ilo sott'occhio una veduta pa¬
noramica della Mostra Etnografica come fu di¬
segnata dai suoi ideatori ed esecutori, i bravi
ingegneri Giustini e Guazzaroni: c’è tutto quello
che finora manca; ogni casa, ogni gruppo ha
intorno siepi, cortili e gruppi d’alberi, boschetti,
orti, giardini; la flora campestre o silvestre pro¬
pria d’ogni regione. Ma questo verde è rimasto
sulla carta; e questa mancanza toglie molto alla
suggestione. Il personaggio c’è, ed è vivo, ed
espressivo, ma non c’è lo scenario, il piccolo
scenario fatto di “spezzati,,, che interrompe la
scena fìssa. Mi hanno detto che costava troppo,
che gli alberi costano assai più delle case. Ma
la giustificazione non è sufficiente: forse più che
il denaro è mancato suo fratello, il tempo. C’è
da rinverdirla tutta, questa piccola Italia! Via,
un po' di pini intorno alla capanna di Garibaldi,
qualche bel pioppo intorno alla chiesetta valdo¬
stana, qualche siepe di biancospino, qualche olivo,
qualche cipresso fra le case d'Umbria e di To¬
scana....
Toscana, Toscana,
Dolce sei pei tuoi orti,
Che lo spino ti chiude,
E il cipresso ti guarda....
Guelfo Civinini.
(Da) Corriere della Sera).
di Fordongianus, tutto un gruppo della Barba¬
gia, l’aspra selvaggia Barbagia, e un essicca¬
toio del tabacco, e una gualtiera, c una chiu-
siuola.... L’isola bella e sconosciuta non lo sarà
più, nel continente, dopo questa esposizione.
Se ne vedranno i bei costumi, i visi severi della
sua gente forte e silenziosa, i pastori delle sue
montagne, i pescatori delle sue marine, l’intimità
delle sue case patriarcali, l’operosità dei suoi
villaggi; nè mancheranno i cavallucci, e gli asi-
nelli, e le greggi, e gli alveari.... Molte cose non
si vedranno certo ; ma il riflesso di qui ci invo¬
glierà ad andare a ricercarle, a studiarle, a preoc¬
cuparcene. E quella nostra gente non chiede
che questo : d’esser conosciuta ed amata.
Una siepe di fichi d'india, un lieve accenno
d'aranceti ; abbiamo di nuovo passato il mare,
eccoci in Sicilia.
Fermiamoci un momento sotto l’ombra verde
degli aranci. C’è da dire ora qualche cosa che
vorrei fosse ascoltata. Lutto questo che io ho
visto e che gli altri vedranno è squisito, e spesso
commovente, è pieno di affetti e di parole care
che si rivolgono ai nostri sentimenti più pro¬
fondi, che ci parlano ovunque il linguaggio schietto
della patria, che te ne dicono la varia e comune
poesia: una poesia pura e semplice, in cui sor¬
ride o s’attrista qualche verso di Giovanni Pa¬
scoli, qualcuna delle sue Mirycae, delle più care,
delle più intime.... ma qualche cosa manca a que¬
sta breve Italia, intorno alle case, alle torri, alle
Casa di Sulmona (fotografie Lampi.
■Hi
i58
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
ROMA. IL FORO DELLE REGIONI IN PIAZZA DARMI (Arch. Piacentini).
Il toro che simboleggia la città di Torino.
I
P A R T I C O L A RE ARCHITETTONICO DEL PO R TICATO Tot. Paolocci).
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 t t
189
Borrendo dietro alle Inaugurazioni.
(Nostra corrispondenza.)
16 maggio.
10 non so perchè 1 cartelloni a colori affissi
per tutta Italia e riprodotti, in gradevoli for¬
mati, dalla targa al francobollo, per diffonderli
negli alberghi, nei vagoni ferroviarii, nella cor¬
rispondenza, dicano Esposizioni del 1911. Do¬
vrebbero dire, invece: Inaugurazioni — sissi -
gnori, perchè questo, più che l'anno delle Espo¬
sizioni è l’anno delle Inaugurazioni. Da due mesi,
oramai, non facciamo che inaugurare, e quasi
ogni giorno il pubblico prova l’emozione di do¬
ver correre ad una novità, pui - correndo sem¬
pre alle medesime Esposizioni.
Giovedì scorso a Piazza d’Armi, a Roma, fu
un accorrere generale. Che cosa inauguravasi ?
Nulla, veramente; ma veniva finalmente aperta
liberamente al pubblico pagante l’Esposizione
Etnografica, che è una delle cose piti belle e
piti vive, nell’insieme delle varie e veramente
grandiose esposizioni romane.
Ma il pubblico, pieno di curiosità, rimase in
preda alla medesima. Dei dodici padiglioni re¬
gionali che dovrebbero essere ammirati a Piazza
d’Armi, otto sono ancora in potere delle varie
maestranze costruttrici; e i quattro pronti, l'E¬
miliano — primo di tutti, — il Veneto e il Lom¬
bardo — erano chiusi, perchè non ne era an¬
cora stata fatta l’inaugurazione solenne, fissata
per il 12; ed il Piemontese, oramai all'ordine
aneli’esso, era chiuso, e sarebbe rimasto chiuso
anche il giorno 12, giorno solennemente inau¬
gurale.
A Roma, però, c’è questo di buono — che il
pubblico, sia per le giornate a pagamento, sia
per le giornate d’invito, è suppergiù il medesimo
sempre. Ogni inaugurazione sposta quella stessa
massa di accorrenti, che anzi non accorrono
così ansiosamente quando l’entrata è tignale per
lutti — come la giustizia nel di dietro dei tri¬
bunali.
I centri di distribuzione degl’inviti sono innu¬
merevoli: il Comitato, nelle sue varie suddivi¬
sioni, la Corte, il Parlamento, i Ministeri, il Mu¬
nicipio, l’associazione della Stampa, le singole
direzioni dei giornali, le Ambasciate e Legazioni,
i Commissariati stranieri, ecc., tutti centri e sub-
centri di diramazione d’inviti — cosicché si può
dire che tutta Roma internazionale, universale,
è sempre invitata, e le Esposizioni sono un con¬
tinuo successo degli invitati. E uno spettacolo
nello spettacolo, questo della festosa folla degli
invitati; è, fors’anche, il più bello degli spetta¬
coli; ed è anche questa una delle ragioni per
cui tutti quelli che furono sin qui alle varie
inaugurazioni si augurano che le inaugurazioni
continuino e — non dubitate — continueranno!...
Notate che anche Pii maggio non fu sola¬
mente, in Piazza d’Armi, giorno “d’apertura,,
— fu anche giorno “d’inaugurazione,,, perchè
il sindaco di Roma, con numeroso codazzo,
inaugurò il gran Ponte del Risorgimento, un’ar¬
ditissima costruzione ad una sola arcata, gittata
sul Tevere, per unire finalmente l’Esposizione
Etnografica di Piazza d’Armi, sulla destra del
biondo fiume, con l’Esposizione Internazionale
di Belle Arti a Valle Giulia, sulla riva sinistra.
Ora le due Esposizioni sono unite, e quando le
comunicazioni ordinarie attraverso il ponte sa¬
ranno praticamente stabilite, si potrà uscire da
Porta del Popolo e visitare Villa Borghese, Vi¬
gna Cartoni, passare il Tevere sul nuovo gran
ponte, visitare l’Esposizione Etnografica a Piazza
d’Armi, e rientrare nel fitto dell 'urbe per Castel
Sant’Angelo — un viaggio estivo meraviglioso,
provando tutte le possibili ed immaginabili sen¬
sazioni nazionali ed internazionali, artistiche, pit¬
toriche, storiche, antiche, moderne e contempo¬
ranee, nel giro non eccessivo di otto o dieci ore,
comprese le soste inevitabili per il rifocillamento
del povero nostro individuo!...
11 12 maggio, però, 1 ’ Esposizione Etnografica
a Piazza d’Armi fu chiusa nella mattina ai volon¬
terosi paganti; e, viceversa, fu aperta a tutta
un’immensa ondata di invitati, accorsi a fare co¬
rona al Re ed alla Regina che inauguravano i
primi quattro padiglioni regionali.
II Padiglione Emiliano — che fu costruito con
energia veramente romagnola — è una mera¬
viglia: non lo ha detto nel suo discorso inau¬
gurale, nella sala del severo studio bolognese,
il prof. Carnuti, ma lo hanno esclamato tutti, ad
una voce, dal Re all’umile sottoscritto. Il padi¬
glione non riproduce questo piuttosto che quello
dei monumenti della artistica regione, ma, se¬
condo il genialissimo programma di Alfonso Rub-
biani, la sua costruzione è stata inspirata alle
migliori e più caratteristiche forme dell’arte pae¬
sana della Rinascenza, unendo in un insieme
mirabilmente armonico le essenziali linee archi-
tettoniche del tempio Malatestiano di Rimini, del
Castello Estense di Ferrara e del Palazzo Ben-
tivoglio di Bologna, rinchiudendo poi nelle otto
sale delle provincie di Bologna, Ferrara, Forlì,
Modena, Parma, Piacenza, Ravenna e Reggio
Emilia, le bellezze dell’antico studio bolognese,
del palazzo ferrarese di Schifanoia, della cappella
quattrocentesca di San Biagio di Forlì c della
Biblioteca Malatestiana di Cesena, della Sala del
fuoco dei Conservatori di Modena, della Sala
d’Ora del parmense castello di Torrechiara, di
una cappella a vòlta della chiesa di San Sisto di
Piacenza, di mosaici c decorazioni dei monu¬
menti bizantini di Ravenna, e della Sala dei
principi di Correggio. Ripeto — maraviglie!...
E “ maraviglie „ si dovette ancora ripetere da¬
vanti al Padiglione Veneto, che, grazie all’ ar¬
chitetto Max Ongaro rievoca, nella facciata che
dà sul viale delle Regioni, verso la Venezia in
miniatura della Mostra Etnografica, la Loggia di
Candia, opera mirabile della Serenissima nel-
l’isola ellenica per la quale oramai non si com¬
muove che il deputato di Chioggia, dottor Ro¬
berto Calli. L’altra facciata del Padiglione ri¬
produce la forre dell’ Orologio dei Mori che
vedesi a Venezia all’arco delle Mercerìe; e nel-
l'interno la gloria di Venezia è celebrata nella
sala veneta che si intitola appunto della Gloria,
sviluppata nelle magnifiche pitture di Ettore Tito,
di Vittorio Bressanin, di Carlo Donati, di Gio¬
vanni Vianello. Nella sala della Gloria ha parlato
brevemente — e ne sia lodato! — il sindaco
di Venezia conte Grimani; poi i Sovrani si sono
affrettati a correre le sale: Treviso, è rappre¬
sentata da una deliziosa corte d’armi, Vicenza
ha eretta una magnifica aula palladiana a cupola,
Padova ha fatto qui rivivere una stanza da studio
di messer Francesco Petrarca, Verona emerge
con due sale, una ottagona quattrocentesca ed
un’altra cinquecentesca bellissima; di Rovigo vi
è una bellissima sala gotica; ed ancora, in line,
di Venezia la insuperabile stanza da letto “ di
Sant’Orsola „, la sala delle arti e la sala della
Nave, dove è esposto il manoscritto d’Annun-
ziano. E dove lascio Udine, ricordata in forma
originale e graziosissima dalla cucina di un an¬
tico castello friulano con un effetto d’arte in
caritevole?!...
Anche per il Padiglione Lombardo, come per
quello Emiliano, si vollero far rivivere — su
progetto dell’architetto Adolfo Sacelli — in ar¬
monico coordinamento le linee salienti delle co¬
struzioni più caratteristiche della Regione. Ecco
l’Arengario Monzese del Secolo Nili; ecco rele¬
gante casa dell’arciprete di Bergamo, la casa
dei Besta in Teglio, il Chiostrino della Certosa
di Pavia, il Castello di Malpaga, la \ illa della
Bicocca, il loggiato del Monte di Pietà di Cre¬
mona, la casa dei Missagliadi Milano per l’esterno,
e nell’interno la sala del palazzo dei Colleoni di
Bergamo, di quello dei Gonzaga di Mantova, di
quello dei Borromeo a Milano, del palazzo dei
Vertemati a Piuro, alla cui resurrezione tanto
si dedicò ne’ suoi ultimi anni il povero Napo¬
leone Brianzi ; tutta una rievocazione incante¬
vole di bellezze longobardiche, ricordanti, —
come ha detto nel suo lucido discorso l’inge¬
gnere Piola Daverio — la vita libera dei Comuni
ed artisticamente rigogliosa della Rinascenza.
Si arriva, in fine, al Piemonte. Ma qui, come
ho detto, non si entra ancora. Bisogna accon¬
tentarsi di rimanere nel vasto, severo cortile del
Castello Medievale d’Issogne, dominato dalla
Torre del Priorato di Sant’Orso. È questo l’in¬
sieme esterno e pittorico del Padiglione Piemon¬
tese, dove il tipico stile gotico piemontese si in¬
treccia ai motivi dell’arte borgognona — e come
è accaduto dell’arte è stato della dinastia, dive¬
nuta, varcando l’Alpi, da Borgognona Piemon¬
te e e da ultimo Italica. Questo è stato anche
il concetto espresso nel suo succoso discorso da
Alfredo d’Andrade, a cui il Re
ha stretta lungamente — ringra¬
ziandolo — la mano.
Questa in succinto, compiutasi
in due ore, la cerimonia inaugu¬
rale dei primi quattro Padiglioni
Regionali: e, siccome il tempo è
galantuomo, verranno poi le in¬
augurazioni degli altri otto padi¬
glioni che
Valle Giulia, dove il Re e la Regina fecero
compagnia al granduca Boris ed alla grandu¬
chessa Maria Paulowna Wladimiro, venuti da
Pietroburgo, in nome dello Czar, a felicitare il
Re d’Italia e la nazione italiana, e ad inaugu¬
rare il Padiglione Russo delle Belle Arti, una
mostra delle più caratteristiche e più fortemente
impressionanti di Vigna Cartoni.
E se io era il i 3 a Roma, non era possibile
che potessi trovarmi a forino dove, quasi alla
stessa ora, inauguravasi all’Esposizione un pa¬
diglione grandioso delle ricchezze dell’Italia con¬
temporanea — il padiglione dell’ Industria serica.
Vi si ammirano i più svariati prodotti, ed i me¬
ravigliosi bachi che dondolando le grosse teste
aggomitolano il bozzolo filando la seta.... mentre
ad impostare, mangiando la foglia!...
Giokixo.
Il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
io filo
1 1 maggio
14
io
1 1
nografica,
i3
- Roma. Aperta al pubblico l’Esposizione Int¬
elaila c|ualc partono le staficttc ciclisti¬
che del VAudax per portare a Torino il saluto di
Roma.
— A Valle Giulia inaugurato il gran Ponte del Ri¬
sorgimento sul Tevere, ad un arco solo, unente
l’Esposizione di Piazza d’Armi a quella di Valle
Giulia.
— Il Re e la Regina inaugurano solennemente in
Piazza d’Armi i padiglioni regionali Emiliano, Ve¬
neto, Lombardo e Piemontese.
— Arrivano, mandati in missione dallo Czar, il
il granduca Boris e la granduchessa Maria Paulowna
Vladimiro, ospiti al Quirinale.
Torino , Inaugurato all’Esposizione il padiglione del¬
l’Industria serica.
Roma. Arriva a sera la rappresentanza municipale
di Parigi.
— A Valle Giulia presenti i Sovrani ed i Gran-
duchi russi, inaugurato il padiglione russo di Belle
Arti.
— Presenti il Re, la Regina, i Granduchi russi, prima
seduta dell’assemblea generale dell’Istituto interna¬
zionale di Agricoltura.
— All’Augusteo primo concerto della Società Corale
di Vienna.
— Da Ponte Salario alle i 5 .i 5 partenza degli 86
ciclisti per il "Giro d’Italia,, prima tappa Roma-
Firenze, chi 1. 359,100.
— AI Quirinale banchetto di gala in onoie dei
Granduchi russi con scambio di brindisi del Re e
del granduca Boris.
In Campidòglio banchetto del municipio alla rap¬
presentanza municipale di Parigi.
Torino. Le staffette dell ’.lrda.r, arrivate da Roma
la sera innanzi alle 21, presentano a mezzodì in
municipio il messaggio di Roma.
— Inaugurato il Congresso dei Commercianti ed In¬
dustriali.
Roma. A palazzo Margherita garden party (con
esecuzioni della Società Corale Viennese) in onore
dei Granduchi russi, che partono la sera per Fi¬
renze.
Gaietti Carlo (Bianchi) taglia primo il tra¬
vincendo la prima tappa del “ Giro d’I-
Arriva, con alla testa il capitano generale
de Rivera, la missione spagtiuola recante a
al Re le insegne e
io
Firenze
guardo
talia „.
Genova
Primo
Roma al Re le insegne e l’uniforme di colonnello
del reggimento “ Saboya „.
Roma. Nel Padiglione dei Congressi a Castel San¬
t’Angelo inaugurato il a. 0 Congresso dei Probiviri
Italiani.
Firenze. 1 granduchi russi Boris e Malia Paulowna
Vladimiro, visitano la Mostra del Ritratto.
— Arrivo della rappresentanza municipale Pari¬
gina e serata di gala in suo onore al Politeama Fio¬
rentino.
Roma. Al Quirinale solenne ricevimento della mis¬
sione militare spagnuola, in onore della quale la sera
banchetto di gala, con scambio di brindisi del Re e
del generale Primo de Ri vera.
Genova. Alle 17.21 al Lido d’Albaro arrivo dei
corridori del “ Giro d’ Italia „ tappa Firenze-Ge-
nova, chil. 26r, 5 : primo Borgarello di Torino.
rimangono.
Un’altra inaugurazione, di ca¬
ntere internazionale, vi è stata
giorno dopo, i 3 maggio, a
| MARASCHINO
LUXARDO .
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 1 1
160
11 3i maggio uscirà i edizione italiana del
Martirio di San Sebastiano
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si aggiungono ora (1011) raccolte in un volume lo due opero:
SPERANZE e GLORIE.
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Nella prima opera sono riuniti i più importanti discorsi d’argomenti commemorativi
e sociali, dei quali ecco l’indice :
Per una distribuzione di premi.
Per l’inaugurazioce di un cir¬
colo universitario.
Per la questione sociale.
Per il V Maggio.
Per Giuseppe Garibaldi.
Per Gustavo Modena.
Per Felice Cavallotti.
Nella seconda opera si trovano i tre meravigliosi scritti su le Tre Capii ali
(Torino - Firenze - Roma)
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La maschera di Bruto. 5.° migliaio. 3 —
La cena delle beffe. 21.° migliaio . 3 —
L’amore dei tre re. 12.° migliaio . 3 —
Tignola. 3.° migliaio.3 —
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GIULIO ADAMOLI
Da San Martino a Mentana
ricordi di un volontario.
In quest’anno dedicato alla memoria del Risorgimento, crediamo utile ristampare
in edizione popolare questo libro ch'ebbe già un grandissimo successo, e fu para¬
gonato ai ricordi dei Mille Giuseppe Abba. L’opera si divide in nove capitoli:
In Piemonte (1859).
San Martino (1859).
In Sicilia (1860).
Sul Volturno (1860).
Aspromonte (1862).
Sul Chiese (1865).
Vezza d’Oglio (1866).
In Roma (1867).
Mentana (1867).
L’autore,già garibaldino, ora Senatoredel Regno, narra i fatti che ha veduto c a cui prese
parte: presenta i personaggi grandi e piccoli con cui ha combattuto. Numerosi gli epi¬
sodi inediti. 1 racconto è lesto, personale, semplice, caloroso ed elegante al tempo stesso.
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loquio con Canalejas. - ni. Cavalieri, alle
armi ! -ìv. La Cattedrale in ritardo.- v. Con¬
venti ed affari. - vi. La scuola popolare. -
va. Spagna, popolo di letterati. - via. A
Roma, non a Canossa.-ix. La Spagna delle
regioni. - x. Dalla politica eroica alla po¬
litica realistica. —
Un volume in-16 con due ritratti : Due Lire.
DEL MEDESIMO AUTORE :
Della Religione, della Chiesa e dello Stato, considera¬
zioni. con special 1 riguardo all • relazioni f ra la Chie¬
sa e lo Stato nella vira e nelle leggi italiane. L. 4 —
Dalla Monarchia alla Repubblica. Lettere portoghesi 2 —
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Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NQDARI in Lugo di Vicenza.
r
FWTREVE5
S. A. R, LA PRI.N’CIFESSA LaETITIA E LE AUTORITÀ PASSANO SUL PONTE MONUMENTALE PER RECARSI ALL* INAUGURAZIONE (fot. G. Uh.rtalli e F. Morsoli» - Succ. A. Ambrosio, Torini).)
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FASCICOLO n.° LE ESPOSIZIONI DEL 1911
l62
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 11
Nel Padiglione della
Città di Parigi.
Il Padiglione della Città di Parigi.
preziosissima collezione di pizzi, di ventagli, di
tabacchiere. Non cerchiamovi quindi nò un qua¬
dro storico di arte decorativa antica, nò una
visione completa dell’attività moderna: di que¬
stuiti ma offrirà certo documenti più importanti
il Palazzo della Francia che sorge dalla parte
opposta del fiume: questa non è che una rac¬
colta di poche cose squisite che richiedevano
una cornice speciale per il loro pregio artistico
e pel loro valore materiale; l’unità estetica viene
alla mostra da quel senso nativo di eleganza di¬
stinta e raffinata che è il carattere non mai
smentito dell'arte francese. Non c’ò da fare della
filosofia dell’arte, raggruppando le cose esposte
in un quadro estetico; il saggio esiguo non lo
consente; non c’è che da seguire passo passo
nelle sale l’ordinamento delle belle cose elegan¬
temente esposte e goderne la visione.
Il garbo ed il gusto francese non sono ve¬
nuti meno alla loro fama: le sale sono messe
con sobria e sottile eleganza: lucidi impiantiti
di legno o a mosaico; pareti tese di seta, lu¬
cernari a vetrate dipinte; e in questa cornice i
vecchi e i nuovi ori, le stoffe autentiche c quelle
rinnovate, i vasi ed i quadri nella luce uguale
e diffusa: si sente di entrare in casa di gente
che per secoli e secoli ha tenuto lo scettro del
gusto, che ha imposto al mondo intero le forme
artistiche dell’intimità domestica, e che anche
nell’ora presente in cui nuove tendenze etniche
Esclusa l’arte pura, resterebbe pur sempre alla
mostra torinese delle industrie e del lavoro il
vastissimo campo delle arti decorative. Sarebbe
certo non privo di interesse c di utilità cercare
nelle manifestazioni dei varii paesi lo stato pre¬
sente delle cosidette industrie artistiche e valu¬
tare il cammino percorso dall’ultima memorabile
mostra del 1902. Ma per ora questo sguardo di
insieme non ò consentito: troppe sezioni sono
ancora in via di allestimento, dalle quali è le¬
cito attendersi qualche saggio più significativo
di quanto siano i pochi ora in vista: conviene
per ora riserbare ogni giudizio sintetico ed at¬
tenersi a qualche mostra che fa da se.
Tale è quella clic ha raccolto i suoi documenti
nel Padiglione della Città di Parigi che sorge
presso le scalee del Ponte Monumentale. Con¬
viene non lasciarsi ingannare dal nome: la mo¬
stra non è un puro contributo della città di Pa¬
rigi: questa vi contribuisce con una scelta di
oggetti tratti da quel Musco Carnavalet che ac¬
coglie i documenti artistici ed aneddotici della
città; e con varie mostre relative ai servizi pub¬
blici parigini: l’igiene, l’alimentazione, l’ufficio
antropometrico; ma lo Stato vi ha una parte
importante coi prodotti delle due grandi mani¬
fatture nazionali di Sèvres e dei Gobelins, e coi
mobili tratti dalle ricche raccolte del (iarde n/en-
/de de l'Etat: una signora, vi aggiunge la sua
Una delle grandi sale del padiglione della Città di Parigi.
sono venute ad affermare il loro diritto, con¬
serva quelle delicate tradizioni di stile, di ar¬
monia c di sobrietà clic sono il retaggio delle
nobiltà secolari. Gli oggetti non vi si affastel¬
lano come nelle sale di una mostra: si integrano
nell’ambiente signorile come elementi decorativi:
vi assumono il vero ufficio per cui furono creati.
Così fin dalla prima sala. Par di entrare non
in una sala di esposizione, ma in una ricca an¬
ticamera di un palazzo principesco: sulle deli¬
cate stoffe delle pareti i gobelins mettono la ric¬
chezza armoniosa dei loro toni velati dal tempo:
attorno le sedie nello stile di Luigi XVI, tese
di stoffa rossa attenuata dal tempo, mostrano i
loro fiorami in tappezzeria di Beauvais: nelle
bacheche dorate le tenere paste dei biscnifs della
Manifattura di Sèvres, biancheggiano di candore
discreto e fine: trionfi per tavola, gruppi da ca¬
minetto: nudità mitologiche raffinatamente in¬
gentilite. I Insenits sono riproduzioni, ma gli
arazzi c le sedie sono autentiche. E l’arazzo
maggiore è un capolavoro del settecento. E lì
tnonjo di Mardocheo tessuto da Monmerque su
cartone di De Lroy, lo squisito pittore, il ri¬
trattista delicato e forte che dipinse per i go¬
belins la serie dell 'Mlstoire d'Esther. E certo
molti moderni potrebbero impararvi un po' di
scienza di composizione e di armonia di colore.
Armonia di colore che ò meravigliosamente ri¬
prodotta nel sottile tessuto lanoso. Vi sono drap¬
peggi turchini e grigi d’ima delicatezza e di una
Il PRIMO S A L O N E (all’entrata).
La sala dove sono esposti i famosi “ Gobelin s
S A L ONE I M P E R O
(Fotografìe Cliass.au Rinvieni».)
Sala dei S è vres
LE ESPOSIZIONI DEL 191
164
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
morbidezza che rivaleggiano con l’opera del pen¬
nello: vi è un paludamento rosso che è una mera¬
viglia di smaglianza armoniosa. Di contro stanno
arazzi a fiorami in forma di lunghi pannelli de¬
corativi: sono entrecroisécs destinati a occupare
gli spazi fra le finestre.
La vecchia e gloriosa manifattura che Jean
Gobelin fondò verso la metà del quattrocento
sulla riva della Piòvre e che Colbert acquistò
per lo Stato, dopo averci mostrato una delle
sue pagine storiche più belle, ci ofire saggi
della sua attività moderna. Lo Stato si è rivolto
negli ultimi anni a molti artisti per averne car¬
toni da tradurre in tappezzeria: non sempre la
sua sollecitudine fu ricompensata; Puvis de Cha-
vannes mori senza esser giunto a fornire i suoi
cartoni, ed è peccato perchè la sua arte era per
la sua nobiltà e per la sua stilizzazione decora¬
tiva della forma e del colore singolarmente adatta
alla traduzione meccanica. 1 Gobelins hanno ri¬
prodotto opere di Jean Paul Laurens, di Olivier
Mer.sou, di Rochegrosse; ma qui non figurano;
per contro una intera sala è destinata a Chéret.
Jules Chéret ha avuto pei suoi cartelloni, in
cui donnine sgambettanti per aria ostentano le
tinte crude delle loro carni bistrate e dei loro
abiti sgargianti una grande fama; i critici fran¬
cesi hanno scoperto in lui il legittimo rampollo
di Watteau e di Fragonard: è un’arte non
priva di brio, ma che stanca terribilmente con
la sua sbrigliatezza epilettica, i suoi tipi da cafe-
c/inntaiits e le sue luci crude da ribalta. Se stanca
nell’effimero genere del cartellone, stanca anche
più tradotta in arazzo. Nei quattro che ornano
questa seconda sala è reso modernissimamente
il vecchio motivo delle quattro stagioni: sono
figure di donnette moderne che hanno il torto
di esser campate in aria come dee della mito¬
logia: l’ Estate sembra una divelle ; XInverno un
mannequin di qualche gran magazzino; Au/unno
una Diana da revue; la Primavera una soubrette
seduta per aria sopra un cespo di rose: i toni
delle vesti, gialli, rossi, viola, hanno una cru¬
dezza irritante. Anche meno appropriato appare
questo stile decorativo nelle-stoffe delle sedie
in cui sono figurati profili di donne fra ghir¬
lande di fiori. Credo che dinanzi a questa sca¬
pigliatura moderna, indice prezioso di un pe¬
riodo in cui si era smarrito il senso delle leggi
decorative, anche i modernisti piti accesi prefe¬
riranno i decors settecenteschi e le mitologie....
Ed eccoci al grande salone centrale dedicato
alla Città di Parigi. E un’ampia sala quadrata
con zoccoli, lesene e cornici in finta pietra; in
quella bella pietra arenaria giallognola che con¬
ferisce cosi signorile aspetto all’architettura pa¬
rigina. 11 pavimento e a mosaico a tessclli tur¬
chini e gialli: dinanzi ad una statua della Re¬
pubblica che sta nel centro (.Iella parete princi¬
pale il mosaico si varia in un finto tappeto viola
e giallo di vivace effetto. Le pareti sono ornate
di arazzi c di trofei ili bronzo dorato, riprodu¬
zioni di bellissimi modelli del secolo di Luigi XV.
Su zoccoli stanno enormi vasi di Sèvres, e nelle
vetrine sono raccolti altri vasi minori e statuette.
Cominciamo dagli arazzi. Dietro la statua della
Repubblica è un arazzo decorativo su disegno
di J. Piane, recante le armi di Parigi: il vascello
!• inclita/ nec mergitur. In alto sopra le porte
sono due arazzi, buone riproduzioni moderne
di arazzi di Boucher. Tutta una parete è oc¬
cupata da un vastissimo gobelin lungo otto me¬
tri e alto sei: La morte di Da Guesclin su
cartone di Toudouze, destinato al Palazzo di
giusti/..a a Rennes; composizione di gusto sa¬
namente medievale, in cui la salma del fiero co-
nestabile di Francia appare tra la selva delle
lance e le cappe bianche dei monaci. In que¬
st’opera, che costò sette anni di lavoro, la ma¬
nifattura mostra di non aver perduto la sapienza
di coloro che l’ha resa famosa; vi sono toni
bellissimi. E maggior forza di colore appare nei
due altri arazzi Giasone e Medea e Prometeo e
le Oceanidi, su cartoni di Albert Maignan; com¬
posizioni freddamente accademiche. A questo
riguardo importa osservare che a torto rimpian¬
giamo di non trovare negli arazzi moderni la
fusione di toni degli antichi; le attribuiamo a
perduto senso di armonia, e non è. Traducendo
in arazzo una pittura, i tessitori sono obbligati
ad aumentare di tre o quattro toni ogni valore,
per provvedere all' inevitabile attenuarsi delle
tinte sotto l’influenza della luce. La delicatezza
di toni delle cose antiche, la patina, è una bel¬
lezza tutta moderna; i greci non videro il Par-
tenone color d’ambra come lo vediamo noi, nè
i contemporanei ili Donatello videro il Gatta¬
melata sotto la deliziosa veste di ossido verde
con cui appare ai nostri occhi.
E veniamo alle ceramiche. La manifattura di
Sèvres ha sentito da anni l’influsso delle nuove
correnti decorative. La sua è una modernità di¬
screta, direi ufficiale, ma è aristocratica e fine.
11 florealismo francese vi appare sopratutto nel
gusto del Grasset e del Verneuil: talora si ispira
al Giappone; meno felice mi sembra quando
sposa forme floreali moderne a medaglioni di
neoclassicismo in smalti translucidi. I conosci¬
tori ammireranno la bellezza delle paste, se an¬
che domanderanno pili ardite ricerche di colore
e di forma. Nè molti notevoli sono le statuette
moderne in biscuit.
Una serie di seggioloni Luigi XV, riprodu¬
zione di stoffe del Tissier, appartenenti alla se¬
rie della Storia di Don Chisciotte, completa l'ar¬
redamento.
Invece di scendere la doppia scalinata mar¬
morea al pianterreno, continuiamo il giro: un
luccicare di vecchi ori, una delicata spunta di
pizzi giallognoli: sono le sale composte con og¬
getti storici, prezioso contributo del Museo Car-
navalet.
Sul vecchio impiantito ili legno storicamente
tarlato, sulle pareti tese a stoffa di seta rossa
tramata d’oro, si alzano boiseries dagli eleganti
profili: sono resti di vecchi itólels demoliti, ru¬
deri di un tempo in cui porte e stipiti erano
opera di artisti e non di macchine, testimoni di
queirinimitabile eleganza che fu il settecento.
Un lustro veneziano pende dal soffitto: nelle
vetrine sono pizzi, ventagli miniati dalle stecche
di avorio scolpito, dipinto, incrostato ili argento,
di oro, di bronzo, di madreperla, con scenette
mitologiche nel gusto di Boucher, idilliche nel
gusto di Watteau: sono i piaceri delle dìnettes
sull’erba, tra le grandi masse arboree dei par¬
chi, sotto le statue e le balaustrate muscose;
l’inevitabile scena degli amanti con la gabbia
deU’uccellino, i piaceri della pesca alla lenza; la
non meno frequente scena degli amanti che si
baciano mentre un rivale spia dietro una tenda
o un cespuglio: gli echi pittorici di quella vita
sottilmente frivola, epicureamente galante, in¬
genua e corrotta. Non manca la satira: la si¬
gnora occupata nella difficile confezione della
sua immensa acconciatura. 11 toppe è così alto
che il parrucchiere è dovuto salire sopra una
scala per darvi gli ultimi tocchi, ed il marito la
osserva col cannocchiale.... E poi specchietti,
miniature, tabacchiere dipinte o smaltate; un ar¬
colaio in bronzo e corno, e pizzi a profusione.
È la collezione della signora Ricard.
Ma più mi attraggono i quadri. V’è un gioiello,
un puro gioiello: il ritratto della Du Barry di
Fragonard; scollata in abito giallo, dei fiorda¬
lisi nei capelli castani, contro un fondo plumbeo.
Il pittore licenzioso e sbrigliato, il tecnico me¬
raviglioso, ha dipinto raramente una testa così
studiata, come questa della favorita famosa. Come
tutte le bellezze celebri non è bella: un viso
pienotto, un nasino schiacciato, una bocca non
bella, un seno colmo, una freschezza di gioventù
e nulla più. Ma l’opera d’arte è magnifica per
armonia e freschezza di colore, per quella fu¬
sione di cui si è perduto il segreto. La Repub¬
blica è galante: ha fatto i maggiori onori alla
favorita del re: vi è un altro ritratto di lei, pur
bellissimo, meno giovane, incipriata, meno pe¬
tulante, più cauta nel sorriso: un ritratto uffi¬
ciale....
Alcune altre tele sono qui raccolte: un colo¬
rito ritratto di Laure de Bonneuil, dipinto dalla
Vigée Lebrun, in costume di Saffo, due vedute
di Hubert Robert, in cui la solennità della cam¬
pagna romana è attenuata dalla grazia francese;
due ovali di Boucher con motivi di genere ; una
lavandaia presso il mulino, ed un barcaiuolo, con
finezze di paesaggio quasi moderne; vi sono tre
tele di Boilly: la partenza dei coscritti nel 1807;
la distribuzione dei viveri nella carestia del 1822,
e Payez, payez, l’episodio allora frequente a Pa¬
rigi dell’obolo di pedaggio per passare attra¬
verso le assicelle che si ponevano al disopra
dei rivoli di acque che inondavano le vie, pre¬
ziosi per la storia del costume. Vi sono inoltre
tappezzerie ili Beauvais con soggetti di caccia,
ed una statua di Luigi XIV in acciaio fuso ce¬
sellato e damaschinato, già appartenente a Mas¬
similiano Titon, segretario ilei Re.
Un piccolo salotto Louis XV completa la mo¬
stra. Le pareti sono in legno a riquadri dipinti
di rose e viola, con fiori scolpiti; le sedie sono
a membrature scolpite e tese di damasco verde.
Vi sono ammirevoli orologi a pendolo di Bunon
e Robin, specchiere, un camino di marmo, un
armadio laccato di gusto cinese ed un pizzo
lungo quattro metri a punto di Frància.
Attigua è la sala del Consiglio municipale tesa
in damasco rosso e oro; tavola Luigi XIV con
incrostatura di bronzo; tappeto gobelin a fio¬
rami gialli e neri; bellissime sopraporte en gri-
sailles con putti e quattro ritratti di scabini; i
prcvots des marchands in parrucca e toga rossa,
ili cui uno per mano di Largillières. In due ba¬
cheche sta una raccolta delle nuove monete
francesi, delle numerose medaglie commemora¬
tive e delle placchette stampate dalla Zecca ili
Francia, da Chaplain a Dupuis, da Roty a Char-
pentier.
Converrebbe scendere a pianterreno per vi¬
sitare la sala allestita dagli allievi e ilall’allieva
della scuola di ebanisteria, che prende nome dal
celebre Boulle; ma non è ancora allestita: per
compenso coloro che ai fascini dell’arte prefe¬
riscono quelli della cronaca giudiziaria potranno
contemplare nella vetrina dell’Ufficio antropo¬
metrico la bottiglia di cognac trovata in casa
Steinheil, con le impronte digitali.... È anch’essa
un documento storico, oltreché scientifico: dalle
favorite del re si passa a quelle delle repub¬
bliche: ma i posteri preferiranno verisimilmente
il ritratto di Fragonard....
Enrico Thovez.
(Dalla Stampa ),
Siro Ima
Raccomandata dalie Autorità .Mediche nelle
Malattie polmonari,
Catarri bronchiali cronici,
Tosse Asinina, Scrofola, Influenza
(il A gl) ARSI dalle LUSTRAI-FAZIOSI
unici fabbricami : F. Hoffniann-La Roclic Se C.° - Basilea
LE ESPOSIZIONI DEL
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TORINO. IL PADIGLIONE UNGHERESE (Ardi. Maurizio V
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F RON'TE PROSP1C E N TE IL P O.
Il Padiglione e l'Arte decorativa
1 capisaldi dell'arte decorativa sono tutti in¬
ternazionali, almeno in quanto concernono la
costruzione e lo scopo, ma acquistano, nel tras¬
migrare di paese in paese, un certo particolar
carattere di razza: il quale, nella sua originalità,
dà nell'occhio allo straniero molto più che al¬
l'indigeno. L’ornamentazione ungherese è istin¬
tiva nel popolo: la sua genealogia è tanto antica
quanto forse quella della classica foglia d’acanto.
Essa fu consacrata e tramandata dall'antica in¬
dustria domestica ed ha i suoi più tipici rappre¬
sentanti nei merletti, nei lavori in /ielle, nelle
maioliche
Suo speciale contrassegno c questo: che mai
essa lascia vuota la superficie che vuole ador¬
nare: ma spesso, profonde tuttala sua ricchezza
in un orlo, in un fregio. Somiglia ad una di
quelle piante che in cima ad un esile stelo di¬
spiegano un vero mazzo di fiori. I suoi motivi
sono tutti presi nel regno vegetale: c nella loro
Ungherese*
disposizione domina la simmetria ed il ritmo:
il colore è acceso e dà all’insieme una vivacità
orientale.
In tutte le Esposizioni, l'Ungheria si distingue
presentando sale ammirevoli nelle quali, sono
una amabilità sobria di tinte c di rilievi e una
fusione armoniosa di luci. In questi ambienti,
fanno di sò bella mostra, i mille piccoli delicati
bihelots, i preziosissimi oggetti in oro, i magi¬
strali mosaici, le squisite fioriere in rame mar-
Fronte prospicexte i l P arco d f. l V a lenti» o.
i66
L E E S P O SI 7 I O N I DEL i 9 i i
tellato, le scintillanti iridate mattonelle policrome,
gli arazzi, i disegni, le monete, i mobili finissimi.
E tutti i deliziosi minuscoli oggetti, listati, briz¬
zolati, screziati, picchiettati di pietre dai vivaci
colori, dipinti, rabescati a fiori, a stelle, a scudi,
a scacchiere, terminanti in ricami, in frangio, in
ciondoli: e tutta quell’aria gentile di mistero,
quella sembianza orientale, destano nel cuore
un sentimento dolcissimo di amorosa malinco¬
nia e nella mente mille fantasie e desiderii e
visioni d’un mondo lontano, d’una gente ignota,
d’ima terra piena d’amori e di delizie.
*
Nei primi tempi della loro dimora in Europa,
dimora ormai più che millenaria, gli Ungheresi
risentono tutta l’influenza della vicina Bisanzio.
Questo, è il primo focolare che, in arte, li irraggia
e li inspira. Venne poi l'Italia, alla quale i re j
d’Ungheria, avidi d’arte, in due diversi periodi
storici si rivolsero, prendendola a fonte e mo¬
dello. Da Napoli vennero chiamati lapidari e pit¬
tori, artisti c industriali. Sul cadere ilei secolo XV,
il gran Corvino, Mattia Ilunyadi, impone il suo
ardente entusiasmo pel Rinascimento italiano.
Alla sua biblioteca, amanuensi, miniatori, rile¬
gatori, diedero i più bei codici dell’epoca, degni
di Firenze e di Roma. (Mattia Corvino improv¬
visò delle vere biblioteche, ricche di libri fine¬
mente decorati, giunti sino a noi freschi e bril¬
lanti come fossero appena fatti). Scultori e de¬
coratori, profondono alle Corti di Buda e di Vi-
segrad miracoli d’arte e di eleganza.
Ma, poco a poco, accanto all’arte occidentale
favorita dai principi, si fa strada l’arte nazionale
degli artisti ungheresi già raccolti in regolate
maestranze. Cosi, fin dal secolo XIV, i fratelli
Martino e Giorgio da Koloysoàr, fonditori, an¬
ticipano l’opera del Gattamelata, innalzando mo¬
numenti equestri senza il sostegno mediano. Son
queste le basi, sopra le quali, poco dopo, cioè
dopo il disastro di Moliacs, sorge in Transil-
vania, nell’èra dei principi nazionali, e si svi¬
luppa un’arte schiettamente ungherese. La guerra
due volte secolare che l’Ungheria dovette . so¬
stenere per difendere l’Europa dal pericolo turco,
non riuscì a soffocare nell’ungherese il senti¬
mento dell’arte.
Dopo il compromesso di Dcak ( 1867) subentra
una tregua: il re d’Ungheria giura fedeltà alla
millenaria costituzione ungherese: la nuova èra,
costituzionalmente pacifica, vede risorgere e fio¬
rire l’arte, i commerci e le industrie. La spada
riposa tranquilla nella guaina: l’incudine, il mar¬
tello, il bulino, lo scalpello, l’ago, i pennelli, ri¬
vendicano i loro diritti.
Sempre attaccata al suo passato, sempre ge¬
losa eli se stessa, è stata la nazione ungherese.
Ber mille anni seppe conservare intatta e inco¬
lume la sua lingua, in mezzo all’invadente marea
delle altre lingue dalle quali era circondata nel¬
l’aspro cozzo di tanti popoli avversi. Anche l’arte
magiara, col suo tipo speciale, coi suoi tesori
di forma ha tali tratti da poter gareggiare in
antichità con la lingua stessa. I fiori di tulipano
e di garofano, gii occhi di pavone che fregiano
il mantello del contadino e la ciarpa della don¬
zella o ne adornano gli umili vasi e le semplici
suppellettili, stanno in stretta parentela con l’an¬
tico fiore di loto egiziano, li l’arte popolare recò
nuovi elementi nel vasto campo.
L’arte ungherese, tramandata come una sacra
eredità dagli avi, è tale che, come offre all’u¬
mile chiesa del villaggio i paramenti e le ore¬
ficerie, cosi abbellisce de’ suoi prodotti i son¬
tuosi castelli dei nobili. Ed è questo l’ufficio
della vera arte. Ella si espande come la luce, cir¬
cola come l’aria, lenisce 1 dolori, e l’eco ne resta
durevole su tutti i luoghi del suo passaggio.
1 * ra gli edifici dell’Esposizione di forino, ispi¬
rati in massima parte alla settecentesca archi¬
tettura locale di cui diffuse il gusto l’abate Ju-
vara, artista messinese, spicca, per un suo sin¬
goiar profumo esotico, il Padiglione dell’Un¬
gheria, sotto la tenue luce delle vetrate poli¬
crome. Esso rivela un senso d’arte raffinato,
una ricerca di armonia e di equilibrio dei va¬
lori, una costante preoccupazione estetica. Ben¬
ché il gusto dello strano e del bizzarro — ca¬
ratteristico negli ungheresi — ci sorprenda e,
talora ci urti, dobbiamo nondimeno ammirare
la finezza squisita che li distingue. II loro Pa¬
diglione ci stupisce più di quanto ci attiri, ma
è giusto riconoscere che la sua ispirazione pro¬
viene da uno stile proprio, personale, ben parti¬
colare all’Ungheria, ciò che è merito grandissimo.
Nino n’U rio.
TORINO. Omaggio dei ginnasti francesi ai. Monumento di Re Vittorio Emanuele.
Il Grande Concorso Internazionale Ginnastico a Torino*
Dei grandi convegni prcstabil.ti dal programma di fe¬
steggiamenti di cui Torino deve essere teatro in questi
mesi, limarrà memorabile il Concorso ginnastico federale
internazionale tenutosi nell’immenso Stadium dall’11 al
14 di maggio.
Da ogni parte d’Italia e d’Europa ed anche dail’Africa
accorsero numerose squadre di società ginnastiche, con
fanfare e bandiere. Nei cinque giorni durante i quali si
svolse il Concorso, si trovarono riuniti in Torino non meno
di tredici mila giovani ginnasti d’ogni paese.
Delle varie gare destò grande interesse quella per il
pentathlon (salto misto, lancio dei giavellotti, corsa veloce
e lotta greco-romana), riuscendo primo nel campionato
Cardini, della Virtus di Bologna, a cui fu assegnato il
grande premio reale.
La pioggia molestò, anzi, perseguitò quasi ogni giorno
il Concorso, tanto che il r 3 non potè avere-luogo nello
Stidium il torneo internazionale, essendo la pista ridótta
un vero pantano;
11 torneo ginnastico internazionale — il quinto della
serie — si svolse invece nella sede della società ginna¬
stica di Torino: le nazioni rappresentate erano ot(:o } e le
scpiadre erano formate di sei ginnasti per ciascuna. I ri¬
sultati furono questi:
1. Austria (Praga); 2. Francia; 3 . Italià; 4 Austria (Slo¬
veni); 5 . Lussemburgo; <>. Belgio; 7. Cróazia; 8. Romania.
L’ufficio della Federazione europea decise che il sesto tor¬
neo internazionale ginnastico abbia luogo a Parigi nel
novembre 1913.
11 14 ebbero luogo le gare ginnico-militari presenti il
generale Cappello, il prof. Monti e il colonnello Zavat-
tari del 3 .° alpini olire ad altri ufficiali. La prima gara
consisteva in una corsa con ostacoli disseminati lungo il
percorso dallo Stad.lnn al Poligono del Martinetto. Qui i
concorrenti venivano “ neutralizzati „ di tempo, sparavano
tre colpi contro un bersaglio e tornavano subito dopo allo
Stadium per un percorso uguale a quello d’andata ma
senza ostacoli. 11 risultato fu questo: 1. il sesto regg. al¬
pini (59P compagnia); 2. 73. 0 regg. fanteria (Bergamo);
3 . pompieri di Genova; 4. sesto regg. artiglieria da for¬
tezza; 5 . terzo regg. alpini; 6. seconda squadra pompieri
di Genova; 7. 36 ." regg. fanteria (Modena); 8. 71,° reggi¬
mento fanteria (Venezia!; 9. quarto regg. bersaglieri (To¬
rino).
Per le gare nazionali di squadre, conviene registrare
questi risultati:
Concorso femminile : gara di squadre allieve. — Corona
d’alloro: Istituto nazionale delle lìgiie dei militari;. Scuola
normale “ Isabella „ di Torino: Soc. " Colombo „ di Ge¬
nova; Ricr. “ Sciesa „ di Milano; Soc. Umberto 1 , di Vi¬
cenza; Soc. di Cagliari e di Genova; Orfan. di Cremona;
Associazioni di Padova, di Udine, di Castellanza eòli An¬
cona; “ Sempre Avanti „ di Bologna; Scuola pop. di 'To¬
rino; “ Mediolanum „ di Milano; " Anita Garibaldi „ di
Roma. — Gare di squadre adulte — Corona d’alloro:
Istituto naz. delle figlie dei militari: Soc. “ Francesco
Trotti ,( di Alessandria; Soc. ginnastiche di Torino, di
Siena, di Sestri Pohcnte, di Genova, di» Lodi, di Brescia,
di Cremona, di Vicenza, di .Monza, di Asti, di Lione; la
Scuola “ Duchessa Isabella ,, di Torino; “ Mediolanum „
ed “ lnsubria „ di Milano; Ricr. “Sciesa,,* di Milano.
Gara nazionale allievi. — Corona d'alloro: Orfan. mo-
scliile di Milano; Collegio eli Rivoli; Soc. ginnastica di
Savona, e di Cremona; “ Mameli ( , di Genoya; Ricr. po¬
polare di Vicenza; Soc. di ] 3 agnacavalIo, di Bari, di Pe¬
saro, di Cagliari; Sordo-muti di Lodi; Soc. di Novi Li¬
gure, di Busto Arsizio; Ricr. “ Cairoli „ db Roma; 11 Pro
Italia,, di Spezia; Soc. di Roma, Ancona, 1 Ferrara, Bre¬
scia, Padova, Asti, Vogherà; “ Sèmpre Avanti : di Bolo¬
gna, di Siena, di Lodi, eli Macerata ; Ricr. “'Garibaldi „
di Monza; “ Goffredo Maineli ,, di Milano; Soc. di Castel¬
lanza, di bissone; “ Mediolanum „ di Milano; Protezione dei
fanciulli di Milano ; Scuola pop. ginn, di Bari; Ricreatorio
‘ Sciesa „ di Milano; Soc. “ Patria „ di Carpi; Soc. di Foli¬
gno, di San Giovanni in Persicelo, di Montecatini, di Udine.
Per la gara nazionale le corone d’alloro furono asse¬
gnate alla “ Virtus „ di Bologna, alla Soc. ginn, di Gine¬
vra, alla “Forza c Coraggio „ di Milano, ai pompieri di
Genova, alle Soc. ginn, di Lugano, di Ferrara, di Vige¬
vano, di Ginevra, di Brescia, di Genova, alla “ Sempre
Avanti „ di Bologna.
La premiazione segui la sera del 14 nel salone al Fortino
alla presenza del sottosegretario di Stato per l’istruzione
on. Vicini.
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LE ESPOSIZIONI DEL
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167
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I C) E I N O. I L G R A N D E C O N C O R S () I N T E R N A Z I O N A L E G I N N A S T I C
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(Fot. (ì. l'b. rtalli c- !•'. Morsoli» - Succ. A. A,nl>r 03 io, Torino.)
ROAA. ALLA MOSTRA INTERNAZIONALE DI BELLE ARTI.
P A I) I (ì L I O N E
1) E L L A G E R M AMA.
RADI G I. I O N E D E L E A S V E Z I A.
La SALA DEI VARI ARTISTI SVEDESI. (Fotografie Abeniacar.) Il BRONZO DI RI ILLES NELLA SALA ZoRN.
170
LK ESPOSIZIONI DEL 1911
Pio J o h 1 s. - Figlie di patrizie e figlie di plebee (Esposizione Retrospettiva italiana) (fot. .ulnari).
ARTE E FIORI A FIRENZE.
La Esposizione Retrospettiva Italiana. - La Mostra di Floricoltura Internazionale.
Il periodo csportivo di Firenze ha raggiunto
il massimo della sua intensità in questo suo
dolce maggio: — vogliamo fare ancora delle va¬
riazioni storico-poetiche sul maggio fiorentino?
Accanto alla grande Mostra del Ritratto, che
continua a deliziare i competenti e a meravi¬
gliare gli incompetenti, c’è una Mostra d’Artc
Moderna, la Retrospettiva, promossa dalla So¬
cietà delle Belle Arti, e c’è l’Esposizióne inter¬
nazionale di floricoltura: arte antica, fiori fre¬
schi, arte nuova.... non mai Firenze mi è sembrata
così Firenze. Si vorrebbe non conoscerla ancora
per aver la gioia di vederla la prima volta così
adorna dei suoi attributi più vaghi, la città cara
alle Grazie.
Ciò non toglie che alla “ Esposizione Retro¬
spettiva di Belle Arti „ si possa fare qualche ap¬
punto, almeno formale: per esempio quello di
non corrispondere in tutto alle promesse del suo
titolo. Si immagina di trovare una serie di opere
d’arte che esprimano più o meno compiutamente
un periodo della pittura e della scoltura italiana
che ci facciano vedere, almeno in iscorcio, quella
che è stata l’arte di ieri, e invece si trova un’an¬
tologia piuttosto casuale di opere che hanno
quasi cinquant’anni e che domandano di essere
giudicate con l’occhio dello storico e di opere
che ne hanno uno o due e che di pieno diritto
rientrano nell’arte contemporanea.
Gli ordinatori dell’Esposizione hanno avuto
un’idea piuttosto originale, di raccogliere delle
opere le quali avessero un carattere retrospet¬
tivo non tanto per la loro data di composizione
quanto per la data di nascita dei loro autori. Si
sono rivolti agli artisti i quali avessero già com¬
piuto i quarantacinque anni — liberi di averne
anche novanta — e hanno domandate le loro
opere, fossero dipinte o modellate sei mesi o
cinquant’anni fa: il termine a quo era fissato
nell’anno 1862. Da questo ordinamento pregiu¬
diziale è venuta fuori una Esposizione che in
alcune opere è veramente retrospettiva e ricorda
spirito c forme d’arte a cui non siamo piti con¬
temporanei, insieme con
opere che, per essere
prodotte da artisti già
quarantacinquenni, non
cessano aifatto di essere
attualissime. Non è forse
molto attuale un busto
del Caruso modellato da
Cifariello ? Ebbene la Re¬
trospettiva ci offre Cifa¬
riello e ci offre Caruso.
Ci offre anche — at¬
tualità di miglior natura
- quattro cere di Medardo Rosso. Il più sin¬
golare degli scultori nostri, colui che con audace
innovazione, ha voluto trasformare la scoltura
in una specie di pittura modellata, l'artista molto
discusso ma certo unico nei suoi effetti, il rivo¬
luzionario di fresca rinomanza rango, in una espo¬
sizione che nel nome promette delle impressioni
pacate, delle contemplazioni quasi storiche ! Pur
troppo dev' esser vero che è quasi più lacile
fare una bella opera d’arte che raccogliere delle
belle opere in un ordine logico.
Del resto, se un momento rinunciamo alle no¬
stre pretese storiche, se consideriamo questa re¬
trospettiva nel suo insieme un po’ casuale senza
pretendere di piti di quello che può darci, vi
ritroviamo dentro una bella serie di opere che
non dovranno esser dimenticate quando si farà
la grande Retrospettiva dell’ultimo cinquanten¬
nio dell’arte italiana.
Con certi quadri si risale non poco in su per
l’anfiteatro degli anni. Siamo nel '64 con la bella
monaca bianca che si avanza così piamente nel
quadro di Edoardo Tofano: siamo nel'62 con i
paesaggi riposanti e orizzontali dell’Avondo, che
è morto l'anno scorso. Tutta la scuola meri¬
dionale di quarant’anni fa è rappresentata da
opere significative. La pittura storica minuziosa,
molto composta ma non senza un certo sapore
di verità, parla nel quadro dell’altro meridionale
Miola Plauto Mugnaio, che viene dal Munici¬
pio di Napoli. Ma la bella pittura franca e di¬
retta che presuppone i grandi esempi del Mo¬
relli, splende nelle Mummie di Paolo Vietri,
e nelle audaci impressioni di Antonio Mancini!
Quelli che si mostrano in un gruppo piti omo¬
geneo e più caratteristico sono" naturalmente i
vecchi toscani, i buoni pittori coscienziosi che
sapevano la vita intima delle loro campagne e
la rendevano con una sincerità profonda a cui
non manca che un po’ di gioia nel colore: Rug¬
gero Panerai, che nel Cavallo malato e nel Guado
evoca la grande poesia della Maremma, Rug-
g-ero Focardi, semplice e limpido, e i due Gioii,
Francesco e Luigi, pittori di movimento e di
bravura, instancabili a rendere gli aspetti della
vita nella loro Toscana; cavalli del piano e con¬
tadini del monte, chiare visioni del vero fer¬
mate in tele spesso vaste. E con questi pittori,
clic hanno innegabilmente un carattere retro¬
spettivo, il loro compagno scultore, Augusto Ri¬
volta che ci riporta alla sua prima giovinezza
alla crinolina declinante e all’ultima poesia ghi¬
bellina con le sue statue il Ritorno dalla posta
e Gian Battista Niccolini.
Nella loro varietà si sente qualche cosa di
unico, se non una scuola, certo un’ispirazione
comune, un momento insomma della nostra arte
e un momento caratteristico.
11 resto dell’Esposizione, tanto la parte retro¬
spettiva quanto la parte attuale — c’è anche
questa, e comprende tutti gli artisti residenti in
1 oscana — è diffìcile ad essere inchiuso in un
ciclo omogeneo. Si va da Mario de Maria —
sempre grande poeta e grande pittore — al
Morbelli, da Traiano Chitarin al Belloni, dal
Mcntessì al Laurenti e, tra i giovani che ora¬
mai hanno il loro posto nell’arte nostra, da
Adolfo De Carolis a Galileo Chini, dal Nomel-
lani al D’Achiardi. Una serie d’impressioni d’arte
in cui forse lo storico dell’avvenire riuscirà a
trovare un’unica nota, caratteristica del loro
tempo, ma che a noi risultano diverse e quasi
inconciliabili come è diversa la personalità dei
loro artisti. In ogni caso una mostra di opere
che sentono la freschezza del cavalletto e la
volontà di riuscir nuove: niente che possa esser
contemplato con la pacatezza un po’ melanconica
delle Retrospettive.
Valgon meglio i vecchi, i più che quaranta-
cinquenni, o i giovani? Nemmeno a questa do¬
manda la Mostra fiorentina può pretendere di
dare una risposta, chè giovani e vecchi hanno
latto assai piti di quanto qui risulti. Qui c’è una
collezione un po’ mista, un po’ ineguale di cose
vecchie e di cose nuove; piuttosto fan ricordo
pei chi sa che una dimostrazione per chi non
sa. In ogni modo interessante.
Confesso che più interessante mi è riuscita la
Esposizione, nazionale e internazionale, di fiori-
coltura. Interessante perchè corrisponde a uno
dei sentimenti piti spontanei e più universali,
lamore dei fiori; più interessante perchè ci ri-
\ela rare bellezze sconosciute in questo domi¬
nio della bellezza.
Ber chi ama i fiori nella loro poesia sponta¬
nea 1 umile pratolina fiorita sulla brughiera, può
valere il più pomposo esemplare d’orchidea;
anzi 1 effetto complessivo del prato in fiore —
sieno le genziane del monte o i rosolacci del
piano è pittorescamente e sentimentalmente
superiore a quello di un gruppo ben compa-
gnato di azalee di nuova specie o di anturii di
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI • Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO rtEABRO DELLA GIURIA
r 7 i
LEvESPOSIZIONI DEL t 9 it
Le Ninfee. Un viale.
La MOSTRA DI FlORIGULTURA (fot. Istituto Miccoprafico Italiano,)
nuovo stile. Tutta l'arte di cui si compiace l’arte
nostra è abbastanza lontana dalla natura per¬
chè anche tra i lìori si sappiano apprezzare
quelli che dalla natura sono più discosti.
In fin dei conti tutti i nostri fiori, quelli che
ammiriamo sul seno della donna ammirata c
quelli che portiamo nel funerale dell’amico rim¬
pianto, sono fiori naturali fino a un certo punto.
Chi vorrebbe ridurre le rose alla loro forma
primitiva di eglantine a quattro petali, o
il garofano complicato al piccolo boccio
sfrangiato del suo tipo competitore? Una
grande esposizione di fiori, come questa di
Firenze, ci dimostra che i fiori non sono
più un genere, molte speci, ma quasi infi¬
nite varietà individuali, come gli uomini.
Ogni vaso, ogni cespo meriterebbe un’os¬
servazione particolare, come la merita, per
l’artista, ogni uomo, qualunque uomo.
Se ogni fiore è un individuo è logico che
abbia anche come ogni uomo un nome suo.
E lo ha. Uno dei divertimenti, per un pro¬
fano, può essere anche quello di conside¬
rar questi nomi. Chiunque abbia un certo
amore della proprietà della sua lingua, de¬
sidera, all’occasione, poter definire anche
un fiore con un nome un po’ più preciso
che non sia quello di rosa rossa, o garo¬
fano sanguigno.
Aimè, bisogna rinunciare sotto pena di
non farsi comprendere se non dallo spe¬
cialista. Vedete, tra le rose compaiono dei
nomi che assolutamente mi paiono inadatti
a fissare nel ricordo la loro particolare bel¬
lezza. I lo imparato per esempio, che una
varietà di rosa si chiama Frali ObcrhoJ-
gartner Singer, vale a dire: “Signora Sin¬
ger moglie del capo giardiniere di corte „ :
non dev’esscr facile farlo entrare in un en¬
decasillabo e nemmeno in un biglietto dolce
che accompagni un mazzo di rose degne di
esser chiamate con questo nome.... Disgra¬
ziatamente non potrei nemmeno tentare di
descrivere come sono le rose che si fre¬
giano di un nome così germanicamente uf¬
ficiale, perchè la signora Singer che ho
vista — in vaso — non era ancora fiorita.
In compenso si pavoneggiavano nella
bellezza del loro fogliame decorativo, bian¬
co venato di violetto e di rosa, Pietro Ma¬
scagni e anche Michele Amari, lo storico
dei Saraceni in Sicilia — i quali floreal¬
mente, se ben ricordo, appartengono alla
specie degli nninru e vanno tenuti in serra
anche questa stagione.
La serra ci vuole sempre anche per le
orchidee. Alla Esposizione di floricoltura
fiorentina ce n’è una collezione che non è
facile trovare riunita. Le orchidee sono tra i fiori
quello che tra gli uomini sono i milionari: sono
milionari esotici che non hanno sempre la deli¬
cata deganza del gran signore nostrano, ma hanno
m compenso degli atteggiamenti che sarebbe as¬
surdo non voler ammirare. Insieme con le or¬
chidee più comuni che hanno la forma di po¬
lipi verdastri, con quelle che ricordano vaga¬
mente le tenie, ci sono dei tipi di delicatezza
impareggiabile: infiorescenze che assomigliano
a misteriose fronture di coralli, screziate dei
più delicati colori della piti scintillante tavolozza;
gemme in forma di fiori.
Sono i floricoltori inglesi e belgi che vogliono
la palma nell’arte di variare all’infinito le mira¬
bili creature della foresta tropicale. Ma questa
volta gareggiano con loro anche floricultori no¬
stri, la scuola di floricoltura fiorentina e alcuni
privati: il marchese Carlo Ridoìfì, che presiede
Chi saprebbe trovar le parole per dire i fìam-
meggiamenti, i pallori, la morbidezza di tutta
questa avventante bellezza floreale? E in tutti
i generi di fiori e di piante ornamentali, nei ro¬
dodendri come nelle dracene, nelle petunie va¬
riamente superbe come nelle cicadee e nelle
palme, i nomi dei floricultori toscani compaiono
trionfali. Non vi dirò quanti premi si sono me¬
ritati perchè si sa che ad una esposizione di
fiori un premio non si nega a nessuno.
Son così belli sempre i fiori, come i bam¬
bini! Chi vorrebbe negare un confetto a
un bambino?
Queste ricchezze del regno di Flora —
non dimentichiamo le pallide cinerarie, le
calle grasse, le ortensie melanconiche, i
modesti e fragranti piselli odorosi — sono
un po’ diffuse nelle aiuole declivi del Giar¬
dino di Floricoltura, un po’ riparate sotto
gli ampi padiglioni. Ce ne sono in terra c
in vaso, ce ne sono anche recise e com¬
binate come pronte per un dono. La ri-
strettezza dello spazio e il numero grande
degli espositori non ha consentito sempre
una disposizione che sia anche nell’insie¬
me un modello dell’arte di disegnare un
giardino. Ad un’esposizione è impossibile
togliere quel carattere un po’ artificiale
che è dura necessità di qualunque espo¬
sizione.
Ma il Giardino, pur ingombro di padi¬
glioni, pur diviso e suddiviso in aiuolette
e disegnato di musaici fioriti, ha viali tran¬
quilli e aperture soleggiate; è un armonico
insieme di particolari che non si sovrap¬
pongono c non si offendono. Se c’è qual¬
che chiosco che risente — aimè — della
baracca di fiera, c’ è qualche ornamento
nuovo che farebbe onore al più signorile
dei parchi: la loggetta veramente aerea di
pietra serena, di maioliche policrome e di
belle terrecotte in cui la manifattura di Si¬
gila espone le sue statue, i suoi vasi, le
sue colonne riprodotte dall’antico, è un mo¬
dello di buon gusto espositivo.
E duole che questo convegno di fragile
bellezza sia troppo fragile, che le azalee
vadano rapidamente perdendo le loro ni-
vec fioriture, che le rose sparpaglino la
loro caduca bellezza sul prato, che così
presto passi questa magnificenza della na¬
La Grotta delle Ninfee.
al Comitato ordinatore della Esposizione, con¬
tende con i prodotti delle sue serre alle più
ricche serre di Francia, di Germania e d’In¬
ghilterra.
Ci sono due regimi in Italia in cui l’arte del ,
fiore ha raggiunto un’abilità che merita essere .
segnalata: la riviera ligure e questa nostra To- [
scana. La riviera ligure trionfa qui con i suoi
garofani prodigiosi che sembrano aver aggiunto
qualche gamma alla gamma naturale dei colori, j
tura che l’arte ha fatta più magnifica.
Anche per questo bisogna ammirare i
floricultori che pazientemente studiano e
provano per offrire ai nostri occhi que¬
sti capolavori di un giorno che ci ammoniscano
della caducità delle cose belle.
Ici-bas tous Ics lilas meurent
Tous Ics chants rics oisenux sotti courts.
Ma quando i fiori sono in fiore e gli usignuoli
gorgheggiano, si può anche, come il poeta, sognare,
Ics priufemps qui doncuretii toujours.
Giulio Caprin.
50 années
succes:
contre les TOUX usez des Pastilles
FIRENZE. LA flOSTRA R E T R
Mari us Pictok (Mario De Maria). - Notte a Venezia.
Paolo Vetri. - Le Mummie.
(Fotografie
74
LE ESPOSIZIONI DEL i 91 i
T O R I N O.
I N A U (i U R A Z I O N E 1) E L
DADI (i L I () N E R U S S O.
Costumi russi all’ inaugurazione.
La principessa
Lai. ii ha coll Ambasciatore di Russia e le autorità entrano nel padiglione.
(Loto^ralic G. V bcrtalli c F. Morsolin - Succ. A. Ambrosio, Torino.)
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
Le nuove Inaugurazioni a Torino.
(Nostra corrispondenza.)
24 maggio.
Questa volta vi scrivo dalla vecchia e buona
capitalo subalpina. Li ho letti aneli’ io gli arti¬
coli stroncativi., apparsi qua e là, ed inspirati
ad egregi colleglli dal fatto clic, ai 29 di aprile,
nel giorno della generale inaugurazione, l’espo¬
sizione era più immaginaria che reale. E che
perciò? Quali sono le esposizioni che sfuggono
a questa fatalità di non essere pronte nel giorno
della prima apertura?...
Vengano un poco adesso a vedere se l’Espo¬
sizione c è ?... Penso che non tarderanno a
sorgere le ^ querimonie perchè ce n’ è anche
troppa, e c c da stancarsi a volerne fare il giro,
non dico in poche ore, ma solo in un paio dì
giorni.
Alcune nostre gallerie italiane sono in ritardo;
ma i padiglioni esteri, le grandi sezioni straniere
sono quasi totalmente in ordine e bastano da
sole a soddisfare la più esigente curiosità.
Otto giorni sono, il 18, fu inaugurato il bel
padiglione serbo. A Roma la Serbia ha ottenuto
un vero successo con la sua mostra artistica;
qui lo ottiene con la varia e bene ordinata mo¬
stra agricola-industriale-etnografica.
Il tempio ortodosso, dalla calda espressione
orientale, c stato il tipo prescelto per questo
padiglione, nel cui interno sono raccolte tutte
le varie forme di. produzione naturale e di la¬
voro che caratterizzano l’attuale periodo di ri¬
nascita del popolo serbo. E un continuo trionfo
della produzione agricola. I legnami serbi sono
esposti in tutta la loro ricca varietà. Sono me¬
ravigliose le canape bionde, e le barbabietole
bianche. Ricca la produzione dello zucchero di
barbabietola, che è una delle industrie ora più
fiorente in mezzo a quei popolo ardente, fedele
alle ane tradizioni agricole e pastorali.
I n saggio pittorico attraente della vita popo¬
lare serba è dato — nell intelaio del padiglione,
nell angolo a sinistra — da un gruppo caratte¬
ristico di figure grandi al vero, in atto di com¬
piere il patriarcale rito della Slava. Quando in
questo o quel borgo o paese di Serbia ricorre la
festa del santo patrono del luogo, la famiglia, ne¬
gli abiti più solenni, si raccoglie tutta attorno
al vecchio capo, che benedice e distribuisce ai
convenuti la sontuosa focaccia tradizionale. La
moglie, i figli, i nipoti, i cognati prendono con
reverenza dalle mani del capo la porzione ri¬
spettiva, la baciano con religiosa commozione,
poi si siedono a tavola a fare onore all’odoroso
arrosto di agnello cotto infilato nell'avito schi¬
dione. È una festa famigliare, che si trova an¬
che da noi, presso molte delle nostre popola¬
zioni alpine, specialmente apenniniche, dell’Italia
Centrale e Meridionale.
Questo gruppo di famiglia serbo è di bellis¬
simo effetto, e attorno ad esso si raccoglie con
simpatia la curiosa attenzione dei visitatori.
II viaggio in Italia dei rappresentanti della
Municipalità di Parigi e delle altre delegazioni
francesi ha avuto il suo epilogo solenne in To¬
rino, dove gli ospiti arrivarono la sera del 18.
( erano da ricambiare le grandi cortesie che
la Municipalità parigina prodigò, due mesi sono,
in Parigi, alle numerosissime rappresentanze lo¬
cali torinesi recatesi ad invitare i francesi alla
nostra Esposizione. Tutti a Torino hanno vo¬
luto gareggiare nel ricambio delle fraterne acco¬
glienze', ma la manifestazione più caratteristica è
stata radunanza solenne, plenaria del consiglio
comunale di Torino, tenuta nell'aula consigliare
la mattina del 19 maggio.
Come mai far riuscire divertente ed interes¬
sante una seduta di consiglio comunale?...
Eppure fu cosi; intanto, tutto ciò che poteva
avere troppo sapore amministrativo, consigliare,
fu eliminato, dirò meglio, seppellito sotto una
valanga di fiori odorosi. Dall’ingresso, fin su pel¬
le scale, nelle sale, nell’aula fiori e bellissime
piante dappertutto, rendevano impossibile pen¬
sare che si fosse nell’ambiente dove quotidia¬
namente si impilano e si complicano le cento-
mila pratiche burocratiche municipali: dapper¬
tutto fiori dai colori vivaci e festoni c fascio dai
colori delle due nazioni e della capitale subal¬
pina; persino i calamai infìssi negli ottanta ban¬
chi dei nostri consiglieri erano dissimulati da
fragranti mazzi di rose, di garofani e di bhrettcs
O;fiordalisi ; c tutta a fiori era ornata la tribuna
per il pubblico.
Questa volta, però, non affollavansi nella tri-
buna i fautori di 1-rola o di Rossi, gli avversari
di Al berti ni o gli entusiasti di Casalini: nella
tribuna c erano tutte le più belle signore e si-
gnoi me di I orino con toelcttes primaverili che
aggiungevano effetto maraviglioso alla gaiezza
di quella sala tutta fiori e profumi.
Quando nell emiciclo dell’aula consigliare sono
entrati a prender posto gli ospiti francesi, un
simpatico applauso si è levato dalla tribuna piib-
bhea c dagli stalli consigliaci tutti occupati dai
padi 1 cosci itti torinesi sorti in piedi a salutare
1 colleglli parigini. Evitare i discorsi non era
possibile, c la seduta aveva precisamente a
scopo 1 discorsi augurali, che sono stati brevi e
d tti con caldo sentimento dal sindaco, il neo¬
conte senatore I colilo Rossi; dal veterano di
tutte le assemblee torinesi, Tomaso Villa; dal-
1 a\ \ ocato Locca, presidente della Camera di
Cominci ciò c da un consigliere della prefettura
a nome del prefetto assente. A tutti rispose,
pet gli ospiti francesi, con un’improvvisazione
<alda c vibrante Bollan, presidente del Consiglio
Municipale di Parigi, ricordando le ragioni sto¬
rielle, etnografiche, spirituali sulle quali si fonda
la fratellanza delle due nazione
Ea giornata del 19 fu tutta dedicata alle fe¬
stose accoglienze agli ospiti francesi, clic, dopo
la riunione in municipio, furono convitati a Su-
peiga, il cui tempio votivo ricorda la libera¬
zione di 1 orino dai francesi.... di duecento anni
addietro !...
1* esteggiandosi la h rancia non poteva parer
strano che si festeggiasse in Torino anche la
Russia, alleata politica della Erancia e molto
amica dell'Italia.
In latto, nella stessa mattina del 19 veniva
inaugurato all Esposizione, presenti la principessa
Laetitia, il sindaco Rossi, c le solite u altre au*
td ita „ il padiglione russo —- un tipico palazzo
m stile “ imperiale „ racchiudente nelle proprie
sale, aperte attorno ad un’ampia galleria a forma
di lei ro da cavallo, tutte le più interessanti cu¬
riosità comprovanti la svariata operosità, la
grande fecondità industriale ed artistica, e la
ricca magnificenza dell’estesissimo impero, che
oggi fa nuovamente parlare di sè col severo mò¬
nito alla giovine I urchia per il Montenegro, e,
fra le righe, anche per l’Albania!...
1 liiers al buon Eallières; e attorno a quei busti
sono raccolte ammirevoli ricchezze date dallo
squisito gusto artistico e dalla finezza del la¬
voro industriale; nel centro del salone un colos¬
sale gruppo in scultura segna l’apoteosi della
Repubblica.
Ma, poco oltre — dopo là superba galleria
dei gobe/tns ecco il piccolo salone ottagono
d onore, che segna il trionfo della più grande
tradizione francese. In una luce attenuata e tran¬
quilla le tappezzerie di vecchio oro spiccano
sul fondo bianco delle pareti e delle colonne ac¬
coppiate ; dall alto del cupolino a tutto sovrasta
1 emblema della ambita Legion d'onore; e nel
centro, fra lo spazio di un intercolonnio una pol¬
trona imperiale fregiata della simbolica N na¬
poleonica, sembra attendere Colui che non verrà,
mentre dalla parete retrostante un quadro di
gran pregio rappresenta Napoleone I che sul fa¬
moso cavallo bianco passa in rivista i svioi ce¬
lebri granatieri dagli enormi berrettoni di pelo.
Intorno intorno, nelle varie nicchie, numerose
statue ricordano le uniformi dei vecchi soldati
coi quali Napoleone corse l’Europa e fece del-
1 Italia una vassalla del suo fantastico impero.
( hi avrebbe mai detto, nel 1811, nell’anno
della nascita del Re di Roma, che sarebbe toc¬
cato cinquant’anni più tardi alla vecchia stirpe
eli Savoia — con l’alleanza per l’indipendenza ita¬
liana — salvare all’avvenire — a quale avve¬
nire?... — le ultime penne dell'aquila napoleo¬
nica!... Giorino.
Il Diario delle Esposizioni c delle Feste.
18 maggio. - /'orino. Inaugurato all’Esposizione il Padi¬
glione della mostra Serba.
„ „ Firenze. Arriva da Roma la Regina Margherita per
trattenersi a visitare le varie Esposizioni.
T 9 „ lorino. 11 Consiglio Comunale tiene nella mattina
una straordinaria seduta solenne in onore della rap-
P : esentanza della municipalità parigina, arrivata ieri
sera, e di altre delegazioni francesi.
» » — Nella mattina inaugurato all’Esposizione il Pa¬
diglione Russo.
11 » (hieglia. Per la terza tappa del giro ciclistico d’Ita
lia, kl. 274,9, partenza da Genovà alte 6,40, arriva
primo ad Oncglia alle 17,4 Possiglieli dì Pavia.
20 „ /olino. Al Circolo degli Artisti grande banchetto in
Accenno appena al grande banchetto ufficiale
offerto, il 28, agli ospiti francesi nelle sale del
Circolo degli Artisti. Altra giornata francese o
francofila solenne lu quella del 2t, dedicata al-
1 inaugurazione della Sezione Francese. Più che
un inaugurazione fu una benedizione, perchè ve¬
niva giù un’ostinata pioggerèlla penetrante. Ma
1 numerosi invitati — alla testa dei quali era,
intrepida, la principessa Laetitia — non ne eb¬
bero paura, e molti di essi non si degnarono
nemmeno di aprire le ombrelle quando il nume¬
roso corteo, attraverso il gran ponte monumen¬
tale, si recò al superbo palazzo della Francia,
eretto sulla riva sinistra del Po.
11 successo della Sezione Francese — suc¬
cesso che, appena aperta al pubblico, si è im¬
mediatamente affermato, — è dovuto all’infati¬
cabile operosità del commissario generale, signor
Rerville, che vi ha portato tutte le energie del
suo genialissimo temperamento di organizzatore,
di amministratore, di artista.
J1 ministro francese del commercio, signor
Masse, venuto appositamente da Parigi, l’amba¬
sciatore francese a R*>ma, signor Barrère, i se¬
natori francesi Dupont, Mennier, Vermoref, tutti
i rappresentanti e delegati francesi debbono es¬
sere stati ben felici nel vedere rappresentato
così degnamente, cosi espressivamente il loro
grande paese, che, in uno spazio di più che
40 mila metri < uadrati ha riuniti ben 4000 espo¬
sitori, tutti accorsi col proposito deliberato di
dimostrare in modo inoppugnabile che 1 1 Eran¬
cia è nobilmente grande per larghezza dei mezzi
e la bellezza della produzione.
\ i taccio grazia dei discorsi, che -è facile sot¬
tintendere. Sia detto ciò senza mancare di ri¬
guardo agli oratori, il ministro Masse, il signor
Domile, il senatore Secondo Frola, il ministro
Nitti, che emergeva fra tutti per il suo paletot
color caffè-latte chiaro. La principessa Laetitia,
che e nostra, ma è anche francese, ha ricevuto
dagli oratori e dagli ospiti francesi i più signi¬
ficanti omaggi. La Repubblica, non fa passare
in seconda finca la tradizionale galanteria, e
nemmeno la storia.
Nel bel mezzo della grandiosa Sezione Eran-
n
a
2 I
ìì
if
I)
a 3
24
cose sorge un ampio, elegantissimo salone bianco,
ornato dei busti'dei vari presidenti della Repub¬
blica,' dall’orleanista ed anti-bonapartista Adolfo
ri
»*
tr
ìì
II
ìì
tì
ìì
onore delle delegazioni francesi.
Fonia. Il Re riceve solennemente in Quirinale la
Missione olandese guidata dal barone Sartema vati
Grovcstins, clic cspriinegli gli auguri della Regina
Gugìielinina e del popolo olandese.
— A Palazzo Tcodoli inaugurata la Mostra artistica
degl’ “ Indipendenti
/orino. Presenti hi principessa Laetitia, il ministro
francese del commercio, Masse, il ministro Nitti, inau¬
gurata all Esposizione la Sezione liance.se.
Fonia. Inaugurati il 25 . 0 Congresso annuale degl’in¬
gegneri ed architetti italiani, ed il primo Congresso
nazionale della Federazione artistica.
— Il gran premio dell’Esposizione un. 4000, L. 3 o 000)
è vinto alle corse da Brunehilde, di Doria-Marone.
hircnze. A !• iosole, presente la Regina Madre, ripe¬
tesi la rappresentazione dc\Y Edipo Fi’ di Sofocle nel
teatro Romano.
Aiottdovi, Per la quarta tappa del giro ciclistico d’Italia,
kl. 190,3, partenza da Oncglia alle 7,37, arriva primo
a M o n d o v i-
Breo, alle
r 4, ór, Gaietti.
Fonia. Ajicr-
to al pubblico j
nel palazzo '
della Scuola
in Piazza
d’Armi il ri¬
parto della
religiosità po¬
polare.
7 orino. La
quinta tappa
del giro ci¬
clistico d'Ita¬
lia, kl 3 o_»,
da Mondovì-
Breo a Tori¬
no, partenza
alle 4,35 com¬
piuta con Far¬
ri vo a Torino
alle 164 di
Petit Brcton,
con Gaietti a
mezza ruota.
Torino. Al¬
l’Esposizione
la grandu !
chessa Maria
P a 11 1 o w n a
Vladimiro di
Russia visita
il Padiglione
Russo.
Stampato su carta dello CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lucjo di Vicenza.
T 76
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
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dcU > stessi attore, che divennero cele'ri. L importanza del ittico v lume si rileva
dal titolo dei nove grandi capitoli in cui è diviso:
Capitolo I.
L’amore e la morte
nell’opera di Maurizio Barrès.
Capitalo II.
Leggendo Balza c.
Capitolo III.
I tipi femminili
nell'opera di Gabriele d’Annunzio.
I . Le voluttuose.
II . Le dolorose,
in. La Maddalena,
iv. L' attrire.
v. La vergin n .
vi. Ni 1 regno della
follìa.
vii. L’amore sororale,
vni. Cite cosa è l’a-
more.
Capitolo IV.
La Nave.
Capitolo V.
Gabriele d’Annunzio o la folla.
Capitolo VI.
La tristezza contemporanea.
Capitolo VII.
L’ elogio della malattia.
Capitolo Vili.
L’elogio della menzogna.
Capitolo IX.
Romanticismo depravatore.
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Dirigerò commissioni e vaglia ai Fratelli Treves, editori, in Milano, via Palermo, 12.
FASCICOLO 12."
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
177
R O M A.
A L I : E S P O S I Z I O N E 1) I
B E L E E
A R T I.
Giulio Monteverde. - In alto l’ anima (marmo).
i 7 8
LE ES P OS I ZION I DEL 1911
La folla davanti al Padiglione Spagnuolo durante l’inaugurazione (fot, Abenìacar.)
L' ARTE SPAONUOl A.
Gli ideatori del padiglione spaglinolo a Valle
Giulia, accingendosi a edificare per gli artisti
del loro paese una degna dimora, non si sono
ispirati al concetto di esprimere cosi, come si
sono studiate di fare in massima le altre na¬
zioni convenute nella mirabile vailetta, in sin¬
tetiche forme d’architettura, lo spirito dell’età
moderna e delle rinnovate tendenze estetiche.
Essi hanno preferito rievocare quelle loro glorie
d’arte clic le vicende storiche del tempo e del
gusto hanno definitivamente consacrato.
Non ora (Escuterò se coraggio e fiducia in sè
stessi si contengano in questa determinazione.
Della quale non v’ha dubbio s’allegreranno ì miso¬
neisti: coloro che attendono al varco ogni espli¬
cazione dell’arte nuova e specialmente della nuova
architettura per ne arile con pietosa compiacenza
non solo l’efficacia ma pur anche la possibilità.
Nel rammaricar quest’assoluta mancanza (fo¬
gni tentativo innovatore può tuttavia apparire
confortevole il constatare che la scelta del mo¬
numento oggi ricostrutto a Roma, fu guidata
da un fine, sagace senso di opportunità.
Meglio che il moresco, risultante da varii di¬
sparati clementi, lo stile pi a!cresco serve mira¬
bilmente per la sua piti compatta ed originale es¬
senza, a manifestare quel fastoso e magnifico
periodo del rinascimento spaglinolo che com¬
prende insieme la fine del secolo decimoquinto
e il principio del decimosesto. L’architetto La-
redo che ha composto l’edificio di Vigna Car¬
toni si è valso appunto di alcune manifestazioni
di questo stile, di tre esempi architettonici nel¬
l’origine ben distinti fra di loro, ma innegabil¬
mente legati l’uno all’altro da visibili partico¬
larità decorative. Le due torri che si elevano
ai fianchi, sobrie e forti nella parte sottostante,
più tormentate e cariche di stucchi verso la
sommità, sono imitate dal castello del conte Mon-
terrey di Salamanca: la facciata con i sette ar¬
chi uguali e l’ampia parete nuda di fondo, fu
riprodotta dal Collegio degli irlandesi pure in
Salamanca mentre il sopraporta trionfale trae
origine dal palazzo del cardinale Stisneros in
Alcalà. L’aspetto generale del palazzo cosi ideato
non manca d’imponenza e vibra certo di digni¬
tosa eleganza, per quanto il corpo centrale ap¬
paia un po’ meschino in rapporto alle due ali
che lo limitano. Veramente bello, invece, equi¬
librato e semplice, nello interno si distende il
palio, riportato dal palazzo del Conte di Santa
Colloma, armoniosa corte d’eleganza che cu¬
stodisce alcune fra le più preziose reliquie del¬
l’arte decorativa di Spagna: i capitelli fioriti di
originalis-imi ornamenti, sul pavimento le al/mii-
brillas, mattonelle rosse alternate di piccole cera¬
miche variopinte e intorno, con vario equilibrio
dì toni, gli azulejos di Siviglia che compongono
uno zoccolo vibrante di smalti che scintillano.
Poi in alto la meravigliosa teoria degli arazzi
fiamminghi della Regina Isabella: storia della
presa di Tunisi, con furie di guerrieri pugnanti
e scalpitare di destrieri carichi di ferro e di
gualdrappe, sfilate di signori in costumi princi¬
peschi, tutta una sinfonia perfetta di colori, squi¬
sitamente aristocratica ed intensa. Tra cotanta
dovizia di decorazioni, nel centro del patio ric¬
chissimo s’eleva, rigida, sul cavallo cinto d’ac¬
ciaio, la compagine salda dell’armatura del Gran
Capitano Gonzalo di Cordoba, con altre non dis¬
simili armature agli angoli del porticato: quella
settecentesca Filippo IV e quella di Emanuele
Filiberto piti semplice e severa.
Una così completa imponenza d’assieme e di
particolari predispone il visitatore a un’atmo¬
sfera di dignità e di fastosità veramente regale,
nella quale ognuno di noi a ragione o a torto,
per consuetudine di studio delle imprese civili
ed artistiche, si è abituato ad immaginare che
si debbano svolgere tutte le manifestazioni sia
ideali che materiali di quel grande popolo che
è lo spagnuolo. Voglio dire insomma, che il vi¬
sitatore, generalmente parlando, pensa in certo
qual modo, avviandosi a visitare un’esposizione
spagnuola, di ritrovare in ogni ritratto la signo¬
rilità sdegnosa delle figure immortalate da Ve-
lasquez e in ogni paesaggio la calda festosità
di sole che s’intravede tanto nella danza turbi¬
nosa di una bailadora quanto’ si'sente nelle can¬
zoni un po’ tristi dei tocaores.
Ma se ora dicessi clic l’aspettazione di un tale
visitatore- viene ad essere appagata dal nuovo
Padiglione di Vigna Cartoni, direi co.-a che non
penso adeguata allo spirito di questa esposizione.
Due intanto degli artisti della Spagna mo¬
derna non partecipano a questa mostra col¬
lettiva: Zuloaga e Anglada, le cui opere si custo¬
discono, come ognuno sa, in sale diverse del
Palazzo del Bazzani. E della Spagna moderna
questi due sono certamente gli artisti più eletti.
Altre infine distinte personalità dell’arte, come
il Bacarisas, si ritrovano pur esse lontane.... dal
grembo materno. Ma voi m’insegnate che la
pittura di questo mirabile paese incantato, conta
ancora non poch’altre fervide genialità di arte¬
fici : Sorolla, Rusifiól, Benliure, Benedito....
E sta bene! Le vogliamo insieme per un poco
rapidamente considerare nell’ordine come si af¬
faccino al nostro ricordo.
il Sotomayor espone un ritratto d’uomo di¬
pinto con bravura se pur senza troppa profon¬
dità; Ramión de Zubiaurre parecchie grandi tele
con scene popolari e ritratti segnati con cura
minuziosa nella ricerca della forma e del colore.
Questa ad ogni modo del Zubiaurre sarà pit¬
tura che richiamerà la vostra attenzione : parte¬
cipa insieme della maniera di Zuloaga e di An¬
glada senza avere la nerbosità dell’uno e l’ele¬
ganza dell’altro. La sua visione coloristica è ve¬
lata da una leggiera nebbia verdastra che si dif¬
fonde su ogni immagine e le conferisce un
aspetto non sempre aggradevole. Di tutte le sue
evocazioni può specialmente commuovere La
preghiera della sera, quadro ispirato ad un pie¬
toso senso di umiltà che ricorda per qualche
verso XAdorazioni semplici e fervorose dei mae¬
stri fiamminghi del Rinascimento.
Del Zaragoza e del Fabres noto alcuni ritratti,
assai distinti di composizione; del Barbasan, fra
quante opere espone, sempre dignitose, un pic¬
colo studio d’un cortile su cui fiammeggiano le
pannocchie del granoturco, pieno di luce vi-
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i
179
R O M A. 1 N A U G U R A Z I O N E 1) E L P A I) I G L I O N E I) E L L A S P A G N A.
Il commissario Duca di San Pedro e gli artisti dell’Accademia Spagnuola a Roma (fot. Abi-macar).
brante e di movimento; di Domingo y P'alolla
qualche scena di corride, a tempera, ma migliore
di lui la: Condución de toros, su cui si distende
il tragico silenzio di un cupo cielo vespertino.
Meglio che le fantastiche paludi di Enrico
Serra, i cui tentativi di simboliche evocazioni
s’infrangono contro il borghesismo nella fattura,
forse desterei una sensibile commozione il not¬
turno paesaggio di Bruges dipinto dal giovane
Noguè: Bruges la morte! Ma come nelle pagine
del Rodembach così nel quadro del Nogiié ri¬
flessa nell’emozione superficiale della mistica ora
lunare; non cantata nell’impeto dei fantasmi va¬
ganti lungo la architettura della misteriosa città
medioevale.
Anche Rodriguez Acosta ha voluto fare del
simbolismo, ma non gli è riuscito : la sua Tenta¬
zione della montagna è cosa troppo umana per
elevare l’anima di chi guarda all’ idealità evan¬
gelica: e lo stesso è accaduto, ’ panni, al Ber-
nejo il quale nel ricostrui re le mitologica scena
del Giudizio di Paride non ha animalo i suoi
nudi di piti misteriosa solennità. Del Bernejo è
più viva La rivincita, una fosca scena di rissa
in un bar, con uno scorcio di figura d’uomo fe¬
rito disegnato con molta perizia.
Ricordo degli altri, prima di giungere ai mas¬
simi rappresentanti della pittura spagnuola qui
adunati, l’Hermoso con un gruppo di ragazze
al sole vestite da una stridente uniformità di
cromi c di lacche, e pur interessante per qual¬
che testa segnata con sapore di ridente verismo;
il Beruete che espone una Toledo grigia di pol¬
vere e addormentata nella quiete di un meriggio
dardeggiato dal sole; il Ramos con-un Battesi¬
mo, dipinto molto alla brava; il Tuset con un
nudino di donna assai gustoso; il Morena la
cui Lcnadora vibra di dolce poesia; il Filliot, il
Pinazo che tra gli altri segnano una nota di
personalità, e poi ancora l’Estervan, l’Abades,
la Suicidi, il Domingo e molti altri senza troppo
notabile produzione.
Troppo si riporta ai modelli antichi il ritratto
di donna composto dal Labrada; ma la testa
emergente dalle cupe ombre del torso è piena
di luce e l'occhio ne scintilla con una ardente
vivacità.
La rapida corsa per le varie sale ci ha con¬
dotti finalmente alla mostra di Sorolla: sono
assai più di cento opere che l’inesauribile pit¬
tore ostenta al pubblico di Roma. La sua fama
ormai consacrata può difficilmente turbarsi di
critica popolare od erudita; ma credo tuttavia
che la soverchia quantità di opere esposte non
gli abbia a giovare. La sua pittura non è di
quella che s’approfonda nell’anima delle cose c
delle persone: e però è questa stessa, starci
per dire, la sua migliore qualità in quanto che
giustifica la vivezza e la sommaria rapidità del¬
l'impressione, e la mirabile bravura della tec¬
nica. Ed è questa, se non erro, la ragione che
fa più intense le composizioni che gli sono co¬
state minor fatica e studio: così le vibranti mac¬
chiette marine tutte luccicanti di sole e frementi
di vita. Ma tali impressioni non possono ripro¬
durre a lungo le ragioni del godimento estetico
e minacciano anzi spesso di affievolire l'inten¬
sità stessa di questo godimento. Ciò non toglie
che il Sorolla abbia qui esposte alcune opere
che bastino a renderlo degno della più alta con¬
siderazione: tale il ritratto della moglie in gri¬
gio, l’altro ritratto del critico-artista Berruete e
la dolce, poetica composizione della madre cinta
dei candori del letto, con a lato il piccolo figlio
dalle rosee carni palpitanti, sulla bianchezza del
cuscino, come un fiore sulla mano di una ver¬
gine.
Forse anche il Benliure avrebbe potuto, senza
nuocere alla sua lunga reputazione, limitare il
numero delle opere esposte per questo che
espressioni più vitali della sua attività riman¬
gono ancora le tele di antica maniera, di cui
abbiamo qui un esempio nei Flagellanti , qua¬
dretto pieno di goyesco sapore e certo assai piti
vigorosamente costrutto di quanti non s’incon¬
trino ora dell’ultimo suo stile.
Rusinól esplica pur sempre la dignitosa grazia
dei suoi motivi or tristi or fantastici, ma sulle
alterne discese dei suoi prati poca luce scin¬
tilla: Rusinól vive in un mondo senza sole c
più intensa vibra l’anima sua s’egli s'attarda al¬
l'ombra di meste alberate e ne penetra le de¬
serte solitudini crepuscolari.
Un bel vigore anche è nelle tele di Benedito,
di cui alcune figure risentono la robustezza della
eletta fattura.
La scultura è rappresentata con assai più esiguo
numero di opere: di ogni altro forse più nota¬
bile è il Capuz, autore con lo Huerta di una
statua equestre di Alfonso XIII. Capuz si ri¬
porta alla statuaria ieratica, assai sintetizzata
nella struttura dei piani del modellato, della
quale ha dato oggi stesso il Mestrovic così si¬
gnificativi esempi.
Parecchie opere ha il Clarà: alcune tentate a
grandi dimensioni, altre limitate a più tenui espres¬
sioni di plastica e per (pianto non fervidissime
di contenuto, certo improntate a un religioso
studio della classicità italiana.
Modellata dal Marin, ride giocondamente una
testina di donna costrutta con molta, forse con
troppa perizia e derivata direttamente dai no¬
bili esempi del quattrocento fiorentino.
Un giovane, infine, l’Anasagasti, presenta in
molte tavole il progetto di un cimitero dedicato
ai morti di una catastrofe marittima: i disegni,
evocanti la grandiosa compagine delle necropoli
sulle live del mare sono acquarellati con gusto,
ma risentono d’assai l’ultima maniera architet¬
tonica della Germania.
Tutte queste varie tendenze, che dirigono l’at¬
tività degli artisti spaglinoli verso estranee ma¬
nifestazioni della produzione mondiale, ne sna¬
turano, è evidente, al tempo stesso il carattere
precipuo ed unitario.
In questo senso, incominciando, io afiermavo
che sarebbe stata delusa l’aspettazione di quel
visitatore che cercasse nel nuovo padiglione una
particolare significazione dell’arte spagnuola per
opera di tutti i suoi artefici.
Con tutto ciò io credo che quest’arte sia sulla
via del progresso: coloro che ne hanno seguito
negli ultimi anni le varie circostanze ben lo
sanno. Forse gioverà a una più rapida evolu¬
zione lo studio dei classici mirabili di cui la
Spagna fu patria e insieme un più religioso stu¬
dio della propria magnifica terra piena di sole
e di fiori.
E del resto, intanto, qualunque sia la sorte
delle sue vicende estetiche, questa nuova Spa¬
gna può ben vaticinare a sé stessa le piti pure
glorie poiché ha educato alla bellezza gli spiriti
eletti di Xuloaga e di Anglada. Giacché artisti
come questi bastano, se non erro, a far grande
l’arte di tutto un paese.
Gian Bi stolti.
(Dalia Tribuna ).
i8o
LE ESPOSIZIONI del 191 r
Gruppo etnografico Siciliano (fot. Lattoni).
UNA CORSA ATTRAVERSO ROMA
e al “FORO DELLE REGIONI,,.
. Ha in sé la luce di un astro
Noti i suoi cieli irraggia soli, ina il mondo, Ruma.
Ah era pur luminosa, era pur dorata ed ac¬
cesa, era pur viva e palpitante Roma come un
bell’adolescente dagli occhi fulgidi, dalle guancie
rosse, dal cuore in tumulto per l’impeto del gioco
festoso, era ammaliante Roma in quel tepido
tramonto di maggio in cui per poche ore mi ac¬
colse, sfoggiando ogni sua più fastosa seduzione
e trattenne infinitamente il mio desiderio e il
ricordo come li può serbare una creatura diletta.
E nessuna città invero mi parve vivere della
vita concorde e intensa di una creatura viva,
come Roma in quel nitido vespero, allorché fi¬
nalmente la raggiunsi dopo un lunghissimo viag¬
gio e mi sembrò di scorgere colei per cui si valicano
i monti ed i mari, colei che è la meta e l’inizio
di ogni nostro pellegrinaggio, colei che ne
muove e che ne arresta. Al suo cospetto ogni
mia fatica disparve come se in me si fosse tras¬
fusa la sua eterna giovinezza, io mi sono sen¬
tito rapito nelle sue braccia, io non ho più
avuto sguardi che per contemplarla, per saziarmi
in quella sua inesauribile bellezza che rende
ogni uomo insaziabilmente sitibondo, io mi sono
immerso con un profondo senso di voluttà nel¬
l'ardore veemente della sua animazione, io ho
respirato con ebbrezza quella sua aria fatta di
luce, come si respirano le parole di colei che
si ama.
Bella, bella Roma, tanto bella, che la sua
bellezza mi è divenuta visibile e tangibile, ha
preso corpo e spirito, si è personificata, si è
raccolta in un’ immagine vivente, mi si è rivelata
in verità sotto spoglie umane, in una di quelle
meravigliose donne regali che imperano sui no¬
stri sogni e sui nostri destini e a cui la leg¬
genda vermiglia attribuisce un incanto immor¬
tale, un incanto che dà il turbamento al mondo.
Se fossi un pittore penso che saprei raffigu¬
rare la faccia e le membra divine, tanto mi si
manifestarono evidenti, tanto la mia illusione è
stata profonda. E penso che al pari di me debbono
averla veduta così, debbono aver avuto la su¬
blime rivelazione di questa prodigiosa sembianza
femminile di Roma, coloro che la amarono per¬
dutamente fin dai secoli più remoti, coloro che
per lei sognarono ed ottennero, con l’armi di¬
venute invincibili, il dominio della terra, coloro
che per lei morirono col suo nome sulle labbra
come roscuro legionario sul Danubio o il radioso
Mameli al cospetto dei suoi colli, coloro che ne
difesero la libertà al Vascello e coloro che la
invocarono con inni appassionati e dolenti di
nostalgia come Ovidio e come Goethe, coloro
che la abbellirono di ogni ornamento e di ogni
tesoro come Giulio II e Raffaello e Michelan¬
gelo, coloro infine, che invasati dalla sua febbre,
come Orazio come Gabriele d’Annunzio, alza¬
rono per lei il voto supremo: E che nulla mai di
te più grande, possa tu veder nel mondo, o Roma!
Da due anni soltanto non ero più stato a
Roma, e in così breve tempo mi è sembrata
tutta diversa, come rinnovata. Nella rapida ora
che la ho attraversata dalla stazione di Termini
alla Piazza d’armi, fino al nuovo ponte Elaminio
ho creduto di passare per una città meraviglio¬
samente ricostruita e ampliata non tanto per il
tardo sforzo degli uomini, quanto per il pro¬
rompere fecondo delle sue intime forze ricreanti.
Che magica forza di giovanilità solleva e gonfia
nei secoli, come la simbolica rosa, questa nostra
Città, che ad ogni primavera rinasce e sboccia
quasi ad affermare la sua immortalità nei secoli !
Non è certo per i consueti abbellimenti tran¬
sitori che si sogliono fare per le Esposizioni e
in occasione di feste, che Roma ha prodotto su
di me tale impressione. Essa non ha bisogno di
queste effimere gale, di questi passeggeri arti¬
fici. Essa trae da sé medesima i succhi vitali, le
ricchezze splendide con cui sempre rifiorisce e
si rinnovella.
Anzi ho notato che per le vie, per le piazze
insigni, sugli edifici, sulle ville, lungo la solenne
vena del Tevere, sui monumenti non vi era
quasi traccia di quella decorazione, di quella
toilette improvvisata e rivestita eccezionalmente
per la festa.
L’abito di gala, la grande uniforme da ceri¬
monia costituisce per Roma il suo aspetto nor¬
male. Essa non ha bisogno di mutar di spoglie
e di cincischiarsi per le grandi occasioni. 11 suo
modo di essere quotidiano è sempre il pivi illu¬
stre e il più sontuoso.
Roma in questi ultimi anni ha avuto uno svi¬
luppo gigantesco e opulento, di cui l’Esposi¬
zione per quanto importante e leggiadra non
costituisce che una minima parte. È Roma in
se stessa che forma la più vasta, la piti mae¬
stosa ed ammirabile delle Esposizioni. E il ri¬
goglioso movimento delle sue vie, la tumul¬
tuosa e doviziosa corrente di popolo, di vetture,
di automobili che trascorre lungo i suoi corsi e
i suoi viali, lungo gli argini soleggiati del fiume
sacro, che sale e scende per i suoi colli dai nomi
indimenticabili, la magnificenza dei suoi nuovi
palagi, delle sue opere pubbliche, dei suoi giar¬
dini, dei suoi negozi, non sono già alcunché di
fittizio, di straordinario, ma formano il ritmo e
il modo comune della sua esistenza di grande
capitale, che tale veramente oggi può chiamarsi,
di grande e nobilissima capitale, di quella na¬
zione, l’Italia, che epicamente risorta in Europa
50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini
LE ESPOSIZJOjNI DEL 'i 9 ti
181
cinquant’anni or sono, miracolosamente, oggi af¬
ferma il suo grande destino tra le genti.
Noi siamo giustamente orgogliosi del pro¬
gresso civile e industriale di questa Italia del
Nord, del vertiginoso e opimo ampliamento di
questa nostra laboriosa Milano, che gitta ogni
dì piti lontane e possenti le sue energiche pro¬
paggini sul pingue lombardo piano, ma dovremmo
esserlo ancor più di questa terza Roma, che nulla
ha ora da invidiare alle più famose metropoli e in
cui può sentirsi cittadino ogni superbo abitatore
di Parigi e di Londra. Milano non deve riposare
sopra i suoi sforzi e le sue conquiste, non deve
cessare dal suo diuturno impulso di crescita e
di ingrandimento e sovratutto deve rivolgere al¬
tresì la sua immensa attività anche ad alte mete
di estetica edilizia, anche a quello che può essere
il lusso della città, come i monumenti, i giar¬
dini, i parchi, le fontane, se non vuole lasciarsi
sopravanzare da Roma, ed essere relegata al po¬
sto secondario di città di provincia. Roma cam¬
mina terribilmente presto. E quanti la visiteranno
ora durante l’Esposizione ne saranno persuasi.
Anche per questa Esposizione Roma non ha
rifatto ciò che già altrove era stato compiuto,
ha seguito il suo genio unificatore e organizza¬
tore, ha fatto opera originale. Essa ha posto la
sua impronta caratteristica anche in questa mo¬
mentanea improvvisazione di edifici e di mostre,
talché si presenta con forme e caratteri di sta¬
bilità e di serenità.
Io non ho avuto il tempo che di vedere, e in
Case di Fordongianus (Sardegna).
si intona perfettamente con gli edifìci e il paese
circostante. Ed è strano che mentre è composta
di tanti edifici, monumenti e costruzioni diffe¬
renti, formi un insieme pienamente armonioso e
che armoniosamente si fonda con tutto ciò con
cui confina. Il territorio e il circuito dell’Espo¬
sizione non dànno luogo a una zona speciale,
artificialmente apprestata e distaccata dalia città,
normale, ma al contrario continuano la città e
sembrano un quartiere della città istessa. E si
noti bene che non si tratta soltanto del mae¬
stoso palazzo delle feste o dell’insigne colon¬
nato e porticato da cui si schiude il Foro delle
regioni e che per la sua monumentalità classica
si addice convenientemente allo stile di Roma,
ma anche dei vari padiglioni regionali e ancor
più dei brani di paesi e di villaggi, delle case,
dei vicoli, dei castellucci, degli angiporti tra¬
piantati da ogni parte d’Italia con rigorosa esat¬
tezza e fedeltà su questa spianata. E sono ap¬
punto queste minuscole e deliziose frazioni di
Napoli, di Venezia, della Sardegna, della Lom¬
bardia, sono appunto le case tipiche di Fiesole,
di Faenza, di Viterbo, di San Gimignano che
(|uivi sembrano nella lor propria sede e non
istridono affatto con i caseggiati dell’Urbe.
ficco una inaspettata prova dell’universalità di
Roma. Roma universa, patria delle patrie.
lo non so ridire il senso di meraviglia provato
(piando finalmente mi son reso conto che quel
grazioso angolo di Santa Lucia, con le sue alte
case dalle finestre strette, ingombre di vasi di
furia, il Foro delle regioni, la sintesi monumen¬
tale, artistica, popolare dell’Italia, c la sensazione
più forte e precisa che ne ho avuto è stata ro¬
mana, è stata cioè quella di trovarmi dinanzi a
una creazione definitiva, a qualcosa di costruito
per restare, a qualcosa clic è naturale che sia
così, che par quasi che abbia le sue radici nella
nostra terra e che ci debba essere c che sia
spontaneamente sorto.
Ogni Esposizione per quanto bella, per quanto
ricca e grandiosa, porta in sé l’impronta della
sua natura provvisoria. Si capisce subito che
quelle sterminate gallerie, quelle torri, quelle
pagode, quelle guglie appariscenti bizzarre, per
quanto edificate con abile maestria, sono come
una specie dì scenario teatrale, di accampamento
transitorio. La loro stessa struttura vistosa,
quanto piti risponde allo scopo per cui deve
servire, tanto più è anacronistica con tutto ciò
che la circonda e costi¬
tuisce un che di anormale
di eterogeneo nell’am¬
biente in cui sorge.
L’Esposizione di Ro¬
ma, almeno quella parte
che si comprende sotto il
nome di Foro delle regio¬
ni, non è niente di tutto
questo. Chi la vede per
la prima volta ha l’idea
che vi sia sempre stata e
che vi debba restare. Essa
Costruzioni caratteristiche delle Puglie (1 rulli), (fot. Lattoni).
182
LE ESPOSIZIONE DEL 1911
Grippo della Barp.acia (Sardegna).
zioni di marmo colorato, e il traghetto, e le gon¬
dole, e le botteghe di antichità, e le fanciulle con
10 scialle e un soffio della soave poesia ve¬
neziana.
Non molto discosto è il villaggio sardo con
le sue casupole basse e grigie, la sua piazza con
la croce e gli emblemi della passione, i suoi
carri miniati come messali, i suoi contadini au¬
steri e le sue donne fiere, pure come divinità.
E più avanti ecco con il suo portico massiccio,
angusto e turrito Viterbo, e poi la leggiadria aerea
e sorridente della casa toscana, e poi ancora
l’aspetto pingue e sereno del contado lombardo
e la visione orientale moresca degli snelli archi
siciliani, e poi tutta l’Italia cara bella varia fresca
come la natura, come il suo mare, il suo cielo, i
suoi fiori, il suo azzurro e la sua ineffabile
poesia.
E accanto a questi messaggi, a queste testi¬
monianze dirette della vita popolare italiana, ecco
i segni eccelsi della sua vita artistica e storica,
i padiglioni delle ragioni disposti in circolo come
nel più solenne degli anfiteatri. Si incontra primo
11 castello del Piemonte, tutto irto di merli e di
torricelle, tutto a fronzoli di bandiere, di sten¬
dardi, di figure araldiche, un altero signore che
giudica e manda dal sommo della sua valle al¬
pina e spiega con pompa tutte le sue investiture
nobiliari.
Lo segue il padiglione della Lombardia, che
raduna in sè il castello e la chiesa, la torre e
il campanile di bella struttura e decorazione
fiori e di lini ad asciugare, con i suoi pescatori
e i suoi arnesi marinareschi, i suoi suonatori
ambulanti, le sue trattorie all’aperto, le sue bot-
teguccie di commestibili e di specialità, e i suoi
scugnizzi, era una delle attrattive della Esposi¬
zione, anziché una realtà, strana, se si vuole, ma
annidiata da tempo immemorabile in quel punto
di Roma. 1 lo dovuto per convincermene andarci
ben vicino, c la mia ammirazione è di tanto ancor
cresciuta.
Queste riproduzioni di vie, di località carat¬
teristiche pittoresche della terra italiana sono
1 una più attraente dell’altra. Sono state eseguite
con una cura, con una precisione, con una grazia,
con una naturalezza lodevolissime. Ottengono
per intero il loro effetto d’illusione. Il veneziano,
il napoletano, il siciliano, il sardo può credersi
di essere miracolosamente per qualche istante
trasportato nella città natale, lo che ho vissuto
parecchi anni a Venezia e a Napoli, sono stato
tratto immediatamente e piacevolmente nell’ in¬
ganno.
Ilo già detto ili Santa Lucia, ma debbo ri¬
petere la stessa lode per il quartiere veneziano
ed il villaggio sardo.
Con che fine e sagace gusto artistico si sono
raccolti qui in uno spettacoloso compendio i
tratti essenziali dell’incomparabile fisionomia di
Venezia! E il canale e la piccola calle e il ponte
e la fondamentina e il palazzotto pendente con
le sue bifore c quadrifore, con le sue decora-
Casa colonica di Sarle.
Gruppo Abruzzese.
Aquila (antica casa borghese). - Popoli (la taverna vecchia). - Sulmona (palazzetto Dcrlard
i). (fot. Pattoni).
leonardesca, che richiama il castello di Milano
con i suoi orologi azzurri dai serpentelli dorati,
con i suoi stemmi viscontei, e le sue terrazze
merlate.
A fianco alla Lombardia, la sua amorevole
sorella la Venezia, e l'edificio veneziano che raf¬
figura la I orrc dell’orologio in Piazza di San
Marco, con i suoi mori sonori, e che è forse la
costruzione più signorile e piti artisticamente
curata. Ed ecco poi la Liguria con il Palazzo di
*? an Gi° r gi°, ecco l’Emilia, la Romagna, l’Umbria,
1 Abruzzo, la Sicilia ancora, la Toscana, e tutti
gli stili, e tutte le decorazioni, e tutte le archi¬
tetture, e tutti i marmi, e tutti gli ori, e tutti i
colori ardenti, e tutta l’arte d’Italia.
11 foro delle Regióni, l’assemblea della Patria,
della nostra terra, ben è stata così chiamata
questa mostra unica e geniale, frutto di un’idea
nuova e veramente felice, opera di bellezza e
di arte, insegnamento e testimonianza dei tesori
del nostro paese, canzone dolce ed eroica del
nostro popolo, quadro incantevole che ogni ita¬
liano dovrà ammirare e portare nel cuore.
Mario Morasso.
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI • Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO AE/ABRO DELLA GIURIA
LE ESPOSIZIONI DEL iou
T O R I N O. G L I () S P I T I 1) K L L A F R A N CIA AL V E SPOSIZIO N E
i83
]j. Ministro del Commercio Masse e le autorità attendono l’arrivo dei.la principessa Laetitia.
S&v -Vicr
Gli artisti della “ Comi: die Fran<;aise „ e dell’ “Opera
PER UN CONCERTO NEL PADIGLIONE 1* RANCE SE (fot. Chusscau Flavicns).
184
LE ESPOSIZIONI DEL 1.911
F I R lì N Z E.
L A M O S T k A I) E L
R I T R A T T O I T ALIA N O.
Pulzoxe (Scipione da Gaeta). - I figh di Paolo Giordano Orsini.
Jij,
LE ESPOSIZIONI DEL
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R O M A. L A
M O S T R A DI
B E L L E A R T I.
Antonio P i a t t i.
Olandesina.
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LI*: ESPOSIZIONI DEL ign
T () R I N O. C I M E Eli I) E L
M IMS T E R () I) E L
T E S O R O.
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Mostra dui titoli di rendita dei cessati governi italiani
U'e’di spiegazione alla pag. i Q2.)
ROMA. Il Monumento a Vittorio Emanuele ii
(modello distrutto dall’incendio all’Esposizione d Architetti! ra di Milano nel 1906).
00
LE ESPOSIZIONI DEL :r 9 1 1
L E E S P O S F Z IO N I I) E L 1911
t88
Sagrestia della Chiesa di Santa Maria della Passione a Milano (riprodotta nei padiglione).
TESORI D’ARTE LO/ABARDA
NEL PADIGLIONE LOMBARDO D’ARTE RETROS PETTI VA ALL’ESPOSIZIONE DI ROMA.
Questo Padiglione è un glorioso accordo delle
più insigni costruzioni lombarde. Dall’architet-
tura comunale, forte, massiccia, austera, dalla
sobrietà squisita del Rinascimento, alla fantasiosa
magnificenza secentesca, è tutta una fusione
armoniosa di eleganze e di vigorie.
Uno spirito profondo di venerazione ha gui¬
dato il pensiero c la mano degli artefici: un in¬
telletto d’amore. Già ci siamo occupati ampia¬
mente, in un precedente articolo, della parte
esterna del Padiglione: è interessante ora par¬
lare alcun poco degli interni dei vari edifici, che
riproducono ambienti storici importantissimi e
contengono mostre copiose delle arti minori:
ferri battuti, armi, ceramiche, stoffe.
Di sala in sala, è una evocazione vibrante di
bellezze, di lusso, di leggiadria. Ogni città ha
la sua rappresentanza. Milano riporta nella sua
sala la volta della Sacrestia di Santa Maria della
Passione e i mobili meravigliosi di quella di
Santa Maria delle Grazie, la copia dei quali si
deve all’architetto Monti ed al pittore Comolli
che, con fine buon gusto, li ha ornati di prege¬
voli pannelli decorativi. Nelle vetrine e negli
scaffali dei mobili, sono le riproduzioni di tutte
le monete della zecca milanese, da Carlo Magno
ad oggi, e una collezione dei migliori disegni di
Leonardo, che si conservano all’Ambrosiana. No¬
tevolissimo, fra essi, il ritratto, conosciuto sotto
il nome di Bianca Maria Sforza. 11 profilo, di
indicibile grazia ed incantesimo, ha tutta l’inge-
nuità e la morbidezza del Botticelli; ma con
molto maggior distinzione, Leonardo, mentre fer¬
mava al viso la rassomiglianza fisica e il carat¬
tere morale, creò un poema di squisita freschézza,
profonda quanto limpida.
Sul tavolo centrale, furono situate la Corona
Ferrea, e la croce della corona, con la chioccia
d’oro di Teodolinda. Intorno, in alcune vetrine,
si esposero belle antiche ceramiche lombarde
provinciali. (Pittore Lorctz). La ceramica è l’ul¬
tima arrivata tra gli ausiliari del Rinascimento.
Dovette aspettar molto innanzi di raggiungere
lo slancio degli altri rami dell’arte.
Ma poi, verso l’alba del secol novo, non vi
fu altr’arte che personificasse in modo più com¬
pleto la passione de W'età d’oro per la policromia.
Da un libro dell’Argnani, si rileva come dai toni
bassi e melmosi, i ceramisti siano passati alle as¬
sociazioni più vive e brillanti (gialli e bruni, rossi
e azzurri), veri fuochi d’artificio. E, nel con¬
tempo, le forme acquistavano maggior snellezza
ed eleganza. A Roma, si mandarono appunto pa¬
recchie buone copie di ceramiche di quest’epoca.
Ed ecco la Sala dei giuochi del palazzo Bor¬
romeo, la quale è particolarmente interessante
per la decorazione pittorica che ne adorna le
pareti. Si tratta di tre grandiose composizioni,
che misurano più di sette metri in lunghezza e
cinque in altezza. Ritraggono tre scene campe¬
stri : il giuoco del tarocco : il giuoco della balla
e una danza, attribuite dal Mongeri ai pittori
Zavattari di Monza, cui si devono anche le pit¬
ture della Cappella della Regina Teodolinda, in
Monza, nella prima metà del secolo XV.
Dai travi del soffitto, pende la stupenda lam¬
pada copiata da quella esistente nella chiesa di
Castiglione Olona. Di singolare valore è questo
lampadario pensile. E un prezioso testimonio del¬
l'arte decorativa chiesastica di quel tempo. Con¬
siste il candelabro, tutto di bronzo, in un largo
e tondo anello centrale decorato di trafori a
quadrilobi, e terminante al basso in una graziosa
sottocoppa a foggia d'imbuto, con nervature tri¬
lobate prominenti terminate alle estremità da
una testa di leone con anello nelle fauci. Otto
bracci con artistica sagomatura, si protendono
dal corpo centrale a sostegno di robuste c tra¬
forate sottocoppe per torcie da chiesa e raffi¬
gurano altrettanti draghi in cui infigge la lancia il
San Giorgio, avente dietro a sé la Vergine Maria
da lui liberata. Un agile tabernacoletto, con sei
asticciuole che finiscono ad aguglia nei vari con¬
trafforti, si leva dal corpo centrale sostenendo
una cupoletta a cono piramidale allungato, ab¬
bellita al basso da una fascia a trafori. Stanno
in piedi, sotto di esso, i due Santi tutelari del
Tempio: Lorenzo e Stefano.
Dei Borromeo, si riprodusse anche una sala
della villa di Senago, nella quale è una vasta
raccolta di cimeli, pergamene, bronzi, maioliche
e vetri antichi, frammezzo a vecchi mobili e
vecchi dipinti di antenati e di soggetti mitolo¬
gici. (La villa fu acquistata, con i suoi fondi, da
Federico Borromeo, nel 1629 ). La decorazione
di questo ambiente, venne curata dal pittore
Ponga, dal prof. Enea Negri di Besana e dal
doratore Cavallotti.
Pavia, la città dalle cinquecento venticinque
torri, l’antica “ Ticìnum „ dei Romani, tiene, nella
storia dell’arte il primo posto, dopo la capitale :
essa fu la Versailles dei sovrani di Lombardia.
Nella sua sala, ammiriamo la vòlta dell’oratorio
del Collegio Branda Castiglioni e i bassorilievi
della battaglia di Pavia che sono in quella in¬
comparabile Certosa, vero Pantheon della scul¬
tura lombarda, nella quale i maestri più abili
(Mantegazza, Omodeo, Ambrogio Borgognone,
Bartolomeo Montagna, B. Briosco) han lasciato, o
il proprio capolavoro, o qualche opera famosa.
Como, ha la Sala dello Zodiaco del palazzo
Vertemate in Piuro, in cui il Turri dipinge scene
campestri c pastorali, e un soffitto in legno del
seicento, di una fattura troppo stentata. 1 pit¬
tori del seicento, avevano la caratteristica di
una pennellata fresca, disinvolta, sicura. E non
si valevano, per simulare il chiaroscuro, di pen¬
nellate simiglianti ai ghirigori dei confettieri.
V’ha un pittore notissimo, il Prof. Bottaro, che
del seicento e interprete mirabile. Se a lui si
fosse affidata l’esecuzione del soffitto si sarebbe
ottenuta una riproduzione molto più degna.
\ icini alla Sala dello Zodiaco, trovansi due
gabinetti d’isabella d’Este, ricalcati sugli auten¬
tici, suntuosi di dorature e di decorazioni. Tale
è il valore di quest’opera, che Corrado Ricci
volle far concorrere per una parte della spesa
la Direzione generale delle Belle Arti. Come
protettrice delle lettere e delle arti, Isabella
d’Este emerse su tutti i Mecenati del cinque¬
cento' per una chiaroveggenza e un entusiasmo
egualmente straordinari. Ma ella possedeva un’al-
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
189
Soffitto delta sala del Monte di Pietà di Cremona (fot. \. Novaresi).
190
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
Il Gonfalone della Città di Milano (sotto l’atrio del padiglione).
tra qualità rarissima, il dono cioè
di saper distinguere gli uomini ve¬
ramente superiori, tra la folla dei
mediocri. Nessun mecenate del Ri-
nascimento, nè Ludovico il Moro,
nè lo stesso Leone X, poteva van¬
tarsi di contare fra i suoi protetti
od amici, un così grande numero
di letterati e artisti eminenti. Aldo
Manuzio, il Bembo, che già dal i5or
faceva alla Marchesa una corte
assidua, l’Ariosto, Paolo Giovio,
B. Tasso, B. Castiglione, il Ban-
dello: poi il Mantegna, Giovanni
Santi, Leonardo da Vinci e Tiziano,
che dipinsero il suo ritratto; lo
scultore medaglista G. Cristoforo
Romano; Lorenzo Costa, il Peru¬
gino, Giambcllino, Raffaello, il Tran¬
cia, Giulio Romano, il Correggio,
Sebastiano del Piombo e molti altri.
1 due gabinetti d’isabella, che si
veggono nel Padiglione Lombardo,
fanno parte dell’appartamentino del
Castello di Mantova, detto il Para¬
diso, ricco di grandiosi soffitti in
.egno, il cui fasto è solo pareggiato
dalla suprema distinzione.
I mobili a muro di questa sala
mantovana, si debbono al prof. Ter¬
rario di Milano.
Brescia ha, nella sua sala raffi¬
gurante l’anticamera della Regia
Pretura, buone riproduzioni, (ese¬
guite dal pittore Trainimi degli af¬
freschi di Lattanzio Gambata ( r53o-
1 .S 84 ), prodigioso artista che alla
Scuola del Campi e del Romanino,
aggiunse l’ingegno suo, il tocco
gagliardo, la ricchezza dell’inven¬
zione, la sapienza nel rilievo, l’abi¬
lità negli scorci. Fu cosi fecondo,
che si può dire non vi sia palazzo
o chiesa del tempo che non con¬
tenga almeno un’opera di questo
infaticabile artefice. La sala bre¬
sciana accoglie pure una pregevole
collezione di armi. La lavorazione
del ferro fu in ogni tempo per Bre¬
scia, fonte di ricchezza ed elemento della sua
forza. Nel cinquecento, questa industria toccò la
perfezione dell’arte. Già nella disperata difesa
contro il Piccinino, le armi da fuoco bresciane
avevano menato strage del nemico per la loro
precisione. Brescia, in questa industria divenne
un vero emporio: molti stati si rifornivano qui
di armi d’ogni genere: e con tale perizia veni¬
vano lavorate a bulino e ornate con disegni da
valenti artisti, che, principi italiani e stranieri,
vollero possederne.
Bergamo, figura con la stanza da letto di Bar¬
tolomeo Colleoni, che è nell’Opera Pia Colleoni.
Questo palazzo, sia per la parte architettonica,
come per quella scultoria decorativa, è uno dei
più smaglianti esempi dello splendore e della
raffinatezza alle quali giunse l’arte italiana nel
quattrocento. Rifulge davvero, nel palazzo, in
cosi detto gusto classico: la finitezza delle scul¬
ture e degli ornamenti, la varietà e la novità
dei partiti architettonici e gli accordi vibrati di
colore formano una festa di linee e di marmi,
un insieme di bellezza singolare.
Ecco Cremona, con il Cortile del Monte di
Pietà, ov’è una profusione di decorazioni ele¬
ganti e leggiadre in terra cotta. Interamente è
riprodotta pure la sala a pianterreno, a destra
dell’atrio d’accesso al Monte di Pietà il soffitto
della quale è una meraviglia. In questa sala sono
esposti due arazzi di soggetto storico cremo¬
nese (Ezzelino da Romano), il camino marmoreo
del Pedone e il famoso arcibanco della chiesa
di San Sigismondo, dovizioso di intagli e di intarsi
in rovere, pero e noce. La tarsia, ossia l’arte
della intarsiatura in legno, cominciò ad essere
coltivata, con larghezza di intendimenti, nel quat¬
trocento. E in questo secolo che appariscono
motivi più liberi e piti graziosi, vasi, candelabri,
fiori, rabeschi : poi, delle vedute architettoniche
si sostituirono a questi timidi ornati : e per met¬
ter innanzi anche la figura umana, gli intarsia¬
tori di quel tempo non aspettarono neppure che
l’arte loro, quanto alla tecnica, fosse progredita
al punto di meglio riunire i frammenti e di co¬
lorarli in tinte apposite, per supplire a quelle
che la natura non dà: e si accinsero pure sin
d’allora alle storie complicate: in una parola, ten¬
tarono di gareggiare con la vera pittura.
La provincia di Cremona, ha nel Padiglione
Lombardo, un lato del Castello di Pandino, il
celebre feudo di Casa d’Adda, giunto fino a noi
come una impareggiabile visione, massime nelle
pittoresche lanbie della corte interna, di una abi¬
tazione ducale campestre per soggiorno di caccie
o per ritrovi autunnali, nella seconda "metà del
Atrio del Monte di Pietà di Cremona.
secolo XV. (Le riproduzioni delle pitture cre¬
monesi, furono egregiamente curate dal pittore
Luigi Comolli).
Dalla villa Visconti di Saliceto, in Cernusco
sul Naviglio, venne presa una lussuosa saletta
barocca. E non manca, per Sondrio, una carat¬
teristica stufa valtellinese, rabescata di bassori¬
lievi a fiori e putti. Infine, sotto l’a¬
trio del Padiglione, si drappeggia il
Gonfalone di Milano (ricamato dal
Valori), che ci presenta Sant’Am-
brogio, il buon Patrono della città,
in atto di schiacciare gli Ariani.
Il Padiglione lombardo è uno
dei maggiori (per vastità e bellez¬
za), fra quelli che compongono la
mostra etnografica di Roma. Ed è
documento notevolissimo, dell’ e-
nergia e dell’attività talora un po’
irrequiete, ma sempre feconde, per
le quali l’arte lombarda, si distin¬
gue traverso i secoli. Già fin dal
secolo XV, i nostri artieri comin¬
ciano a farsi apprezzare. A forza
di volontà alcuni tra loro diven¬
gono architetti, al modo stesso che
i tagliapietra di Fiesole, di Sett;-
gnano e di Maiano divennero scul¬
tori. Non vi illudete del resto: quei
modesti Magistri comacini, le cui
origini si perdono nella notte dei
tempi, non sono che l’avanguardia
cfuna invasione ben altrimenti mi¬
nacciosa. Poco a poco, essi attire¬
ranno dei gloriosi capiscuola: Bra¬
mante, divenuto lombardo per il
suo lungo soggiorno, intraprenderà
la conquista di Roma e del resto
d’Italia, preceduto o accompagnato
da Caradosso, il re degli orefici:
Sodoma stenderà il suo dominio
su Siena e le città vicine: Tra Gio¬
condo e Andrea Solario sulla Fran¬
cia, ove saranno seguiti da Leo¬
nardo da Vinci, un altro lombardo
per adozione.
Dalla metà in poi del secolo XV,
gli scultori lombardi, potevano mi¬
surarsi, senza troppo svantaggio,
con i migliori maestri dell’Italia
Centrale. Pietro da Milano, che la
scultura e l’architettura possono,
con egual diritto, rivendicare, fa
fortuna a Napoli, avendo al suo
fianco i compatriota Francesco e
Domenico Lombardo; Andrea Pregno, lavora, con
successo, a Roma e a Siena: Ambrogio Barocci,
nel palazzo ducale d’Urbino, poi a Ferrara.
I medaglisti milanesi non riscuotono minor
successo : Pietro diviene uno dei favoriti del re
Renato: Amadeo getta in bronzo le medaglie
di Leonello e di Borso d’Este. Infine, Caradosso
modella a Roma le mirabili figure, che non hanno
cessato d’esser classiche, di Giulio II e di Bra¬
mante.
Concludendo: le nostre popolazioni ebbero
sempre, una vitalità gagliarda. Percorrendo la
nostia regione, bisogna fermarsi dappertutto,
davanti ad ogni scultura, ad ogni tarsia, ad ogni
pittura: tutte recano un’impronta di ispirazione
e di chiarezza, talora anche di precisione, che
attrae e seduce.
Milano, maggio 191 r. NlNO d’UrIO.
IL NUOVO INNO DEI TIRATORI
versi di AURELIO COSTANZO.
Ecco le parole del nuovo Inno dei tiratori,
dettate da Aurelio Costanzo:
Cinto il serto a l’auree chiome
di regina, muovi il piè:
suoni ovunque il tuo gran nome,
inni e voti, Italia, a te.
A te, Italia, che sortita
dei tuoi padri a la virtù,
sorgi e tempri a nuova vita
la tua balda gioventù.
Quanti hai figli sparsi al mondo
senta ognun la patria in sò:
stringa un palpito fecondo
il tuo popolo e il tuo re.
E noi pur, giovani e forti,
pronti e vincere o a morir,
inneggiamo alle tue sorti,
al tuo fulgido avvenir.
E a la gara, che l’ingegno
desta e accende il patrio amor,
fermo il braccio e l’occhio al segno,
noi ti offriam degli anni il fior.
Tu presaga del destino
clic alla gloria ti addurrà
in noi fida, e il tuo cammino
segui, e avanti sempre va.
Usi a l’armi, i figli tuoi
lancia in grembo a l'avvenir...,
questo popolo d’eroi
saprà vincere o morir.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
191
T O R 1 N O. L* I N A U G U R A Z 1 O N E
DEL PALAZZO DELLA MODA.
Davanti al Palazzo
DURANTE LA CERIMONIA INAUGURALE (Fot. <i. Ubcrtalli
F. Morsolin - Pace. A. Ambrosio, Torino).
Sempre inaugurando!...
( Nostra corris' ondai za.)
1 giugno rgri.
Veramente la più grande delle dimostrazioni,
l’inaugurazione delle inaugurazioni l’ha fatta ieri
sera l’alfiere della marina francese, Conneau, ar¬
rivando come Andrea Beaumont, da Nizza a Ro¬
ma in areoplano, in undici ore, poco più, tutti
sorpassando, tutti sbalordendo ed entusiasman¬
do.... ma non è di questo che io debbo par¬
lare.
A me tocca riassumere le inaugurazioni di
questa settimana, che, fra Roma c Torino, non
sono state poche, in verità, e mi hanno obbli¬
gato ad un vero tour-de-force facendomi correre
da Roma a Torino c viceversa come un cor¬
riere di Gabinetto.
Abbiamo avuta il 27 maggio a Roma una
grande festa spagnuola — l'inaugurazione del
palazzo che la Spagna ha eretto a Monte di
Valle Giulia e che con la sua architettura tutta
a trafori e merletti domina il circostante pae¬
saggio di Villa Borghese e dell’Esposizione etno¬
grafica a Piazza d’Armi.
L'ideazione del fantastico ed artistico palazzo
è del duca di San Pedro, delegato del governo
spagnuolo, e del suo connazionale l’ingegnere
Pcladrò Laredo: essi hanno ideato un palazzo
dello stile detto pìatercsco, tra gotico e Rina¬
scimento, riunendovi tutte le più svariate forme
d’arte onde va superba la Spagna. L’orgoglio
spagnuolo può essere soddisfatto di questa ma¬
gnifica costruzione, della quale hanno fatto gli
onori al Re e alla Regina il duca di San Pedro
e l’ambasciatore spagnuolo di Val-de-Terrazo,
nel palazzo della Spagna c’è da passare un’in¬
tera giornata, in mezzo alle splendide decora¬
zioni storiche ed alle magnificenze artistiche re¬
trospettive e contemporanee. Ma, come succede
in queste visite inaugurali, il Re e la Regina
non hanno potuto dedicarvi nemmeno un’ora;
ed appena usciti dal palazzo iberico hanno do¬
vuto recarsi, sollecitamente, nella mostra italiana,
dove attendevanli i principi Nicola di Grecia per
l’inaugurazione della sala greca di belle arti.
Appena una sala — ricca però di belle afferma¬
zioni artistiche — per l’antica madre delle arti !...
Mentre a Roma aggiungevansi alle molte mo¬
stre aperte quelle di Spagna c di Grecia, e l’in¬
domani il Re, prima di partire per Catania, inau¬
gurava il nuovo gran campo di tiro, a Firenze
la Regina Madre compiva la sua tournee fra la
mostra del ritratto, la mostra d’arte retrospet¬
tiva e la grande esposizione di orticoltura c flo¬
ricoltura; ed assisteva a Fiesole, nel teatro ro¬
mano, sotto la pioggia, ad una seconda rappre¬
sentazione dell - 'Edipo Re di Sofocle.
Quasi contemporaneamente, a dorino, apri-
vansi le esposizioni dell’Uruguay, del Siam, ed
inauguravasi, in fine, il padiglione della Moda.
La mostra dell’Uruguay è, nelle sue circo-
scritte proporzioni, molto interessante. Ella è
collocata nel grande padiglione dell’America la¬
tina, bianco ed elegante, eretto sulla riva de¬
stra del Po.
Pure su questa riva sorge il Padiglione del
Siam, vivacissimo nei suoi vari colori, origina¬
lissimo per la sua architettura, così da distin¬
guersi nettamente da tutti gli altri palazzi stra¬
nieri. Il padiglione del Siam, ha forma di croce,
ed occupa un’area di circa trecento metri qua¬
drati. Questa singolare esposizione siamese fa
fede in modo molto significante dei grandi pro¬
gressi civili fatti da quel lontano regno, il cui
sovrano, recentemente defunto, fu, tre anni sono,
in Italia, per la quale aveva grandi simpatie,
condivise dal suo figlio e successore.
Commissario del Siam a Forino è il colonnello
Gerirli — originariamente toscano — che ha
passati utilmente lunghi anni nel Siam, e che
inaugurando il padiglione parlò molto bene delle
incessanti relazioni del Siam con la civiltà eu¬
ropea e piti specialmente con l’Italia. Quanto al
Cerini, a Torino, c’è, segretario una vecchia
simpatica conoscenza, il giornalista bolognese,
e nomade instancabile, il buon Vigna dal Ferro.
Ma la maggiore inaugurazione è stata quella
del 28, giornata consacrata all’apertura del pa¬
lazzo della Moda. Nessuno meglio di una gran
dama — la principessa Laetitia — poteva pre¬
siedere a questa festa inaugurale, trattandosi di
un padiglione interamente dedicato all’eleganza,
al lusso, alla bellezza.
Non bisogna credere che il palazzo della moda
sia esclusivamente dedicato alle eleganze ed alle
originali e bizzarre creazioni delle sarte e delle
modiste: tutt’altro: la parola Moda va presa nel
suo maggiore significato, e, a volere essere pre¬
cisi, qui si dovrebbe parlare di palazzo della
moda attraverso i secoli, o meglio dell’arte at¬
traverso i secoli applicata alla moda.
In fatto il palazzo, che è una bellissima co¬
struzione in stile seicentesco — lo stile, checché
se ne dica, del fasto e del buon gusto — com¬
prende, dal vestibolo alla stanzetta per bambini,
— tutta una sequela di stanze, sale e saloni
dove l’arte e la squisitezza del gusto s’incon¬
trano, anzi si accoppiano incessantemente, con
tale profusione di cose belle, da dare l’impres¬
sione che si tratti, non di un palazzo provvi¬
sorio, da esposizione, ma di un nucleo pazien¬
temente messo insieme, nella realtà della vita
quotidiana, da generazioni di gentiluomini e gen¬
tildonne piemontesi, preoccupati di conservare
ai posteri tutte le cose più deliziose dei loro
tempi.
Prima di tutto c’è un vestibolo in stile del
seicento, tutto in legno intagliato riccamente e
con le pareti coperte da magnifici arazzi. Segue
un salottino da tè in graziosissimo stile barocco
piemontese, in mezzo al quale campeggia un su¬
perbo servizio da tè in argento. Viene poi una
sontuosa sala da pranzo con una grandiosa ta¬
vola artistica, sorretta da quattro figure ingi¬
nocchiate. Là accanto è un delicatissimo boudoir
Luigi XVI per signora; poi una pomposa stanza
da letto Luigi XV ; una severa biblioteca in stile
Luigi XVI, un buffet Rinascimento, nel quale si
ammirano ricchissime argenterie; un grandioso
salone da ballo in stile Luigi XVI ornato di
bellissimi bronzi e copiosamente illuminato da
grandi lampadari in cristallo; un altro boudoir
in stile settecentesco piemontese; una deliziosa
camera da letto Luigi XVI per signorina, ed in
fine una civettuola, ridente camera da bambini.
Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza.
LE ESPOSIZIONI DEL i'g i i
192
Mi pare che da questa sommaria descrizione sia
facile capire che questo, più che il palazzo della
Moda, è il palazzo della squisita eleganza arti¬
stica applicata alla vita; ed in questa definizione
mi confermano anche tutti i ben modellati manne-
(juins di cera raffiguranti, dame, signori, fanciulle
e fanciulli, gente che signorilmente riceve e gente
che graziosamente fa visita c tutti in toilettes e
costumi splendidi ed in atteggiamenti naturali....
un ambiente, che, a dir vero, è sempre di moda,
ma che sopratutto è un ambiente esclusivo di
arte e di bellezza.
La vita nostra contemporanea affrettata, in¬
calzante allontana ogni giorno più da ambienti
siffatti; ma un palazzo come quello detto “della
Moda „ potrà giovare a ricondurre il gusto e
le abitudini alle finezze deH’elegan^a e dell’arte,
che hanno tanto decisivo influsso sul costume
e sulla vita.
Come vedete, ogni giorno Roma e Torino of¬
frono inaugurazioni e ricevimenti.
Scrivo che sono appena partito da 1 orino i
festeggiati ospiti della Comedic ; e corro a Roma
certo di trovare già in treno comitive di sni¬
daci che accorrono alla capitale per la grande
inaugurazione, domenica prossima, del monu¬
mento nazionale al Gran Re. Il sindaco Nathan
nella sua circolare d’invito ha detto che i sni¬
daci debbono recarsi a Roma " muniti esclusi¬
vamente della fascia sindacale „; e il 'Travaso
delle idee cogliendo a volo la raccomandazione,
ne ha subito allineata una pittoresca comitiva
scendente nel Vurbe in perfetto costume adami¬
tico, appena attenuato dalla fascia di rigore: il
costume primitivo corrisponderebbe, forse, alle
condizioni reali di molti comuni del Regno, ma
siamo in periodo di feste, ed i sindaci si av¬
viano a Roma con gli abiti della festa!...
Giorino.
Il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
22 maggio. - Roma. Visita della Regina e dei principini
all’Esposizione in Piazza d'Armi : scendono nella barca
del loboggan.
2) „ Voi ino. La granduchessa Maria Paulowna Vladimiro
ha visitato il Padiglione Russò.
2 5 „ Roma. L’ambasciatore del Giappone in udienza spe¬
ciale ha presentala al Re una lettera di augurio del¬
fini pera toro M11 tsu-Yto.
„ „ Torino. Arrivo ila Milano della comitiva degli indu¬
striali austriaci.
„ „ — Inaugurata all’Esposizione la Mostra dell’Uriiguay
nel Padiglione dell’America Latina.
36 „ All’Esposizione banchetto della Camera di Com¬
mercio in onore degl’industriali austriaci.
„ „ Roiiut. 11 Re c la Regina, guidati da Corrado Ricci,
hanno salita la torre delle Milizie, e visitala la parte
orientale di Roma antica.
„ „ Torino. Riunitosi il Congresso degli spedizionieri.
07 „ Rotili. A Valle Giulia i Sovrani hanno inaugu¬
rato il Padiglione della Spagna ed il Salone della
(irecia.
„ „ Torino. Inaugurato all’Esposizione il Padiglione del
Siam
„ „ — Solenne inaugurazione del Palazzo della Moda.
23 „ Roma. Il Re inaugura al mattino il nuovo gran
campo di tiro; e alle i 3 il Re e la Regina partono
per Catania, dove il 3 o inaugurano il monumento
a Re Umberto, del Rutelli.
3 i „ Sulmona. Nona tappa del giro ciclistico d’Italia; par¬
titi 38 alle 7,?3, da Ancona, arrivato primo a Sul¬
mona (kl. 218,7) il granatiere. Corlaila, alle 14, r 8.
„ „ Dresda. All’Esposizione Internazionale d’igiene, in¬
augurato alla presenza del Re il Padiglione Ita¬
lia no.
CIMELII DEL MINISTERO DEL TESORO
all’ Esposizione Internazionale di Torino.
Interessante nella Mostra di Torino, l’esposizione che il
Ministero del Tesoro, sotto la personale guida del Sotto¬
segretario ili Stato, on. Angelo Pavia, ha tatto elei titoli
di rendita dei cessati governi italiani. Siamo lieti di pre¬
sentare qui la riproduzione di alcuni tra i piii interessanti
esemplari dei titoli esposti, riuniti in una pagina.
Il n. 1 rappresenta un buono del debito redimibile
creato con decreti 2.3 luglio e 24 settembre 1809 del Go¬
verno provvisorio di Romagna.
I n. 2 e 3 pongono di fronte l’eroica Repubblica Ro¬
mana del 1849, cui animò Giuseppe Mazzini c difese Giu¬
seppe Garibaldi, e la restaurazione papale, opera delle armi
straniere. Sono i due titoli di rendita intestati a Giovali
Battista Cattaneo, clic la Repubblica chiama semplicemente
c romanamente Cittadino, e che il Governo pontificio rein¬
tegra nel possesso del suo titolo di Marchese.
I n. 4 e (> ricordano altri eroismi, al¬
tri sacrifìci di popolo compiuti in quel
tempo in altra regione d’Italia: essi rap¬
presentano due monete patriottiche, ri¬
spettivamente da 5 e da r lira di qucl-
l’ultima Repubblica Veneta che si animò
nell’antica fede, e resistette miracolosa¬
mente, (piando ogni altro sforzo per la
redenzione d’Italia era stato per tutta la
penisola fiaccato dalla potenza stran era.
II n. 5 rappresenta un titolo dell’antica
rendita del primo Regno Italico, emesso
a carico del Monte Napoleone, e passato
di poi, come si rivela dai bolli, a carico
del Governo pontificio.
I n. 7, 8 e 9 ci riconducono alla Re¬
pubblica di Venezia del 48-49. Notevole
tra essi quello distinto col n. 7, rela¬
tivo ad un versamento in oggetti d’argenteria, negli ul¬
timi aneliti della disperata difesa: esso reca il fac-simile
della firma autografa di Daniele Manin.
11 n. io rappresenta il titolo al portatore del debito
sardo creato con legge i 3 febbraio 1 853 , mentre il n. 11
ritrae la quarta pagina di un certificato nominativo del
debito redimibile Sardo creato con R. editto 3 o maggio 1 83 1,
notevole per i bolli comprovanti il pagamento delle rate
semestrali, artisticamente studiati l’uno diverso dall’altro.
Infine il n. 12 è quasi un simbolo della compiuta unità
nazionale. Il titolo è una obbligazione al portatore del pre¬
stito Rothschild emesso dal Governo pontificio nel 1867,
e porta la firma autografa — invisibile nella fotografia —
del segreta* io di Stato di Pio IX, cardinale Antonclli. Re¬
stato in circolazione anche dopo il 1870 quando si esauri¬
rono le vecchie cedole per il pagamento degli interessi, ebbe
aggiunto un nuovo foglio di cedole sormontato dall’arma
del Regno d’Italia. I due stemmi, uno accanto all’altro,
sono come un segno tangibile del compiuto"destino'palrio.
SONO USCITI
RITRATTI d ARTISTI
ITALIANI-
-* UGO OJETTI
Francesco Paolo Mi¬
eli etti.
Telemaco Siijnorini.
Marius Pictor.
Edoardo Dalbono.
Filippo Garcano.
Leonardo Bistolfi.
Giovanni Fattori.
Domenico Trentacoste.
Pietro Fragiacomo.
Luigi Serra.
Giuseppe Pellizza.
Ettore Tito.
Davide Calandra.
Guglielmo Ciardi.
Oc/ni monografia è accompagnata da un ritratto
in fotoincisione stampato nitidamente fuori testo.
Un volume in-16, con 14 fototipie: QUATTRO LIRE.
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILVKO, VIA PALERMO, 12.
IL VINCITORE
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edizione.L. 1 —
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edizione.
Fiamme. 12 .° edizione
1 -
1 —
Reietto o redento. 9 * edi-
1 -
1 —
zione.
Via aperta. 12.* ediz.
— Edizione in-8 illnstr.. 2.'0
Vineta. 7.“ edizione .
1 -
Catene Infrante.. 9 .- 1 ed. I —
Verso l’altare.1 —
Buona fortuna !.1 —
Fata Morgana. 2 voi.. 2 —
— Edizione in -8 illnstr. . 3 —
A caro prezzo. 8 .* ediz. 1 —
Messaggeri di primave¬
ra. 6 .‘ edizione. 1 —
La fata delle Alpi. ,V edi¬
zione.. —
Caocia grossa.] —
Rune, 4.-' edizione .... 1 —
Dirigere vaglia ai Fratelli Trcves, editori, in Milano.
€*.° io
IU
[LUCCIO
poema drammatico in 4 atti di
Sem Bene!li.
TRE LIRE.
DELLO STESSO AUTORE:
La maschera di Brulo. fi . 0 mi¬
gliaio.L. 3 —
La Cena delle Beffe, là. 0 mi¬
gliaio .3 —
L'amore dei tre re. 12.° mi¬
gliaio .3 —
Tignola. 3.° migliaio. . 3 —
\aglia agli edit. Treves, Milano.
M
Sono uscitele
emorie
LEONARDO
della baronessa
Olimpia
Savio =
pubblicate con note
dell’Avvocato Professore
Raffaello Ricci
DA VINCI
Edmondo Solini . . La resurrezione dell’opera di Leonardo.
Marcel Rcymond. . L’éducation de Léonard.
Angelo Conti. . . . Leonardo pittore.
Vittorio Spinatola. Leonardo architetto.
Antonio Envaro . . L. nella storia delle scienze sperimentali.
Filippo Bottazzi . . Leonardo biologo e anatomico.
Benedetto Croce . . Leonardo filosofo.
Isidoro Del Lungo. Leonardo scrittore.
Josephin I’éladan. . Rpilogue.
Luca Bcltrami . . . L’areoplano di Leonardo.
Due volumi ia-i6 di com¬
plessive 700 pagine con
20 incisioni fuori testo
‘ Lire T, .“>( )
Splendido voi. in 8con 24 incisioni tirate a parte,
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Lire 25. -
640 pag. in-8 : L. 15.
504 pag. in-8; L. IO,
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA Al FRATELLI
TRE
VES, EDITORI, IN MILANO.
FASCICOLO i 3 .°
R I‘- ESPOSIZIONI DLL t a i t
I O R I N (). I RII R O V I K A V () R | T I I) K I. 1/ E S P () S l Z l C) N E.
193
Il conte I'eofilo Rossi Sindaco di Torino e la sua famiglia fra 1 Somali della Kermesse (fot. Fomari).
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
194
TORINO. Fantasia di guerra nel villaggio Somalo della Kermesse dell’Esposizione (fot. Pomari).
Continuano le Inaugurazioni.
( No'ini cov vis fondai za.)
7 giugno.
Ah! Questa volta poi è stata proprio un’inau¬
gurazione, e di quelle solenni ! — C’era rappre¬
sentata nel modo pivi preciso tutta Italia — nelle
persone di circa 6800 sindaci, i quali non hanno
mai sudato tanto per i loro Comuni come in
questi giorni di patriottica esultanza.
Finalmente, dunque, il monumento colossale,
destinato a mettere a pari della gloriosa Roma
imperiale la Roma moderna, è stato scoperto,
inaugurato, offerto aU’ammirazionc di centomila
spettatori, c se c’è ancora chi ne dubita, faccia
come ho fatto io — corra a Roma a vedere.
Cioè, inaugurato sì, ma incompleto: l’altare
della patria non c’è propriamente ancora, ma,
quando sarà stato deciso il nuovo modello fra
Lazzi e /amili, potrà esserci; non ci sono an¬
cora le quadrighe, non ci sono ancora quattro
dei sei gruppi principali; non ci sono ancora i
musei; c’è ancora da sistemare attorno mezza
Roma perchè il monumento ne abbia una cor¬
nice adeguata; ma alla fine dei fini esso è stato
inaugurato; eia festa è stata grandiosa, propor¬
zionata alla immensa opera Sacconiana.
11 successo però, non fu nè di Sacconi, nè del
grande cavallo dorato di Chiaradia, nè dei gruppi
di Monteverde e di Jerace, nè di nessun altro.
Non fu nemmeno di Ciiolitti, il cui discorso deve
averlo messo assieme un qualche ritagliatore
di giornali del ministero. 11 successo fu dei prin¬
cipini, dei figli del Re — Umberto, Jolanda e
Mafalda che furono costantemente tenuti d'oc¬
chio dall’immenso pubblico ed incessantemente
applauditi.
La partecipazione di quei tre simpatici bam¬
bini alla festa fu una vera trovata. 1 soliti per¬
sonaggi, i soliti grandi dignitari - ! dello Stato,
tutta codesta democrazia costituzionale in uni¬
forme od in marsina costellata di crachats e ad¬
dobbata di nastri, il pubblico la sa oramai a
memoria, e non riesce che a determinare, dovun¬
que si mostri, una fastidiosa stereotipata mono¬
tonia. Invece epici tre bambini vestiti di bianco,
dalle faccie allegre, quasi umoristiche, dalle mo¬
venze improvvise, dal sorriso lieto ed arguto
sorpresero e gradirono a tutti, ed il popolo
parlò assai più dei “ principi „ che del monu-
mentone e di tutto il resto.
Tant’è vero che l’indomani 'quando i 6800
sindaci — compreso un prete — tutti tricolor¬
mente fasciati sui neri abiti, trovaronsi riu¬
niti alla garden-party nel luminoso giardino del
Quirinale, e si videro passare davanti il Re, la
Regina, i principi e tutti i soliti dignitarii, non
seppero trattenersi dal gridare ripetutamente:
“ Vogliamo i principini! Vogliamo i principini!... „
Ma i rappresentanti dei Comuni italiani sono
oramai abituati a chiedere senza ottenere — e
così fu che il loro desiderio di vedere i prin¬
cipini nel giardino della Reggia rimase fra i
desidcrii civici non soddisfatti.
Del risultato finale del grande raid aereo Pa-
rigi-Roma, è inutile, oramai, che io vi parli:
Beaumont e Garros ebbero un vero successo
emozionante. In queste imprese qui ci vuole il
fulmineo, eccitante le fantasie — e questa fu la
fortuna di Beaumont. Garros ebbe dalla sua il
sentimento — doveva arrivare primo, trovò per
strada la iettatura; era il più Sollecitamente at¬
teso, il pubblico era per lui fino da principio;
e varii elementi diversi ed opposti gli procura¬
rono un'accoglienza entusiastica non diversa da
quella fatta a Beaumont. La cortesia internazio¬
nale non mancò nè verso Frey, nè verso Vi-
dart; ma in tutte le gare, e specialmenle nelle
aeree, ha ragione il proverbio — chi primo ar¬
riva, meglio alloggia.
Ora si stanno facendo i preparativi per il raid
definitivo — Roma-Torino: e in attesa, tutti i
giorni, fino al io, Roma vedrà areoplani nel suo
cielo. L’altro ieri Garros roteava al disopra della
grandiosa mostra archeologica alle Terme Dio¬
cleziano, ieri faceva due volte il giro della Mi¬
chelangiolesca cupola di San Pietro, acclamato
dalla folla e — chi lo sa? — forse benedetto dal
Papa !...
Anche senza disporre di un mio speciale areo-
plano, eccomi di volo a Torino, dove le inau¬
gurazioni, i congressi, i concorsi si succedono
con una rapidità veramente cinematografica.
L’instancabile Sindaco, conte Teofilo Rossi,
passa con una elasticità meravigliosa dalla Mo¬
stra Eritrea e dalle file dei nostri slanciati Zap-
tiè, al congresso degli agenti di cambio, dal Pa¬
diglione dell’America Latina — interessantissimo
— inaugurato ufficialmente ieri l’altro — ai boxes
dei cani, la cui mostra risonante di latrati e di
guaiti è stata aperta anch’essa ieri l’altro.
C’è poi, mentre scrivo, un rumoroso, gaio, fol-
leggiante intermezzo di sartine in isciopero —
numero non previsto nel programma. Però è
dei più divertenti; mette in faccende la pub¬
blica sicurezza; e fa vedere a quali ardimenti,
dopo cinquanta anni della resurrezione della pa¬
tria, sappia spingersi il gaio sciame femminile
per le cui mani passano giornalmente i segreti
e gli artifici della muliebre eleganza.
Di audacie femminine ne abbiamo avute, a 'Fo¬
rino, in questi giorni ben altre, e pubbliche —
i cimenti delle signore nel concorso ippico. Si¬
curo, lo Stadium domenica era straordinaria¬
mente affollato perchè il programma annunziava
la corsa delle signore. O non è forse tutta la
vita una continua corsa alle signore, o corsa
delle signore?... E non siamo ogni giorno piti o
meno eccitati nella nostra curiosità dalle notizie
sulla tale che è caduta, o sulla tal’altra che è
pericolante?... Con tutto ciò, la corsa a cavallo
di elegantissime dame fu per tutti una novità
e ottenne completo successo. A due o tre di
esse i cavalli rifiutarono l’ostacolo: una cosa
che, con le signore, capita anche a piedi. I ri¬
fiutati d’altre gare ^applaudirono, in cuor loro,
i cavalli che rifiutavano.
Le signore Arona Valletti, Godio-Kay e mar¬
chesa Bourbon del Monte fecero degli exploi/s
mirabili. Sopra undici inscritte, cinque — clas¬
sificate a pari merito — disputaronsi brillante-
mente la vittoria con un salto a doppia bar¬
riera. La marchesa Bourbon del Monte riuscì la
prima avendo fatto saltare al suo Mooulight un
ostacolo di metri i, 63 : la signora Godio-Kay
con Rebecca saltò metri i, 55 ; la signora Laura
Arona-Valletti, con Dora saltò metri 1,40.
Onore al femminismo ippico!... Avrebbe do¬
vuto esservi ancora, fra dame, una gran gara
reale, ma di inscritte non ne erano rimaste più
che due, e codesta gara rimase fra i molti de¬
sideri! accesi c insoddisfatti di questo elegante
concorso.
Si è parlato di cadute.... ma, in pubblico, non
se ne sono vedute!...
Giorino.
Primo premio Terzo premio
Marcii . 11 Bourbon ilei Munte. Si;j. a I-aura Arona-Vialetti.
Secondo premio
Sij ^.* 1 Godio-Kay.
La Gara Internazionale delle Signore.
La marchesa Bourbon del Monte con “ Moonlight „ mentre supera la barriera di m. i.63.
(Eot. FornsE.)
La marchesa Bourbon del Monte con “ Moonlight
Gli ufficiali francesi che vinsero la coppa “ Città di Torino „ nelle gare internazionali.
LE ESPOSIZIONI DEL i 9
196
LE ESPOSIZIONI DEL
j 9 1 1
La Mosiia dell’Arte tipografica all’esposizione di Torino.
Singolare importanza assume, nella grandiosa
Esposizione Internazionale di Torino, la Mostra
della Stampa e del Giornale.
E .si comprende facilmente, che non connine
attrattiva abbia ad esercitare cpiesta caratteri¬
stica parte della grande Rassegna delle industrii
e del lavoro, se si pensi che da essa, cioè dal-
l‘idea modesta, ma prima a manifestarsi, di una
Esposizione d’Arte Tipografica, sorse appunto
quella di una ben più vasta Esposizione gene-
ialt', di una grandiosa Mostra internazionale, de¬
stinata a commemorare il cinquantenario della
Proclamazione del Regno d’Italia.
I in dal 1900 era anzi nato, a 1 orino, in oc¬
casione del V Centenario di Gutemberg, il pen¬
sino di un Esposizione del libro, che compren¬
desse quanto nell’arte della stampa ha prodotto
il I irniente dall alba della grande invenzione
fino ai giorni nostri. E, pochi anni dopo, il so¬
natole Secondo fi ola, allora sindaco di l orino,
raccogliendo e fondendo in una sola le varie
iniziative (tra cui quella dell’Associazione della
Stampa Subalpina, lanciata dal suo consigliere
delegato Delfino Orsi, ili celebrare il centenario
di Cavour con una Mostra del Giornale c del¬
l’Arte della Stampa, ed un’altra proposta del¬
l’Associazione Monarchica Umberto I), gittnva ad
un tratto, con magnifico gesto, in una memoranda
adunanza, le basi della grande Esposizione per
il 5 o." anniversario della proclamazione del Re¬
gno d’Italia, che ricorre appunto quest’anno.
Singolare importanza, per tutto questo e per
l’indole stessa e per i! suo carattere così spe¬
ciale, avrà 1 ipeto, chè non è ditlìcile il pre¬
vederlo fin d’ora — la Mostra del libro c del
giornale nella prossima Esposizione di Torino.
Ea quale Mostra speciale della stampa, per chia¬
marla con un titolo solo, comprenderà due parti
distinte : l'antica e la moderna.
Mentre infatti nel Palazzo del Giornale si avrà
tutto l’odierno organismo vario e complesso della
tipografìa, nel vicino Borgo Medioevale — chi
non lo ricorda quel cimelio meraviglioso, avanzo
dell’Esposizione Nazionale del 1884? — troverà
sua sède la Mostra tipografica retrospettiva in¬
sieme con altre affini che le faranno corona.
11 Palazzo del Giornale sorge su l’area, già
occupata nel Parco del Valentino dal Palazzo
delle Belle Arti, ed è veramente grandioso, come
quello che si sviluppa su quell’area di circa 8000
m.q., e consta, oltre che di numerose sale, di
un vastissimo .salone per conferenze, riunioni, eco.
E potrà quindi essere ospite capace c degno di
tutto il mirabile movimento della moderna Offi¬
cina tipografica, mirabile veramente pei^ il pre¬
gi esso sbalorditivo fatto dalle grandi macchine
e dai nuovi trovati — cosi come le case di Alba
e di Bussoleno, nel Borgo Me di oc vale, forme¬
ranno degna sede e cornice insieme, magnifica
per carattere e colore, all’antica officina tipo¬
grafica. E sarà questa senza dubbio una delle
pnì belle e interessanti attrattive dell’Esposizione,
un grande richiamo per gli studiosi, per i cui-
tmi (ledi arte della stampa, per artisti, tipografi
ed amici del libro; una grande curiosità per
tutti. La ospiterà, l’ho già detto, quella parte
del Borgo Medioevale, che si usa chiamare delle
case ili Alba e Bussoleno, perchè riproducono
fedelmente edifici medioevali tuttora esistenti in
Alba e Bussoleno. Qui, cioè nella casa di Bus¬
soleno, troverà posto la fabbricazione della carta
al tino, e nell’altra, nella casa di Alba, si allo¬
gherà al pianterreno l’officina tipografica, c, al
piano superiore, la mostra degli incunabuli. Nò
sarà quest’ultima una pura e fredda esposizione
di vecchie stampe, marche tipografiche, xilo-
gi alìche, ex-hbns, riproduzioni della prima eil
ultima pagina dei volumi più preziosi, venuti
alla luce, specialmente in Piemonte, in quell’aurea
età della stampa; ma sarà presentata in azione
e resa così animata e più interessante quindi
per il visitatore. 11 quale si troverà così davanti
ad una fedele riproduzione dell’antichissima “ bot¬
tega dello stampatore, col suo torchio guten-
berghiano e tutti i primitivi materiali ed arnesi
del lavoro tipografico, e con un annesso piccolo
laboratorio di legatoria, onde più completa rie¬
sca l’integrazione storica della patria tipografica.
Là, adunque, nel magnifico Palazzo del Gior-
nale e dell’Arte della Stampa, la fragorosa at¬
tività industriale dell'odierna tipografia; e qui,
nell’angolo tranquillo dclPantico Borgo, il lento,’
cat attcì istico lavoro di quelle piccole stamperie
dei primi tempi, alle quali andiamo pur debitori
di tanti trionfi dell’arte tipografica. Che ben
noto è oramai come in due secoli di produzione
tipografica anche solo italiana, nel quattrocento
cioè e nel cinquecento, siavi tutto un tesoro di
ammaestramenti, tutto un tesoro d’arte del libro,
die si rivela in ogni sua parte, dai fregi del fron¬
tespizio alle xilografie del testo, dal tipo mobile
alle testate dei capitoli ed alle lettere iniziali.
Là, nella maggior sede della stampa, gli in¬
gegnosi trovati sempre più rispondenti alla ra¬
pidità febbrile e vertiginosa dei giorni nostri, e
qui, nella più modesta e più caratteristica sede an¬
tica delle arti grafiche, l’opera serena, paziente e
meditata, a-sai più favorevole all’estetica del libro.
Le due mostre, adunque, in cui si suddivide
la Mostra del libro e del giornale, sono così di¬
verse e attraenti, ciascuna per il suo carattere spe¬
dale, da non potersi far concorrenza l’un l’altra.
I iuttosto una di esse avrà, io penso, qualche
cosa ila imparare dall altra, E sarà la moderna,
clic dalla sua antenata arte della stampa di cinque
secoli fa, potrà trarre utili ammaestramenti.
Nell’Esposizione del 1902 a Torino, cioè nella
prima Esposizione di Arte decorativa moderna,
1 arte nostra del libro non ebbe tutto quel suc¬
cesso 1 lie si sperava. Subito e chiaro apparve
come troppi dei nostri furono trascinati da un
soverchio spirito di imitazione a seguire cor¬
renti straniere, anzi che preoccuparsi di dare al
libro una tìsonomia ed un carattere proprio,
essenzialmente nazionali. La decorazione e l’este¬
tica del libro non mostrarono di aver fatto passi
veramente notevoli di progresso verso un tipo
di chiara bellezza, sobria ed armoniosa, verso
un insieme di linee e di forme schiettamente
italiano; e più curato e più progredito apparve
invece il giornale, specialmente illustrato.
Ora il poter apprendere con esami e studi e
raffronti, ila una siffatta mostra, il modo di sa¬
per conciliare con le esigenze moderne indu¬
striali e commerciali l’estetica del libro e, senza
ti ascuiare, anzi pur favorendo le idee innovatrici,
dare alle nostre edizioni una maggior impronta
nazionale, sarebbe, io credo, il miglior risultato
da augurarsi all Esposizione tipografica del 1911.
I moltiplicati mezzi di riproduzione e le per¬
fezionate arti sussidiarie della tipografia, se da
una parte rispondono splendidamente al carat¬
tere febbrile della vita presente e dell’odierna
civiltà meccanica, offrono pure dall’altra tali e
tante facilitazioni, clic da esse si può e si deve
sapei tiaire giovamento per una decorazione
ornamentale che abbia un’impronta tutta pro¬
pina, per un arte del libro, che, ispirandosi al
passato, cioè alle superbe edizioni antiche, senza
dimenticare i gusti e gli ideali del tempo pre¬
sente, si possa dire veracemente e schiettamente
italiana. Di utili insegnamenti potrà, per tutto
questo, essere feconda la Mostra del libro e del
giornale — per la quale ha molto lavorato appo-
sita Comnussione, presieduta dal cav. Giuseppe
igliai di-1 ara via, presidente della Scuola Tipo¬
grafica di 1 orino e nome ben noto nel campo
dell aite libraria italiana — e feconda special-
minte nei suoi rapporti e confronti con la mo¬
derna potrà essere la Mostra antica, la quale
avrà pur la virtù di accrescere la folla dei visi¬
tatori ed ammiratori del Castello e del Borgo
Medioevale, il meraviglioso gioiello del nostro
bel Valentino.
Giuseppe Deabate,
LE ESPOSIZIONI DEL t 9 ii
197
TORINO. Il Villaggio Alpino all’ Esposizione (fot. Pomari),
Villaggio Alpino alF Esposizione di Torino.
TORINETTO SOPRANO (m. 1275.50).
Chi, venendo all’Esposizione internazionale
vorrà godere dell’illusione di vivere per qualche
ora in un paesello di montagna non avrà che
risalire, magari da Ferrara, la valle del Po e,
giunto all’altezza del Valentino, in su quel di
Torino, fermarsi nel paesello di Torinetto So¬
prano. 11 paesello, per coerenza all’indole sua
montanina, sorge sul pendio di un monte rap¬
presentato per l’occasione da una delle tante
montagnole del giardino del Valentino, fra una
cascata che precipita rumorosa dall’alto del suo
letto di calcestruzzo ed un gruppo d’alberi di
pino clic dànno uno sfondo verde al quadro
montanino.
L’ingresso principale della borgata è dalla
strada che percorre il fondo.... della valle, ossia
dal grande viale del Valentino che costeggia la
sponda destra del Po.
La fede di nascita del paese si legge a ca¬
ratteri di scatola su di un’insegna bianca sporca
di fango — stile del luogo — nell’angolo esterno
della prima casa del paese:
Comune di Tokinetto Soprano - Mandamento Po
Abitanti 226 — Altitudine sul Mare m. 1275 . 50 .
Quel gruppetto di case, alcune in pietra, altre
costruite con tronchi d’al¬
bero sovrapposti e pog¬
giati ai quattro angoli su
pietra a forma di funghi
colossali che le sollevano
di circa un metro dal pra¬
to e le difendono dalla
invasione dei topi, la chie¬
setta ricoperta di lastre
d’ardesia, il piccolo cam¬
panile bianco acuminato
che domina il paesello, il
| colore scuro delle pietre
gre ggie delle abitazioni in muratura, in armonia
col colore cupo delle case di legno, le piccole
finestre adorne di fiori rossi, le strabette strette
che s’internano tortuose fra le casette, dànno al¬
l’ambiente un colore montanino di una verità
sorprendente. Chi, giungendo dalla valle s’iner-
pichi per una di quelle stradette che conducono
al piazzale della chiesa ove nel centro zampilla
la lonte circondata da una grande vasca otta¬
gonale ed ove prospettano la Casa comunale, la
chiesetta, l’osteria ed il Boureau de Guides —
tutti gli elementi vitali del paese prova l’illu¬
sione d’arrivare ad uno di quei paeselli sperduti
in fondo ad una qualche valle del Monrosa ove
è così dolce trascorrere qualche settimana col¬
l’unico programma di mangiar polenta e bere
latte non annacquato, lontani dal proto, dai clienti
restii e dall’agente delle tasse.
A completare la poetica illusione concorre in
modo efficacissimo la lastricatura delle stradette
e dell’unica piazzetta, fatta con ciottoli rotondi
ma di una rotondità.... approssimativa, sui quali
un visitatore dai piedi indolenziti, o più tragi¬
camente, doloranti, sente tutto il sapore.... agre¬
ste della montagna.
Colgo a volo una frase di una signora ele¬
gante dai piedini ben torniti entro le scarpette
lucide. Ella atteggiando il viso ad una smorlìetta
esclama rivolta al marito:
A smia propi d J esse in montagna.
Am fan mal i jassiti.
(Pare proprio d’essere in montagna. Mi fanno
male i calli).
E poiché il marito è un’autorità del paese,
e il che vale quanto dire, un membro del Co¬
mitato del Club Alpino torinese che ha presie¬
duto alla costruzione del villaggio ed alla lastri-
cazione delle sue strade, si capisce subito dalla
smorfia c dal gesto di madama che essa — co¬
me è uso delle mogli — vuole far risalire al
marito la responsabilità.... del dolore dei propri
calli.
Nell’ingresso del paese, lungo il breve tratto
dello.... stradone alla piazzetta centrale, è riz¬
zata una croce in legno, simbolo di pace, con
gli emblemi del martirio rappresentati dal gallo
che cantò tre volte (un gallo che pare una per¬
nice) la spugna, i chiodi, la lancia, la benda, le
tenaglie ed il martello.
Ed eccoci nel centro del paese, seduti su di
un tronco posto a ridosso del muro dell’osteria,
di fronte alla chiesetta ed alla Casa comunale.
La Casa del Comune ospita indubbiamente
qualche creatura gentile amante dei fiori e degli
uccelli. Alcuni vasetti di fiori rossi adornano l’u¬
nica finestretta prospiciente sulla piccola piazza,
ed entro una gabbietta posta sul davanzale
saltella e cinguetta un canarino. Segreti del
comune di Torinetto e misteri dei dirigenti le
sue sorti amministrative. Il partito d’opposizione
al sindaco, che è un conservatore, vigila con
occhio attento, e già
" UEco di Torinetto Soprano „ organo del par¬
tito socialista della valle, nell’ultimo suo numero
ha accennato ai sopraindicati sospetti in un ar¬
ticolo dal titolo:
li canarino del sindaco
ovvero
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI - Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO AEABRO DELLA GIURIA
198
le ESPOSIZIONI DEL I 9 I I
Lo sperpero del danaro dei contribuenti.
Si parla già di querele c di penalisti die ar¬
rotano i denti.
*
Su di un angolo della facciata della Casa co¬
munale è la meridiana solare provvista di tet¬
toia perchè il sole non la guasti ; una meridiana
che conta certo qualche secolo di vita, a giu¬
dicarne dalle scrostature nonché dal motto la¬
tino del secolo del “ musa fnusac Tempns tem¬
perai tempora „.
Nell’albo pretorio, grazie a Dio ed a maggior
felicità degli scapoli del paese, non è segnata
alcuna pubblicazione matrimoniale.
Nell’interno della Casa comunale, a piano ter¬
reno (essendo il piano supcriore occupato dal
canarino e dalla sua governante), ha sede occa¬
sionalmente la bella Esposizione di quadri di
montagna, organizzata dal Club Alpino, nella
quale figurano i più bei nomi di pittori nostrani
e stranieri che amano cimentarsi con le diffi¬
coltà quasi insuperabili del riprodurre, almeno
approssimativamente, la montagna. Ricorderò
fra i nostri migliori Tavernie, Maggi Arbarello,
Folchetto, Ciardi, Polloni, Bozzallo, Eragiacomo,
Pollini, Mazzetti, Carutti, Rtibmo, Cressini, Emilio
Longoni, Pollonera, ccc., eco. E fra gli stranieri,
Menarci, principe in Francia fra i pittori della
Montagna, Otto Partii di Vienna, Recider di
Monaco, Morera di Madrid, Compton inglese,
Wicland II. R. di Monaco di Baviera, Model
di Zurigo ed altri ed altri che sarebbe troppo
lungo catalogare.
Non mi fermo per via a fare della critica d’arte
in Torinetto Soprano, ove l’arte ci è data dalla
natura, e tiro avanti. Noto solo di sfuggita co¬
me i pittori del luogo abbiano una particolare
simpatia per il Cervino il quale viene rappre¬
sentato da tutti i lati e condito all’olio, in tutte
le salse, bianca, scura, verde c persino violetta,
così da dargli l’aspetto di un gelato all’olio di
ricino.
Un Cervino purgativo.
In altra sala della Casa comunale è l’Espo-
sizicne delle fotografìe le quali nella loro bel¬
lezza di riproduzione hanno tutta l’aria di can¬
zonare il Cervino, il Monte Bianco, il Monrosa
e gli altri monti confratelli delle sale attigue,
fritti.... all'olio.
Ma io non sono critico d’arte e non posso e
non voglio addentrarmi in questo tema peri¬
coloso.
Ritornando nella piazza entriamo nell’Osteria
segnata ai passanti da una bottiglia e da un
bicchiere dipinti sull’alto della porta.
Il vino, contro ogni legge fìsica, si eleva dalla
bottiglia c scende zampillante entro il bicchiere.
L’oste ha anche lo spaccio dei tabacchi.
Provvisoriamente, però, ha ceduto i locali al
Comitato del Club Alpino il quale vi ha collo¬
cato i saggi della vasta e complessa opera del
Club, dalla sua fondazione per iniziativa di Quin¬
tino Sella, ai giorni nostri. Sono modelli in le¬
gno dei molteplici alberghi c capanne alpine co¬
struite per iniziativa ed a spese del Club. — Pri¬
meggia su tutti il bel modello della capanna
Cubetti coll’annesso osservatorio astronomico
c scientifico, palestra di studio del rimpianto
Angelo Mosso, sono carte geografiche ed in ri¬
lievo, sono volumi sulla montagna, guide e ri¬
viste, edite a cura del Club, sono collezioni della
flora e della fauna montanina, ed è ammirevole
la collezione della fauna del Cadore. Prendono
posto in questa sala le esposizioni della Soci et e
des Tonristes dii Dati pinne (Grenoble) e del Club
Alpin Francois le quali ci presentano modelli
di rifugi alpini, ammirevoli per la minuta e scru¬
polosa riproduzione di ogni particolare e carte
di rara produzione.
Una seconda camera dell’Osteria è dedicata
esclusivamente alla illustrazione delle varie spe¬
dizioni di Luigi di Savoia duca degli Abruzzi.
Il tetto a fine pioventi dell’alta ed ampia sala
è sorretto traversai mente da travi storiate col
motto Fai, il nodo caratteristico dello stemma
dei Savoia c le date delle spedizioni compiute
dal Duca.
All’altezza di un primo piano gira attorno alla
sala un’ampia balconata alla quale si accede dal
fondo della sala stessa per una scala a due
rampe.
Tutto intorno alla sala, nel piano terreno e
nella galleria si aprono sulle pareti finestrino
rettangolari illuminate dalla luce esterna, entro
alle quali sono incastonate splendide fotografie
sul vetro, eseguite da Vittorio Sella e dal Duca
stesso, raffiguranti località, episodi, scene delle
varie spedizioni, dall’Alaska al Polo Nord, dal
Sant’Elia al Karakorum.
Splendida, fra tutte, una veduta occidentale
del Guskerbrun a 0461 m. nel Karakorum.
Non è piti fotografia, è realta e pare d’affac-
ciarci nell’immenso ghiacciaio.
Un alpinista inglese, dopo aver protestato per¬
chè in queste sale non trovò il vino ed i sigari
promessigli dall’insegna, si è accinto ad entrare
nel finestrino che incornicia la veduta del ghiac¬
ciaio Balloro, col proposito di percorrerlo in
tutta la sua lunghezza. Tanto la fotografia è....
suggestiva!
A parte gli scherzi; il pittore Maggi, uno dei
nostri migliori pittori di montagna, dopo esa¬
minata questa splendida collezione di fotografie
ebbe ad esclamare: Se le avessi viste prima non
avrei esposto alcun quadro.
Nel centro della sala figurano la tenda del
Duca ed un plastico del Ruwenzori fatto ese¬
guire dal Governo dell’Africa inglese sui dati
forniti dal Duca. In alto, nella galleria, a fianco
ad una librerietta che racchiude i volumi di re¬
lazioni delle varie spedizioni del Duca figura un
bel busto di lui, opera dello scultore Tancredi
Pozzi.
ti*.
Entro la chiesa, ove più d’un credente entra
segnandosi la croce, è l’Esposizione delle pic¬
cole industrie alpine, fra le quali primeggia l’o¬
pera dei Valsesiani. Entro la chiesa ha trovato
rifugio per le piccole industrie anche il diavolo
di Bcnan, in Savoia, un fantoccio dalla faccia e
d ii colori strani, spavento dei bambini dell’Alta
valle dell'Arc. Nel coro presso la chiesa è la
mostra del Club Alpino universitario, esuberante,
per giovanile attività.
Segue in altra sala una Esposizione di foto¬
grafìe di montagna, veramente riuscita.
E poiché l’arte montanina ci opprime in tutte
le sue manifestazioni, ritorniamo alla vita vis¬
suta del gentile paesello.
In Torinetto, come in ogni altro formicaio di
uomini di questo mondacelo cane, fervono le lotte
I politiche ed amministrative.
Percorrendo la “ Ida alla rasenta „ (che, a #
quanto pare, è il focolaio, il centro dell'oppo¬
sizione alle autorità locali costituite) si legge sui
muri, scritto a carbone c con altre materie.... non
corrosive :
“Abaso il sindico,, “Viva il focagio „ “Viva
il sufragio Universale,, “Viva l’abate Correi,,
“ Votate tutti per il deputato Parapetto „.
Indubbiamente il candidato socialista.
Ma a che avvelenarci il sangue con la poli¬
tica? Teniamoci estranei alle lotte politiche lo¬
cali in questa nostra breve villeggiatura e con¬
tinuiamo attraverso il paese questo nostro giro
di cittadini a spasso.
Nella stradetta verso.... la montagna è la lat¬
teria esercita da tre belle ragazze, in costume
di Cogne, le quali hanno la virtù, con la loro
grazia, di far sorbire non meno di quattro etto¬
litri di latte, in occasione di ogni festa coman¬
data, ai cittadini in gita di piacere.
Nel piano superiore è la camera d’abitazione
del pastore e della pastorina, con le cuccette
per dormire incavate nel muro, una sovra l’al¬
tra, gli arredi montanini per gli usi della vita e
per la fabbricazione del burro, gli zoccoli per
terra ripieni di paglia c gli abiti in disordine,
così da dare l’illusione che i padroni assenti de¬
vono rientrare da un momento all’altro. In una
camera attigua è una grande cucina di un qua¬
lunque paese di montagna ove un tornitore di
Viti ed una cestinaia valscsiana lavorano ala¬
cremente attorno all’agreste opera loro.
Uscendo di là dentro, nel ritornare all’aperto
fra i viali del Valentino ove ferve la vita citta¬
dina vi assale il rimpianto che la gita monta¬
nina sia stata un’illusione d’arte, e col rimpianto
il desiderio di fuggire dalla città per arrampi¬
carvi sino ad uno di quei paeselli, ove l'illusione
si cambi in realtà. Ma una realtà non disturbata
dallo spettacolo degli areoplani delle signore e
dai quadri del Cervino. Un paesello ove nell’o¬
steria si venda vino sul serio e sia provvisto di
qualche forno. Il quale forno manca assoluta-
mente a Torinetto quasi per far capire che i
suoi abitanti vivono unicamente d'illusioni arti¬
stiche, nutrendosi d’arte coi.... quadri del Cervino.
Torino, Giugno.
Toga-rasa.
I.A PIAZZETTA QUINTINO SeI.I.A.
ù irò lina
„ Roehe
Raccomandata dalle Autorità .Mediche nelle
Malattie polmonari,
Catarri bronchiali cronici,
Tosse Asinina , Scrofola , Influenza
(, l ! AVA I A\S7 eh, He c O.y T/e. I F/\ I ZI osi
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
199
L
ROMA. L'INAUGURAZIONE DEL MONUMENTO A VITTORIO EMANUELE II (4 giugno).
Davanti al Monumento mentre si attende il corteo reale (fot. Moiinari).
U inaugurazione del Monumento a Vittorio Emanuele IL
4 giugno.
Uno spiritoso scrittore francese ha detto una
volta die sul Campidoglio gli pareva di sentir
nell’aria “ odore di secoli „....
La frase mi tornava in mente stamane, quando
alla presenza del Re, della Corte e dei Rappre¬
sentanti di tutto il popolo italiano si consacrava
soleniiL'inente, sulla vetta del Campidoglio, non
solo il monumento al Re ma ben anche un Al¬
tare alla Patria. E pensavo che se noi uomini
del secolo ventesimo potessimo ancora credere
che ogni luogo avesse una sua propria anima
spirituale — quella che i nostri antichi padri
chiamavano, reverenti, il gaiius loci — nessun
altro gcnius loci vi sarebbe nel mondo che sa¬
pesse e avesse visto più cose che quello del
Campidoglio !
Quale serie immensa di fatti, quale enorme
indescrivibile fantasmagoria di avvenimenti, sto¬
rici e leggendari, paiono incombere su questo
vecchio colle, da quando, sulla sua cima ancora
scoscesa e dirupata, eran poche capanne di pa¬
stori, i quali, maravigliando, vedevano sorgere
incontro, sul Palatino, la città quadrata di Ro¬
molo! La federazione latina e il saccheggio dei
Galli; l’insurrezione popolare dei Gracchi soffo¬
cata nel sangue; il fulgore dei monumenti re-
pubblicani e imperiali, e l’aureo Tempio di Giove
fiammeggiante al sole; l'abbandono c il deserto
nei foschi secoli intorno al mille, c l’eccidio di
Cola di Rienzo; le lotte fratricide dei baroni e
quelle religiose degli antipapi e dei papi; le co¬
rone dei Poeti e le pompe degli Ambasciatori,
tutte parevano rievocarsi oggi queste immortali
pagine di una storia, della quale nessun’altra
fu mai nel mondo più interessante piti grande
piii magnanima più feconda di universali con¬
seguenze.
Perciò la festa d’oggi che a noi pare — per
quanto possiamo giudicare — quasi l'epilogo su¬
premo di questa storia di ventisette secoli, ebbe
nel suo aspetto esteriore un carattere quasi re¬
ligioso: e quando, dopo un delirio di ovazioni e
di musiche e di grida acclamanti, un grande si¬
lenzio si fece sulla colossale rupe marmorea e
giù nella vasta sterminata piazza; e caddero le
tende e apparve nell’aureo fulgor del metallo,
alta c rigida la figura del Re, che ricompose
le sparse membra dell’Italia, un senso di mi¬
stica e quasi ieratica commozione corse in tutte
le anime nostre. E pure siamo scettici figli d’un
secolo scettico, il quale tutti i giorni parte in
guerra contro ogni idealità ed ogni fede....
Ma in verità ognuno avrebbe affermato sta¬
mane che l’individuo può essere scettico, non
la folla. Chi non ha visto, come oggi s’è visto,
il soffio di entusiasmo vivido possente irresi¬
stibile che animò tutti i cuori quando passarono,
inchinandosi all’Altare della Patria, tutti i ves¬
silli del nostro Esercito, non potrà mai retta-
mente giudicare la psicologia del popolo italiano
moderno.
Passavano, venute da ogni terra d'Italia, dal
piano dai monti dai mari dalle isole, le ban¬
diere dei nostri reggimenti, quelle a cui, nel '48,
nel *49, nel ’ 5 g, nel ’6o, nel ’66, nel '70, avevan
fissi gli occhi i soldati che caddero per la libertà
della Patria, ciucile che i petti dei nostri padri
han custodite c difese. Tutto pareva visibilmente
rievocarsi la grande Epopea: gli schietti popo¬
lari ingenui entusiasmi delle prime campagne
lombarde, e i tristi giorni di Novara quando
parvero declinar le aspettazioni c sommergersi
le speranze d’Italia; le vittorie e le sconfitte
della guerra proclamata da quel Re che “ non
fu insensibile al grido di dolore „ innalzato dai
fratelli gementi in servitù; i trionfi della cam¬
pagna garibaldina nel Mezzogiorno; le dubbie
fortune di Custoza e la Breccia di Porta Pia,
per entro cui passò l’Italia a riconquistare il suo
Campidoglio. Tutto questo evocavano quelle vec¬
chie bandiere, decorate di medaglie, che sali¬
vano il colle sacro, e s’inchinavano esse innanzi
al simulacro della Patria; mentre il capo — c
l’animo — di ognuno dei presenti s’inchinava ad
esse. E quando fecero siepe intorno al basamento
dell’Altare — viva c magnifica decorazione alla
grande opera d'arte — un applauso tonante
eruppe dalla moltitudine, e le acclamazioni al¬
tissime e l’agitar dei cappelli e il batter delle
mani c l’entusiasmo vivo sincero profondo che
animava i vecchi c i giovani e le donne e i gip-
vinetti che appena si affacciavano alla vita, ta-
cevan fede che in nessun caso mai la Patria
avrebbe potuto dubitar dei suoi figli.
Come il Re, la Regina Elena, fulgente di gra¬
ziosa bellezza, e le altre due Regine, Margherita
e Maria Pia, e tutti i principi ebbero preso po¬
sto, e la statua del Re fu liberata dai veli clic
la coprivano, il Presidente del Consiglio lesse
un discorso, del quale non occorre parlare. Non
sono queste le occasioni in cui possono essere
apprezzate le qualità dell’eloquenza dell’onore¬
vole Giolitti, ma, veramente, al discorso, che fu
breve, nessuno badò; e d'altronde non ve nera
bisogno: ben altra eloquenza che non di pa¬
role e di frasi veniva dal bianco marmo delle
alte colonne e dalle sculture e dai bronzi ; ben
altre voci che non periodi abilmente torniti erom-
pevan dal cuore della folla!
Finito il discorso, il Re e i personaggi del
seguito fecero un breve giro per il monumento
e la cerimonia ufficiale — piccola scolorita e
inutile cosa — fu così compiuta. Ma un altro
grande, universale, formidabilmente, fragoroso
applauso, tuonò dalla piazza quando scendenti
dall’alto della scalea apparvero Vittorio Ema¬
nuele ed Elena circondati dai loro figli: sembrò
al popolo che fosse atto di suprema gentilezza
questa del Re e della Regina, che vollero par¬
tecipi i loro bambini della mirabile festa della
Patria celebrata appunto dal popolo.
E gl’invitati, ond’era gremito ogni spazio di¬
sponibile nel monumento, si allontanarono an-
ch’essi: e il candore dei marmi parve spiccare
più bello, liberato dagli sgombri nereggianti....
La figura di Vittorio Emanuele — primo Re
d’Italia clic nel corso dei secoli abbia veramente
meritato questo nome — rimase sul Campido¬
glio, sola, rifulgente per la prima volta nel cielo
di Roma. Ma a chi guardava il Campidoglio dal¬
l’alto appariva verso occidente, oltre il Campo
Marzio, anche un’altra figura che spiccava ni¬
tida su quel ciclo: quella non meno magnanima
dell’Eroe popolare che tu del Re inestimabile
anfico e aiutatore: dal Gianicolo e dal Campi¬
doglio — avrebbe detto un Poeta — vegliano
ormai su Roma e sull’Italia i Numi tutelari....
Così forse avrebbe detto il Poeta: ma ahimè!
il Poeta, alla civile esultanza d'oggi, non più
poteva esser presente. E pure a Lui tutti rivol¬
gevano gii animi con desiderio intenso, a Lui
clic solo fra gli italiani del nostro tempo ebbe
cosi possente voce che avrebbe ben potuto par¬
lare dal Campidoglio all’Italia. Ed era oggi piti
che mai vivo il dolore che Giosuè Carducci ci
sia stato rapito proprio quand’egli, in questa ce¬
lebrazione della piti solenne tra le nostre feste,
avrebbe potuto dare all’Italia nuova il nuovo
“ Carme secolare „, forse piti altamente e uma¬
namente civile di quello del granile Poeta latino....
Arturo Calza.
ROftA. L’INAUGURAZIONE DEL AONU/v\FNTO A.VITTORIO EAANUELE IIug.ugno).
Formazione del corteo dei Sindaci sulla piazza del Campidoglio.
La foi.la dopo l’ inaugurazione.
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ATRI A.
Le bandiere dei reggimenti italiani attorno all’Altare della P.
(Fotografi 1 ' A. .Molinari.)
Intorno al gruppo dell' “Azione,, di Francesco Jerace.
202
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
*
ROMA. II. TRENO DEI. PAPA^ALL’ ESPOSIZIONE RETROSPETTIVA A CASTEL SANT'ANGELO.
Ai tempi dei tempi quando si diceva “ il treno del
Papa „ s’intendeva tutta una sfilata di carrozze, nelle quali
prendeva posto la numerosa e pomposa corte pontificia, e,
in una di tali carrozze prendeva posto, con due cardinali,
il pontefice. Vi erano diversi “ treni „ del papa — il treno
di gran gala, o pubblico, quello semi-pubblico, quello di
campagna; e tutto questo richiedeva sempre la disponi¬
bilità di gran numero di carrozze e di grandissimo nu¬
mero di cavalli, sempre pronti nelle ampie scuderie pon¬
tificie del Vaticano e del Quirinale.
Quando poi il Papa decideva di mettersi in viaggio at¬
traverso i suoi Stati, la cosa diventava ancora più compli¬
cata. Non qualora il Papa si recasse per qualche gita di pia¬
cere o a Castel Gandolfo, o ad Anzio, o a Frascati, o a Civi¬
tavecchia, chè, allora il treno da campagna ordinario per
10 più tre carrozze — bastava. Ma quando il Papa doveva
fare un viaggio in tutte le forme fuori deH’immediata Co-
marca di Roma, le disposizioni venivano date un qualche
mese prima, perchè alle stazioni (cosi chiamavansi anche
allora le fermate) di posta si trovassero pronti i cavalli ed
i postiglioni di ricambio per il servizio di Sua Santità.
Le carrozze compresa quella per il pontefice, erano di
solito cinque; occorrevano dunque di stazione in stazione,
almeno venti cavalli, ed anche ventiquattro o trenta, secondo
le minori o maggiori difficoltà del percorso; c da dieci a
dodici postiglioni. Fra tutto uno sconvolgimento dei servizi
da posta, pei quali allora c’erano e-clusivamente i cavalli :
dovere far trovare una trentina di cavalli di pili, oltre
ai venti o trenta che abbisognavano in ogni stazione per
11 servizio giornaliero, richiedeva una preparazione di ol¬
tre un mese di tempo. Notando che le diligenze, le cor¬
riere, i velociferi, le staffette che disimpegnavano i diversi
servizi di posta e passeggicri — tutto ciò immobilizzava
su un percorso - per esempio, da Roma ad Ancona
— non meno di centoventi cavalli giornalmente, in via
ordinaria.
Quando dal r8a8 in poi cominciarono ad entrare in
esercizio le ferrovie, non si intravide subito nel vecchio
mondo la rivoluzione che avrebbe portato il nuovo mezzo
di locomozione. La Chiesa vi fu fino da principio con¬
traria, perchè quel mezzo di locomozione avrebbe rimpic¬
ciolito il mondo, avvicinati i popoli, e resa più sollecita
lo propagazione dello spirito moderno; e Gregorio XVI,
bellunese (Capellari della Colomba) salito al soglio pon¬
tificio nel 1 83 1, quando l’Italia accennava a svegliarsi e
le Roinagne invocavano riforme, non esitò a dire che le
ferrovie erano “ un’invenzione del diavolo „.
Quando, nel 1846, a successore di Gregorio XVI, morto
tutt’ altro che rimpianto, fu eletto Pio IX (conte Mastai
di Sinigaglia) tutto il popolo d’Italia gridava: Riforme!
riforme!... E fra queste riforme noveravansi primamente
nell'ordine economico le ferrovie. La prima linea italiana
— da Napoli a Granatello, l’aveva inaugurata Ferdi¬
nando li nel 1839; la seconda fu quella Milano-Monza
nel 1840; poi susseguirono le ferrovie negli Stati Sardi,
dove presero grande sviluppo. Pio IX non disse che fos¬
sero " invenzione del diavolo „ come il suo predecessore,
anzi le promise, c fece studiare progetti fmanziarii e tec¬
nici, ma nello Stalo Pontificio la prima ferrovia non fu
aperta che nel luglio del 1 856 — il breve tronco di 17
chilometri da Roma a Frascati; mentre ne erano già in co¬
struzione un altro centinaio di chilometri, ed in progetto
e studio circa 600, compresa la grande linea Roma-An-
cona-Bologna. Queste però vennero piti tardi a compi¬
mento, quando anche la sospirata unità d’Italia non era
più un problema ipotetico. Nell’estate del 1807 Pio IX
fece un grande viaggio, ma con carrozze, nell’Umbria,
nelle Marche e nella Romagna, rientrando nei propri Stati
per la Toscana -— un viaggio che non costò meno di sci
milioni di (ranchi e fu politicamente inutile. Egli promise
dappertutto il pronto sviluppo delle ferrovie, e, tornato
L’ingresso alla vettura piattaforma.
Interno della vettura piattaforma, (tot. Bciksi).
a Roma, andò a Civitavecchia a porre la prima pietra
della stazione ferroviaria. Quando nel settembre del 1870
Roma cessò di essere la capitale del piccolo dominio ec¬
clesiastico, lo Stato Pontificio, quale era allora, non aveva
che un 290 chilometri di ferrovie — sulle quali non ebbe
certamente da fare grandi viaggi il treno papale clic Na¬
poleone III aveva donato pochi anni prima a Pio IX e
che ora figura nell’Esposizione retrospettiva in Castel
Sant’Angelo, ed è qui riprodotto.
fi 11 treno componcsi di un vagone da viaggio, di un va¬
gone-cappella c di un vagone piattalorma. Pio IX vi viag¬
giò pochissimo; e quando gl’italiani entrarono in Roma,
il treno passò in consegna alle Ferrovie Meridionali (poi
Adriatichc) le quali assunsero anche l’esercizio delle Ferro¬
vie Romane. Per la necessita di sgombrare la stazione di
Roma, il Leno in trasferito a Firenze, dove rimase per
anni ed anni quasi dimenticato. Tenutasi nel 1901 a Mi¬
lano una prima esposizione di locomozione, la Direzione
Cenciaie delle Ferrovie Adriatichc ne mandò ad esporre
le totogialio, ed allora tornò un poco in onore quel treno
papale, che avrebbe figurato anche alla mostra del 1906,
in Milano dove figurava anche la grande carrozza di
gala del Papa, costruita nel 1822, regnando Leone XII;
ma pei metterlo in condizioni di esser esposto, il treno
papale richiedeva una spesa non indifferente, che allora
nessuno volle fare; c che poi è stata fatta dalle ferrovie
dello Stato perchè figurasse nell’odierna esposizione di
Roma.
Giacché 1 hanno rimesso in ordine c alla luce, è desi¬
derabile che non ricaschi più nell’oblio e nell’abbandono:
Io richiedono ragioni di arte e di storia; e sarà una gran
bella cosa se tutte le varie esposizioni di quest’ anno ri-
desteianno l’amore per la conservazione anche di ciò che
può patere o troppo contemporaneo o ricordante tempi c
regimi tramontati. Vi sono apposta i musei, anche di storia
contemporanea e recente, e sono indice di cultura, di
amore alle arti c agli studi al pari degli altri.
La carrozza piattaforma.
La carrozza salone.
(Fotografie Beilesi.)
Interno della carrozza salone.
LE ESPOS ZION DEL i 9 n 2o3
204
LE ESPOSIZIONI DEL t 9 tt
«
y
T () R I N (). A T T R A V E RSO l P A I) I G L l O N I.
Il Padiglione dell a 'Purghi a.
Il Padiglione della Fabbrica
1 ’ E 1 I ARACCJll (fot. Fornari;.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
JììO J^rrzfj
r-'.rj_/
LA /MEDAGLIA COW/AE/AORATIVA DEL CINQUANTENARIO.
il Comitato per le feste commemorative del jgti comu¬
nica che, coinè celebrazione ufficiale del cinquantenario ed
in occasione della solenne inaugurazione del monumento
a Vittorio Emanuele, esso ha fatto coniare un’apposita me¬
daglia commcmerativa per la quale era stato bandito nello
scorso anno un concorso artistico fra i medaglisti italiani.
Vincitore del primo premio fu lo scultore Colucci, del se¬
condo il Morbiducd, ed al primo fu affidata la esecuzione
del nclo, ai secondo quella del verso della medaglia stessa.
Sul rato l’artista ha simboleggiato la tradizionale unione,
che fa la forza alla quale si deve la gloria dell’ottenuta
unità; sul verso il Morbiducci ha rappresentato invece i
simboli della forza di Roma e quelli del lavoro operante.
La medaglia è stata coniata in cinque diverse dimen¬
sioni, in bronzo argentato, argento, oro, e a cura del Co¬
mitato viene di fiusa in tutto il Regno e nelle Colonie.
IL TORNEO STORICO DI ROMA.
" LE DONNE, 1 CAVA LIER.... „
Un sogno.... dove?... non so....
Attendo in una vasta sala, sprofondato in un
seggiolone quattrocentesco ed ho in mano un
piccolo libro legato in pergamena che assopisce
la severità antica sotto l’aspetto arcaicamente
civettuolo di alcune cifre dorate.
— Libro, come ti chiami? — dico sorridendo
alle pagine d’avorio.
Le cifre dorate e i fregi delle miniature mi
rispondono ghignando di un trillo metallico:
— Bibliografia del.... —
Provo un sussulto represso, vedo i caratteri
distorti danzarmi dinanzi una strana gavotta,
poi.... poi.... messer Carlo Festini comincia a
parlarmi gravemente, mentre messer Paolo Sforza
Pallavicino approva con un cenno lento del
capo.
Anche l’Arckenholtz viene ad inchinarsi ri¬
spettosamente, e sto per ringraziarlo della sua
politezza quando una folla di Diaristi Vaticani
“ come turbine di utero vento „ si precipita ai
miei piedi lasciandomi appena il tempo di sa¬
lutare amichevolmente l’abate Cancellieri che
apre in cpiesto istante la porta di fondo e.... il
barone de Bildt che mi tende cortesemente la
mano aristocraticamente affilata.
Odo un rombo cupo: è.... messer Pietro Sardi
che reca in mano il suo " Trattato de le arti¬
glierie,,; dopo questo “sparamento orribile per
lo strepito ma non valido per la caricatura „
faccio “ querela opinando lo modo usatosi es¬
sere a me pregiudicicvole,,, ma Montecuccoli
giunge a rassicurarmi con la sua “Arte Mili¬
tare,,, e Marincola nvinfonde un tenue sopore
esplicandomi il suo “ Trattato delle ordinanze
in squadroni et altre cose appartenenti ai sol¬
dati.... „
S’avanza una magnifica cavalcata: Sua Emi¬
nenza Reverendissima il Cardinale Barberini si
reca ad incontrare Sua Maestà la Regina Maria
Cristina di Svezia clic arriva a Roma con “ molto
splendore di ori et bellezze ,,.
E forse un dipinto meraviglioso di Salvator
Rosa?
Gli araldi e i trombetti in costumi ricchissimi
di velluto vermiglio aprono il corteo e mentre
un gruppo di musici volge per l’aria una fan¬
fara guerresca; i cavalli scalpitanti degli archi¬
bugieri mi annunciano il conte Widnam che nel
lento incedere agita lievemente al vento le piume
candide del suo feltro azzurro. Ed ecco il capi¬
tano delle Corazze che alla testa dei suoi uo¬
mini, canta con le armi tremule una canzone
tintinnante. Perchè il cardinale Barberini avvolto
nella sua veste purpurea mi sorride benevol¬
mente? M’inchino rispettoso ma l’insigne pre¬
lato non mi vede: una vera folla di Protonotari
apostolici e di Monsignori caudatari mi nasconde
ai suoi occhi.... Squillano le trombe: giunge l’il¬
lustrissimo Senatore con l’eccellentissimo Go¬
vernatore di Roma seguito dal Gonfaloniere c
dai Caporioni della città: un gruppo superbo di
alabardieri e di variopinti Fedeli scortano i ma¬
gistrati ed io sono costretto a tirarmi indietro
per non essere travolto dall’onda delle milizie
pesanti. Ed ecco finalmente Sua Altezza Sere¬
nissima il principe Tomaso di Savoia, il Gran
Capitano con i suoi Araldi d’arme e i gentiluo¬
mini del seguito. Due squadroni di cavelleggeri gli
fanno ala ed egli scompare fra le acclamazioni
del popolo...,
A poco a poco sono preso dal fascino del¬
l’antico corteggio e rido di uno strano godi¬
mento dello spirito. Una nuvola evanescente mi
avvolge l’anima e la libra verso l’ignoto mera¬
viglioso come foglia di roseto carezzata dal soffio
arcano di un bacio d’amanti che sospirano au¬
rate visioni....
Vedo un cavallo, un cocchio, una lettiga on¬
deggiare nell’impaziente attesa.... A chi l’onore
di ospitare la regina?... Ella sceglierà....
Il Parco delle Colubrine si prepara rumorosa¬
mente ad onorare l’arrivo della “ augusta so¬
vrana „ : un istante ancora.... e le colubrine le¬
veranno alto il loro cupo saluto!
Maria Cristina con le sue dame giunge scor¬
tata dalle Carabine e dalla Guardia spagnola.
Le trine e i merletti la avvolgono in un bianco
eftluvio di sete aulenti e morbide: per uno strano
anacronismo il suo volto sembra miniato dal
pennello fragile di Rosalba Carriera.... Un sor¬
riso dolcissimo, un inchino grazioso, ed Ella sale
agile a cavallo c il corteo lentamente si muove
come un velo di nuvole vesperali incalzate da
uno zefiro torpido....
Lo spirito mio, nato certamente in tempi lon¬
tani, si culla nell’atmosfera azzurra dei rasi e
dei velluti e nelle melodie misteriosamente ar¬
caiche delle vesti istoriate sembra ritrovare il
canto della sua giovinezza perduta! Tace lo spi¬
rito mio e non vede otto quadriglie di cavalieri
in costumi purissimi che al grido di un Araldo
d’arme appaiono come una visione ! I giustacuori
violacei vengono a porsi dinanzi ai giustacuori
vermigli e s’inizia la lotta cortese, aggroviglia-
mento gentile di rose e di glicine....
Lo spirito mio non vede: egli cerca un sor¬
riso bonario per cacciare lontano quella ninna¬
nanna di triste gioia che lo carezza lieve. Cerca
un sorriso bonario e lo trova in una colubi ina
che con la larga bocca spalancata sembra l’ima-^
gine grottesca di un buon borghese faceto.... <
5 E la colubrina parla, dice allo spirito mio:
— Sei lieto? sei mesto?... Questa è la vita:
godi e non pensare.... Ammira e sogna perchè
il sogno è bello, perchè il ricordo è bello come
la distruzione e l’oblio.... (iodi e non pensare!
— La larga bocca parla....
Sento una voce dietro a me:
— Guardi la colubrina: riproduzione perfetta
dei modelli dell’Armeria di I orino.
Apro gli occhi, mi volgo un po’ turbato e....
e.... allora solo riconosco la voce cortese del
barone von Kchert, il gentiluomo colto e geniale
a cui, fra giorni, sarà dovuta nello Stadio di
Roma la ricostruzione fedele del “Grande lor-
neamento dato in Piazza Navona nel 1 655 in
occasione del fausto incontro de la Fallacie di
Svetia col Marte di Savoia,,.
— Ha veduto i costumi? —
— Meravigliosi ! —
— Ha capito come si svolgerà il Torneo? —
— Perfettamente! —
— Non sarà forse una vera festa d’arte e una
degna continuazione della Mostra di Castel San¬
t'Angelo? —
Non odo più.... non rispondo più.... il passag¬
gio dalla visione alla realtà è stato troppo bru¬
sco, troppo violento! Sono triste, molto triste e
dico all’ànima mia:
— Povera illusa! povera illusa! hai voluto
filosofare anche in un misero articolo da gior¬
nale, hai voluto vedere un mondo inconosciuto
anche nelle parole di una modesta intervista! —
— Che importa? — mi risponde l’anima. —
Ho sognato, e il sogno è bello!... — .
— Ma fugge presto! —
— Cosi è ìa vita: non l’ha detto forse anche
Boileau?... “ Nessuna felicità al di là delle ven-
tiquattr’ore!... „
Roma, maggio 1911.
Romolo A. Gizzi.
Il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
i.° Giugno. - Roma. Garros vola da Pisa a Roma. Vi-
dart partito da Nizza a Pisa, resta immobilizzato a
Cecina.
fl „ — Da Napoli arriva a Roma con séguito la Regina
Maria Pia di Portogallo.
M H —• Prima estrazione della grande lotteria delle Espo¬
sizioni: vince il primo premio (L. 1:0,000) la car¬
tella 2,803,499 posseduta dalla signora Enriehetta
Giovannini vedova Casoli di Reggio Emilia.
2 „ Buri. La decima tappa del giro ciclistico d’Italia da
Sulmona a Bari (cliil. 363,100) iniziata alle 3,29 ter¬
mina alle j 8 ,i, 3 o con l’arrivo di Gaietti primo.
3 „ Pisa. Frey parte da Pisa, sbaglia la rotta, scende a
Maccarese, poi prosegue per Roma sino ai l’arioli. Vi-
dart cade ad Orbetello.
„ „ Roma. Arrivano le stafiette ciclistiche recanti in Cam¬
pidoglio il saluto di Torino.
„ „ Torino. Inaugurato ufficialmente il Padiglione dell’A¬
merica Latina; e l’Esposizione dei Cani.
4 „ Roma. Il Re, la Regina, i principi, i grandi poteri
dello Stato inaugurano solennemente il monumento
nazionale a Vittorio Emanuele II ai piedi del Cam¬
pidoglio.
— Arrivano in Campidoglio le stafiette ciclistiche di
Sicilia.
„ „ Torino. Inauguralo il Congresso degli Agenti di Cambio.
— Al Concorso ippico gara delle signore.
„ „ Rapali. L’undicesima tappa del giro ciclistico d’Italia
Bari-Napoli (cliil. 345,200) iniziata alle 4 termina
alle 17.40 arrivando primo Sivocci, con Sala a mezza
ruota.
5 „ Roma. Inaugurato il gran ponte Vittorio Emanuele lì
che unisce il corso omonimo con Trastevere sulla
piazzetta dell’Ospedale di San Spi ri to.
— All’Augusteo riunione generale dei sindaci italiani.
— All’Argentina apertosi il Congresso dei Veterani.
— Vidart è arrivato a Roma da Orbetello.
„ „ Genova. Le Brince vola da Nizza a Genova.
6 „ Roma. Al Quirinale grandiosa garden-party, offerta
dai Sovrani ai 6800 sindaci italiani.
— Il Re riceve l’aviatore Beaumont (Conneau).
— Prima seduta del X Congresso dell’Associazione
dei Comuni.
„ „ Roma. Dodicesima tappa del giro ciclistico d’Italia
(Napoli-Roma, cliil. 277,100) corsa dalle 7 alle r5,1
arrivando primo il granatiere Corlaita. Vincitore di
tutto il giro Gaietti, con punti 5o.
— In Campidoglio solenne commemorazione del cin¬
quantenario della morte di Cavour, fatta dall’asses¬
sore Trompco,
50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini
LE ESPOSIZIONI DEL t 9 i i
207 s
R O M A. I L T O R N E () S T O R I C O.
Carabina della Regina" diJSvezi a.
Cavalleggero del Cardinale Barberini.
Araldo d’arme del Principe I omaso
(Fotografie Bettini.)
Gentiluomo del Principe di Savoia
Milano = fratelli TREVES, Editori - Milano
RECEUTISSIMB PUBBLICA ZIOlsTI
Mistero composto in ritmo francese, eia
Martirio di San Sebastiano G ™-j annunzio
SPERANZE e GLORIE.
LE TRE CAPITALI
(TORINO - FIRENZE * ROMA)
DI
EDMONDO DE AMICIS.
Due Lire. — Un volume in-10 di fi.10 par]ine. — Due Lire.
Nelf Arte e nella Scienza
SAfiflI DI
SCIPXO SIGISELE.
Quosìi Saggi vengono a far seguito a quolli contorniti nella Letteratura
tragica dolio stesso autore, oho divennero crlobri. L’importanza del nuovo
volume si rilova dal titolo dei novo grandi capitoli in cui ò diviso:
i. L’amore e la morte nell’opera di Maurizio Barrès, - n. Leggendo Balzac.
in. 1 tipi femminili nell’opera di Gabriele d’Annunzio: Le voluttuose; Le
dolorose; Le Maddalena; L’attrice; La vergine; Nel regno della follìa; L’amore
sororale; One cosa è 1' amore? - iv. La Nave. - v. Gabriele d’Annunzio e la
folla. - vi. La tristezza contemporanea. - vii. L’elogio della malattia. -
vin. L’elogio della menzogna. - ix. Romanticismo depravatore.
Lire 3,50. — Un volume in-lG, di 300 pagine. — Lire 3,50.
Nel deserto, romanzo di Grazia DELEDDA. Un volume
in-16, di 324 pagine.L. 4 —
Della stessa autrice è uscita la terza edizione delle superbe novelle:
I giuochi della vita, novelle di Grazia DELEDDA. 8." ediz. . 8 50
La guerra lontana, romanzo di Enrico CORRADINI.
Un volume in-10, di 300 pagine.L. 3 50
il bacio della Contessa Savina, di Antonio
CACCIANIGA. Nuova ediz. in-8, illustrata da Gino Di-: Bini. L. 2 —
Duello d’anime, romanzo di NEERA. Un volume in-16,
di 320 pagino. Jj. 4 _
Storie dell’Amore sacro e dell’Amore
profano, dui Conto Tommaso GALL,ARATI-SCOTTI.
Un volume in-16, di 330 pagine.L. 4 —
L’Occidente d’ OrO* Avventure fra i Pelli^Rosse
del Canada, di Luigi MOTTA. 410 pagine in- 8 , con 48 disegni
di Gennaro D’Amato, 0 coperta a colori di L. Bo.mpard . . . . L. 5
Lire 3 , 50 .
Nuova edizione popolare
GIUL IO AP AIWOLI
Da San Martino a Mentana
" ricordi di un volontario. "
In quest’anno dedicato alla memoria del Risorgimento, abbiamo creduto ut ilo ri¬
stampare in ediziono popolare questo libro ch’ebbe già un grandissimo successo, e
fu paragonato ai ricordi doi Mille di G. Abba. L’opera si divido in novo capitoli :
In Piemonte (1859).
San Martino (1859).
In Sicilia (1860).
Vezza cl’Oglio (1866).
In Roma (1867).
Mentana (1867).
Sul Volturno (1860).
Aspromonte (1862).
Sul Chiese (1865).
I/autove, già garibaldino, die ora è Sanatore (LI Legno, narra i fatti ohe ha veduto o a
cui prese parte; presenta i personaggi grandi e piccoli con cui ha combattuto. Numerosi gli
episodi inediti. Il racconto è lesto, personale, semplice, caloroso ed elegante al tempo stesso.
DUE LIRE.
La Spagna e il Vaticano. Lettere spagnole,
di
Romolo MURRI. In-16, con 2 ritratti.L. 2 —
i. Piccola o grossa questione?
n. Un colloquio con Canalejas.
ni. Cavalieri, alle armi!
iv. La Cattedrale in ritardo.
v. Conventi ed affari.
vt. La scuola popolare,
vii. Spagna, popolo di letterati,
vm. A Roma, non a Canossa.
ix. La Spagna delle regioni.
x. Dalla politica eroica alla poli¬
tica realistica.
Coi ritratti del Re Alfonso e del ministro Canalejas.
Dello n t e n s o autore
Della Religione, della Chiesa e dello Stato. | Dalla Monarchia alla Repubblica. Lettere
Un volume in-16 , . . . L. 4 — | portoghesi.L. 2
GUIDE
Torino e dintorni. Con la pianta di Torino o 20 incisioni. L. 2 —
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cisioni .3 —
Nuovissima edizione con aggiunta sull’ Esposizione.
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Milano, la Lombardia e i Laghi di Como, di Lugano,
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X. 804
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(HA. 671)]
migliaio
. 1
X. 805
X. 806
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?• Battaglie intime,
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romanzo di P. BOBORYKIN.
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FASCICOLO
o
LE ESPOSIZIONI DEI
r 9 i r
209
14 .
R O M A.
V I N A V G C R A Z I () N E
I) E L L () S T A 1) I U M
N A Z I O N A L E.
Il corteo deli.e scuole elementari di Roma (fot. Moiinari.)
210
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 1 1
ROMA. Il corso dei fiori all’Esposizioni; di Piazza d’Ak.mi in omaccio ai Sindaci
ITALIANI Molin.mi.
LO STADIO DI ROMA INAUGURATO.
(Nostra corrispondenza.)
14 giugno.
Quando finirà con queste inaugurazioni Dio
solo lo sa. Dico Dio, e non il Comitato del¬
l’Esposizione, perchè, a dir vero, io non credo
che il Comitato si trovi ancora in grado di pre¬
cisare quando le inaugurazioni saranno finite.
Anzi, a credere ad un mio intimo informatore,
ne avremo anche nel 1912, giacche — secondo
lui — le Esposizioni Romane subirebbero a sta¬
gione morta un breve periodo di chiusura, poi
verrebbero riaperte per goderle ancora tutta la
primavera dell'anno venturo, fino alla fine del
giugno.
Ve la vendo per quel tanto che a me è stata
data; e vengo all'inaugurazione del grande Sta¬
dio costruito fra la via Flaminia ed i colli Pa-
rioli per aprirsi ai grandi concorsi ginnastici e
ad altri pubblici ludi. Anzi il quartiere, o meglio,
la zona di terreno nella quale è stato collocato
è quasi esclusivamente dedicata ai pubblici di¬
vertimenti. Di qui, il campo popolare dei giuo¬
chi, di qua il grande ippodromo, da quest’altra
parte il grande campo di tiro — non ci man¬
cava proprio che lo Stadio, e vi è stato costruito
con una grandiosità veramente romana.
L’architetto Piacentini, che lo ha ideato in¬
sieme all’ingegnere Guazzaroni, si è inspirato al
grande Stadio Olimpico di Atene. L’ingresso
principale sul grande viale Flaminio, è di stile
grandioso e severo e le sue decorazioni artisti¬
che, come quelle di tutto lo Stadio, sono state
fatte su modelli dello scultore V’ito Pardo.
Nell’area interna si svolgono due estesissimi
bracci di scalee, per uno sviluppo di circa 490
metri, ed aventi la larghezza di 20. La lunghezza
massima dello Stadio è di 220 metri, di fronte
ad una larghezza massima di 120. Nel mezzo di
tutta la larghezza apronsi la pista per ciclisti, po¬
disti e simili, sviluppantesi per un 400 metri
circa, e una vasca da nuoto lunga 100 metri e
larga io. Sotto le scalee, fra gli ambulacri, apronsi
50 années triomphal succés: con
belle sale da scherma, palestre ginnastiche, .ba¬
gni, refettori, dormitori, sale di lettura, caffè, ri¬
storante, uffici telefonici, ecc., tutto ciò, insomma,
che può occorrere ad una popolazione, che, non
avendo, altro da fare, volesse passare la propria
vita fra i ginnici ludi e gli esercizi del corpo,
come facevano gli antichi. Non v’ ha dubbio che
questo Stadio è dei più grandiosi, e non ha nem¬
meno costato molto, la sua spesa non avendo
superato di troppo il milione.
Pontefice massimo della cerimonia inaugu¬
rale, avvenuta il sabato, io giugno, è stato il
senatore Luigi Lucchini, presidente di Cassa¬
zione, penalista originale e uomo politico vero-,
nese ancora più originale, che, in mezzo agli
stridii del giure, agli affari dell’Alta Corte, alla
gran fretta che fecegli firmare con una stampi¬
glia anziché autograficamente centinaia di sen¬
tenze, suscitando un incidente affatto nuovo ne¬
gli annali della nostra Suprema Corte, ha sem¬
pre trovato il tempo per dare sfogo al suo fer¬
vore di ardentissimo apostolo in favore degli
esercizi ginnastici.
Egli è tutt’ altro che un Atleta, e non è ve¬
ramente un Adone; a vederlo non si direbbe
che egli abbia mai dedicato praticamente, per
proprio conto, alla ginnastica nemmeno un mi¬
nuto; ma se non ha fatto della ginnastica a pro¬
prio profitto, ha sempre entusiasticamente pro¬
pugnato che ne dovessero fare gli altri; e la sua
testa calva e lucentissima, che si riconoscerebbe
in mezzo a mille e mille per il duplicato di cassa
cranica in essa bizzarramente sovrapponentesi
al cranio ordinario di ogni altro uomo — quella
sua testa tipica movevasi con vertiginosa rapi¬
dità, mandando riflessi altamente espressivi, men¬
tre la voce di lui proclamava nel cospetto del
Re e della Regina che questo “ nuovo Stadio
“ dirà al mondo civile come, di conserva col ri-
“ sorgiraento politico, abbia fra noi proceduto il
“ rinascimento di quegli esercizi c di quei ludi
"che furono amore e vanto dell’antica Grecia,
“ che prepararono alle più epiche imprese le le-
“ gioni romane e che nelle loro forme più mo-
" derno ebbero a precursori e maestri i grandi
“ umanisti c pedagogisti dell’età di mezzo „.
Il discorso del senatore Lucchini è stato lo¬
devolmente lire ve, ed anche per questo è stato
salutato, alla fine, da generali applausi, termi¬
nati i quali i soldati della brigata del genio hanno
liberati all’aria circa duemila piccioni delle co¬
lombaie militari. E stata una fuga meravigliosa
di ali, apertesi a frullare festanti su tutte le teste,
lanciandosi in ogni direzione fra applausi frene¬
tici. Dopo di che è cominciata la sfilata dei quasi
9000 alunni, fra maschi e femmine, delle scuole,
andati a disporsi su quattro colonne parallele di
fronte alla curva del pulvinare al cui centro sor¬
geva il palco reale. Dopo di che ha avuto luogo
una serie di esercizi ginnastici, o, meglio, di
evoluzioni, terminate dal rapido raggruppamento
davanti al palco reale, e a passo di corsa, di
tutti i porta-bandiera, che, ad un comando, hanno
abbassate, con bellissimo effètto, tutte le inse¬
gne davanti ai Sovrani in segno di saluto. E
stato un momento di entusiasmo nella folla, che
è sorta ad applaudire, ed il re e la regina ap¬
plaudivano aneli'essi alla loro volta.
Dopo ciò gli alunni c le alunne delle V e VI
classi, che durante l’anno scolastico frequenta¬
rono le lezioni ordinarie di canto, sono usciti
in bell’ordine dalle file, e si sono bellamente
disposti nello speciale settore destinato, nello
Stadio, ai cantori. I na Canzone alla patria è
stata ottimamente eseguita da i 5 oo alunni ed
alunne accompagnati da due bande, la munici¬
pale e quella degli allievi carabinieri; ed anche
questo numero del programma ha suscitato vivi
applausi.
Eoi gli alunni ed alunne delle IV classi sono
usciti a formare, con ottimo effetto, le cifre com¬
ponenti le date 1861-1911. Questo bellissimo
esercizio fu già eseguito a Villa Borghese, in
piazza di Siena, ma qui nello Stadio gli alunni
che lo hanno ripetuto sono stati il doppio e però
l’etìètto è stato maggiore.
Al comando — “ seduti „ — tutti gli alunni
si sono assisi sulla gialla arena e all' altro co-
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
,211
»
TORINO. Il Padiglioni-: dll Belgio inaugurato dalla principessa Lauti ha ffot. Pomari;.
mando — “pronti per l’inno!,, — hanno ri¬
volti gli sguardi verso il maestro, che dall’alto
del palchetto di comando, con una piccola ban¬
diera doveva battere il ritmo. E un nuovo coro
ha intonato “l’Inno di Mameli!...,,
Questa volta, qui a Roma, per la quale il glo¬
rioso poeta-martire ligure scrisse l’inspiratissimo
inno — questa volta, qui a Roma il
“ Fratelli d’Italia — l’Italia s’e desta „
ha suscitate in Campidoglio nella Giunta bloc¬
catala gravi e diverse preoccupazioni. L'asses¬
sore ad hoc ha sentito il bisogno di purgare
l’inno degli accenni “ al Signore „ a Dio, perchè
ciò non offendesse le puritane coscienze dei con¬
trarii ad ogni insegnamento religioso. Poi c’c stato
un altro guaio, per le strofe compromettenti con¬
tro “ l’aquila bicipite „. Ed anche queste sono
state soppresse dalla Giunta bloccarda, nè più
né meno che essa fosse il Santo Officio, od una
importante regia procura di Stato di oltre con-
iìne!...
Anche cosi mutilato, l'inno di Mameli è stato
meravigliosamente cantato, e la sua chiusa finale
Ina visto in piedi allievi e pubblico, acclamanti
1 ’ Italia, agitando berretti, cappelli, fazzoletti,
bandiere.
Poi tutta la gaia folla giovanile ha rotte le
file, si è precipitata giti dalle scalee ed è ac¬
corsa a far siepe di ingenua gioia infantile at¬
torno all’automobile sul quale il Re e la Regina
uscivano dallo Stadio dirigendosi a Roma.
In fine una gustosa merenda — attesa con
un appetito invidiabile — è stata distribuita ai
circa novemila fanciulli e fanciulle, che, sul far
della sera, fra due ali ili popolo c di vetture
ricolme di cittadini festanti, sono ritornati a
Roma, chiudendo la piti bella — forse l'unica
bella giornata di questo grande Stadio disgra¬
ziato.
Si, davvero, disgraziato, perchè tutto ciò che
era stato progettato di vario e di fantastico da
eseguirsi nello Stadio è fallito, e, quasi, quasi,
si temeva che non vi riuscisse nemmeno la in¬
nocente inaugurazione ginnastica latta dagli al¬
lievi delle scuole.
Lo Stadio doveva essere inaugurato con una
grande corrida de toros, per la quale erano già
arrivati a Roma i torero s, e banderillcros e gli
espada e i tori. Ma cominciò una parte della
stampa a scandalizzarsi, uomini politici come
Luigi Luzzatti, protestarono contro il barbaro
insegnamento che ne sarebbe venuto al popolo,
e la con ida fu proibita. Fu allora progettata una
grandiosa partita di boxe, alla quale avrebbero
dovuto prendere parte i più fieri boxeur del
mondo. Ma anche questo numero suscitò pole¬
miche, proteste, e fu abbandonato di fronte al
divieto prefettizio. Allora si pensò ad organiz¬
zare nello Stadio l’arrivo degli ultimi superstiti
vincitori del giro ciclistico d'Italia, ma tutta una
sequela di complicazioni e di contrattempi del-
l’ultim’ora mandarono a monte anche questa ce¬
rimonia.
In fine si disse — facciamo un gran torneo:
l’arrivo a Roma della Regina Cristina di Svezia
ricevuta dal cardinale Barberini in gran pompa;
mescolando al torneo il primo principe di Cari-
gnano cd una sua cavalcata, che ci sarebbero
entrati assai meno che Filato nel credo. Per il
torneo erano stati ingaggiati cinquanta ufficiali
delle varie armi a cavallo e venticinque giovani
signori del mondo sportivo. Ma ecco delle cri¬
tiche, nella Camera dei Deputati, al ministro
della guerra per la sua condiscendenza a lasciar
partecipare gli ufficiali dell’esercito a specula¬
zioni private, ed ecco il buon generale Spin-
gardi proibire immediatamente ai cinquanta uffi¬
ciali di intervenire al torneo. Senza ufficiali come
si fa?... Il Comitato pensò a mettere in scena
una cinquantina di domestici di buone famiglie,
montati su cavalli di butteri. E allora venne la
crisi dei venticinque gentiluomini del miglior
mondo refrattari a correre la giostra in con¬
correnza di cinquanta domestici di livrea. E
così il torneo è stato rimandato a tempi più
felici !...
Non ho ragione a dire che lo Stadio è dis¬
graziato?... Quasi, quasi ci sarebbe da credere
che il povero coraggioso l'rey, andato a fra¬
cassarsi gambe, braccia e mandibola sui bo¬
schi di Ronciglione sia partito dallo Stadio in¬
vece che dall’arcodromo dei vicini Paridi !...
GlORINO.
L’Inaugurazione del Padiglione del Belgio
A TU li I NO.
A11’ I5 sposizìone.
Il Belgio operoso, che ha dato, con la sua partecipazione
all’Esposizione di Torino, cosi bella prova d’amicizia all'I¬
talia e cosi superba affermazione di forza, inaugurò il
giorno 8 giugno il suo padiglione.
Alla -cerimonia assistevano molte dame dell'aristocrazia,
che avevano accettato di buon grado l’invito del visconte
Adriano Vilain X 1111 , commissario Generale del governo
belga, e figlio di un antico ministro di quella nazione a
Torino, dove ebbe larghe simpatie.
Vi fu cosi tutta una fioritura di eleganze femminili, che
accrebbero leggiadria alla festa.
Col visconte, faceva gli onori dell’ospitalità l’ex-minislro
Francotte, presidente del Comitato.belga.
Fra gl’invitati, numerosissimi, erano il prefetto, sena¬
tore Vittorelli, ed il sindaco senatore Rossi, con le loro
signore, il senatore Fro'a, presidente del Comitato gene¬
rale, i vice-presidenti della Commissione esecutiva, commen¬
datore Bianchi e comm. Boycr, gli onorevoli l)anco e Com-
pans, il comm. Bocca, presidente della Camera di commer¬
cio, il comin. Sacheri cd il comm. Sclopis, l’as-essore Cauvin
ed il nuovo console del Belgio a Torino, cavaliere Falco.
.Mie i 5 . 3 o, accolta dalla Marcia reale, giunse, accom¬
pagnata dalla dama, contessa Balbo Bertone di Sambuy,
e dal gentiluomo di Corte, conte Fossati-Reyncri, S. A. la
principessa Laetitia, che indossava un magnifico abito di seta
bianca con larghe guernizioni sovrapposte di pizzo nero.
La Principessa discese di carrozza alla soglia del padi¬
glione francese, che precede quello belga, e fu ricevuta
dal comm. Bianchi e dal console di Francia comm. Pralon,
i quali l’accom(lagnarono fino all’ingresso della Mostra del
Belgio.
L’augusta dama fu accolta dal visconte Vilain XII 1 I e
dalla viscontessa, dal ministro plenipotenziario del Belgio,
conte van den Steen de Jehay, dal comm. Francotte, dal
■ Console generale Dossognc, dal vice-presidente del Comi¬
tato, Conon Legrand, dall’architetto del padiglione belga,
Caluwacrs, dalle Autorità cittadine e dai commissari gc-
nerali delle varie nazioni partecipanti alt’Fsposizione.
Sua Altezza, alla quale una signorina offrì un magni¬
fico mazzo di fiori, fu accompagnata nel graziosissimo sa¬
lone centrale, dove si compì la cerimonia ufficiale.
L’ex ministro Francotte prese la parola per il primo, e,
constatando il successo della Mostra, che è come una nuova
consacrazione dello sviluppo della nazione, dice che la par¬
tecipazione del Belgio a questa festa del lavoro è dovuta
sopratutto alla simpatia che re Alberto ha sempre avuto
per l’Italia. Inneggia all ‘Alma farcns ed al Piemonte ga¬
gliardo, all’unione del Belgio e dellTtalia, di due razze
ugualmente industriose, laboriose ed attive. Conchiude ri-
212
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
1 Sovrani. Onor. Luzzatti.
ROMA. Inaugurazioni; della Mostra delle scuole per i contadini dell’Agro Romano.
(Fot. Tolrntiuo.)
volgemlo un omaggio alla Principessa, un ringraziamento
al Comitato dell’Esposizione, un saluto all’Italia, libera e
grande.
11 visconte Yilain Xllll imprende a sua volta a par¬
lare, e ringrazia anzitutto Sua Altezza dell'onore latto ai
Belgi intervenendo alla festa d’inaugurazione del loro pa¬
diglione. Egli è lieto di esprimere la sua gratitudine a
quanti hanno collaborato all’edificazione della Mostra, e
dicendosi interprete dei sentimenti dei suoi compatrioti,
augura il piti largo successo all’Esposizione di Torino.
Ricorda la recente partecipazione dell’Italia alla grande
Mostra di Bruxelles, dichiarando che il Belgio, rispondendo
ora all’invito della nazione amica, ha sciolto un voto di
riconoscenza.
Dopo uno sguardo a quella che è la dimostrazione del¬
l'attività del Belgio, il commissario generale constata con
intimo compiacimento la cordialità dei rappor.i della sua
nazione con l’Italia, l’antica terra, dove ogni zolla evoca
la grandezza romana, il regno delle Arti Belle e della glo¬
ria militare, e che oggi può essere orgogliosa del nuovo
trionfo.
Il commissario generale termina rendendo omaggio ai
suoi compatrioti, i quali hanno voluto dimostrare al mondo
ciò che può una piccola nazione, la quale ha preso per
sua legge: lavoro, protezione, giustizia.
Come il discorso di M. Erancotte, cosi le parole del
visconte Vilain sono accolte da lunghi applausi.
Il senatore Erola, presidente del Comitato generale, con
felicissima improvvisazione, ringrazia e suin a il Belgio
operoso, che volle partecipare all’Esposizione italiana, c che
rispondendo all’invito dell’Italia in questo periodo di ce¬
lebrazione giubilare, ha dimostrato come siano sempre
vivi gli antichi vincoli di amicizia fra le due nazioni.
Ricorda, egli, che nei tempi calamitosi, in cui l’Italia
anelava ancora alla sua libertà, i patrioti italiani trova¬
rono a Bruxelles conforto ed asilo, e che Camillo Cavour
strinse fra il Piemonte ed il Belgio il primo trattato di
Commercio, base poi di ininterrotte relazioni.
il senatore Erola inneggia alla nazione che ci fu mae¬
stra nella via del progresso industriale, e che ora va con
l’Italia, fraternamente, innanzi nella via della civiltà.
11 pubblico prorompe in un applauso caloroso, e l’or¬
chestra intona l’Inno belga, fra le acclamazioni.
La cerimonia è finita. La Principessa firma un album
in ricordo della festa, e gradisce una coppa di dumi paga
augurale. Sua Altezza fa quindi una visita alla Mostra in¬
teressantissima, ed esprime, prima di lasciare il padiglione,
il suo vivo compiacimento per l’opera bella.
11 banchetto.
Alla sera, nel salone dc\V Hotel t{‘Europe, il visconte
Vilain Xllll con squisito senso di signorilità lui offerto ai
membri del Comitato e della Commissione esecutiva, ai
commissari generali delle varie nazioni un banchetto.
Alla tavola d’onore, erano, con l’ospite, il ministro ple¬
nipotenziario, conte van don Steen de Jehay, il prefetto,
senatore Yittorelli, il senatore Erola, l’assessore Albertini,
per il sindaco, l’ex-rainistro Erancotte, il comm. Bianchi,
il console germanico, von Kulmer, il console francese,
comm. Pralon, i commissari Sadazuchi, per il Giappone:
Ou-Kouanze, perla Cina; Willorè Smith, per l’Inghilterra ;
Redenze, del Brasile; Doborusky, per la Russia, bang,
per la Svizzera; il vice-presidente belga, Canon Legrand,
l'assessore Cauvin, il comm. Boyer, il conte Balbo, il
marchese Compans, il senatore Hiard, il commissario del¬
l’Argentina, M. Casiers, il comm. Bocca, il comm. Sacheri,
il cav. Gorrin, il comm. Hamaide, ecc.
I giornalisti belgi, venuti a Torino per la cerimonia del¬
l’inaugurazione, erano largamente rappresentati. Fu rive¬
duto con grandissimo piacere fra loro il comm. Rotiers,
che l’anno scorso fece cosi cordiali accoglienze ai giorna¬
listi italiani.
Allo champagne il ministro van don Steen de Jehay ha
parlato, a nome del suo governo, salutando con calorosis¬
sime frasi la superba affermazione del progresso italiano,
e inneggiando al lavoro, la grande e vera forza delle na¬
zioni, c dicendo clic, dopo cinquant’anni di vita feconda,
l’Italia, e T orino, con la sua Esposizione, celebrano de¬
gnamente l’apoteosi della Casa di Savoia, che alla causa
della redenzione ha dato ogni sua forza, ha consacrato ogni
sua aspirazione. Brinda ai Sovrani d’Italia cd alla na¬
zione che dà cosi magnifica prova delle risorse più vive,
di intelligenza, di lavoro, e di concordia.
L'orchestrina, che aveva dato concerto durante il pranzo,
intonò la Marcia reale.
11 prefetto, senatore Yittorelli, a nome del Governo, ri¬
sponde che gli Italiani guardano con simpatia al popolo
belga, esempio di civile progresso. Inneggia a S. M. il re
Alberto, alla Regina, alla prosperità del Belgio, che par¬
tecipa oggi alla festa giubilare della grande famiglia ita¬
liana.
II discorso, ascoltato in piedi, come quello del ministro,
è salutato da grandi applausi e dall’Inno belga.
11 visconte Vilain Xllll sorge allora a ringraziare To¬
rino ospitale, e coloro che hanno dato, con a capo il se¬
natore Villa, opera intelligente cd assidua alla creazione
dell’ Esposizione meravigliosa. Saluta quanti dedicarono
studio c fatica alla Mostra del Belgio, ed ha parole gen¬
tili per la stampa italiana, i cui rappresentanti sono oggi
accomunati a quelli della stampa belga in un unico ideale
di pace: la celebrazione del lavoro fecondo. Conchiude
con un brindisi a Torino.
11 comm. Bianchi parla a nome del senatore Villa e
della Commissione esecutiva, per ringraz-are i rappresen¬
tanti tutti del Belgio per la loro cooperazione, e rende
omaggio alla nazione amica ed al suo re, terminando col
grido di Vira il Belgio !
L’assessore Albertini, a nome del sindaco e della città,
è orgoglioso di ringraziare il Belgio per l’atto di fraternità
compiuto, partecipando, Ircmente ancora della, sua bella
Esposizione, a questa Mostra. Ricorda anch’egli la ospita¬
lità che nel Belgio ebbero gli esuli d’Italia, e rivolge il
saluto augurale di sempre miglior fortuna alla terra amica.
Argutamente parla ancora l’ex-ministro Erancotte, per
ricordare tutti i validi cooperatori di questa, clic è ma¬
nifestazione magnifica della possanza industriale e com¬
merciale belga, salutando i compatrioti lontani, c, con ca¬
valleresca cortesia, rivolge il suo pensiero ad un fiore di
grazia e di bontà, alla assente consorte del visconte Yi¬
lain Xllll.
I commensali applaudono fragorosamente, c con questo
saluto alla gentile signora la festa ha fine.
I giornalisti belgi a Torino.
Ber assistere all’inaugurazione del Padiglione della Se¬
zione belga, e per trattenersi alcuni giorni à Torino, onde
visitare e descrivere la bella Esposizione internazionale
erano giunti a Torino alcuni rappresentanti della stampa
belga, i signori Donuddor, del giornale " Le Soir „ Fei-
belmann, dell” 1 Indópendence Belge,, c Rizzardi, del “Jour¬
nal de la Mense „ di Liegi.
Yennero ricevuti alla stazione di Porta Nuova, in rap¬
presentanza della Commissione esecutiva, dal cav. Traver¬
sino, direttore dell Ufficio pubblicità e stampa dell’Espo¬
sizione. Con altro treno arrivò il signor Cattici - , direttore
della * Gazette de Bruxelles ,,, e per i prossimi giorni si
aspettano pure i signori Fischer, Cles e Fauvel dei gior¬
nali " Peuple „ “ Métropole „ e “ Chronique
LA MOSTRA DELL’AGRO ROMANO
INAUGURATA ALLA PRESENZA DEI SoYRANI.
11 r5 giugno, alla presenza dei Sovrani, c stata inau¬
gurala la Mostra dell’Agro Romano. Essa sorge presso il
nuovo ponte Flaminio, sulla grande via eh^ conduce da
Valle Giulia alla Mostra Etnografica, ed è stata ideata per
venire in aiuto all’opera delle scuole nell’Agro Romano,
iniziate da un gruppo di volonterosi alcuni anni or sono,
e feconde di risultali confortanti.
L’edificio, ove tutto, fino ai sedili, alle portiere, porta
l’impronta grezza e arcaica dell’Agro, Servirà per svolgervi
un programma di conferenze, accompagnate da proiezioni
sui lati archeologico, leggendario, sanitario, economico della
preparata trasformazione agricola della regione Nel recinto
sono inoltre: la riproduzione di una autentica capanna di
contadini, una p’eco la mostra etnografica dei modelli delle
loro costruzioni, istrmnenti, telai, carri da trasporto, sup¬
pellettili, ecc.
La cerimonia dell’inaugurazione si e svolta nel modo
più semplice. Frano presenti i ministri Credano, Nitti, il
sindacò Xathan, il prefetto, i membri del Comitato pro¬
motore e molti invitati. Sulla guida di filaticcio tessuta
da contadini dell’Agro, le contadi nelle, prima che vi pas¬
sassero i Sovrani, hanno sparpagliato petali di ginestre e
di rosolacci, i fiori che adornano i prati delle campagne
romane.
Alle 1 1 precise, ossequiati dalle autorità presenti, giun¬
gono in automobile i Sovrani, c subito l’on. Luigi Luz¬
zatti pronuncia il discorso inaugurale.
L’oratore ha rifatto il bilancio dell’opera benefica delle
scuole nell’Agro Romano e ha ricordato come maestri non
chiedenti alcun compenso, negli inizi dell’opera si recas¬
sero a piedi a cercar gli scolari, affrontando i rigori del
verno e le caldure dell’estate: come moltitudini di intere
famiglie di coloni assistessero alle lezioni senza diminuire
l’efficacia del lavoro, sottraendo al sonno il tempo occu¬
pato nello studio.
Ulto anni or sono fu iniziata la prima scuola. Erano
lezioni soltanto festive e, meglio che lezioni, conversazioni
amorevoli di alcune signore con le madri e con le bam¬
bine delle famiglie nomadi dei contadini, coltivatori del¬
l’Agro Romano. Uggì la tenue vena è divenuta un fiume
benefico: sono venticinque le scuole con mille alunni, i
quali nell’anno scorso, per la prima volta, si prepararono
agli esami di proscioglimento. Ottantasei di essi, su no-
vantacinque, furono approvati. Cosi gli eredi di tante ge¬
nerazioni di ignoranti, sitibondi di coltura, si preparano
a oltrepassare i giovani figli delle famiglie felici. F ciò
clic imparano'— nota l’on. Luzzatti — ritengono, in con¬
trapposto ai risaltati nuccanici di tante scuole, le quali
insegnano a dimenticare facilmente quanto si è appreso.
Ora si pensa ad aggiungere alle scuole una biblioteca
circolante e l’anno prossimo si apriranno scuole nella pa¬
lude Pontina.
“Sire! — conclude l’on Luzzatti. —Queste notizie ral¬
legreranno l’anima vostra poiché siete il Re di tutti gli
ordini di cittadini, dei potenti come dei derelitti in Voi
speranti, ed è ornai certo clic la grandezza di uno Stato
si misura in principal modo dalla trasformazione delle
plebi, oppresse dalla ignoranza c dalla miseria, in popolo
libero e felice. „
Grandi applausi hanno salutato la fine del discorso del-
l’on. Luzzatti e il Re si c congratulato vivamente con l’o¬
ratore.
Quando il Re e la Regina sono usciti sono stati falli
segno a una commovente dimostrazione da parte dei con¬
tadini raccolti presso l’uscita.
Il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
8 giugno. - 'l'orino. Inaugurata nel Borgo Medioevale la
Mostra retrospettiva della slamila, e all’Esposizione
il Padiglione Belga.
„ „ Roma. In Castel Sant’Angelo inaugurato il li Con¬
gresso delle aziende municipalizzate dei Comuni italiani,
io „ Ruma. Il Re e la Regina inaugurano fuori Porta del
Popolo il grande Studi uni, dove 9000 ragazzi delle
scuole fanno bellissime evoluzioni ginnastiche.
„ „ Torino. Inaugurata all’Esposizione la Mostra della
Turchia.
„ „ Rivoli. Inaugurata la Mostra umoristica della cari¬
catura.
ir „ Roma In Campidoglio nel salone degli Orazi e Cu-
riazi i Sovrani inaugurano il il Congresso degli ita¬
liani all’estero. Nel pomeriggio i Sovrani interven¬
gono alla premiazione per le grandi gare di tiro a
segno.
— E inaugurato il Congresso dei ricevitori postali-
telegrafici.
„ „ Tonno. Inauguratoli Congresso delle Società Anonime.
„ „ San Marino. Auspice la Reggenza solenne comme¬
morazione del cinquantenario dell’Unità Italiana.
12 „ Roma. Ripartita per Napoli la Regina Maria. Pia di
Portogallo.
1 5 „ Torino. Inauguralo il Congresso della Lega Navale.
„ „ Roma. I Sovrani inaugurano la Mostra dell’Agro
Romano.
16 „ Torino. Inaugurato il Congresso dei costruttori
edilizi.
Questa settimana esce :
Le Fiabe della Virtù
a; Alfredo PANZINI
Lire 3, o O .
_ 2 ___;_
Dirigere Taglia ai Tratelli Treves, editori, in Milano.
LE ESPOSIZIONI DEL 19 ir
2 l 3
T () R 1 N (). A L L' lì S P O S I Z I () N E C A N I N A.
Ebbe luogo nei giorni scorsi, noi locali delle Mostre temporanee — una esposi¬
zione di cani — che diventò subito un ritrovo di vita e di eleganza.
Vi erano rappresentate tutte le razze c tutte le misure — dai maestosi Terranova
agli eleganti levrieri russi — dai setters ai griffoni — dai bull-dogs a tutte le innu¬
meri variazioni di cani di lusso fino ai piii piccoli, deliziosamente graziosi o meravi¬
gliosamente grotteschi.
Ed era un ululare assordante; uno strano concerto in cui i guaiti acuti c languidi
(Disegno di L. Bonipard).
si univano ad abbaiamenti imperiosi — in cui tutte le tonalità si frammischiavano c
formavano un insieme musicale quasi futurista. E le espressioni di tutti questi pri¬
gionieri chiusi in tante piccole gabbie erano divertenti e diverse — vi erano le calme
e rassegnate — le furiose le abbattute che sembrava chiedessero per pietà di liberarle
dalla prigione. 11 pubblico principalmente di eleganti signore si aggirava continua-
mente da una gabbia all'altra con il catalogo per guida — guardava, ammirava,
compiangeva, e desiderava, e sussurrava i diminutivi più affettuosi e carezzevoli.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
2t4
I I, I 1 A D I n I. 1 O M E I ' I E M 0 X T E S E (riproduzione dei Castello d'Issognei.
ESPOSIZIONE ETNOGRAFICA DI ROMA
Il Padiglione Piemontese.
Ilo già detto che l’Esposizione Etnografica è
composta principalmente di due parti: e cioè i
Padiglioni regionali e i Gruppi caratteristici delle
varie Regioni. Questi ultimi, che sono vere rap¬
presentazioni di vita e ricostruzioni di ambienti
popolari, son tutti naturalmente intonati ad un
solo concetto: quello di riprodurre con la mas¬
sima fedeltà i luoghi e le particolari condizioni
della vita che li anima.
I Padiglioni Regionali sono invece edifici rap¬
presentativi c riassuntivi dell’arte di un Paese:
è naturale perciò che vi sia stata la maggior
varietà nei modi di svolgere e di interpretare
questa rappresentazione. Ci furono perciò alcune
Regioni che vollero compendiare in un edificio
i tratti più caratteristici non di un solo monu¬
mento, ma delle maggiori opere architettoniche
che sono nella Regione; altre diedero una li¬
bera riproduzione di un particolare edifìcio, al¬
tre infine vollero ricostruire un monumento si¬
gnificativo dell’arte loro, in tutti i suoi partico¬
lari architettonici e decorativi.
II Piemonte segui quest'ultimo indirizzo e ri¬
produsse in Piazza d’Armi uno dei più caratte¬
ristici monumenti dell'arte sua più caratteristica:
quello dei Castelli medioevali.
La scelta cadde su quel Castello d’Issogne
che la liberalità del pittore Avendo donò con
tutto il mobilio al Governo italiano: e l’archi¬
tetto D’Andrade, che con tanto amore da qua¬
rantanni tutela la conservazione dei monumenti
del Piemonte, e il giovane avvocato Giuseppe
Frola che lo coadiuvò efficacemente, sorretto
dalle sue larghe e profonde conoscenze di sto¬
ria dell’arte, meritano un singolare elogio per
“ la grande coscienza „ che han posto nella ri-
costruzione del magnifico edificio. Poiché essi
non si lasciarono sedurre da lenocinli di forma
nè da particolari tendenze o preferenze: essi
interpretarono direi quasi con austerità il loro
mandato, e ci diedero un Castello d'Issogne che
soddisferebbe, forse, persino il difficile e aristo¬
cratico spirito di René Challant....
Singolare famiglia questa dei conti di Chal¬
lant, che, spenta ormai da tre secoli, ha lasciato
nella storia una così viva traccia di magnificenza
e di tristezza! Visconti di Val d’Aosta, in nome
dei principi di Piemonte, esercitarono l’ufficio
senza aggiungervi particolare importanza poli¬
tica, ma con tutto il fasto che era loro conce¬
duto dalla grande ricchezza della Casa: ebbero
anche parentele e uffici altrove, in Lombardia,
a Venezia e a Roma, com’ò attestato da quel
curioso e interessante documento grafico che è
inscritto sulle pareti del gran cortile d’ingresso
del Castello.
In questo cortile, in cui un albero di melo¬
grano in ferro battuto sorge in mezzo a una
fontana, le pareti son tutte istoriate, e sotto
ognuno degli stemmi, v’è il nome di un perso¬
naggio della famiglia che si era particolarmente
distinto in qualche impresa o carica onorifica:
e i nomi e le imprese e le cariche di tutti que¬
sti conti e guerrieri e ambasciatori e cardinali
della famiglia {v’è anche un Entufrede che fu
senatore di Roma e che porta nello stemma
1 S. P. Q. R.) sono sinteticamente definiti dal¬
l'orgogliosa inscrizione Miroir fiour Ics cufants
de Challant.
L v’è anche, al posto d’onore, uno di que¬
gli enigmi, o rebus, che erano tanto nel gusto
del medio evo: una croce con sottoposto il
mondo e dalle due parti queste parole così
disposte:
tout est
et le
nest rien
la probabile interpretazione del quale rebus è
questa (la croix) est tout; et le (monde) n’est
rien.
L’anno in cui il Castello, o più esattamente
il Palazzo, fu eretto, non è noto; perchè l’in¬
scrizione posta sopra la porta d’ingresso è di¬
ventata illeggibile nell’ultima sua parte: essa
dice così:
CE FUT FAIT LAN DE C.RAS MCCCC.,..
c mancano le altre lettere; è certo però che
la data deve riferirsi all’ultimo decennio del
secolo.
Il porticato del cortile è assai curiosamente
affrescato con scene d'un realismo veramente
meraviglioso: v’è il panettiere, il venditore di
formaggi, il venditore di frutta, il farmacista cir¬
condato dalle sue fiale con le varie acque me¬
dicinali che si usavano allora. Ma altre cose in¬
teressanti questo farmacista del quattrocento
tiene esposte nella sua bottega; e cioè dei pezzi
anatomici in cera, mani braccia gambe stoma¬
chi piedi : evidentemente erano questi degli ex
voto già preparati, perchè i fedeli a cui occor¬
reva di comperarli per offrirli in chiesa al Santo
protettore, li trovassero belli e pronti.
La porta d’ingresso mette in una saletta per
la guardia, dalla quale si passa in quella che è
comunemente chiamata la sulle basse, la quale
era evidentemente un salone di ricevimento, nel
cui fondo s innalza uno di quegli alti e profondi
camini, decorati da grandi alari, che sono l’in¬
dispensabile complemento delle nostre fantasie
LE ESPOSIZONI DEL 1911
2 10
Il rozzo col melagrano.
mediocvali. Ricordate la “Partita a scacchi,,?
Non è difficile evocarla qui dentro....
E quando i grandi tronchi ardono sugli alari,
Io li guardo, li guardo; li ascolto sospirare
Con quei lunghi sospiri, e penso alla foresta
Dove un giorno levarono fieramente la testa.
E, aiutando un po' la fantasia, in questa pe¬
nombra della sulle basse dei Conti di Challant,
tutta istoriata alle pareti di ingenua pittura del
primo Rinascimento, par di udire Jolan.la:
Venite,
l’adre, a sciogliere al fuoco le membra intirizzite!
Chiameremo a compagni Cristoforo c Martino....
Ne ho visti dei folletti svanir su pc’l camino!
Medio Evo un po’ fantastico nella forma, non
però nel suo contenuto. E forse ebbe un po' di
torto il Carducci quando così aspramente rim¬
proverò al Giacosa “questo suo Medioevo,,;
perchè il grande critico non volle avvertire che
il Giacosa non faceva nò intendeva fare opera
scientifica, ma soltanto di cogliere poeticamente
qualche lato della vita di quei secoli ormai così
lontani da noi non solo nel tempo ma nelle abi¬
tudini e nelle conquiste dell’intelligenza. E che
il Poeta piemontese sia riuscito a cogliere effica¬
cemente questi spunti di vita, e a farne un’opera
d'arte — non importa se vera — ma verosimile
c in ogni modo sincera ed evidente, lo prova ora
questa folla dei visitatori del Castello d’Issogne,
i quali innanzi a questa perfetta rievocazione
d’ambiente, rievocano a lor volta i bei versi delle
“ storie di battaglie d’amor di cortesie.... „
Ma anche “ Una storia vera „ rievocano questi
visitatori: quella di Bianca Maria, la Dame de
Challant, decapitata a Milano, e la cui ombra
pare aggirarsi nei luoghi che le furono famiglia-
ri.... Pare, nelle fantasie vivaci e un po’ eccitate,
che tutto parli di lei, nel castello dov'ella abitò
e dove la sua mano tracciò così sovente graf¬
fiti, che ancora si reggono, sulle pareti e sui
quadri. Ma Bianca Maria, giovane e avida di
feste e d’amore non poteva reggere in questo
triste maniero sepolto in Val d'Aosta, dove ap¬
pena per molti mesi dell’anno si vede il sole, e
dove altre voci non giungono che l'urlo dei
venti che s'ingolfano nella valle, il mormorar
delle acque montane, c, spesso nell’inverno, lo
scrosciar delle valanghe che precipitano dagli
aspri gioghi dell’Alpe. E la sua sete di godimenti
la fece fuggire a Milano; c la tumultuosa Capitale
lombarda e forse la cupa crudeltà dei suoi prin¬
cipi la travolse e la spense. Nè il marito l’amava:
intanto si sa ch’egli si sia occupato dell’orrendo
fatto della moglie, in quanto, poco dopo l’ecci¬
dio, ne reclamava tranquillamente f eredità....
Non è gaio questo Castello dei Challant : e la
ricostruzione ne è così fedelmente suggestiva,
che all’uscire dalle tetre muraglie si rivede con
gioia l’aureo sole! Arturo Calza.
U N A N G O L O D K 1. COR T 1 L E.
RO/AA. IL PADIGLIONE
PIE/AON T5 SE (RIPRODUZIONE DEL CASTELLO D'ISSOGNE).
L A “ S A L I. E BASSE
%
1) E T T AGLIO P E L I’ 0 RTM'A T 0 .
2l8
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i
ROMA. LA MOSTRA DI ETTORE TITO ALL’ESPOSIZIONE DI BELLE ARTI.
Canalazzo. Redenzione. Ritratti dei miei figli.
pS)
%
Altipiano d'Asiago.
Nubi d'alpe
Canalazzo
(Fot. Abcmacar.)
.AMMMXmtm
2 i g
LÉ ESPOSIZIONI DEL 19 ti
ROMA. LA MOSTRA DI ETTORE TITO ALL’ESPOSIZIONE DI BELLE ARTI.
Bagnanti. L’aratro. (Fot. Abcniacar.)
LA MOSTRA DI ETTORE TITO.
Con sette quadri di varie dimensioni e di sog¬
getto diverso, si presenta Ettore Tito, l’instan¬
cabile pittore veneziano, all’Esposizione di Roma.
Essi figurano nella Sala IX e portano per titolo:
L'aratro, Bagnanti, Ritratto dei mici bambini,
Redenzione, Canalazzo, Rubi d'Alpe, e Altipiano
d’Asiago.
Ettore l'ito abbraccia dunque ogni genere di
pittura; lo tentano il mare e la montagna, il ri¬
tratto, l’allegoria, e in ogni tentativo egli appare
maestro, sicuro di sè, senza esitazioni. Nel grande
medaglione che corona la cupola del Padiglione
Veneto — e che già fu ammirato in queste pagine
— egli dà magistrale saggio della grande pit¬
tura decorativa, in cui, come in ogni altro, ap¬
pare subito maestro. Dal suo pennello e la sua
retina non v’è mistero; egli sembra risolvere
tutto con facilità meravigliosa; le sue tele sem¬
brano dipinte di getto, senza meditazione, con
quella furia creatrice che non dà tregua e che
incalza. I suoi intimi invece assicurano ch’egli
medita a lungo sopra i suoi quadri, che spesso
fa e rifa, scontento di sè stesso, autocritico acu¬
tissimo, artefice sconsolato, non mai contento
di sè e dell’opera sua.
Riproducendo la Sala che reca sulle pareti le
sue tele, ci piace riprodurre un brano del recente
volume di U. Ojetti, Ritratti d’Artisti Italiani, ove
del Tito è tracciato un profilo gustosissimo:
“ Ettore Pito è nato nel 1860 sul golfo di Na¬
poli, a Castellammare di Stabia. Sua madre era
veneziana, suo padre pugliese, capitano della
marina mercantile. Nel suo sangue è molto sai
marino. Egli ha per razza il diritto di descri¬
verci il mare. Infatti, appena se ne allontana —
nel Lago d'Alleghe o n éìYAlzajd sul Brenta, nel-
P Eterna storia o nella Vita dei campi — diventa
triste e i suoi cieli si rannuvolano e il suo sole
si spegne; e anche quando il mare non è visi¬
bile, come nelle Rappezzatrici, nelle Macchie di
sole, nella Biancheria al sole, nella Pagina d’a¬
more, nella Vita, nei Bordi di laguna, nel Sole
di primavera, si sente che la scena è presso la
riva, che è invasa dalla luce riflessa della ma¬
rina lì dietro, dalla brezza che viene dal largo.
“ Lasciò Castellammare che aveva appena due
anni, e andò a Milano. A otto anni venne a Ve¬
nezia. La franca serenità delle sue tele è forse
un ricordo istintivo e indelebile del golfo napo¬
letano che i suoi occhi contemplarono appena
s’apersero.
“ Ma i primi anni di lavoro furono duri. Egli
studiava all’Accademia di Venezia sotto Pom¬
peo Molmenti. Questi pur vecchio — era nato
nel 1819 — aveva avuto con lo Zona il gran
merito di ridare ai quadri storici una qualche
larghezza d’aria e d’emozione, e aveva allora il
merito anche maggiore d’essere stato il maestro
di Giacomo Eavretto il quale nel 1873 lo aveva
ritratto nella Lezione d’anatomia.
“ Col Eavretto altri tre pittori allora narra¬
vano gli aneddoti del popolino veneziano: Cedi
Van Haanen un olandese ormai veneziano per
diritto d’arte, Eugenio De Blaas e Ludwig Pas¬
sini, tutti c tre commercialmente ben piti fortu¬
nati del Eavretto.
“ Dell’importanza del Van I Iaanen nella pittura
veneziana contemporanea, della sua influenza
sullo Zezzos, sul Laurenti, sul Tito, nessuno ha
ancora scritto di proposito. Pure le sue Infi-
lairici di perle e la sua Sartoria sono — dice
P. G. Molmenti in un suo saggio sul Eavretto —
“ due gioielli ricchi di finezza, di ricerche deli¬
catissime, di colorito locale, nei quali la perfetta
esecuzione risponde all’arguzia dell'osservazio¬
ne „. Il viennese Passini è già più manierato di
lui; ma la maniera, la grazietta liscia della cro¬
molitografia, la pastorelleria dolce dolce di Eu¬
genio de Blaas non sono superate da nessuno.
Per vivere, tra i venti e i venticinque anni, an¬
che Ettore Tito dovette fingere di credere a
questa Venezia impomatata e imbellettata che
ancora nei negozii di Londra e di Berlino, di
New York o di Vienna si vende come il pane.
“ Ma ciò che egli ricavava da quelle fatiche
soltanto utili, egli lo spendeva anche a viag¬
giare, a vedere, a prepararsi le forze e i mezzi
per escir dal limbo. Dei suoi quadri di quel pe¬
riodo preparatorio, bastano la / ’cnditrice di zoc¬
coli e la Modella a mostrare quanta giustezza
d’osservazione, quanta fermezza di disegno,
quanta scienza di composizione già fossero in lui.
“ Non s’ha da essere pessimisti. Anche da quel
suo tempo di rinuncio egli ha tratto molte qua¬
lità, prima di tutto quella signorilità e quella
piacevolezza che tanti ottimi pittori contempo¬
ranei disdegnano come una concessione al gusto,
anzi al cattivo gusto del pubblico, mentre è
spesso un segno del cattivo gusto loro anche
in opere tecnicamente ammirevoli.
“ Mal nel 1887 finalmente Ettore d ito espo¬
neva proprio a Venezia la Pescheria che oggi è
a Roma, alla Galleria nazionale d’arte moderna,
e che allora elevò d’un tratto quel giovane di
ventisett’anni fra i massimi pittori nostri.'
“ L’anno stesso a Venezia moriva Giacomo
Eavretto. „
“ La Pescheria vecchia raccoglie tutti i caratteri
dell’arte del Tito dentro una composizione salda
come un’architettura.
“ Sulla riva del Canal Grande sono tese sopra
alti pali con corde grosse come gomene, tende
palpitanti come vele: quel lembo di riva sem¬
bra così una zattera immensa pronta a scendere
col vento propizio sull’acqua verde verso la la¬
guna. Pescatori e donne vi s’affollano a con¬
trattare, intorno al pesce che luccica e stilla
sulle tavole del mercato, empie le tinozze, le
canestre, le ceste. E gli uomini son validi, duri,
senza sorriso, venditori sospettosi; e le donne,
meno una comare in primo piano, son tutte gio¬
vani, servette leste a pesare, a contrattare, a
scivolar via tra la folla in cerca d’un altro banco
e d’un mercato migliore. Una dai capelli rossi
che andandosene si volta a lanciare un’ultima
risposta, pare conservi sotto lo scialletto mo¬
derno tutta l’insolenza leggiadra e civettuola
delle Colombine e delle Zelinde goldoniane. La
scena popolosa è chiusa tra due figure erette
immobili di v pescatori come tra due stipiti; un
palo e una corda, tagliandola in tre parti quasi
eguali proprio in primo piano, le dànno una vaga
apparenza di trittico, pur aumentando con un
semplice e facile mezzo la fuga prospettica delle
parti più lontane. „
220
L E E S P O SI Z I O N I DEL i 9 i i
Il Padiglione del
Siam a Torino.
Il padiglione del Siam, che sorge sulla riva
destra del fiume, tra quello della Serbia e un’ala
estrema di quello degli Stati Uniti d’America,
si distingue dagli altri edifici dell’Esposizione
per la sua architettura caratteristica, che ripro¬
duce, come già i padiglioni dell’Ungheria e della
Serbia il tipo delle costruzioni del paese, sinte¬
tizzandone, per la nostra curiosità di linee e di
colori esotici, le varie particolarità di struttura
e di decorazioni. Benché, dato il carattere prov¬
visorio dell’episodio, si sia dovuto in certe parti
ricorrere ad espedienti sommari, e sopprimere
in genere motivi decorativi troppo sfarzosi, tut¬
tavia il padiglione che si specchia nelle acque
del Po si può ilire di schietto stile siamese,
quale si ammira nei templi e nei palazzi storici
specchiantisi nelle placide acque del Mò-Nam.
Un triplice ordine di terrazze, cui si accede per
mezzo di scale ripidissime, con alti scalini, for¬
ma il basamento dell’edificio. La pianta di que¬
sto è in forma di croce, con le braccia laterali
molto allungate; i tetti sono a due spioventi,
notevolmente inclinati, e le capriate seguono la
linea delle braccia della croce: una cupola pi¬
ramidale, a sette ordini di gradi, variamente fra-
stagliata e fregiata, sormonta l’edificio nella sua
parte centrale. Quest’architettura subito, a una
prima osservazione, rivela le sue origini dalle co¬
struzioni in legname, di cui sono rimaste le lince
caratteristiche anche in quelle in muratura, che
il padiglione tende a riprodurre: cosi si osserva,
ad esempio, l’inclinazione verso l'interno delle
pareti, come ragioni di stabilità e di solidità
consigliavano in terreni alluvionali, soggetti a
periodiche inondazioni; e il materiale legno è
ancora adoperato qui, come in ogni costruzione
siamese, per le capriate e le travate dei tetti,
per l’ossatura delle cupole e delle guglie, per
vari fregi decorativi. In questi la fantasia vivace
degli artisti paesani si è sbizzarrita, rievocando,
per mezzo delle arti dell'intaglio, della laccatura
e della coloritura, figure mitiche e leggendarie,
foggiando una immaginosa fiora e una fauna mo¬
struosa: ecco il re dei pennuti Garuda che fa
sua predà di Naga, il serpente, ecco stilizzati
gli steli ed i fiori del loto, ecco cigni e leoni,
ed elefanti a tre teste e forme umane imbestiate:
ecco, sopratutto, l’elemento religioso figurato in
idoletti diversi, tra cui emergono le rappresen¬
tazioni del dio Visnù e cui sovrasta il mite in¬
dico Buddha, seduto sulle gambe incrociate, con
le mani congiunte sull’umbilico. La cupola, co’
suoi sette ordini elevantisi piramidalmente, sim¬
boleggia il cielo, con le sette sfere planetarie;
le guglie a scaglioni conici raffigurano gli or¬
dini del mondo, culminanti nel monte Meru,
apice e fulcro. Un motivo di decorazione pitto¬
rica, che ricorre frequentemente, è un disco
d’oro con raggi bianchi lievemente ricurvi: è il
( labro , emblema dell’universo, e più precisa-
menti' del sole, segno di potenza, c come tale
emblema del monarca.
Ancora e lungamente si potrebbe dire del¬
l’architettura e della decorazione di questo pa¬
diglione siamese; ma le mostre contenute nelle
sale hanno pur diritto alla nostra attenzione.
Questa, ad esempio, riguardante l'istruzione pub¬
blica, e che ci si presenta con saggi di disegno,
di pittura, eseguiti dagli scolari, con le prove
di questi nelle varie discipline. Il colonnello Ce¬
rini c’informa:
— Nei riguardi della cultura il Siam si trovò
compreso, fino all’età moderna, nella sfera di
influenza dell’India; e l'educazione e l’istruzione
rimasero affidate quasi esclusivamente ai monaci
budclhisti: i tredicimila monasteri che sono sparsi
per il paese rappresentano altrettante scuole; e
ancor oggi essi sono rimasti tali nelle regioni re¬
mote. L istruzione pel sesso maschile è resa
obbligatoria non da una legge civile, ma dalla
legge religiosa, che impone che ogni fanciullo
prossimo alla pubertà, dal re all’ultimo suddito,
riceva la prima ordinazione di Sàmancra, o no¬
vizio, nel tempio da cui dipende o in quello che
gli piaccia scegliere, e che quindi trascorra in
un monastero un periodo di clausura di almeno
Ditta G. ALBERTI - Benevento!
Esposizione Inteimazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO rtErtBRO DELLA GIURIA]
tre mesi. Ne viene di conseguenza che per pre¬
pararsi al rituale dell’ordinazione, che comporta
non solo il sapere leggere e scrivere, ma anche
qualche conoscenza della lingua Pali, in cui sono
redatti i testi sacri, il ragazzo deve subire un
tirocinio preliminare sotto la guida cl’un mae¬
stro, sia ecclesiastico che secolare, tirocinio che
vale come scuola elementare. Al ventesimo anno,
poi, la legge religiosa impone che ogni giovine
riceva la piena ordinazione di Bhikkhu, o frate,
c trascorra altri tre mesi al monastero; e solo
dopo questa pratica egli acquista i diritti di cit¬
tadino e può pensare a formarsi una famiglia.
Quindi è una nuova scuola, con più vasti c più
importanti programmi d’istruzione, che gli si
rende necessaria. Questo stato di cose perdura
ancor’oggi, sebbene alquanto attenuato. Ed oggi,
accanto a quelle dei monasteri, sono sorte scuole
governative, cosi per i maschi come per le fem¬
mine: l’educazione di quest’ultime era prima
molto trascurata, specialmente nelle classi po¬
vere. Fu il re Mong Kut che iniziò la riforma
dell’istruzione, in questo senso di avocarla allo
Stato; il suo successore Ciulalongkorn, il re
defunto or’è poco tempo, entusiasta della scienza
e del progresso occidentale, la continuò e la
sviluppò costantemente durante tutto il suo re¬
gno, provvedendo all’educazione primaria, a
quella secondaria, a quella tecnica c professio¬
nale, e preparando il terreno all’educazione su¬
periore.
Lassiamo in altre sale della mostra. Una se¬
zione è dedicata ai lavori pubblici, che sono in
gran parte opera di emigranti italiani. E la nostra
guida commenta:
— Per imprimere maggiore impeto al rinno¬
vamento edilizio del paese, venne nel 1887 creato
un Ministero dei lavori pubblici, con un ufficio
tecnico che dal 1890 in poi ebbe a capo ed a
componenti esclusivi, eccetto in qualche carica
secondaria, ingegneri ed architetti italiani. Strade
carrozzabili, per centinaia di chilometri, furono
costruite in luogo delle antiche tortuose stra-
dicciuole, praticabili appena alle primitive car¬
rette indigene; numerosi ponti si inarcarono su
corsi d’acqua e canali, prima attraversabili sol¬
tanto a guado o in barca; e, sempre a cura di
quest’ufficio tecnico, in ogni capoluogo di pro¬
vincia vennero stabiliti convenienti uffici per
l’esercizio e per l’amministrazione dei pubblici
servizi. E per questo riguardo, si può decisa¬
mente affermare che il Siam deve tutto all'opera
degli italiani, che recarono, come ho detto, il
contributo primo, essenziale deH'intelligenza di¬
rettiva.
Vengono poi le mostre dei mezzi di trasporto
terrestri, fluviali c marittimi: dalle carrette indi¬
gene trainate da buoi e da bufali, alle ferrovie,
che si svolgono oggi nel Siam per io 32 chilo¬
metri di linee e che saranno quasi raddoppiate
entro il 1914; dalle piroghe e dalle canoe, sca¬
vate in un unico tronco, alle suntuóse barche
regali, lunghe fin oltre cinquanta metri; dalla
imbarcazione insommergibile, usata nei viaggi
nell’alto Mè-Nam c ne' suoi affluenti, alla rila
Pel, o “ barca anitra .., snella, agile, velocissima;
la mostra dei servizi postali: la mostra della de¬
corazione, del mobilio e dell’arredamento delle
abitazioni; la mostra del materiale per l’arte tea¬
trale; la mostra agricola, e quelle della silvicul¬
tura e delle industrie forestali....
Il commissario della sezione, con felice pen¬
siero, ha invitato il pittore Ferro, che, confò
noto, fu parecchi anni al Siam, lavorando alla
reggia del defunto Ciulalongkorn e a varii pa¬
lazzi di Bangkok, a decorare una sala del pa¬
diglione con i suoi studi e le sue impressioni
siamesi; ed ecco freschi, vivacissimi di colori,
luminosi, i cartoni e le tele in cui ride il paese
e si anima la vita di cui le varie mostre ci hanno
offerto notizie e saggi varii, particolari : ecco ori
di aurore e fuochi di tramonti sul Mè-Nam, scor¬
rente con vasta placidità d’acque tra le rive
verdi di bambù, segnate di leggere multicolori
costruzioni ; ecco animate scene di mercati, di
feste, e vie fervide di popolo; ecco ritratti,
delicatamente trattati a pastello, che rievo¬
cano tipi di giovinetti forti, dalla pelle bron¬
zina, tipi di bellezze esotiche, che, attraverso il
vetro, ci fissano con grandi occhi sereni, schiu¬
dendo le labbra un poco tumide a un sorriso
soave....
Mario Bassi.
(Dii La Slum fa. i
Una visita alla Mostra Retrospettiva
dell’Arte Tipografica a Torino.
Una visita adunque, e non un’ inaugurazione c stata
quella che fu fatta la mattina de!I’8 giugno, nel Borgo
Medioevale, come diceva l’artistico biglietto d’invito, in
magnifico stile arcaico, disegnato dal bravo Dalbesio c
stampato impressimi in alma civiiate Taurini in Borgo
antiquo. Il Borgo antiquo, quel gioiello di riproduzione
meraviglioso di un villaggio medioevale — lasciatoci dal¬
l’Esposizione nazionale del 1884 — il Burgus vc/us Ctvitatis
Tauriniprope Paduni, era ben degno di accogliere questa
Mostra retrospettiva dell’arte tipografica, il cui pensiero
sorse prima ancora che nascesse quello dell’attuale Espo¬
sizione internazionale.
Ma quale sia stala la vera genesi di questa caratteristica
Esposizione, la quale doveva poi figliare quella che fini col
diventarne invece la madre, cioè la gigantesca Esposizione
mondiale delle industrie del lavoro — che ora ospita, fra
le tante speciali, la Mostra dell’arte della stampa moderna
nel palazzo del Giornale, prossimo ad aprirsi, e quella
dell’arte antica nel Castello Medioevale — quale fu la vera
origine sarà ampiamente narrato in un volume d'immi¬
nente pubblicazione ; dove, per iniziativa c per opera della
scuola tipografica, sono state raccolte (precedute da una
chiara prefazione del senatore Frola) le notizie storico¬
statistiche di tutte le scuole professionali di Torino.
Narrasi in questo volume clic, costituitosi nel 1900, per
iniziativa dell’Unione Pio-Tipografica, un Comitato per il
quinto centenario di Giovanni Gutenberg, questo Comitato,
dopo aver nominato presidente il cav. Giuseppe Vigliardi-
Paravia, desse incarico ad im giornalista torinese di rife¬
rire più ampiamente intorno ad un suo progetto di una
Esposizione del libro, mentre al signor Dalmazzo Gianolio,
vice-presidente di quel Comitato, affidava Pufficio di rife¬
rire con dati di fatto sull’istituzione di una Scuola profes¬
sionale ti p og i • a fi e a .
Quelle due proposte sono oggi un fatto compiuto. La
Scuola del Libro, da un decennio, vive vita rigogliosa e
promettente; e l’Esposizione d’arti grafiche, sognata e va¬
gheggiata dal Comitato gutenberghiano, s’è aneh’essa at¬
tuata; e al Valentino fra poco si potrà ammirare l’Espo¬
sizione in azione del giornale c dell’arte della stampa,
mentre il Borgo Medioevale ospita, nelle case dette di
Alba, Bussoleno e Susa, la singolarissima Mostra, la quale
la mattina dell’8 fu, non inaugurata od aperta, poiché
era in ordine fin dal primo giorno, ma semplicemente vi¬
sitata da una folla di invitati.
La Mostra tipografica retrospettiva è costituita dalla
Fabbrica di carta a mano; dalla Stamperia del secolo XI
(con fonditori di caratteri, compositori, stampatori, allumi-
natori di stampe, ecc.); dalla Legatoria antica e dalla Bot¬
tega ile! Bibliopola ; e dalla Mostra degli incunaboli.
Lutto questo, tutta questa curiosissima Mostra dell’an¬
tica arte della stampa, venne l’8 giugno ammirata dal¬
l’onda dei visitatori e delle visitatrici, che alle io, 3 o ir¬
rompevano dalla gran porta, custodita da un alabardiere,
nella viuzza del Borgo Medioevale; dove i pittoreschi co¬
stumi dell’epoca, disegnati con tanta fedeltà dal Dalbesio,
facevano uno strano contrasto con i modernissimi abiti
estivi dell’elegante mondo femminino.
E le ospiti gentili mostrarono di interessarsi con quel
loro senso così vivo della curiosità, ad ogni parte di
quella rediviva officina tipografica del quattrocento; alla
fabbricazione della carta nel tino, alla fondita dei carat¬
teri, alla stamperia propriamente detta (coi suoi stampa¬
tori, compositori, correttore nell’uniforme caratteristica dei
tempi) al piccolo laboratorio di legatoria, alla raccolta de¬
gli incunaboli, rappresentata da pagine, mirabilmente ri¬
prodotte delle più celebri pubblicazioni del secolo XV e
dei primi anni del secolo XVI ; a tutto insomma — non
esclusi i modesti arnesi e le piii umili cose — che costi¬
tuisce l’originalissima Mostra.
Per la cui riuscita, è dovere ricordare clic essa, caldeg¬
giata vivamente in seno alla Commissione del gruppo XXI 11
dal cav. Vigliardi, dal cav. Arneudo e dal cav. GianoHo,
fu precipuamente preparata dalla Scuola tipografica, a cui
la Commissione esecutiva, non badando a sacrificio di
spese, con intuito veramente moderno e degno di plauso,
affidò l’esercizio deH’officina tipografica quattrocentesca.
Ma la Mostra retrospettiva tipografica non sarebbe stata
completa senza un'Esposizione dell’incunabolo, di quei
primi libri che sono splendido documento dei luminosi
primordi dell’arte grafica; ed è così che la Commissione
chiamò a sè il dott. G. Carbonelli, che speciali studi dotti
ed amorosi indicavano utile collaboratore dell’iniziativa.
Alla parte tecnica poi, e cioè alla vera effettuazione
dell’opera, diedero opera specialmente i cav. GianoHo
Dalmazzo e G. I. Arneudo, col fervido presidente della
Scuola tipografica patrocinatori di questa bella risurrezione
storica.
Alla parte artistica intese con la ben nota competenza il
valente ing. Adolfo Dalbesio, che diede disegni di mobili, di
costumi, desumendoli con arte c studio inimitabili da figu¬
razioni del tempo. Un grande contributo fu così dato all’ini¬
ziativa da questo sapiente illustratore dell’arte medioevale.
L’officina tipografica medio-
evale dell’Esposizione di To¬
rino forma, così come si vede,
e formerà maggiormente, quan¬
do, non molto lungi da essa, si
potrà ammirare nel palazzo del
Giornale l’arte modernissima
della stampa una delle più ge¬
niali attrattive del Valentino,
specialmente per gli studiosi:
e non mancherà di offrire cam¬
po ulteriore di osservazioni, di
esame, di rievocazioni non pri¬
ve di interesse.
>' *
TORINO. Il Padiglione DEL Siam (da un acquerello di Carlo Pollini).
to
w
ESPOSIZIONI DEL igi j
002
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
T () R I N O. A T T R A V E R S () L E G A L L E R I E.
Nella Galleria delle M acciò ne in azione.
Nella Galleria internazionale di Elettricità
(fot. Trcvts).
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
223
r O R I N O. L A M O S T K À DELLE C A M P A N E (fot. Trcvcs).
La partecipazione del Giappone.
Il Governo Giapponese ricevette nell’anno 1908 l’invito
del Governo Italiano di partecipare all’Esposizione inter¬
nazionale di Torino 1911; ma in quel tempo l’impero del
Sole Levante concorreva all’Esposizione di Londra indetta
pel 1910 e preparava una Esposizione nel Giappone per
l’anno 1912. Perciò gli espositori giapponesi erano dub¬
biosi se potessero prender parte anche nella Mostra di
Torino. Ma la viva amicizia ognora esistita tra Giappone
e Italia, e la considerazione che in quest’anno si celebra
il cinquantenario dell’Unità italiana, decisero la Nazione
giapponese a partecipare all’Esposizione di Torino con la
fiducia di rendere così più intimi i legami tra i due po¬
poli e di stringere un’efficace alleanza commerciale italo-
giapponcse. Il Parlamento del Giappone accolse con entu¬
siasmo la proposta del proprio Governo di prender parte alla
Mostra torinese, e tosto si formò una grande associazione di
espositori per concorrervi, col plauso del popolo giappo¬
nese, lieto di associarsi alla grande festa della Nazione
italiana.
A cagione delle grandi spese a cui dovette e deve sot¬
tostare in questo momento il Governo giapponese, esso
non potè accettare la proposta fattagli di far costruire un
padiglione proprio, e si accinse a collocare invece le sue
mostre nella Sezione delle Industrie Artistiche, offertagli
dalla Commissione esecutiva dell’Esposizione, che riservò
al Giappone metà di tutta la parte destra, e altro spazio
adeguato nelle gallerie delle Industrie manifatturiere e del¬
l'Agricoltura. Il totale dell'area così occupata dalla Se¬
zione giapponese è di 2G00 metri quadrati.
Tutti gli articoli esposti sono interamente giapponesi
sia per la produzione che per la fabbricazione, c com¬
prendono i campionari di tutto ciò che potrà interessare
maggiormente il pubblico italiano specialmente nel genere
artistico, e che è fabbricato in Kioto, Nagoya e Canazava,
città che si dedicano esclusivamente ai lavori d’arte. Tali
articoli comprendono: ricami in seta, tessuti di seta, qua¬
dri in velluto, porcellane, smalti, oggetti preziosi, gioiel¬
leria, oggetti in bronzo, denti d’elefante lavorati in guisa
speciale, oggetti in lacca (prodotto esclusivamente giappo¬
nese), fiori in seta, ecc....
II Governo giapponese spera che la Mostra di tutti questi
articoli scelti accuratamente fra i migliori, produrrà buona
impressione sugli Italiani c riuscirà a far valutare i me¬
riti dei figli del Sole Levante.
Nella Sezione dell’Industria manifattrice che si trova
vieino alla sponda destra del Po il Giappone espone: venta¬
gli e mobili in bambù, paglie per la lavorazione dei cappelli,
carta, seta, giocattoli, bottoni, altri articoli in madreperla
e spazzole, l’esportazione dei quali oggetti va di giorno in
giorno aumentando, e inoltre olio di pesce e canfora.
Nella Sezione dell’Agricoltura, che si trova vicino alla
Mostra del Ministero della Guerra, saranno esposti: riso,
thè, pesci in scatola e affumicati, dei quali si esportano
grandi quantità specialmente nelle Americhe, in Inghil¬
terra e nella Russia. Tale Sezione è specialmente importante
poiché Giappone e Italia sono ambedue per buona parte cir¬
condati dal mare e si rassomigliano nel clima, nell’aria,
nei prodotti naturali e nella produzione delle materie tessili.
Il Giappone che esporta in Italia adesso principalmente
seta, tessuti, paglie per cappelli, coralli, ventagli, desidera
anzitutto di far ben conoscere tutti i propri! prodotti, e
di potere così avviare e sviluppare importanti interessi com¬
merciali tra i due paesi. Tale speranza è fondata sul fatto
che i rapporti commerciali italo-giapponesi vanno ogni anno
crescendo, come risulta da questa statistica delle merci giap¬
ponesi importate in Italia negli ultimi anni, che salirono: nel
1908 alla somma di 12.049.360 yen; nel 1909 a 12.118.376
yen; nel 1910 a 16.834.878 yen. Lo yen vale lire 2.5o.
I Giapponesi sono spiacenti che dall’Italia non si esporti
gran che alla volta del Giappone, ma essi sperano che
coll’attuale Esposizione si potranno combinare innumere¬
voli affari con buon esito per ambo le parti. Un’eguale
speranza dev’essere generale in Italia, la quale può tro¬
vare nell’Estremo Oriente ottimi sbocchi commerciali.
II Governo giapponese espone pure una statistica di
tutti i prodotti nazionali ed essa sarà visibile a ogni per¬
sona che desidererà di vederla negli uffici della Sezione
giapponese presso le Industrie Artistiche.
Il Governo del Giappone delegò come Commissario del¬
l’Esposizione l’egregio Dott. Tsurumi, segretario del Mini¬
stero d’Agricoltura e Commercio e degli Affari esteri, e Di¬
rettore dcirimperiale Museo commerciale; perciò chi-desi¬
derasse dettagliate spiegazioni potrà rivolgersi al suo uffi¬
cio, essendo egli al corrente di ogni cosa, e desiderando
di fornire ogni possibile spiegazione.
Il Giappone, così lontano da noi, per confermare e di¬
mostrare vieppiù la simpatia che nutre per l’Italia si de¬
cise con trasporto a partecipare alla nostra Esposizione
ed augura un pieno successo a questa nobile festa nazio¬
nale e la sicura riuscita della concordia italo-giapponese.
Tali sentimenti sono nutriti egualmente tra noi in Italia,
ov’è ancor viva l’ammirazione per l’eroico popolo giap¬
ponese e dove se ne apprezzano altamente i meravigliosi
progressi. Auguriamo, dunque, che la Mostra giapponese,
che sarà tra le più attraenti nella Esposizione torinese,
valga a rinsaldare i vincoli d’un’antica simpatica amicizia
a avviare tra i due paesi attivi scambi commerciali.
La Mostra della Casa Moderna a Roma.
L’ing. Edoardo Talamo, direttore generale dellTslituto
dei Beni Stabili, ha aperto la casa moderna costruita nel
recinto dell’Esposizione a Piazza d’Armi. E uno degli edi¬
fici del concorso di architettura e precisamente della gara
per case destinate a famiglie di civile condizione. E sud¬
divisa in tre'corpi, quello centrale in senso orizzontale di
fronte al Padiglione delle collezioni etnografiche, gli altri
due in senso verticale separati del tutto da giardini, ma
uniti per comunicazioni sotterranee e comprende comples¬
sivamente 24 appartamenti di sei stanze principali cia¬
scuno.
La casa, che apparentemente non differisce dalle piii
comode abitazioni con i suoi ascensori, la copiosa illumi¬
nazione elettrica, l’acqua fresca e abbondante, comprend-
un’ardita e (piasi temeraria novità, che reca una rivolue
/.ione nei nostri costumi.
Qual’è il fondamento di questa innovazione? L’aboli¬
zione dei domestici, o per meglio dire, una più razionale
divisione di lavoro e un piii razionale impiego dei lavo¬
ratori, diciamo così, della casa con risparmio dì tempo, di
denaro, e con vantaggi igienici e morali. Ad esempio in
questi appartamenti, ben dotati di mobilio di studiata co¬
modità e di sobria eleganza, la cucina è soppressa e il
bngno diventato una sala luminosa e gaia come il bul¬
inimi romano.
Ma la cucina, domanderete, dove è andata a finire? In
un edificio a parte, spazioso come la cucina del maggior
albergo, vi è tutto l’apparato necessario per le ventiquat¬
tro famiglie dalle grandi caldaie alla pasticceria e alla ri-
governatura dei piatti. Per i pasti è sufficiente una breve
intesa telefonica con questa cucina centrale e i desinari
per mezzo di porta carichi giungono nell’anticamera di
ciascuna sala da pranzo bell’c serviti. Le signore, che deb¬
bono perdere buona parte della giornata a pensare al
pranzo, ad inquietarsi con la cuoca, non crederanno a que¬
sta benefica rivoluzione, la quale assicura una maggior
vigilanza all’educazione dei figliuoli.
Ecco all’inaugurazione, le impressioni delle molte si¬
gnore invitate dalla signora Talamo c dall’ing. Talamo, che
facevano da par loro gli onori della nuova casa. A molte
pareva di sognare c di vivere in una società che avesse
trovato un miglior assetto. Non sappiamo se l’immagi¬
noso Wells abbia pensato a dimora siffatta nelle sue An¬
ticipazioni. Certo è che la nuova casa di Piazza d’Armi
merita d’esscr chiamata, anziché “ casa moderna „, " casa
del futuro „ di un futuro che tutti ci augureremmo pros¬
simo.
Questa settimana esce
FEDERICO DE ROBERTO
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edi¬
zione .L. 5 —
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°|7._a [&.) prof. all’Istituto Sup. di Firenze,
r dllU fj n fisiologo intorno al mondo. 5 —
'•fcUiiKnon (barone di). Passeggiata intorno
nUUIltJI al monito. Traduzione del prof.
M. Lessona, illustrata da celebri artisti. Un voi.
di 604 pag., con 77 tav. tirate a doppio fondo, e
885 incisioni intercalate nel testo . . .40 —
^NTacca (Angelo). L'uomo aulir Alpi. Studi
IJlUbbU fatti sul Monte Rosa, con numerose
aggiunte, illus. da 72 iccls. e 53 tracciati, l o —
°Qw»ì1oo (Samuele). Viaggio d’un ragazzo
DIIlllLb intor no al mondo. 7.* ediz. 1 00
ITALIA.
♦ Danoa-iin (V.). Roma, la rapitale d’Ita-
DCrbcZlU (jon 295 incisioni . . .25 —
*PVior>t/-»r» (Edoardo). Chioggia, nella la¬
vila.! LUI! guna veneta. Con 15 ine. — 60
■‘Tlal Rolvn (Carlo). Napoli e i Napolitani.
UtJl Ddl LKj illustrato da Armemse, Dal-
bono e Mat ania . . 15 —
“Fortunatog**’"’. 1 - . R ‘. co : di . d .‘ ì»
“Modòni (Antonio). Su per l’Etna . 1 —
°lWnccrt (Angelo). Un’ascensione d'inverno
ITlUbbU al Monte Rosa. 2.“ ediz. . . 1 —
°IW/-ko~z\ (Angelo). Vita moderna degli Da-
IVlOSiO u anU Saggi.4-
*lVIiin 1’7 (Eugenio). Firenze e la Toscana.
ITIUI1 IL Paesaggi, monumenti, costumi e
ricordi storici. Illustrato da 367 disegni, 30 —
*Vnilliar> (Gastone). La Sicilia. Impres-
V Umici sioni e ricordi. Con270ine. 20 —
Ck\j (Francesco). J musei del Vaticano.
»» “j Con 52 incisioni. Nuova edizione. 3 —
*Vriorfa (Carlo). Le rive dell’Adriatico e
* 1 idi LtJ il Montenegro. Un volume di 584
pag. con 257 ine. e 2 carte. Nuova ediz. . 20 —
Vniontn (Carlo). Trieste e l’Istria. Con note,
I 1 idi Lt? 28 incis. e 2 carte . . . .2 —
ALTRI PAESI D’EUROPA.
+ Rar*ta1ini (Gino). L’Anima del Nord.
XJCl LUI 1X11 studi e viaggi attraverso Nor¬
vegia, Svezia e Danimarca. Con 129 incis. 10 —
°D 0 nf nlìni (G-)- Tra Mussulmani e Slavi,
Del LUI 1111 j n automobile a traverso Bo¬
snia ed Erzegovina, Croazia e Dalmazia. Un
volume di 276 pag. con 80 ine. fuori testo. 6 —
ORrunialti (Attilio). Gli eredi della Tur-
Di Uilldlll ehia, studi di geografia politica
ed economica sulla Questiona d’Oriente. Voi. I.
Grecia, Bulgaria, Serbia, Montenegro, l’Austria-
Ungheria nella Bosnia.3 50
°CarlettÌ (Tommaso). J ‘ a P us -V a contem-
poranea, nuovi studi
4 —
Da ll’Ital ia a Vienna , Con 38 in. 2 —
Dargaud e Nogaret.
l'interno dell’Islanda. Con 72 inc.e 2 carte 3 —
*nniMllior» (Carlo). I.a Spagna. Un volu-
DdV lllltJI me di 1026 pagine, illustrato
da 849 incisioni di Gustavo Dorè. . . 20 —
* -Edizione di lusso.40 —
°Tìa A wiinic (E.). Olanda. 18*edizione ri-
B'O AlIllUb veduta dall’autore . . 4 —
orlo A tv»inic (E). Costantinopoli. 30*edi-
DtJ iLIIllLlb 7 ,ione. 2 volumi. ... 5 —
+- Edizione illustrala da C. lliseo . . 10 —
“DeAmicis d> ì 1 -
Tic» A minio (E.). Ricordi di Londra. 25*
itIIllLlb edizione. Con 22 incis. 1 50
TVp Pnetpr* (Caldo) I.a Zelanda. (Neerlan-
UU Ldlalol dia). Con 50 disegni, una carta
geografica e una pianta.3 —
0 F1q T-TnVin (A.). La Bulgaria dei Bulgari.
Do nuilll j^te sulla rivoluz. di Kilippo¬
poli, e sulla guerra serbo-bulgara (1886 ) 3 50
O ninfolln\ 7 i (Giovanni ).ITedeschi nella
DlOLdllfc/Vl v ita moderna. . . . 3 50
+ Imperiale di Sant’Angelo ( s c a :
re). Una crociera del yacht «Sfinge» (Spagna
e Marocco). Con illust. di A. Della Valle. 4 —
Hari (W.). La Svizzera, con illustra-
xVa.LlOll z ioni di Alessandro e Arturo Ca¬
larne ed altri celebri artisti. Un volume di 630
pagine, con 436 ine. intercalate nel testo 10 —
* -Edizione di gran lusso.30 —
Serbia durante la
1876. Con 40 ine. 2 —
T 0 77 5 »pf» (Nicola). La I
LtclLLtxL U querra del 187t
+1 nmnnnipr (C.). Il Belgio. 2 volumi,
DOIilUIlIllOl con incisioni e carte. 20 —
*r amnnnÌAP (° ) Anversa. Un volume
LiOillUIlIlloi di 208 pag. con 41 ine. 3 50
oiVTqT ifonrQ(Paolo). Ricordi di Spa¬
lli cIIILv^cILLlI g na e dell'America Spa¬
glinola . 2 50
“Mantegazza < Vi00) ' ^ m6Si in Bul
garia. Con incis.
4 —
°Mortorro 770 (Vico). Macedonia. Con 41
ITldllLegdALd incis. e 1 car ta. L. 4 —
^IVrn vit a rv-n mn (\ ico). La Turchia libe—
lTld.Il LUgcLLLd ra i e 0 j e Questioni Bal¬
caniche. Voi- di 470 pag., ili. da 48 ine. 6 —
f lYInc:cn (Aogelo). Escursioni nel Meditrr-
uiuaau ranco e gli Scavi di Creta. Con
176 fotoincisioni 0 due tavole fuori testo. Nuova
edizione con raggiunta ili tre capitoli, di nu¬
merose incisioni e di due tavole a colori 12 —
MnCSfl (Angelo). L.c origini della civiltà
itUlooU mediterranea. Con 187 incisioni e
una tavola a colori. 12 —
°IWn1tkp (mar., conte di). Lettere dalla Rus-
IllUILlVu gfa dirette a sua moglie nel 18-56.
Queste lettere sono seguite da La nuova Russia,
compendio dei recenti studi di Molinari, Wesse-
lowsky, Wallace, Trubetzkoy ed altri . 2 —
Il Volga, mar Caspio e mar Nero.
Moynet.
Con 48 incis., carte e piante. 3
°MnrH q li (M ax > Parigi sotto la terza re-
lvUl UdU pubblica, nuovi studi e bozzetti
. . ... 4 —
, ___ in Germania.
Un volume di 360 pagine , 4 —
moderna.
. . 3 —
dal “ vero paese dei miliardi
(Felice). Vivendo
°Pagani
Pennazzi
(Luigi). La Grecia
Con 31 incisioni . .
opimrn *-» n 11 ì (Emilio). Caledonia. 2 voi. di
riovaneill compì. 082 pag. ... 7 —
*Russia (La) descritta e illustrata da Dixon,
Biancardi, Moynet, Vereschaguhie, Ilenriet e
Vambéry. 2.* edizione, con un’ampia conclu¬
sione del professore Angelo De Gubernatis. Un
volume in -8 di 800 pagine con 406 incisioni 10 —
°Pv>o r i (Marcello). Gli Inglesi nella vita nw-
1 1 dii de rna . .350
°Qnn rvpnrrl Ir» Ln Levanteea traverso iBal-
DUdl lUg 1IU halli. Note e ricordi . 2 50
Stroobant e Carnot. | l Z£™nl
Con una carta e 40 incisioni.3 —
°TumÌatÌ (B° m 0 ni c °)* una primavera in
Grecia. ....... 3 t)
Y'pìopfp (Carlo). Il Montenegro. Con 43 in
X 1 Idi LO cÌ 8 ioni e una carta geogr. . 2 50
°VrÌnrtP (GaUo)- La Bosnia e l'Erzego-
1 X Leti LO x-ina durante V insurrezione,
note di viaggio. 1 —
REGIONI POLARI.
+ Armindcon (Roald). Il passaggio .
rtlliuuuscii O? est. 11 mio viaggio a
L'nlli fllAtl TTlI r rtl ili IMO finn. n ,. ■» 1
Nord-
..— . a! Polo
sulla “Gj 8 a„. Un voi. di 640 pag., con 140 in¬
cisioni e 3 carte geografiche a colori. . 10 —
-t Duca (capitano 8 . A.). Verso il Polo Sud.
DLloO Memorie della Spedizione Antartica
diretta dal prof. Nordensbjold. Con 148 inci¬
sioni e carte. 5 —
IJo VPQ (Isacco J.). La terra di desolazione.
Ilajca Con 27 incisioni e una carta. 1 50
In mejjo ai ghiacci, viaggi celebri
al Polo Nord di Sir John Franklin, Rane, Mac
Clintock, Ilayes, Hall, Tyson, IIegemaiin,,Kolde-
vey, Payer e Veyprecht, Nordenskjóld. Nares,
Klutschak,De Long e Greely, narrati dai viaggia¬
tori stessi, con prefazione, del prof. G. Dalla Ve¬
dova. Un volume di 1000 pagine, illustrato da
321 incisioni, e una carta delle regioni polari
secondo le ultime scoperte (1888), preparata dal
prof. G. Dalla. Vedova. 6 —
^IflntQpVlQlr (Enr.). Da Eschimese fra
gli Eschimesi, racconto del¬
le avventure della spedizione Schwatka alla ri¬
cerca di Franklin negli anni 1878-79. Un voi. di
444 pagin e, con 43 incis. e 3 carte geogr. 8 —
•Le ultime spedijioni polari :
Il viaggio della./e«miet(e e la Spedizione Greely,
o Gli affamati al Polo Nord. 137inc.e2carte 13 —
Nordenskjold
del jiassaggio nord-est fra l’Asia e 1’ Europa
(1875-76), narrato dal capo stesso della spedi¬
zione. Due volumi col ritratto dell’autore, 468
incisioni e 18 carte geografiche . . . .26 —
Nnrrìpn<;kinlrl (A. e .). La nuova spe-
mjl UCIlblAJUlU dizione in Groenlan¬
dia, i ghiacciai dell’interno (islandis) e la co¬
sta orientale. Con 139 incisioni e 5 carte. 12 —
*PP9rV (Roberto E ). J.a Scoperta del l’oto
X Ceti j y 0r g. Con 400 incisioni fuori testo.
8 tavolo a colori o una grande carta, . 15 —
+ SVmpk]pfnn ( E La Conquista del
OlldLlVlcLUIl / do Sud. Due volumi con
265 incisioni in nero, 12 tavole a colori, 2 fron-
tispizii in eliotipia e una grande carta. 30 —
HTvcnn (Giorgio). La zattera di ghiaccio.
A J Naufragio del Polaris. Con 29 ine.
e nna carta geografica . . 1 50
ASIA.
Asia Minore e Turchia, di m ou -
stier, Jerusalemy e Proust. Con 42 incisioni e
una carta.i ó0
+ Do r» 7 ? r» i (Luigi). La battaglia di Mukden,
xjci i z,ini riccamente illustrata da 52 inci¬
sioni, 15 piante e una grande Carta segreta del-
P armata giapponese, riprodotta per speciale
autorizzaziono dello Stato Maggiore. . 6 —
VntpUnni (Enrico). L’Estremo Oriente e
laiciiaii i e sue [ 0 it e> con 6 carte 5 —
e Si-
... viaggio
nell’estremo Oriente al seguito di S. A. R. il
Duca di Genova. Un magnifico volume di 500
pagine, con 223 incisioni e 12 carte . . 15 —
°De Gubernatis ( , An?el0) - In Terra
Vfipmn (conte L.). Giappone
Ddl VOI me beria Note di un vii
santa.
4 —
+ (Giovanni). Il Giappone mo-
A'^ll-l^vlb derno. Con 192 incisioni. 3 -
’ h Dll Tfl ì 11 ì <? (Giovanni). Pelino-Parigi in
du idillio automobile, con prefazione di
Mario Morasso. lllustr. da 60 fotoincis. 6 —
*Ppflplp (Adelfredo). Il Giappone nella sua
X cucio evoluzione. Studi e ricordi di nna
campagna nell’Estremo Oriente compiuta con
la R. Nave u Vettor Pisani „ durante gli anni
1903-1904. Un volume con 20 incisioni, una carta
e sei grandi quadri a dolori . . . .; . 10 —
vi nn (Manfredi). La Cina dopo il Vaio.
di a vma y n volume di490 pag., illustrato
da 88 ine, e 2 carte a colori fno ri testo. 8 —
+ f o hhp (Faolo). L’Isola di Sakalin. Unvo-
iu<xvkj\3 lume con 18 incisioni e prefazione
del professor G. Ricchieri.L. 3 50
0 JVTQnf'PO'£i' 7 ’ 7 Ci ( p -)- India - 4 - il edizione
iildIlLcgdZ<Z<d illustrata da 32 incisioni,
con una nuova prefazione.3 50
eTVTrklflro (maresciallo, conte di). Lettere
IflUlLKt) dall’ Oriente (1835-1840). Tradu¬
zione autorizzava dall’autore. 2 .“ edizione ita¬
liana. Un volume di 400 pagine .... 3 —
°Perolari-Malmignati %ì‘ p fr il
Siria, note e schizzi. Un voi. di 244 pag. . 2 50
*
viaggio nel-
e nel Ben-
Sven-Heclin
Un voi. di 6148
4 —
Rmiccplpf 'huifù)- L’India
DUUbbcicL l'india centrale ---
gain. Un magnifico voi. di 638 pag., con 80 ta¬
vole e 303 incisioni intercalate nel testo. 40 —
Co vìn t Pietro).// Giappone al giorno d’oggi,
OdV 1 U nella sua vita pubblica e privata, po¬
litica e commerciale. Viaggio nell’interno del¬
l’isola e nei centri sericoli eseguito nel 1874. 2.*
edizione. Un volume di 220 pagine, corredato
di 4 nuove carte geografiche, e 31 ine., nonché
dei bolli dei cartoni seme bachi da seta . . 3 50
+ Schweiger-Lerchenfeld.,i }ì £
Un volume di 840 pagine, con 216 incis. . 15 —
Trans - Himalaja <Sco¬
perte ed avventuri• nel
Tibet). 2 voltimi con 2 -7 incis. e lOcar e 25 —
-In prepar.: In Persia attraverso l'India.
'Thompson e Choutzé. §£ $2^;
di 420 pagine illustrato da 167 incisioni tolte da
schizzi e fotografie dell'autore . . . . 3 —
AFRICA.
Alla ricerca delle sorgenti
del Nilo, viaggi celebri dei signori Bur-
ton . Spelte, Grant. e Baker,
pagine, con 144 incisioni .
* A imi nni (Luigi). Diciotto mesi al Congo.
rii Uldlll Con 148 fotoincis. e2carte. 3 50
Rnkpp (^ am -)- Ismailia (Gondokoro). Rac-
DdrVci (jonto d’una spedizione armata nel¬
l’Africa Centrale per l'abolizione della tratta dei
neri (1869-70). Con 60 ine., carte e piante . 3 —
! Ri SD PÌli (Gustavo). Alla Terra dei Galla,
DidllLIXl narrazione della spedizione Bian¬
chi in Africa nel 1879-80. Nuova edizione (1885)
corredata da una prefazione biografica di At¬
tilio Brunialti e da una carta della regione per¬
corsa da Gustavo Bianchi. Con 1014 incis. 20 —
v-Nuova edizione economica illustrata. 8 50
R|o np 1 prigionieri di Teodoro e la cam-
DidilL. pagna inglese d’Abissinia. 4.“ edi¬
zione italiana illustrata da 18 incisioni, con la
carta geografica dell’Abissinia .... 1 50
°Rr’iinÌQlfi (Attilio). Algeria, Tunisia e
DI Uii Idi LI Tripolitania. Studi di geo¬
grafia politica sugli ultimi avvenimenti afri¬
cani. Con una carta della Reggenza di Tunisi
e delle regioni limitrofe.3 50
f 1 c»mor*ivn (V. IL). Attraverso l’Africa.
Vdlllcl UH viaggio da Zanzibar a Ben-
guela. Due volumi con 1146 incisioni, il ritratto
dell’autore e 4 carte e piante. 6 —
TpppVli (Gap. Ant.). L’AMssinia. Con due
VCLUll g ran( ji carte, costrutte apposita¬
mente dall'autore in base alle più recenti sco¬
perte. 7.* edizione.3 —
+TV Alhpntic (capitano E. A.). I.a Crociera
-niuci Lio del Corsaro alle Azzorre.
Con 21 incisioni e 7 carte. 6 —
D ’ A 1 hpr»t 5 o (capitano E. A.). Una gita al-
xLlUcl Lib l’Narrar. Con 62 ine. 3 50
TV A 1 hprtic (capitano E. A ). Periplo dol¬
ly tiiuci Lia l’Africa. Con 540 incisioni e
tro carte a colori. 20 —
°De Amicis 21 5 a f:
4'- Edizione illustrata da Ussi e Biseo. 10 —
TqqpI (Arturo). Viaggio nel mar Rosso e tra
laoUi j Eogos. 4.* edizione in -8 (1885), illu¬
strato da27 ine. con un’appendice sul Mar Rosso
nei suoi rapporti coll’Italia dopo il 1870. 3 50
°T (G- B-)- Assab e i Danàcliili. 2.’ ed.
VlLdld 00 i ritratto dell’autore . . 1 —
T Ivìn o’ctnnp (G-). Lo Zambese e i suoi
viviiigaiUllc affluenti, secondo viaggio
(1858-1864). 3.* edizione. Con 31 incisioni e 3
carte geografiche.2 50
(D.). L'ultimo giornale. Con
28 incisioni .... 2 50
Livingstone
i vi D oectnTl P (B'b I in Africa.
DlVillgbLUIlU con 80ine. e 3 carte 4 —
'Mantegazza
(V.). Da Massaua a Saati
(1888). Con 74 ine.. 6 —
' IVTq ti fprrn 770 (^ico). Il Marocco e V Eu-
if ldllLt?j^d/iAd ropa illustrato . . 3 50
(Vico). Il Benadir. Con 33
incisioni e 3 carte . 5 —
'Mantegazza
* rVT Q pf i TI i (Ferdinando). (Deputato e mem-
XfXdl um ) jro della, R. Commissione d’in¬
chiesta per la Colonia Eritrea). Nell’A ffrica Ita¬
liana, impressioni e ricordi (1891 ). Ediz. illustrata
riveduta dall’autore, con 150 incisioni, 2 carte
geografiche e numerose note ed aggiunte. 5 —
+-Nuova edizione economica con 2 carie,
note ed aggiunte. 2 —
°Pnnlì (R®» a to)- Nella Colonia Eritrea. U-
1 dUll lustrato da fotogr. fuori testo. 4 —
“Perolari Malmignati %&££
Egiziani (1885). 3 50
L’Autore racconta la ribellione di Aràbi
pascià, l’occupazione inglese e l’invasione
colerica, avvenuta durante il tempo ch’era
console italiano al Cairo.
*Pptpr>c (dr. Carlo). Un po’ più di luce sul-
x etcì o l'Africa tenebrosa, relazione sulla
Spedizione Tedesca per Emin Pascià. Un vo¬
lume riccamente illustrato da 32 tavole fuori
testo e 80 disegni intercalati, dal ritratto del¬
l’autore e da una carta a colori. . . . 12 50
V Oasi di
Giove Aminone. Un voi. in -8 di 370 pag. con 163
incisioni e una grande carta geogr. . .12 —
: RrtCCÌ (Adolfo). Inglesi e Boeri, a t t raverso
AUbbl l'Africa Australe e il Transvaal.
Con 28 ritratti, 60 incisioni e una grande ta¬
vola a colori del Teatro della Guerra. L. 2 50
+ Comvo Pintr» Come ho attraversato
ocl pd XAIILU. l’Africa, dall’Oceano
Atlantico all’Oceano Indiano, per regioni in¬
cognite. Due voi. con 167 incis. e 8 carte £0 —
4-Cf „ rilpv (®*)« Attraverso il Continente Ne-
O Ldlllcj ,. 0) ossia 7,e sorgenti del Nilo , i
grandi laghi dell’Africa Equatoriale e lungo
il fiume Livingstone fino all’Oceano Atlantico.
Con 150 incisioni e 7 carte geografiche, fra
cui una grandissima carta geografica dell’A¬
frica Equatoriale.12 —
RtnnìPV avventure e scoperte,
OLdlllcj attraverso l’Africa Equatoriale
(Novembre 1874-Settembre 1877). Lettere al
Kew-Yorlc Herald e al Daily Telegraph, con
45 incisioni e una carta. ...... 3 —
°RtnnlPV (®*)* l-a liberazione di Va
D LdlHCjr ,vc*Y) narrata nellesueletti
■^tfinlPV (E ')' Ffaffpi alla ricerca di Li-
OLdlllCjt %-ingstone. Come io trovai J.ivivg-
stone e Attraverso il Continente Nero. Con 102
incisioni, il ritratto dell’autore e 3 carte. 4 —
Emin-Pa-
1 lettere.Tra¬
duzione italiana con un’appendice sui viaggi e le
avventure del capitano Casati, dalle sue lettere.
Un voi. di 276 pag., con 4 ritratti e 2 carte. 1 50
'StnuloV (F-)- Nell'Africa tenebrosa. Re-
OLdlllcj iasione autentica dellasua ultima
spedizione, ricerca, liberazione e ritorno di
Emin, governatore della Provincia Equatoriale.
L’ edizione italiana è perfettamente conforme
all’edizione originale inglese. Due grossi volumi
di complessive 1200 pagine, con 150 incisioni e
13 calte .1.“ edizione.25 —
- c Mounteney-Jephson.
Emin pascià; capitano Casati e la Ribellione
all’Equatoria. Un volume di 466 pagine con
47 incisioni, una carta geografica e un fac-si-
mile della lettera del Mahdi.IO —
°Tiim?oti (Domenico). Tripolitania. Un
1 LI 111 Id Li volume di 340 pagine. . 3 50
Tunisi, viaggi di Crapelet .Rebatel eTirant,
seguiti da I.e rovine di Utica, di A. Daux, e
li mare Saharico e la spedizione italiana in
Tunisia, del dottor A. Brunialti. Con 57 inci¬
sioni e 2 carte.3 —
AMERICA.
Rr>llW 9 Pr>th (B -)' Chicago e T Esposi-
uk u w aci in zione universale Colom¬
biana del 1803. Con 62 disegni.... 3 —
Rnr>tr»r» (Riccardo). J Mormoni e lacittàdei
DUI LUI! Santi. Con 31 ine. e 1 carta. 2 —
D ’AlRpvfio (capitano E. A.). Crociera del
/ilUoI Llb “ Corsaro „ a San Salvador,
la prima terra scoperta da Cristoforo Colombo.
Con 5 tavole a colori fuori testo e 35 ine. 3 50
Dì VOTI (Guglielmo Hepwort). la Conquista
DI AUI1 Bianca. Con 121 incis. e 3 carte 5 —
nallpTirro (A.). La Perla delle Antille,
UdllcIIgd Q on y jncis. ed una carta 1 50
Il Parco Nazionale degli Stati
Uniti, tre spedizioni di Doane, Hayden e
Langford, seguito da I.a Svizzera Americana,
spedizioni di Hayden e Witney. Con 61 inci¬
sioni e 1 carta.3 —
0
Lombroso-Ferrero
dionale (lirasile-Uruguay-Argentina), note e
impressioni.4 —
°T , ii-toti (Cesarina:. Vita Argentina. Argen-
DUpdLl tini e Italiani al Piata. . . 3 50
(Angelo). La Democrazia nella Re-
liiuabU Ugione e nella Scienza. Studi sul-
l’A sierica .4 —
Oj 0 1 ti (U^O ). L’America e l’avvenire. 1 —
°Pppnrirtì (Alberto). Gli Americani nella
X CLUI IIll vita moderna .... 5 —
Terolari Malmignati %
(P.). Il Pe¬
rù e i suoi
tremendi giorni (1878-81). Pagine di uno spet¬
tatore .3 50
Poussielgue FLoHda \ Con 3
Pppl,,Q (A.). L’Istmo di Panama. Con 100
nt/LlUb ine. e una carta geografica . 3 —
°Ppqo Q p« (F.). Alle rive del Piata, viaggio
ncbdbUJ nella Repubblica Argentina e a
Montevideo (1890). 2.* edizione .... 5 —
Q?rv»r»r»ìr» (B.). Attraverso agli Stati Uniti,
OilIIUIllII d a ])’ Atlantico al Pacifico. Con
56 incisioni e 7 carte geografiche . . . 4 —
Vigneaux nel Messico. Con
44 incisioni e 4 carte
°Winderling
(G-).
vira
Ricordi
2 —
d’ Ame-
. . 4 —
OCEANIA.
Rnttnni (Antonio). Da Genova a Dataria.
DULLUU1 Q on 3 ^ incisioni e una carta 3 —
’XT'q y»i qttvit - (G.)- Quattordici anni alle
.Ut/ V di lgliy isole Sandwich (Hawaii).
Con 27 incisioni e due carte.2 —
P ieri ini ì ( E< H.). I Tasmaniani. Con 20 in-
UTgllUH eisioni e una carta geogr.. 2 —
PoilViàc (A.)- L'Arcipelago Tahiti e le isole
r dilIIUb g e i Pacifico. Con 42 incis.. 2 —
p Qvn nl (Edoardo). Il nuovo Robinson
Hdyildl Crusoè, ossia I naufraghi delle
isole Auckland. 6 * edizione italiana. Con 28
incisioni e una carta geografica. ... 2 —
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, MILANO, VIA PALERMO, 12 , E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 64 - 66 * 68 .
FASCICOLO i 5 °
LE ESPOSIZIONI DEL 191 t
220
ROMA. INAUGURAZIONE DEI NUOVI PADIGLIONI DELLA MOSTRA ETNOGRAFICA.
Il Padiglione delle M a r c ii e.
Il Padiglione d ell' U m b r i a (R>t. MoiinarìL
226
L E E S P O S I Z I O N I DEL 1911
I Padiglioni delle Regioni alla Mostra Etnografica.
Padiglione delle Alarche.
Il i5 giugno furono inaugurati in Piazza d’Ar¬
mi, i Padiglioni delle Marche, c i gruppi dell’A¬
bruzzo, dell’Umbria e della Sardegna. II piti im¬
portante è il Padiglione delle Marche che desta
ge n crai e amm i rn z : 0 n e.
E un leggiadro e rigoglioso fiore del Rina¬
scimento, che sorto robusto e saldo dal suolo
roccioso, drizza verso il sole, a guisa di smi¬
surato pistillo, la sua torre a gridar il saluto di
liberazione e di gaudio. L’aspra, chiusa e cupa
muraglia medievale si è rotta, si è abbattuta,
e quale rosa primaticcia s’apre il nuovo edifìcio
con i grandi archi, le frequenti bifore, gli ampi
veroni alla gioia della luce e alla gioia della vita.
Nè poteva esser diversamente. Scarse sono
nella regione le traccie dell’arte medievale, ove
si tolga l’architettura sacra, scarsi sono i deliri
del Seicento e i fasti del Settecento. Le Marche
eccellono neH’equilibrio di grazia c di forza dato
dai secoli XV e XVI. E per influsso delle vi¬
cine contrade, specie della Toscana e dell’Emilia,
o per naturale disposizione deH’ingegno marchi¬
giano? La storia artistica, non men che apo¬
litica, starebbe per la seconda ipotesi. Quel mi¬
scuglio di stirpi che dette origine alla popola¬
zione marchigiana — del resto non ancora etni¬
camente ben determinata risentendo al setten¬
trione la vicinanza dei romagnoli e al mezzo¬
giorno degli abruzzesi — è forse causa di que¬
sto armonico temperamento di doti e di energie,
che sfugge da ogni eccesso. Le antiche tribù
italiche sotto il segno del picus, il loro “totem,,
sacro, s’incrociarono con gli umbri e con altri
italici, con genti immigrate dall’ Il liria e con i
Dori della Grecia, e sotto il segno dell’aquila
di Roma si fusero in un sol popolo; ma delle
buone qualità di ogni elemento etnico originario
nessuna andò perduta.
Quello stesso equilibrio, che guidava il genio
di Giuseppe Sacconi a temperare sulla vetta del
Colle Capitolino la grandiosità romana e la gra¬
zia ellenica, trionfa, nell'arte marchigiana che
fiorì ed ebbe sue impronte unicamente nel Ri-
nascimento. La scelta non poteva esser dubbia
sullo stile del padiglione. Ma a Guido Grilli, si
presentavano varie vie di esecuzione: o inventare
liberamente sullo stile prescelto, o copiare un
dato edilìzio, o fondere elementi diversi in una
costruzione nuova. Scelse l’ultima, la più diffi¬
cile, e con parti reali dei vari edilìzi delle Mar¬
che fece un’opera mirabile di originalità, di ele¬
ganza, di armonia.
11 bellissimo padiglione, che entra vittoriosa¬
mente nella fila dei piti ricchi e dei più lodati
di Piazza d’Armi, non appare allatto come un
mosaico di cento e più elementi diversi, ognuno
tratto da un paese diverso delle Marche, ma
come un tutto uscito dalla mente geniale del
Grilli, il chiaro architetto anconetano, degno
discepolo del Sacconi.
La torre merlata arieggia quella celebre di
Gradara, e anche quelle di San Benedetto di Monte
bario, di Recanati, di Acquata. È il segno della
regione, così feconda di architetti e ingegneri
militari, primo fra tutti quel Paciotto, che fece
fortificazioni per mezz’ Europa, ed anche per
Emanuele Hlibcrto di Savoia. L’arcone centrale
è ispirato al Palazzo del Podestà di Fabriano,
il coronamento sotto il tetto a Sant’Agostino di
Fermo.
Sulla facciata a tramontana vi sono traccie
del Palazzo Benincasa di Ancona, una porta di
| or di Palma collegata con una finestra della
Sant Agostino di termo, c una serie di finestre —
un magnifico poema di terracotte — del palazzo
Malatestiano di t ano. Nella facciata posteriore
evvi lo stemma imperiale di Jesi, gli archi della
Madonna del Buon Gesù di Fabriano e alcune
porte e finestre della severa e robusta architet¬
tura ascolana. E nel quarto lato spicca come
gioiello la loggetta del Palazzo Ducale di Urbino.
La corte ha le scale a giorno con elementi
del Seminario, del Brefotrofio di Fano e del Pa¬
lazzo Bugile di Recanati. Ere porte ricordano
Pesaro: la porta di casa Colennuceio, una porta
del Palazzo Ducale ed una autentica di ferro
battuto, prestata dall’Ateneo.
Nel mezzo un bel pozzo anconetano di via
della Loggia.
L’interno è tutto un inno alla civiltà e alla
gloria delle Marche. Pensate: dal Bramante al
Sacconi, da Raffaello agli Zuccari, dai Malate-
sta al generale di Montevecchio, dal cartografo
Benincasa all’esploratore della Cina Matteo Ricci
da Iraiano Boccalini da Cecco d’Ascoli a Gia¬
como Leopardi.... E tra questi, nomi universali
nelle arti e nelle lettere.
E chi dicesse che quel temperato equilibrio
di facoltà abbia tolto ai marchigiani l’energia
dell’azione, ecco apparire Federico da Moltefel-
tro, anima di grande principe in guerra e in
paese, il quale avrebbe meritato, se non vi fosse
stato un dominio temporale della Chiesa, la for¬
tuna di essere re d’Italia. Poche anime come la
sua furono piti degne d’impero. La gloria vive
in Urbino, come in questa miranda rievocazione
della Patria.
Le sale sono dedicate agii illustri marchigiani
e alle arti proprie della regione. Procediamo per
ordine. Primo a sinistra di chi entra si presenta
la Sala Montcvccchio. E decorata alla maniera
quattrocentesca con gli stemmi delle quattro
provincie e con il motivo araldico del Picco.
Quivi è ricordato il generale morto per ferite
in Crimea, Rodolfo conte di Montevecchio, che
fanese prestò la mente, il braccio, la vita all’u¬
nico esercito nazionale che v’era ai suoi tempi.
La Sala dell'Adriatico è il soffitto della sa¬
crestia del Duomo di Ancona. Le pareti sono
decorate da un bellissimo fregio pittorico raffi¬
gurante l’Adriatico con le variopinte paranze
marchigiane e colicgate con motivi che, spie¬
gati da motti latini simboleggiano la fertilità,
Pubertà e le industrie della regione picena.
Sala Leopardi. Segue la sala consacrata ai
poeti e letterati delle Marche, da Cecco di Ascoli
a Guidobaldi Bonarelli, ad Annibai Caro, al poeta
patriota Luigi Mercantini, autore dell’Inno di Ga¬
ribaldi. Su tutto trionfano i ricordi di Giacomo
Leopardi. Il soffitta è la riproduzione di uno
simile in terracotta, esistente in Ascoli.
Sala Sisto V. È la sala dei papi: da Gio¬
vanni XVIII di Rapagnano del secolo XI a Si¬
sto V, l’ultimo grande papa, a Pio IX. ^ ri¬
prodotto il soffitto di Crocciti di Ascoli.
Sala Mamiani. u. la sala dei filosofi, politici,
giuristi, teologi, geografi, fisici. Ivi sono ricordati
i giuristi Bartolo da Sassoferrato, Alberto Gen¬
tili, il geografo Grazioso Benincasa, Trajano
Boccalini, Bartolomeo Eustacchio, Andrea Bacci,
Benvenuto Stracca, Carlo Rinaldini, Francesco
Puccinotti e infine Terenzio Mamiani della Ro¬
vere filosofo, poeta, storico e politico, È ripro¬
dotto il soffitto del Seminario di L'ano, impor¬
tantissimo per la sua originalità.
Sala Rossini. È il salone dei musicisti, dove
vengono ricordati il Pergolesi, lo Spontini, il Ros¬
sini, il Vaccai, il Mancini, Lauro Rossi, Filippo
Marchetti ed ancora il fossombronate Ottaviano
Petrucci, inventore dei caratteri mobili musicali,
e Luigi Zucconi, storico musicale del sec. XVI.
Il soffitto riproduce quello del Palazzo della Santa
(Fano).
Sala Raffaello. Si passa quindi al salone de¬
gli artisti, architetti, pittori, scultori: da Gentile
da Fabriano, dai fratelli Salimbeni, da Timoteo
Viti al Barocci, al Lilli, ai Fratelli Zuccari, al
Maratta, al Matas, a Francesco Podesti pittore,
ad Ercole Rosa scultore.
Tre nomi giganteggiano : Bramante, Raffaello,
Sacconi, 1 ultimo grande artista marchigiano, cui
tutta 1 Italia decretava nei passati giorni l’im¬
mortalità. E riprodotto il soffitto dell’ex Con¬
vento di San Domenico a Pesaro.
Sala l\uci. L ultimo salone è quello degli uma¬
nisti, degli eruditi: da Cariaco di Ancona, Pan¬
doro da Colenuccio, da Angelo Colucci, da Fran¬
cesco P ileifo al Padre Matteo Ricci, il primo
grande descrittore dell'Impero Cinese, al Com¬
pagnoni, a Colucci Giuseppe, al Lancellotti, al
l erotti, al Lanzi. Il soffitto è copia di quello
esistente nel palazzo dei Conti Castracene (Fano).
Busti, ritratti, opere, autografi, cimeli comple¬
tano le memoria delle glorie marchigiane.
V'è un magnifico ritratto di scuota francese
di Gaspare Spontini, con suoi autografi, il ri¬
tratto di Terenzio Mamiani, i busti di Lauro
Rossi e di Raffaello Sanzio, la lucerna, il cala¬
maio e il tappeto dello scrittoio di Giacomo Leo¬
pardi, gentilmente offerti dalla Famiglia dei Conti
Leopardi.
Sala c studio del Duca Federico. Il gioiello del
Rinascimento, il Palazzo Ducale di Urbino, ha
giustamente uno speciale posto d’onore. In un
ampio salone sono armonicamente riportati ele¬
menti artistici del palazzo, il camino degli An¬
geli, due porte con lunette e ricche tarsie, due
finestre bifore, gli stucchi del salone, degli arazzi.
Accanto vi è fedelmente riprodotto lo stu¬
dio del grande Federico.
Sala della Maiolica. È decorata con cerami¬
che appositamente eseguite, su disegni dell’ar¬
chitetto Grilli, dalla Ditta Molaroni di Pesaro.
Conterrà una illustrazione delle antiche cerami¬
che marchigiane del Ducato di Urbino (Pesaro,
Casteldurante e Urbania) Urbino, Esanatoglia,
Fabriano, ecc. La decorazione moderna starà
a dimostrare come anche ora tale arte non ab¬
bia in nulla perduto della eccellenza di un tempo.
Tutta la parte artistica del padiglione è opera
di marchigiani.
L'illustrazione di Urbino e le decorazioni pit¬
toresche esterne sono state eseguite, con squi¬
sito sentimento d’arte, dal professore Diomede
Catalucci dell’Istituto di Belle Arti di Urbino.
Il soffitto dcll’ex-convento di San Domenico
di Pesaro, nel salone degli artisti, è opera dei
giovani della giustamente rinomata scuola d’arte
professionale di Pesaro. Lo stemma di Jesi è
stato riprodotto dai fratelli Cardinali di Jesi.
Tutte le altre riproduzioni di Ancona, Fermo,
Recanati, Fabriano, Ascoli, 'l'or di Palme, Fano,
sono state eseguite dalla scuola d’arte profes¬
sionale di Fano, presieduta dal nostro chiaro
scultore Adolfo Apolloni, e diretta egregiamente
dal prof. Menegoni con la voluta cooperazione
del prof. Pernacchia.
Il prof. Garofoli patinò e colorì i soffitti di
Ascoli e di Fano.
Speciale encomio meritano le decorazioni in¬
terne dei saloni, finamente concepite ed eseguite
in armonia all’ambiente, sono del pittore pro¬
fessor Biagio Biagetti, allievo del Seitz. È co¬
me il Grilli anconitano, un nuovo vanto della
regione marchigiana, essendo nato a Porto Re¬
canati.
L architetto Marcello Piacentini, che ebbe cam¬
po di osservare tutti i lavori di Piazza d’Armi,
giudicava il padiglione marchigiano come il piti
solidamente costruito. Costruttori sono i fratelli
Mengoni di Ancona.
Nei prossimi fascicoli diremo lungamente de¬
gli altri gruppi inaugurati, dei quali, per ora,
diamo una sommaria descrizione.
Padiglione Abruzzese.
Questa bella costruzione ideata dall’architetto
Antonio Liberi s’inspira principalmente alla fa¬
mosa chiesa di San Clemente a Casauria, presso
I or de’Passeri, uno dei piti insigni, più ricchi
e più caratteristici monumenti dell’Abruzzo: ma
altri elementi completano l’insieme dell’edificio.
Accenneremo oggi soltanto che il massimo ar¬
tista abruzzese, maestro Nicola, è rappresentato
dalla sfarzosa lunetta di Santa Maria Maggiore
in Guardiagrele. Nell’interno sono raccolte le
piti significative manifestazioni delle arti carat¬
teristiche dell’Abruzzo: i merletti, i tessuti e le
ceramiche.
Padiglione Umbro-Sabino.
Il concetto generale di questo bel Padiglione,
ideato e costruito dagli ingegneri Viviani (di¬
rettore dei monumenti dell’Umbria) e Cafderini,
è inspirato alla libera riproduzione del Palazzo
del Popolo di Perugia, limitato però al perime¬
tro della così detta Sala dei Notari e ridotto a
edificio isolato in tutte le sue parti. Completa l’in¬
sieme del Padiglione la storica torre detta “ della
Gabbia,, che in antico si ergeva al limite del
l alazzo: nell interno del Salone dei Notari, sono
fedelmente riprodotte tutte le decorazioni alle¬
goriche e storiche con gli stemmi dei Podestà
e dei Capitani del Popolo che ne adornano le
pareti.
Padiglione Sardo.
Ideato dall’architetto Luigi Scano questo Pa¬
diglione rappresenta una sintesi dell’arte archi-
tettonica sarda del secolo N1V. È sopratutto
notevole la riproduzione della famosa Torre pi¬
sana detta dell Elefante, c alcuni caratteristici
elementi della chiesa di San Domenico in Ca¬
gliari; le cupole invece sono inspirate a quelle
della Cappella del 1 esoro in Oristano. Nelle due
sale interne sono notevoli i mobili, tutti di arte
sarda, e un esposizione di oreficerie, di tessuti e
di merletti, che dà un’idea completa di quell’arte
così originale, la quale, in epoca anche tarda,
1 iproduceva motivi e maniere che nell’Italia con¬
tinentale erano da tempo ormai sorpassati.
LE ESPOSIZIONI I) E L 1911
227
ROMA. INAUGURAZIONE DEI NUOVI PADIGLIONI DELLA MOSTRA ETNOGRAFICA.
Il P a D 1 f. L J 0 N JL D l 1 LA S A RP E G N A,
Il Padiglione del l’ Abruzzo e M olise (fot. Moiiuari).
228
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 1 1
Il Padiglione del Belgio a Torino.
Finis coronai opus. Tutti 1 padiglióni dell L-
sposizione di Torino sono aperti.
Dove il dì prima era ancora un pantano la¬
sciato da un furioso acquazzone, già olezza una
aiuola, sorgono cespugli e alberelli ; dove il gior¬
no innanzi faceva schermo una impalcatura, già
riluce una cupola dorata o ramata; dove si muo¬
vevano macchine mostruose, sbuffando, respi¬
rando fuoco, trascinando sulla ghiaia i loro enormi
rulli, sorride civettuola, tra verdi fogliami, qualche
bella statua di donna, o splende, in tutta la viva¬
cità gaia delle sue tinte, qualche magnifica pittura.
Poco a poco si sono riempiti tutti gli spazi
vuoti ; grandi lastre vi sono appoggiate, aggan¬
ciate, inchiodate, murate, da schiere di uomini
polverosi affaccendati in opere tumultuose, in
mezzo a una scenografia monumentale, tra fu¬
ghe d’archi e di loggiati e di steli di colonne.
Erotte di bandiere si levano e fluttuano nel
cielo, i labari e gli arazzi si distendono lungo
le torri di travertino. E una vita speciale, che
esalta lo spirito in un mondo insueto di gran¬
dezze, sostituisce la grigia vita quotidiana, la
ingentilisce, la rende viva, ricca, agile, ardente,
intensa di emozioni nuove. Torino è diventata
internazionale. Infatti ogni nazione, ha creduto
opportuno intervenire, diremo così personal¬
mente, inviando qui vere legioni di figli suoi.
Dai Serbi, caratteristici nei loro costumi, arieg¬
giatiti un po’ quelli dei nostri popoli d’Abruzzo,
alle piccole gentili Giapponesi dall’andatura molle
e dalle occhiate voluttuose, agli Inglesi dignitosi,
semplici nell’abito, laconici nel dire, è tutta una
folla varia, pittoresca, cosmopolita, che risponde
alle domande nostre, e ci è guida cortese in
tutti questi grandi Padiglioni, doviziosi di ele¬
ganze e di raffinatezze.
L’Esposizione di Torino avrà un mirabile,, in¬
contrastato successo. Già la stampa estera, ne ha
rilevata tutta l’importanza. Gli stranieri non sono
facili lodatori delle iniziative italiane. Pieni di
entusiasmo pel nostro ciclo e pei nostri monu¬
menti storici, sono in genere arcigni, diffidenti
e spietati per le nostre imprese odierne,
Il contrasto fra la bellezza delle opere di tanti
secoli di splendida fioritura artistica e la po¬
vertà dell’oggi li rende quasi sempre dispettosi
e ingiusti verso gli sforzi moderni. In piti d’uno
di essi è radicata l’idea che l’Italia debba con¬
siderarsi un museo e rinunciare ad ogni attività
nuova. Se gli italiani mostrano di imitare i loro
predecessori, i vigili stranieri gridano alla co¬
pia insipiente: se accennano a far di loro capo
e ad imprimere nella loro opera uno spirito
nuovo di modernità, ecco il critico d’oltr’alpe gri¬
dare all’abbominio, rinfacciare loro l’oblio delle
grandi tradizioni. Grande era quindi il pericolo
che l’Esposizione torinese fosse giudicata con
questi criteri, e peggio, dovesse sopportare il
peso del disprezzo che la mercantile produzione
italiana, la quale, da molti anni infesta all’estero
tutte le esposizioni grandi e piccine, ha adden¬
sato a torto su l’arte decorativa italiana e sulla
potenzialità dei nostri artisti. Possiamo quindi
rallegrarci dei risultati ottenuti. Poiché, in mas¬
sima, la critica straniera ha reso pienamente
giustizia allo scopo e ai risultati dell'Esposizione.
Essa è veramente degna del grande avvenimento
ond’ebbe origine, ed è una magnifica festa per
gli occhi dei visitatori, dal recente Ponte Um¬
berto I, al Ponte appositamente costrutto, d’onde
si spiega a volo una teoria di Vittorie: dal vecchio
Ponte Isabella, su su fin oltre il Pilonetto. Una
sessantina di edilìzi e saggi pregevoli di tipiche
architetture straniere: interni fastosi nei quali
notissimi costruttori di mobili d’arte, squisiti
creatori eli eleganze maschili e muliebri, e in¬
dustriali che possono definirsi poeti dell’arreda¬
mento della casa, si sono uniti, per comporre
degli ambienti, che hanno virtù di affinare l’e¬
stetica della folla.
Era i vari padiglioni primeggia quello carat¬
teristico del Belgio, del quale, è doveroso par¬
lare alcun poco. L’edificio, dalla architettura lo¬
gica, seria, raccolta, denota una cura delicatis¬
sima d'ogni particolare. Gli architetti belgi hanno
il merito non comune di esser stati i primi che,
arditamente, ruppero con le viete tradizioni che
inceppavano il libero svolgimento dell'architet-
tura. Essi non ebbero, come gli architetti della
scuola viennese, l’ambizione di rivoluzionare lo
schema organico dell’edificio: ma presero il tipo
di casa privata comune nelle città belghe e cer¬
carono di trattarlo con più profondo senso di
logica e con severa eleganza di forme. Lo sche¬
ma costruttivo prediletto dai Belgi consiste nelle
parastine sottili che dividono le facciate in ve¬
trate ampie, nei boiv Windows che corrono dal¬
l’alto in basso, in forma di torricelle sopportate
da mensole, nonché nella graziosa semplicità
delle modanature e dei particolari decorativi.
L’architetto belga si preoccupa anzitutto di for¬
nire al cliente una dimora che risponda al ca¬
rattere, ai gusti e alle abitudini dell individuo c,
studiato l’organismo interno della dimora sot¬
tomessa scrupolosamente alle esigenze della vita
dell’inquilino, ne accusa onestamente, all’esterno,
la struttura, e da questa si sforza di trarre il
miglior partito decorativo. Nella soluzione di
questi problemi, i Belgi si valsero dapprima,
vantaggiosamente, dell’unione della pietra col
ferro. Invece di nascondere il ferro, lo misero
audacemente in vista e gli domandarono non
solo uua funzione statica, ma anche decorativa.
E bisogna ammettere ch’ossi fecero uso eli
questo metallo, spesso con sapienza e con sin¬
golare buon gusto. Nelle prime costruzioni bel¬
ghe moderne, questa tendenza è visibilissima.
Nella Maison da Peuple (dell’architetto Victor
I Iorta), essa tocca l’apogeo. Le paraste, le men¬
sole, le piattabande e persino le file dei chiodi,
sono studiate a scopo decorativo. Ma poi, la pre¬
valenza del ferro, diminuì rapidamente. Un nuovo
materiale costruttivo venne alla luce, dotato di
qualità ben superiori. E fu il cemento armato.
Come l’esterno del Padiglione c di una di¬
gnità severa, così la decorazione c l’arredamento
interno rivelano la ricerca della grazia nella
semplicità. Poche fascio ornano i muri: i tavoli
e le sedie sono di puro legno: nessuno sfoggio
di decorazione plastica o pittorica, arricchisce
i corridoi, i vestiboli, le scale. E nondimeno, l’ar¬
chitetto trova il modo di imprimere un carattere
d’arte in ogni angolo e in ogni oggetto, mediante
il semplice galbo di un dossale, la curva ondeg¬
giante di una mensola, il becco di una cornice.
In questi ultimi anni, la scuola Belga ha svolto
un suo stile più geometrico e austero, abban¬
donando l’artificio un po’ eccessivo e la irrequie¬
tezza, di cui i Van di Velde, 1’1 Iorta e l’IIobè,
diedero altra volta saggi.
Un carattere comune, vale a dire uno stile, sorge
dall’esame dei diversi oggetti esposti nel Padi¬
glione. E questo stile è comune tanto al tratta¬
mento delle forme vegetali quanto a quelle delle
forme puramente ornamentali e lineari che for¬
mano in certo modo il fondo della decorazione
belga. Sembra ormai ben fisso c definitivo e
l’epoca delle ricerche e degli assaggi chiusa. La
decorazione belga ha un carattere pratico e ra¬
zionale e lo si deve al fatto che essa é promossa
dagli architetti, mentre in Italia questi sono, salvo
onorevoli eccezioni, i più fieri nemici del rin¬
novamento.
11 Padiglione belga è risultato un tale insieme
armonico, squisito, prezioso, che non si può nep-
pur pensare di descrivere dopo una visione ra¬
pida. Bisognerebbe fermarvisi ore e ore, indu¬
giare dinanzi a ogni scultura, a ogni mobile, a
ogni minuzia, per giungere a ridire il fascino
racchiuso in quella ricchezza di interni che re¬
spirano e diffondono tanta c così varia nobiltà.
Ridicola pretesa da cervelli piccoli e gretti quella
di volersi rendere conto di primo acchito di
quanto a un complesso c delicato artista è co¬
stato tutto un lento e progressivo lavorio in¬
timo! Delle opere d’arte — parlo naturalmente
di quelle soltanto che meritano davvero l’onore
di tale qualifica — si potrebbe dire, modificando
lievemente una celebre frase di Victor Hugo,
che sono esseri viventi: come tali, bisogna vi¬
verci insieme per poterle intendere e apprezzare
al giusto loro valore. Vi sono persone che si
rivelano appieno fin dalla prima volta che le in¬
contriamo, ma non sono certo quelle che più
meritano d’interessarci, che posseggono una più
spiccata individualità, e da cui sentiremo un
giorno la parola che ci sorprenderà o ci esal¬
terà. Lo stesso si dica di un' opera d’arte nella
patria di Rubens, lo spirito artistico fu cd è
sempre intensissimo. L’arte costituisce qui, in¬
fatti, una specie di mercanzia consentita e quo¬
tata dalla Borsa, e non è raro che si compia
una transazione di olio, di grano c di rame per
l’offerta di un quadro. Talvolta, questo, passa
per una ventina di mani, aiutando così la cir¬
colazione dei capitali: poi, in un giorno di rialzo,
dopo un felice colpo di borsa, un finanziere vi
getta l’amo e l’errante pittura va ad immobiliz¬
zarsi nel lusso pesante d’un salone dove gli
amici vengono in processione ad ammirarlo. Il
gusto del colore, lato essenziale del carattere
fiammingo si esalta fino al fanatismo nella po¬
polazione belga. Non v’ò ricco borghese, non
v’c grosso negoziante che, nella sua casa ani-
mobigliata di vecchi cofani scolpiti e di rastrel¬
liere sovraccariche d’argenteria, non riserbi un
largo posto alla sua collezione di pittura. Per¬
sino il piccolo commerciante, quello che vende
al dettaglio e vive dietro un banco, inorgoglisce
di possedere tre o quattro quadri moderni. Un
pittore belga mi assicurava che non è possibile
morir di fame, nel suo paese, per poco che sì
sappia sgorbiare con un pennello: vi ha sempre,
a difetto di clienti seri un rigattiere spilorcio
che acquista della pittura. Qua e là, infatti, dalla
sua cornice cariata, un placido ritratto sorride
al sogno del passato, pendendo, tra gii abiti
smessi, le gabbie senza uccelli, i saniovars ar¬
rugginiti. Una specie di culto circonda la pos¬
sessione di un quadro antico: non si ha per un
reliquiario più fervore. E il caso di un tesoro
nelle mani d’un miserabile è assai frequente. Le
trasmissioni ereditarie hanno fatto discendere
fino al popolo, tele cui è congiunta la gloria
delle più belle epoche d’arte. Non è raro il caso
di vecchie donne che nella più assoluta indigenza,
si decidono a vendere dei Quinten Massys e de¬
gli Otto Venuis.
V’ ha, dunque, nel Belgio, una vita dell’arte,
e l’arte vi è considerata come un agente di ric¬
chezza pubblica; vi si vendono tanto corrente-
mente un paesaggio, un soggetto di genere, una
natura morta, quanto ciò che necessita per la
sussistenza materiale.
Ed è questo amore, questa passione profonda
per l’arte, che la sezione Belga afferma, in con-
spctto del mondo intero, all’ Esposizione inter¬
nazionale di Torino.
Le opere, gli oggetti, che adornano il lussuoso
Padiglione non possono essere discussi. Poi¬
ché hanno superato lo speciale criterio d’arte
che guida in ogni tempo gli intelletti creatori,
stanno più in alto di ogni forma transitoria di
sensibilità: sono un’espressione perfetta di menti
forti, lucide e mature, in cui tutte le qualità che
presiedono alla traduzione plastica del fantasma
ideale, hanno raggiunto un pieno e armonioso
equilibrio.
Nel suo complesso, la Mostra c altamente fe¬
conda non solo per il critico, ma anche per tutti
gli artisti.
Nel Padiglione Belga, è contenuta una piccola
c interessante esposizione del Congo, la terra
promessa della piccola-grande Nazione. Da un’ac¬
colta di tavole statistiche e di carte geografiche,
si rileva tutta la grandezza di un lavoro che da
anni e anni si svolge pertinace. In una bacheca,
la Compagnia Mineraria espone saggi di cassi-
teritc, di blenda, di cuivrc, di pepite d’oro. Qui
si comprende veramente la nostalgia e tutta la
possente poesia che emana dal terreno vergine
di orma europea, e che ha fatto suoi schiavi no¬
bilissimi gli esploratori e gli scopritori. Per biz¬
zarro contrasto, una parete di stucco, solamente,
divide le armi barbare dai tappeti e dagli abbi¬
gliamenti raffinatissimi dell’epoca nostra. In dis¬
parte, semplice, austera, quasi sdegnosa, sta la
piccola insegna che sorregge le tavole statistiche.
Il Congo Belga d’oggi è il medioevo europeo
con le sue ferocie e le sue nobiltà cavallere¬
sche, le sue superstizioni, la sua sete di avven¬
ture, la sua arte infantile, i suoi innumerevoli
conventi e i suoi castelli merlati e infine la sua
feudale costituzione politica. Condizione del resto
del tutto simile a quella che, sotto la nominale
sovranità turca si verifica sull’altipiano yemeni-
tico, nell’Arabia, abitata da popoli che sono i
cugini germani di quella pura stirpe di abissini
denominata Amhara, le fattezze, il colore e il
grado di civiltà dei quali non hanno il più lon¬
tano punto di contatto con quelle dei negri pro¬
priamente detti.
Giugno,
1911 .
Nino n’ Urio.
50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marche sini
T 9 T I
LE ESPOSIZIONI DEL
229
T O R I N O. N E L L A S E Z I O N E I N G I. E S E I) E L I. E M A C C II I N E.
La galleria delle automobili.
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Un PARTICOLARE DELLA GALLERIA (fot. Treycs).
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L E E S P O S I 21 O N I DEL
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LE ESPOSIZIONI DEL 1911
23 1
T O R I N O. N E L P A I) I G L I () N E
D E L L' t T N G 11 E R I A.
Gli in t k r n 1 (fot. Tavis).
Il Padiglione Ungherese è bellissimo, indubbiamente il più originale.
Entrando ci si trova in forte penombra piena di colore interrotta da tenui e con¬
tinui luccichii che si diffondono tutt’intorno dalle pareti e dalle decorazioni.
È una strana sensazione d’irreale che si riceve al primo momento.
In una piccola sala, in l'accia un candido gruppo statuario, sembra ancora più bianco
contro la parete scura, e ai suoi due lati, da due sale che sono due deliziose fontane,
partono dei tenui mormorii di acque.
E tanto suggestivo e raccolto questo ambiente che invita a guardare e ad osservare
Con calma. E l’Esposizione è ricca di prodotti d’ogni specie, disposti con armonia nelle
sale c in quei caratteristici ambienti a vòlte che formano come un lungo porticato.
Dai mobili strani e massicci si passa alle ceramiche che sono meravigliose, sparse con
profusione in tutti gli angoli, su tutte le mensole, dai costumi alle riproduzioni graziose,
ai gioielli, ai prodotti metallurgici, via via, fino ai prodotti agricoli che sono racchiusj
in un altro apposito Padiglione.
232
LE ESPOSIZIONI DEL 191 t
R O M A. A L V E S P O S I Z I O N E I) I
B E L L E A R T I.
O N O K A T O C A R L A N D I. - ALBA NOVA,
Continuiamo con la riproduzione delle opere d’arte italiane più ammirate all’Espo¬
sizione Interna ionalc Artistica a Valle Giulia. I pittori, di cui diamo i quadri in queste
pagine, non hanno bisogno di presentazione: Onoralo Cariatidi, è da anni notissimo
specialmente per i suoi bellissimi acquerelli della Campagna romana, che ebbero suc¬
cesso grandissimo anche all’estero, e specialmente a Londra ove il pittore romano visse
per molti anni. Giuseppe Carossi, lombardo, è un amatore della montagna, un sapien¬
tissimo interprete della gioia e della malinconia, delle aurore e dei tramonti sulle Alpi.
La fine di un giorno e Mattino d'ottobre che si vedono qui riprodotte sono mirabile
Ulisse Capu t o.
II. BALLETTO.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
233
R O M A. A I. 1/ E S P O S I Z I () N E
I) I B E L L E A R T I.
Giuseppe Carozzi. - La pine di un giorno.
saggio del suo sentimento profondo e della sua tecnica audace e personale. Ulisse Ca¬
puto, è un giovine pittore italiano, residente a Parigi, come il Baldini, il Cappiello ed
altri; in pochi anni egli ha conquistato bella fama. Vivendo a Parigi egli ha assor¬
bito l’eleganza dell’ambiente c predilige le scene eleganti, di un pariginismo raffinato,
e specialmente il teatro. L’anno scorso espose a Venezia II proscenio ; // balli Ilo, che
è qui riprodotto figura con molto onore a Valle Giulia. Nei prossimi numeri andremo
pubblicando altri quadri e altre statue, perche i lettori abbiano un quadro abbastanza
completo dell'arte contemporanea a Roma.
Giuseppe Carozzi.
Mattino d’ ottobre.
LE ESF OS I Z I ON I DEL 1911
LA MOSTRA DELL’URUGUAY.
L’Uruguay occupa con la sua mostra quasi
tutto un padiglione che sorge sulla riva destra
del Lo, tra quelli del Brasile e della Repubblica
Argentina. 11 padiglione, costruito nello stile co¬
mune alla maggior parte degli edifici dell’Espo¬
sizione, si compone di un corpo di fabbrica ('en¬
trale, sormontato da una cupola ramata, segnato
ai quattro canti da quattro pinnacoli imbandie¬
rati; dal corpo centrale si dipartono due ali, che
si spiegano lungo la riva dei fiume e terminano
con due padiglioni minori, sormontati da cupo-
lette, ugualmente ramate. Questi due corpi ter¬
minali sono destinati alle mostre del Perù e del
Venezuela, mentre il corpo centrale e le due ali
contengono la mostra dell’Uruguay.
Attraverso i due piani e le varie sale di que¬
sta sezione mi ha guidato il signor Luis Scar-
zolo Travieso, segretario al ministero della pub¬
blica istruzione dell’Uruguay e commissario ge¬
nerale del suo paese alla nostra Esposizione. E,
in piacevole conversazione, egli mi ha fornito
interessanti notizie sulla Repubblica che stende
il suo territorio tra l’Argentina e il Brasile, sulla
riva sinistra del Rio della Piata e sulle due rive
del Rio Negro, e mi ha illustrato il carattere e
gli intenti della mostra. La quale è varia di
prodotti disparati; ma subito alla prima osser¬
vazione, si manifesta specialmente importante
per i prodotti dell’agricoltura c dell’allevamento
del bestiame. Oltre a questi, principali, ma che
l’Uruguay ha comuni con mostre di altri paesi,
un argomento particolare e spiccatissimo d’inte¬
resse esso ci offre: i documenti dello sviluppo,
davvero eccezionale, dell’istruzione pubblica.
— L’Uruguay — m’informa il signor Scarzolo
Travieso — è uno dei paesi più belli e più sa¬
lubri dell’America. Con le sue numerose catene
di colline, con le sue valli ricche di acque sor¬
give, co’suoi grandi fiumi, il paese presenta un
mirabile aspetto panoramico; c subito al viag¬
giatore rivela, con le sue foreste e con i suoi
campi la fecondità del suo suolo pingue. Dopo
avere formato, insieme con l’Argentina, il vice-
reame spaglinolo del Rio della Piata, resosi
indipendente e costituitosi in Repubblica nella
prima metà del secolo XIX, l’Uruguay è oggi,
dopo cento anni di vita, una piccola nazione se
si considera la superficie del suo territorio e il
numero de’ suoi abitanti ; ma esso si può dire,
e, credo, per parte nostra, senza presunzione,
una grande nazione, se con piti retto criterio, si
considera che i suoi 187,000 chilometri quadrati
di superficie sono tutti coltivabili e che i suoi
abitanti, un milione c centomila, formano un
popolo attivissimo e industriosissimo: se, sopra¬
tutto si considera che lo sfruttamento della terra
e l’esercizio delle industrie possono essere svi¬
luppati incalcolabilmente. Montevideo, la nostra
capitale, è la dimostrazione potente della forza
di sviluppo del paese. Nel 1727, fondata da un
missionario gesuita, essa era composta di due
case e di quaranta capanne; verso la fine del
secolo XVIII le case erano quasi seicento; poi
la città andò sempre ampliandosi, finché nei di-
ciassett’anni tra il 1872 c il 1889 ebbe un pe¬
riodo di rifiorimento meraviglioso, paragonabile
solo a quello delle maggiori città dell’America
del Nord, durante il quale le costruzioni au¬
mentarono del 253 "/,,: nel 1901 il numero delle
case era di .17,106: oggi esse superano le 26 mila;
e gli abitanti sommano a 400 mila, di cui qua¬
rantamila italiani.
— Lasciamo, se permette, la città, di cui que¬
ste fotografie, qui esposte, illustrano così mae¬
stosi i palazzi e così fervide di vita le vie e il
porto: e mi dica qualche cosa della campagna.
Questi documenti sotto forma di diagrammi e
di cartogrammi, di erbari, di campionari di pro¬
dotti, di pubblicazioni statistiche attestano che
l’agricoltura è in doride condizioni.
— A questo proposito le riferisco un giudizio
del direttore dell’Istituto di Agronomia eli Mon¬
tevideo, il dottor Backaus. L’Istituto compare
qui nella Mostra con queste analisi chimiche
delle varie qualità di terre uruguayane.
E la mia guida mi conduce ad una vetrina
ove sono disposte, su dei cartoni, delle fialette,
contenenti ciascuna un campione di terra: e ac¬
canto sono i risultati delle analisi.
— Ella comprende l’importanza pratica, per
l'esercizio razionale dell’agricoltura, di queste
ricerche di gabinetto. E questo anche le rivela uno
dei caratteri dell’attività che tende a svilupparsi
secondo le norme suggerite dalla scienza: è ban¬
dito da noi, per quanto è possibile, l’empirismo,
anche in quelle industrie in cui generalmente
esso prevale in altri paesi. Ciò in conseguenza
della diffusione della cultura, dell’influsso eser¬
citato in ogni classe sociale dalle numerosissime
scuole di cui le parlerò più avanti. Dunque, il
dottor Backaus ha scritto: “Le diverse analisi
ci attestano grande varietà di terreni nell'Uru¬
guay.... Ma, in tesi generale, il suolo dell’Uruguay,
paragonato a quello dell’Europa o dell’America
del Nord, rivela una grande ricchezza. K la ve¬
getazione che stabilisce in modo definitivo la
fertilità del suolo. Ora, nell’Uruguay la flora è
esuberante. Le piante vi si sviluppano in modo
ammirabile. Se si paragonano i nostri alberi a
quelli della stessa specie che crescono in Europa,
si può dire che i nostri crescono due o tre volte
piti in fretta. Quanto alla configurazione geo¬
grafica, non si può paragonare il suolo dell’Uru¬
guay nè alle pianure di Milano e di Valenza, nè
ai fertili terreni della Normandia e dei Paesi
Bassi, nè agli tshernismien del sud della Russia
o ai Boer di Magdeburgo; questo suolo somiglia
piuttosto ai terreni montagnosi dell’Inghilterra e
alle campagne ben coltivate dello Schleswig-
Holstein, quantunque in verità, la vegetazione
sia inferiore.... La terra uruguayana riceve il
doppio di calore e di pioggia delle terre d’Eu¬
ropa e dell’America del Nord ; e ne viene di
conseguenza che lo stesso lavoro rende qui un
orodotto quasi doppio rispetto agli altri paesi „.
E doveroso però tenere conto che questa ric¬
chezza del suolo, nel corso degli anni, in certe
regioni troppo coltivate dell’Uruguay è ridon¬
data a danno dell’agricoltura stessa : fondandosi
su di essa e troppo illudendosi, i coltivatori
trascurarono di preparare e concimare conve¬
nientemente il terreno : così che questo andò
impoverendosi, fino al punto da diventare meno
produttivo di altri terreni, in condizioni origi¬
narie inferiori, ma convenientemente trattati e
rinnovati. Ora l’opera delle scuole va, come le
ho detto, illuminando i coltivatori, e li disin¬
ganna dal credere che l’agricoltura, sia pur nel¬
l’Uruguay, possa essere esercitata senza saggi
criteri, senz’altra preoccupazione che di sfruttare
il suolo, non rendendo ad esso nulla di ciò che
i raccolti gli hanno sottratto. 11 suolo dell’Uru¬
guay è produttivo più di altri, solo, evidente¬
mente, a patto che non lo si tratti diversamente
dagli altri. Ora, sotto questo dell’agricoltura,
come sotto molti altri aspetti, l’Uruguay attra¬
versa un periodo di febbrile trasformazione, di
cui fa fede, in gran parte, questa mostra : si
supporrebbe clic i suoi abitanti, arrestatisi per
qualche tempo nello sviluppo industriale e com¬
merciale, considerino ora eh’essi devono rigua¬
dagnare il tempo perduto, e accelerino impetuo¬
samente il loro cammino.
—- Veggo qui, pelli, lane, carni salate, carni
conservate, estratti di carne : l’Uruguay ha evi¬
dentemente una ricca produzione di bestiame.
— L’industria e l’allevamento del bestiame è
la principale fonte di ricchezza nazionale. La
nostra produzione, in rapporto al numero degli
abitanti, supera quella di tutti i paesi del mondo;
i risultati dell’ultimo censimento agricolo pub¬
blicati dalla Repubblica Argentina lo dimostrano
chiaramente: per ogni dieci abitanti l’Uruguay
ha 64 capi di bestiame, mentre l'Argentina ne
ha 04, e l’Australia 35 , la Danimarca e gli Stati
Uniti 8, la Svizzera, la Francia, la Germania e
l’Austria 4, l'Inghilterra, il Belgio, la Russia 3,
l’Italia e la Spagna 2, il Portogallo 1.... Il numero
totale dei nostri animali, la loro fecondità, la
loro mortalità quasi insignificante, sono tutti fat¬
tori di primo ordine nello sviluppo sempre più
vasto dei nostri allevamenti; ma impongono an¬
che, come regola generale, un’esportazione in¬
tensa e continua dei prodotti. Quindi ella vede
qui manifesta l’attività di tutte le industrie che
provengono dalla cultura del bestiame, diretta-
mente e indirettamente: l’industria delle carni
conservate e degli estratti di carne; e queste
del cuoio; e queste minori del corno, dell'osso....
Dalla sala centrale del padiglione, passiamo in
una attigua, dedicata alla mostra dell’istruzione
pubblica : al centro s’allinea una duplice fila di
banchi, di diverso modello, da quelli per gli asili
d infanzia a quelli per le scuole secondarie ;
lungo le pareti sono altri mobili da scuola, e
vetrine, entro cui sono raccolti saggi di lavori
eseguiti da alunni di scuole elementari, da alunni
di scuole speciali; poi scadali contenenti i libri
di testo approvati dal Governo.... Al fondo una
grande carta, tutta segnata di bandierine, ci in¬
dica il luogo ed il numero degli istituti scola¬
stici nell’Uruguay. La mia guida, che in questo
campo, nella sua qualità di segretario al Mini¬
stero dell’Istruzione Pubblica, si trova ad avere
una speciale competenza, mi spiega:
— Lo svolgimento dell’istruzione ufficiale e
particolare della Repubblica, dacché fu regolar¬
mente organizzata fino al 1877, dimostra che la
necessità di elevare il livello morale ed intellet¬
tuale del popolo era sentita da tutti gli uomini
di Governo, senza distinzione di partito; ma le
disposizioni che essi dettarono e le riforme che
operarono, mostrano che, in generale, essi man¬
carono della preparazione necessaria per la riso¬
luzione dell'arduo problema scolastico. 11 rinno¬
vatore, si potrebbe dire l'instauratore della scuola
uruguayana fu Giuseppe Pietro Va re la, nella :-e-
conda metà del secolo scorso. Dopo un viaggio
di studio negli Stati Uniti, egli fondò la “ So-
ciedad de Amigos de la Educación Popolar „, il
cui fine è chiaramente significato dal nome ;
tenne conferenze, pubblicò articoli in giornali e
riviste, fondò corsi normali per gli aspiranti al
magistero, raccolse tutto il suo patrimonio di
studio e di esperienza in un’opera fondamentale,
intitolata La educación del pueblo ; quindi fondò
una Enciclopedia de educación, rivista ove erano
accolti, tradotti n ispagnolo, i più notevoli la¬
vori di pedagogisti americani ed europei, ed
espose nel libro De la Legislacióu esco/ar le
cause della crisi economica e politica che in
quel tempo soffriva l’Uruguay, e, cercando ri¬
medi al male, propose, primo rimedio, la diffu¬
sione dell’istruzione popolare. Da quando, nel 3877,
il Governo accolse e diede forza di legge al
progetto che il Varela aveva posto come appen¬
dice a questo suo volume, s'iniziò il cambio ra¬
dicale dei sistemi, metodi e procedimenti nel-
1' insegnamento : 1’ accentramento governativo
produsse la desiderata uniformità; e coll’inge¬
renza del popolo nell’amministrazione scolastica,
mentre il magistero veniva rialzato in dignità
conveniente, mentre i capitali sbilanciati per
l’istruzione venivano profittevolmente impiegati,
mentre le scuole aumentavano di numero e si
affollavano di alunni, sulla tradizione antica trion¬
fava la scienza moderna; e il Paese non tar¬
dava a sentire i più benefici effetti da questo
rinnovamento radicale dell’ istruzione pubblica.
— Vedo che le scuole sono oggi numerose
eccezionalmente nel vostro Paese....
— Per un milione e centomila abitanti noi ab¬
biamo io 58 scuole. E siccome la scuola non ha
valore se gli scolari non ne profittano, eccovi i
saggi di come vengono impartiti e di come sono
ricevuti gli insegnamenti.
E il signor Scarzolo Travieso trae dalle ve¬
trine quaderni di compiti; ma meglio ancora che
queste prove, mi persuadono i lavori manuali,
che trovano posto in vetrine accanto, e che di¬
mostrano la praticità ben intesa dell’insegnamento
primario, il quale qui non appare veramente ri¬
formato secondo concetti non teoreticamente
cattedratici, ma tecnicamente profìcui.
M’avvio verso l’uscita del padiglione. La mia
guida richiama la mia attenzione su di un quadro
di fotografìe :
Guardi : sono caratteristiche, c la possono
interessare da vicino. Sono fotografie di una co¬
lonia totalmente e schiettamente piemontese, che
si è insediata nel dipartimento di Colonia, presso
La Paz, a quattro ore di ferrovia da Montevideo.
I la nome di colonia \ aldese, poiché quasi tutti
i coloni sono oriundi delle valli di Pinerolo.
Questo emigrato, che sorride dal ritratto, certo
Giovan Battista Griot, di San Germano Chiosone,
venne cinquant’anni fa nell’Uruguay, si ammogliò
con quella che gli è accanto, Susanna Roland,
nativa di I orre Pollice, e si stabilì presso La Paz:
attorno a lui si vennero raccogliendo altri emi¬
grati valdesi, che sopraggiunsero; altri ne chiamò
egli stesso dalle sue valli : oggi la colonia
conta 0000 persone, e prospera, ed è delle mi¬
gliori, per moralità e per laboriosità, di tutta
I Uruguay.
Si! Attraverso le sale di queste mostre del-
1 America Latina ogni segno dell’attività più sana
e più industre fiorita sulle rive della Piata e
sulle rive del Rio Negro, dalla Ferra del Fuoco
all’Equatore, ogni sforzo, ogni manifestazione,
ogni vittoria ci parla di un popolo che noi tal¬
volta dimentichiamo, cui troppo poco pensiamo :
del popolo dei nostri contadini e dei nostri ope¬
rai emigrati oltre oceano: stirpe diseredata di
Roma eterna: esercito glorioso che a compiere
1 immensa conquista non volle altre armi che gli
strumenti del lavoro. Mario Bassi,
(Da La Si linfa ).
TORINO. Il Palazzo dell’America Latina (da un acquarello dell’architetto Bongij
to
co
’ji
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
236
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
La Mostra delle Scuole per FAgro Romano a Roma*
Molti anni fa Aleardo Aleardi dedicò una delle
sue poesie sonanti e declamatorie, piene di sen¬
timento e di sentimentalismo, a quel “ paese
guasto „ che giace “ fra le foci del 1 evere e
dell’Arno
La buona gente d’allora fu molto commossa,
e pianse. Una poesia e alcune lacrime. Per mol¬
tissimi anni l’umanità, che è una strozzina sen¬
timentale, non ha avuto altri fondi di benefi¬
cenza per le grandi sofferenze di popolo.
E poi, che popolo....
Una torma strana e raccogliticcia, che scen¬
deva in lunghe teorie dai monti lontani, dai vil¬
laggi pietrosi dell’Appennino, poveri di terra e
di pane e veniva a falciare nelle immense pia¬
nure della Maremma, dell’Agro Romano e delle
paludi Pontine il grano per i signori, e la morte
per sè.
1 superstiti tornavano a casa, battendo i denti
per la terzana. Se qualcuno, lungo la via, si vol¬
geva a guardare la pianura silenziosa, aveva l’il¬
lusione che le lunghe erbe si curvassero lenta¬
mente, sotto il passo insensibile d’un esercito di
fantasmi. Racconta la vecchia storia che una
volta uno straniero domandò ad un contadino:
“ Come si vive laggiù ?... „ — “ Signore, rispose
questi, si muore. „
Le boscaglie basse dei tomboìeti sono tanti
piccoli cimiteri. Qualche volta il morto rimaneva
all’aria aperta, orrendo sotto il cielo squisita¬
mente bello, attestando come Abele, l'infamia
di Caino. La confraternita della Buona Morte
nacque in Roma, per i poveri morti di campa¬
gna, allo scopo di far posto, nella casa dei morti,
a queste vittime dei vivi.
La nuova Italia ha molto studiato su questa
tragica zona di barbarie e di desolazione che
circonda Roma come il lutto della sua gran¬
dezza. Non è qui il caso di discutere l’opera
dello Stato, che è stata molto, o poco utile, o
inutile, secondo i tempi e gli uomini. La incol-
tura del latifondo è stata combattuta, la febbre
è in via d’esser vinta. Rimaneva qualcosa di più
da fare, rimaneva da combattere l’osturità delle
anime.
E allora questa piccola e buona borghesia
brontolona delle grandi città, piena di miserie
e di sogni, di idealità e di appetiti, questa vec¬
chia Roma che si ostina, come quando era grande,
a far la storia senza degnarsi di scriverla, ha
avuto un gesto d'ima bontà squisita e profonda.
Con qualche sussidio del Ministero, con qual¬
che oblazione di privati, con un enorme tesoro
di buona volontà e di fede, s’è creato una vera
“ Missione delle scuole „.
Dapprincipio, quando il maestro scendeva dal
biroccino o dalla bicicletta e si arrestava in¬
nanzi alle capanne rozze e fumose, i volti, che
si affacciavano dalla penombra degli abituri, ave¬
vano una espressione di dura diffidenza.
Che voleva, quel signore?...
1 più vecchi, specialmente, sentivano in sè
una infinità di sordi rancori atavici ridestarsi
confusamente. Pareva che nell’aria stessa, nella
muta desolazione delle cose vi fosse una osti¬
lità repellente e accigliata.
Pian piano, compresero.
1 contadini finirono con l’elevare con le pro¬
prie braccia la capanna-scuola, e con l’adornarla
di fiori: ora, quando giunge il maestro, gli cor¬
rono incontro con fasci di ginestre odorose: i
piccoli volti intenti e pensosi sentono una indi¬
stinta benedizione di cose scendere nelle anime
oscure.
Qualche volta bisognava lottare con ostilità
più intelligenti. Una volta un patrizio fece ab¬
battere la scuola elevata dai contadini, perchè
il padrone era lui.
Questa bestia milionaria non fu sola: qualche
volta, dove c’era una chiesa, il prete faceva quello
che poteva per portar via i clienti alla scuola.
Tuttavia le scuole prosperarono con irreduci¬
bile slancio. Nel 1908 erano 8, con 3 qo alunni, nel¬
l’anno scolastico 1910-11
erano 20 con 988 alunni.
Sotto la guida del pro¬
fessore Marcucci, che è il
direttore di queste scuo¬
le, e con la collabora¬
zione di Giovannini Ce¬
na, dell’onorevole Celli,
di molti altri valorosi, si
è potuto giungere al pun¬
to, non solo di liberare
dall'analfabetismo un for¬
te numero di cittadini,
che la legge dimenticava, cosa che le avviene
spesso, ma di portarne, quest’anno per la prima
volta, 86 all’esame di proscioglimento.
Veramente, occorreva che fra le feste del
cinquantenario, si celebrasse anche questa non
lieve vittoria, che è l’alba di molte altre più
grandi.
Quando fu scoperto il monumento di Vittorio
Emanuele II, nel corteo degli scolari fu veduta,
con grande meraviglia, una comitiva di nuovo
genere. Un gruppo di contadini con le vesti pit¬
toresche del Lazio, procedeva, marcando il passo
con le ciocie , i sandali antichi, e portando, su
due aste che le contadine tenevano inclinate
come le croci d’una processione, un immenso
stendardo di tela grigia. Una maestrina elegante,
che guidava le sue bimbe cittadine, vestite di
tela azzurra e calzate di scarpette fine, senti ve¬
nirsi le lacrime agli occhi.
Salutate!... esclamò. Cento manine inguantate
toccarono l’ala dei berrettini bianchi, e la pro¬
cessione bizzarra sfilò innanzi, col sordo calpe¬
stio delle sue ciocie.
Qualcuno disse: Che cosa curiosa!... Ma la
voce gli tremava in gola.
Queste scuole hanno la loro Mostra, una pic¬
cola Mostra bizzarra che s’inaugurò il 16 giugno.
E sorta, come le scuole, per iniziativa e per
volontà di pochi.
La capanna centrale è opera di Duilio Cam-
belotti. Questo magnifico artista è uno dei po¬
chissimi che intendono le forze originarie del¬
l’arte ornamentale. I.a macera, la doghefta e lo sca¬
piglio, tre elementi della costruzione campestre
laziale, si sono associati in un’armonia sponta¬
nea e rude sotto le sue mani, i tre bucrani veri,
come quelli che biancheggiano al sole sulle terre
morte, hanno creato, con i gioghi, le funi e gli
aratri, un motivo ornamentale d’infinita sugge¬
stione.
NelTinterno della capanna sono alcuni quadri
del Balla, vedute magnifiche e solenni dell’Agro,
e qualche scultura del Cambelotti, rilievi di man¬
drie equine e bovine, in cui la tecnica rapida e
sintetica fonde il moto fulmineo dei cavalli e la
placida andatura dei bovi in un’armonia di linee.
Par d’intendere in essi una potenza uniforme e
vasta, quello strano senso di unicità che fonde
in una monodia le voci disperse della campagna
deserta, e pare le moduli sulle curve dolci e
stanche dell’orizzonte.
Sono esposte anche due figure taurine che la
naturale giacitura stilizza spontaneamente in una
magnifica attitudine di supporto, egregiamente
decorativa.
C'è una piccola Mostra libraria di tutto ciò
che si riferisce all’Agro Romano, una breve Mo¬
stra etnografica, con gli attrezzi bizzarramente
primitivi dei lavoratori, un telaio centenario, una
capanna-scuola ed una scuola-baracca smonta¬
bile, l’ambulanza dello spirito, la Croce Rossa
dell’ intelligenza.
Tuttociò, ripeto, è stato fatto da pochi. I con¬
tadini hanno edificato le capanne, gli artisti
hanno dato l’opera loro e le decorazioni è gli
adattamenti sono stati compiuti da un gruppo
di giovani e volonterose signore e signorine, le
più allieve del Balla o del Cambelotti, la si¬
gnora e la signorina Sinigaglia, la signorina An-
tonielli, la signorina Annie Nathan, la signorina
Se lui oh te, le signore Balla, Cecconi e Cena.
E un piccolo villaggio barbaro e strano, una
specie d'isola selvaggiamente pittoresca. Il cul¬
mine fosco della capanna oltrepassa il muro e
sembra guardar con stupore la lunga via bianca
su cui corrono squillando le vetture elettriche.
E le larghe insegne di tela grigia a lettere
rosso crepitano al vento, come le rozze vele
d’una nave antichissima, evocata per forza di
pensiero e di cuore nella modernità ardente e
tumultuosa.
Luigi Lucatf.li.i.
(Dal Scroto ).
Ecco il testo del discorso inaugurale che
S. E. Luigi Luzzatti pronunziò alla presenza dei
Sovrani :
Sire !
“ Quei benemeriti che hanno ideata la redentrice iniziativa
delle scuole nell’Agio Romano e la svolgono ora con sa¬
piente bontà, vivamente desiderano che il loro nome non
acquisti il rumore della fama, e strana cosa a dirsi di
cosi morbosa e clamorosa pubblicità non si sentirebbero
interamente disinteressati senza la gioia del silenzio e senza
il silenzio della lode!
“ Maestri non chiedenti alcun compenso, che si recavano
a piedi a cercar gli scolari, affrontando i rigori del verno
e le ce 1 dii re dell'estate; moltitudini di intere famiglie di
coloni intente alle lezioni, senza diminuire l’efficacia del
lavoro, sottraendo al sonno il tempo occupato nello stu¬
dio; provvida solidarietà della coltura con l’ignoranza,
di lla ricchezza con la miseria, rappresentata da una sot¬
tile e concorde schiera di pensatori e di agiati, che amo¬
rosamente e tacitamente sorvegliano, insegnano, aiutano,
fra avversari occulti o palesi, i quali conferiscono a sif¬
fatta iniziativa una specie di aureola.... tutti questi bene¬
meriti anonimi si avvicinano davvero ai santi, lieti e in¬
consapevoli dei sacrifici che compiono, dei fastidi che af¬
frontano.
“ Perciò, Maestà, essi Vi ospitano in questa capanna sfa¬
villante di modestia, illuminata dalla luce della bontà.
“ E invero i santi uscirono spesso dai tuguri dei poveri,
talvolta dai palazzi dei re e ilei potenti, mai dalle assem¬
blee politiche!
“ Questi, o Sire, sono i tipi dei promotori dell’opcni
nostra che io Vi ho effigiati, stanno dinanzi a Voi e, non
ostante il divieto di additarli, li scoprirete facilmente per
l’accordo felice della regale intuizione con la loro sem¬
plicità.
“ Otto anni or sono fu iniziata la prima scuola. Erano
lezioni soltanto festive e meglio che lezioni, conversazioni
amorevoli di alcune signore con le madri e con le bam¬
bine delle famiglie nomadi dei contadini, coltivatori del¬
l’Agro Romano. Oggi la tenue vena è divenuta un fiume
benefico: sono venticinque le scui le con mille alunni, i
quali nell’anno scorso, per la pr ina volta, si prepararono
agli esami di proscioglimento. Ottantasei di essi, su no-
vantacinque, furono approvati. Cosi gli eredi di tante ge¬
nerazioni di ignoranti, sitibondi di coltura, si prepara no
a oltrepassare i giovani figli delle famiglie felici.
" E ciò che imparano, ritengono, in conlrapposto ai ri¬
sulta/' meccanici di tante scuole, le quali insegnano a di¬
menti are facilmente quanto si è appreso.
11 Ora non vi può essere spettacolo pili triste di una
mente, la quale si spegne nell’atto che cominciano a ba¬
lenare in essa i primi raggi del vero. Somiglia a un cieco,
a cui una felice operazione ridoni per pochi istanti la
luce perchè poi un eterno velo gli si ridistenda sugli oc¬
chi ; meglio sarebbe clic non avesse mai salutato i gai
colori della creazione!
“ 11 bilancio del sodalizio crebbe col numero delle scuole
e delle lezioni: nel iqro-ri registra ventiquattro mila lin¬
di spesa, alle quali provvedono le spontanee contribuzioni
dei privati, dello Stato, del Comune c della Provincia di
Roma.
“ Per venticinque scuole, con l’aggiunta, a poco a poco
estesa, delle lezioni di cucito, di una più accurata assi¬
stenza sanitaria nei luoghi più infesli dalla malaria, che
si va spegnendo per effetto delle audaci bonifiche, il ca¬
rico è relativamente tenue.
“ Q11 nta economia in queste alleanze libere della cin¬
tura c della bontà con l’ignoranza! L’assenza della buro¬
crazia e l’opera spontanea della benevolenza umana ope¬
rano prodigi anche per la mitezza dei mezzi finanziari.
“ E questa carità fatta alle anime insegna i metodi mi¬
gliori di risparmiare.
“Ora si pensa rd aggiungere ala scuola una modesta
biblioteca circolante e per tal guisa le famiglie dei conta¬
dini avranno anch’esse la compagnia e la ricchezza del sa¬
pere condensato in preziosi volumi. E poiché il bene ge¬
nera il bene e ha anch’esso dei rapidi contagi, 1’ anno
prossimo si apriranno scuole nella palude Pontina; da ven¬
ticinque saliranno a trentacinque e gli alunni da mille a
mille trecento. E io prego i miei amici di studiare la op¬
portunità di modesti spacci di viveri sani.
“ Queste notizie rallegreranno l’anima vostra poiché siete
il Re ili tutti gli ordini di cittadini, dei potenti come dei
derelitti, segnatamente dei derelitti in Voi speranti, ed è
ornai certo che la grandezza di uno Stato si misura in
Principal modo dalla attitudine sua a trasformare le plebi,
oppresse dalla ignoranza e dalla miseria, in cittadinanze
libere, fiorenti e felici. „
Il Diario dello Esposizioni c delle Feslc.
l l giugno. - Roma. In Piazza d’Armi i Sovrani inaugu¬
rano i Padiglioni della Mostra Etnografica delle Mar¬
che, dell’Abruzzo e Molise, della Sardegna e del¬
l’Umbria e Sabina.
18 „ Roma. Nei giardini del Quirinale g arden-partv in
onore dei membri del Congresso degl’italiani all’e¬
stero.
19 „ forense. 11 Re, improvvisamente arrivato da Roma,
visita nuovamente la Mostra del Ritratto,
oo „ Roma. Solenne chiusura del Congresso degl’ Ita¬
liani all’estero, con elevato discorso di Guglielmo
Marconi.
„ „ Torino. Inaugurata la Mostra Fotografica.
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI • Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO AEABRO DELLA GIURIA
mi
L'IMPACCHETTAMENTO DEL TABACCO (disegno di !.. Bompard.)
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LE ESPOSIZIONI DEL i 9 t r
238
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i
IL PADIGLIONE DEL BRASILE
^INAUGURATO A TORINO.^ “ “ ^
La mattina del venerdì, 23 giugno, fu inaugurato so¬
lennemente a Torino il Padiglione degli Stati Uniti del
Brasile.
Assistevano molte notabilità cittadine, una larga rap¬
presentanza consolare, e una grande, varia, elegante folla
di invitati.
La cerimonia fu aperta da un fervoroso discorso pro¬
nunciato dal Commissario generale del governo brasiliano,
onor. Antonio de Padoa Rezende, illustrante il progresso
del Brasile non solo nel campo poiitico e commerciale,
ma anche in quello artistico, inneggiante da ultimo alla
fraternità dei popoli, all’unione simpatica e salda tra l’Italia
e il Brasile.
Rispose il senatore Frola che trovò espressioni di viva
lode e di ringraziamento per l’ospitalità che il Brasile offre
ai nostri operai.
Parlò da ultimo, a nome del Comitato dell’l'.sposizione,
il comm. Bianchi, che si disse orgoglioso di salutare il
Brasile, che con tanto slancio ha partecipato a questo no¬
bile e grande torneo internazionale del lavoro.
Quindi gl’ invitati cominciarono a visitare e ammirare
la bellissima ed interessante Mostra, incontrando, simili a
deliziose oasi, in tutte le sale, fiorite tavole di rinfreschi
«untuosi.
Dal salone riservato alle feste ed ai concerti, d’uno stile
severo — colonnati bianchi, poche decorazioni, ampie ve-
triate — per una vasta terrazza che guarda il fiume si
accede alla prima sala del nucleo architettonico centrale
dell’intera Mostra.
Mormora zampillando nel centro una fontana con i fe¬
nicotteri di un bel rosso fiamma, mentre la luce vi piove
gaia e serena da ampi finestroni decorati a fuoco. A si¬
nistra un affresco simbolico occupa tutta la parete, e torno
torno le bacheche ospitano i saggi minerari d’una ric¬
chezza e varietà notevolissime. La scuola mineraria di
(furo Proto ha raccolto piriti, amianto, cassiteriti, rame;
due enormi blocchi di quarzo attestano la ricchezza del
suolo di Congonhas. Per il ferro pochi saggi, ma scelti,
confortati da una eloquentissima tabella: su n. 65 o chi¬
lometri quadrati si estraggono 5.75o.ooo tonnellate.
La luce nella seconda sala è variamente ingentilita da
pannelli in tela trasparente clic rappresentano scene co¬
loniche. Tutta la sala ò riservata alle industrie manifat¬
turiere: da sinistra in giro le vetrine ospitano stollo, cal¬
zature, vestiari. Ma in fondo, prima di uscire, da un pic¬
colo armadio a vetri l’arte ò degnamente rappresentata
nelle riproduzioni in bronzo della Fundicao indigena del
Farinha Carvalh: vi ha un busto di Don Carlos e una
copia del Perseo di squisitezza impeccabile nella sincerità
della riproduzione. Con questo senso di godimento este¬
tico, ci appare il salone centrale a cupola sestacuta de¬
corata con scene marinaresche, illustrata da un pannello
a vetri rappresentante il raccolto del caffè. Ed ni caffè è
dedicata la sala; l’aromatica bevanda è presentata nelle
vetrine a tavolo ed in vasi di cristallo con una varietà
meravigliosa.
E superfluo far notare l’importanza della Mostra : si rac¬
comanda da sè.
La disposizione della terza sala oltre la centrale è sim¬
metrica all’altra; cambiano le scene coloniche ai pannelli
delle finestre che ospitano invece i bovini al pascolo. Le
vetrine abbondano di pizzi, di scialli, di stoffe, anche di
cordami e di calzature. Con ciò il Brasile vuol dimostrare
di non usufruire soltando delle sue stupende ricchezze
naturali, ma di fondare lo sviluppo del suo commercio
sulle industrie manifatturiere.
L’ultima sala ha nel centrale di destra un affresco ri-
producente tutta la Mostra Brasiliana. La pittura è sin¬
golarmente viva e di buon effetto perchè eseguita col si¬
stema divisionista. Chioccola al centro una fontana simile
a ciucila della prima sala: intorno nelle vetrine altri saggi
di minerale.
Fuori, sulla terrazza clic conduce all’altro importantis¬
simo padiglione, sotto ampi parasoli vien servito il caffè
in tazze.
Dopo l’inaugurazione del Padiglioni- vi fu, poi, alVHóIel
d ‘Europe un sontuoso banchetto offerto dalla Commissione
Generale Brasiliana, ed al finire del quale furono scam¬
biati simpaticissimi brindisi all’amicizia ed ai successo
dei maggiori interessi fra i due paesi.
Dal risveglio torinese al tramonto del torneo romano.
(Nostra corrispondenza.)
23 giugno.
Non vi parlo delle molteplici inaugurazioni av¬
venute questa settimana tanto a Roma quanto
a Torino. Vi ho già detto da un pezzo clic è
continuo, incessante l’inauguramento, e i fatti mi
danno, giorno per giorno, ragione.
Ora, specialmente a Torino, l’esposizioni vanno
prendendo quell’aspetto di vita e di funziona¬
mento produttivo che — specialmente per le
esposizioni industriali — è condizione indispen¬
sabile perchè si possa dire che esse sono real¬
mente. La galleria del lavoro, quella delle mac¬
chine risuonano di quel frastuono tipico che ne
rivela la vita. Gli impianti sono veramente gran¬
diosi ; emerge da ogni parte una imponenza di
costruzioni di installazioni, di opere, rivelanti
a quali vertici di progresso l’ingegno umano ha
saputo spingersi disponendo delle più perfette
c poderose applicazioni moderne della elettricità
e della meccanica.
Quando si viene qui a vedere tutto quanto è
stato possibile raccogliere, impiantare, coordi¬
nare in queste immense gallerie, si capisce che
non sia stato possibile avere tutto pronto a sca¬
denza fissa, come il programma dell’esposizione
avrebbe portato; e come siano stati necessari
quasi ancora due mesi per ottenere una siste¬
mazione riuscita veramente perfetta e gran¬
diosa.
In questo momento in cui tanto si discute in
Italia di nuove statizzazioni — ho notato in
modo particolare la mostra dell’amministrazione
dei Tabacchi, presentata con molta efficacia tec¬
nica ed industriale, e con un’appariscenza che
interessa vivamente il pubblico.
Questo aumenta ogni giorno: l’avanzarsi dei-
restate ed il migliorare della stagione, che è
stata sin qui delle più perfide, rende popolate
le gallerie, i padiglioni, i viali ; e la grande espo¬
sizione internazionale di Torino comincia a rac¬
cogliere meritatamente i frutti di una prepara¬
zione così assidua, così volonterosa e così sa¬
piente.
Vi ho già detto della iettatura toccata a tutti
i grandi spettacoli preparati per lo Stadio di
Roma, compreso il grande Torneo storico.
Ma le vicende oramai romanzesche di tale tor¬
neo ebbero uno strascico divertente che merita
di essere narrato.
La notte del 17 giugno, improvvisamente, dopo
aver provato e riprovato, dopo aver tutto di
sposto per le prove generali che dovevano aver
luogo rindomani alle 6, il comitato del Torneo
storico decise di rimandare il grandioso spetta¬
colo al prossimo ottobre.
1 giornali del mattino annunciarono la cosa, ma
ciò nonostante moltissimi torneanti, circa 400,
si recarono alle 6 allo Stadium nazionale.
La disillusione riuscì impressionante.
Una rivenditrice di giornali aveva avuto l’oc¬
casione di portare laggiù un centinaio di copie
di giornali del mattino piantando la sua bot¬
tega ambulante proprio sulla porta dello Sta¬
dium presso le alte monumentali colonne sor¬
montate dalle alate vittorie, gridando a squar¬
ciagola: “ Il Torneo storico rimandato,,.
Questo il primo annuncio dato agli interessati.
L’avviso ufficiale tardò molto ad arrivare per
motivi che si comprendono. Alle 6 , 3 o si trova¬
vano nello Stadium quasi 400 torneanti, quelli
che avrebbero dovuto montare a cavallo.
Noto il rinvio, la notizia produsse subito un
certo fermento.
Cosa fare?
.1 prodi cavalieri si erano alzati così di buo¬
n’ora ed avevano fatto la non brevissima pas¬
seggiata e tutto ciò per il bel gusto di sentirsi
dire che il torneo ci sarà indubbiamente.... ma
in ottobre!
— Giacché non si può fare il torneo, faccia¬
mo una passeggiata di protesta.
Una piccola colletta a un soldo a testa fruttò
in un momento la non cospicua somma di L. 4,85,
ma più che sufficiente per persuadere tutti i ra¬
gazzi portanti trombe o tamburi di volere ince¬
dere alla testa del semigrandioso corteo.
•Così si ebbe un corteo di protesta per il man¬
cato torneo. Lo aprivano tre cavalieri; segui¬
vano i bravi tamburini emettendo suoni confusi,
arrabbiati, persistenti, in mezzo ai quali di tanto
in tanto galleggiavano le note ben conosciute
di inni popolari, non escluso, si intende, quelli
dei lavoratori e di Garibaldi, poiché i torneanti
a forza di prove e di rinvìi avevano costituito
in questi giorni una vera e propria particolare
classe di strani lavoratori. Dopo i musicisti ve¬
niva la rumorosa folla degli scioperanti per
forza.
11 corteo procedette ordinato per tutta via Fla¬
minia; si fermò un momento in Piazza del Po¬
polo, poi infilò vittoriosamente il Corso. I tor¬
neanti poterono proseguire indisturbati attra¬
verso Piazza Colonna, poi si fermarono sotto
il palazzo Bonaccorsi, dove emisero una salva
di sonori e solenni fischi, una sequela di squilli
stonati, un chiasso diabolico. Qualcuno ebbe
l’idea di strappare la targa che indicava la sede
del Comitato del torneo storico, e quindi, qual
novo trofeo di guerra issata su di un bastone,
la targa venne portata nel cortile del palazzo
Sciarra, e consegnata ad alcuni giornalisti in
segno di protesta.
Intanto la folla dei torneanti sostava in via
Marco Minghetti innanzi all’agenzia dei viaggi
della società pel movimento forestieri. Un car¬
tellone del torneo venne ridotto in pezzi da
cento mani che vollero compiere un’opera di
vendetta.
E fu rotta pure una lastra di vetro.
11 chiasso cominciava a divenire assordante,
e già dalla vicina questura giungeva un drap¬
pello di guardie e di carabinieri. Bisognava cal¬
mare le giuste ire dei novelli cavalieri di cappa
c spada, e l’incarico lo prese sulle spalle quadre
il comm. Avellone procuratore generale della
Corte d’Assise, che dopo aver ottenuto un po’
di silenzio, avendo constatato che i torneanti
avevano ragione di protestare, li invitò alla
calma e soggiunse:
— E adesso bisognerebbe pensare anche alla
lastra rotta.
— Ci sono le 4,85 dei trombettieri — gli fu
risposto. E così finalmente, come Dio volle, si
decise che, rinunziando trombettieri e tambu¬
rini a una qualsiasi mancia, i soldi raccolti
nella colletta sul campo di battaglia dello Stadio
sarebbero stati offerti al legittimo proprietario
del vetro andato in pezzi.
Compiuto quest’ ultimo atto di giustizia il cor¬
teo si sciolse; e i torneanti si rivedranno in ot¬
tobre — se il torneo si farà ancora!...
Giurino.
L E E S P O S I Z I O N I D EL 1911
239
T O R I N o. aspe: t T I
C A R A T T E R I S T I C I
I) E L i; E S P () S I Z I O N E.
L’ Esposizione al Pilonetto, veduta dal tunnel del Ponte Isabella.
Nel Parco dei divertimenti. - L 5 8 volante sul tipo delle montagne russe (fot. -pomari).
240
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
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VITTORIO EMANUELE II
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dello stesso autore, clic divennero celebri. L’importanza del nuovo volume si rileva
dal titolo dei nove grandi capitoli in cui è diviso:
Capitolo I.
L’amore e la morte
nell'opera di Maurizio Barrès.
Capitolo II.
Leggendo Balza c.
Capitolo III.
I tipi femminili
nell'opera di Gabriele d’Annunzio.
I . Le voluttuose.
II . Le dolorose,
in. La Maddalena.
iv. L'attrice.
v. La vergine.
vi. Nel regno della
follia.
vu. L’amore sororale,
vm. Glie cosa è l’a-
tnore.
Capitolo IV.
La Nave.
Capitolo V.
Gabriele d’Annunzio e la folla.
Capitolo VI.
La tristezza contemporanea.
Capitolo VII.
L’ elogio della malattia.
Capitolo Vili.
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FASCICOLO 16.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
241
R C) M A. L A M O S T R A A R C H E C) L () G I C A A I. L E T E R M E I) I O C I. E Z I A N E.
Un RAFFRONTO FRA LA DONNA ANTICA e LA DONNA MODERNA (impressione dal vero di A. Molinari).
242
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
ROMA. Il Congresso Femminile (fot. Abenìacar).
I CONGRESSI DI R O/A A
IL CONGRESSO DEGLI ITALIANI
Inaugurato nella gloriosa sala capitolina deg
( )razi e Curiati, alla presenza dei Sovrani, dell
alte cariche dello Stato e di una lolla di cor
grossisti e di invitati, il secondo congresso dt
gl Italiani all’estero svoltosi^ a Roma^ nella se
conda decade di giugno, assunse una importanz
singolare, oltre che per le numerose importuni
questioni trattatevi, per l’adesione di tanti nc
stri connazionali residenti abitualmente fuori d’1
talia —- primo tra tutti Guglielmo Marconi -
adunatisi nella città eterna come a riconsacrar
nel Cinquantenario il loro sentimento e la lor
idealità di patria.
Il primo congresso degli Italiani all’estero, tc
mitosi pure a Roma nell’ottobre del 1508 sott
la presidenza del senatore De Martino, attua
mente governatore della Somalia italiana, ser\
quasi eli preparazione al congresso chiusosi c
questi giorni, in cui furono meglio concretat
alcune proposte presentate nel precedente coi
veglio.
Il strano che 1 Italia, di Ironte al fenomen
dell’emigrazione che da vari anni va prendenti
proporzioni sempre più grandiose, si sia accori
soltanto da poco tempo dell’opportunità di sti
diare e discutere pubblicamente, in solenni in
portanti assisi, 1 problemi che si attengono all
vita dei nostri connazionali all’estero.
Sono un milione i nostri lavoratori che ogi
anno partono e tornano dalla patria, solcami
t; risolcando l’oceano. Sono ormai circa sei m
boni di italiani che vivono Cuori d’Italia, in U
lune li a le nostie pili popolose città; quasi se
centomila italiani a New Vork, quattrocentomil
a Buenos Aires, più di centomila a Filadelfi,
cinquantamila a San brancisco. Per ritrovare u
cosi enorme movimento di uomini, bisogna risi
lire col pensiero alle grandi immigrazioni che ;
compirono dal terzo al nono secolo nell’occ
dente di Europa.
Che cosa abbiamo operato finora, cosa dol
biamo operare nell’avvenire perchè i lavoratoi
nostri che emigrano, perchè queste nuove forz
siano usate per la maggiore prosperità nazie
naie . (Queste due domande poneva a sé, ponev
all’imponente uditorio raccolto nella grande aul
del Campidoglio, fon. Guido Fusinato, president
dell’Istituto Coloniale Italiano, nel suo splendidi
discorso inaugurale del congresso, cosi denso d
pensiero e così vibrante di patriottismo.
Finora fu fatto assai poco e in modo frani
mentano e inorganico a favore dei nostri emi
giati, veri artefici oscilli di una seconda Italia
molto resta quindi da fare per risolvere gli sva¬
riati problemi che interessano l’esistenza di centri
operosi e fiorenti di italianità nel mondo e pri¬
mardi tutto per conservare e rinvigorire nelle
nostre collettività il sentimento della coscienza
nazionale.
Certamente i congressi, nei quali i fiori della
1 eterica amano spesso intrecciarsi leggiadra¬
mente con quelli profusi nelle ricche imbandi¬
gioni inaffiate di champagne, non possono aver
la pretesa di risolvere in modo sollecito e con¬
creto tutte le questioni che vi vengono trattate.
E neppure questo secondo congresso degli Ita¬
liani all estero, il quale, come abbiamo detto,
avrebbe dovuto contribuire al complemento e ai
coronamento di quello tenutosi tre anni fa, non
ha risolto e non poteva del resto risolvere tutte
le questioni durevolmente e definitivamente: ha
additato le soluzioni pili prossime al senno e al
patriottismo delle assemblee legislative e all'a¬
zione integratrice del governo.
ii C ongresso, nelle diverse sezioni in cui era
composto, trattò degli accordi internazionali per
la tutela degli emigrati italiani, dell’assistenza
degli operai italiani all estero, dei rapporti degli
italiani con la vita pubblica dei paesi di loro
residenza e del grave e delicato problema della
cittadinanza; discusse intorno ai mezzi migliori
per aiutare, mediante istituzioni di credito, le
imprese italiane e dell’ opportunità di creare
nelle nostre colonie istituti di credito speciali,
in modo che l’incremento economico sempre cre¬
scente si diffonda in correnti di ricchezze rin¬
novatrici all'estero.
Una vivace discussione si svolse prima nelle
Sezioni e poi nell assemblea plenaria a propo¬
sito dell ordinamento delle rappresentanze di¬
plomatiche e consolari per il migliore esercizio
delle loro funzioni di tutela: il personale delle
nostre rappresentanze fu giudicato numerica-
mente insufficiente e non sempre adatto ai nuo¬
vissimi uffici imposti dalle nostre numerose e
vaste colonie. Uno dei critici più violenti del-
1 ordinamento consolare fu.... un giovane con¬
so e, il quale, a congresso finito, si ebbe una
solenne reprimenda dal ministro degli esteri ono¬
revole Di San Giuliano. 11 quale, con molto ama¬
li 1 pai ole, porse il saluto ai congressisti, nella
cerimonia inaugurale, con molto cordiale espan¬
sa ita assistette ai convegni conviviali, con molto
gai baia signorilità accolse gli ospiti in un son¬
tuoso ricevimento alla Consulta, ma fu tuttavia
fatto segno da taluni congressisti ad aspre ram-
ALL’ ESTERO.
pogne per la sua politica giudicata troppo quie¬
tista e remissiva.
La nota bellicosa contro la politica dell'ono-
revole Di San Giuliano fu portata al congresso
dal gruppo dei giovani nazionalisti capeggiato da
Giulio De Frenzi, il terribile arciere che ridusse
il nostro ministro degli esteri in condizioni peg¬
giori del San Sebastiano dopo il “mistero,, di
Gabriele d’Annunzio.
1 nazionalisti non perdonano al marchese Di
San Giuliano la sua politica prudenziale spe¬
cialmente nei riguardi della Tripolitania che essi
giudicano un magnifico campo d’espansione o
quanto meno di conquista morale. Ma obiet¬
tano taluni che il giudizio dei nazionalisti deve
essere accettato con qualche riserva, che il loro
osservatorio dal quale puntano i telescopi e le
loro fortezze dalle quali puntano i cannoni sono
rappresentati dalle quattro pareti della: “ terza
saletta,, di Aragno, sacra alle disquisizioni let-
t e r a r i o - fi I o s o fi c 0 - s o c i a 1 i più che alla trattazione di
problemi di politica coloniale e di tattica mili¬
tare. Come parecchi dei nostri nazionalisti —
fi a i quali sonvi giovani di fervido ingegno e
di saldo cuore — vorrebbero liberarsi delia za-
vona di qualche romanzo o di qualche com¬
media o libro di versi per guadagnarsi, senza
diffidenze, la riputazione di gente pratica che
Può discutere con autorità di questioni che in¬
teressano la nostra vita nazionale!...
Mentre uno di questi ardenti nazionalisti par-
lava nel congresso, inneggiando con parola alata
a l idea di patria, sfiorando poi in rapida sintesi
alcune questioni pur vive ed urgenti, sentii mor-
moiaie la solita frase: — Letterati della poli¬
tica! —
La fiase era uscita da un gruppo di italiani
all estero. Badate: per essere un italiano al-
I estero, specialmente nei congressi, non occorre
sempre essere usciti dai confini della patria. Ba¬
sta per taluni pagare la tassa d’iscrizione alla
sede dell Istituto Coloniale Italiano, provvedersi
delle tessere necessarie, inalberare un cilindro
e indossare la redingote occultando così la con¬
sueta fisionomia e i connotati normali. Può di¬
ventare così un “ italiano all’estero „ il più au¬
tentico romano de Roma, mai uscito in vita sua
da Porta del Popolo.
Morale: Immunizzatevi contro le audaci intem¬
peranze di certi nazionalisti, ma diffidate anche
dalla competenza di certi “ italiani all’estero
Giovanni Biàdene.
LE ESPOSIZIONI DEL 19 i r
R O AI A. A L C O N G R ESSO
D E G L I I T A I. I A N I A L L’ E S T E R O.
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0 n 4 1£fcr? O.tp. ty - M : m </ !
VesUmte del
alvini
243
(Schizzi di G. Biàdni,-.)
Il Ponte Monumentale presso il Padiglione della Musica, una delle passeggiate favorite (tot. Pomari).
Ritrovi preferiti all’esposizione di Torino.
A zonzo per 1’Esposizione.
Preludio Crapottiano.
Vai all’ Esposizione oggi ?
— Si, nel pomeriggio.
— Verrò aneli’io. ì)ove ci troveremo?
Nel “ Viale dei Sospiri „ oppure nell’ “ Un¬
gheria „ o nel “Padiglione dell’Arte Musicale,,.
Parecchi di questi dialoghetti di puro stile cra¬
pottiano, scambiati qualche diecina di volte fra
amici rispettosi degli appuntamenti — così rari
fra la gente di nostra razza! — bastano a po¬
polare di un pubblico speciale le località pre¬
scelte, ed a circondarle della riputazione e della
fama di “ritrovi preferiti,,.
Non è facile ricercare e precisare le cause
concorrenti a determinare queste particolari pre¬
dilezioni di un pubblico per una data località,
massime se si tratta di un pubblico raccogli¬
ticcio quale è quello di una Ksposizione.
In una città queste predilezioni hanno un’ori¬
gine storica o topografica; in una Esposizione
no, perchè essa ha la vita effimera di pochi mesi
e quindi non ha storia, e la topografia della lo¬
calità, dato lo spazio non molto esteso ove una
Esposizione si adagia, non ha una grande im¬
portanza.
Le cause della predilezione sono le più strane.
Basta la vicinanza ad un caffè o un ristorante,
bastano alcune panche all’aperto, lasciate all’uso
gratuito, poste davanti o di fianco al ristorante
cosi da potervisi sedere per fare quattro chiac¬
chiere economiche avendo l’aria di essere nel
novero di coloro che spendono lautamente; ba¬
sta la consuetudinaria apparizione sul luogo di
qualche persona celebre, per le donne occorre un
poeta, per gli uomini un diplomatico od un uomo
politico, in mancanza di un aviatore, di un po¬
dista, o di un corridore in voga; bastano alcuni
alberi che proiettino un po’ d’ombra, su qualche
sedile durante le ore calde del giorno; basta la
vista di un po' di verde, di un po’ d'acqua che
zampilli entro una qualunque vaschetta per dare
ad una data località il battesimo e le funzioni
di “ritrovo preferito,,.
Il Viale dei Sospiri.
Ebbene, vi è una località nell’Esposizione di
Torino ove tutti questi coefficienti concorrono
dandosi maravigliosamente la mano per crearne
un ritrovo preferito anche da chi non abbia la
levatura intellettuale ed il gusto artistico di Mas-
sinclli e Crapotti il cui dialogo mi ha dato lo
spunto per queste considerazioni che voi vor¬
rete, ve ne prego, ritenere profonde.
Questa località — preparatevi, o signori, a so¬
spirare — è il “Viale dei Sospiri,,. Un nome
che è un poema d’amore o meglio, la sintesi di
migliaia di poemi, inni, ballate, romanzi, roman¬
zetti c poemetti tutti d’amore, molti dei quali
finiti, ahimè! — alla.... Maternità! — Vicende
attinge^acqua per la fabbricazione del caffè (fot. Pomari).
LE ESPOSIZIONI PEL tqtt
24.S
Un pomeriggio nei viali ombrosi dell’Esposizione a<>t. tivmm.
delle cose umane e massime di quelle amorose!
IL rchè la funzione sociale di questo viale, da
oltre mezzo secolo, dalla creazione del giardino
del Valentino in poi, fu quella di far da Galeotto
dando ombre discrete nelle ore serotino agli
amori degli studenti — nessun corso escluso —
con le sartine e cucitrici tanto in bianco che in
nero, affidate alle cure ed alla illuminata prote¬
zione dell’Ateneo torinese, come si è visto in
occasione dell’ultimo sciopero delle sartine.
L’ampio viale, sito nel bel mezzo del Valen¬
tino, fiancheggiato da due file di secolari ippo¬
castani, si stende su di un elevato altipiano pa¬
rallelamente alla sponda destra del Po, di fronte
al maestoso panorama della collina, rigogliosa
di verde.
Lungo i lati ed attorno gli si pavoneggia
quanto ha di più bello l’Esposizione ; da un lato,
il bell’edifizio del “Salone dei Concerti „, dall’al¬
tro, verso il fiume, il “ Ponte monumentale „ che
sbocca ad angolo retto sul viale sospiroso, of¬
frendogli nello sfondo il grandioso quadro del
“Castello delle Acque,,, prospettato sul verde
della collina che gli fa da spalliera; pure a si¬
nistra l’elegante “ Padiglione della Città di Pa¬
rigi „, il chiosco dei Eratcdli Branca per lo spunto
amaro, il chiosco di Calissano d’Alba per lo
spunto politico ed il “ Restaurant da Rare „ per
la colazione ed il pranzo.
Una lunga fila di sedie, a pagamento, ed al¬
cune panche municipali, gratuite, danno mezzo
ad un pubblico vario e fluttuante di godere con
poca spesa, o gratuitamente, del concertino di
dame \icnnesi native tutte di Torino che suona
nel Restaurant, e di prendere un po’di svago
e di riposo dopo le lunghe e faticose gite at¬
traverso le interminabili gallerie dell'Esposizione.
1 nuovi abitanti del Valentino : spalli* d’Alrica (fot. Pomari>.
Ma oltre a queste sue mansioni innocenti e
di carattere ufficiale il “ Viale dei Sospiri „, fedele
al suo nome e alle sue tradizioni, continua ad
esercitare le sue mansioni birichine a vantag¬
gio delle ragazze da marito desiderose del me¬
desimo e delle madame già provviste di un se¬
condo palmento matrimoniale od aspiranti a
procurarselo.
E qui che nel pomeriggio, dopo la chiusura
delle gallerie, convengono giovanotti e signore
eleganti, quanti hanno un ritrovo da fissare, un
nuovo areoplano da esporre all’ammirazione de¬
gli amici e conoscenti ed all’invidia delle amiche
c delle rivali, un nuovo vestito da sfoggiare
che riveli più dell'altro indossato il giorno pri¬
mo le audacie dei fianchi e le esuberanze, vere
o fìnte, anteriori e posteriori.
Qui infine si danno convegno ogni pomeriggio
e nelle “serate elettriche,, la maldicenza e l’ele¬
ganza del mondo che si diverte, mentre in lunga
fila vetture ed automobili padronali, forti di cen¬
tinaia di cavalli, attendono pronte a trasportare
a domicilio con rapidità quasi fulminea questo
mondo di gaudenti, questi sfaccendati dei due
sessi cosi frettolosi d’arrivare pur avendo nulla
da fare.
Nel padiglione dell’Ungheria.
Ma vi è pur della gente che vive fuori della
vita elegante e degli intrighi amorosi e che non
subisce l’influenza del “Viale dei Sospiri „ e tanto
meno quello dei sospiri del viale, e questa gente
cerca rifugio in altri ambienti più riparati,meno
caldi quando fa sole ed al coperto se piove.
Quando il sole scotta e si sente il bisogno di
le ESPOSIZIONI DEL 19 ri
246
L’ INGRESSO PRINCIPALI - ' AL PlLONETTO.
provare almeno l'illusione del fresco, è “ritrovo
preferito,, il padiglione dell’l ’ngheria.
(Ili Ungheresi, gente di spirito, hanno capito
che il segreto del successo d’una Esposizione
internazionale consiste tutto nell’ abbondanza
delle poltrone a disposizione del pubblico e per¬
ciò nel loro padiglione non ne hanno fatto ri¬
sparmio collocandone in ogni angolo. Vi sono
poltrone di ogni genere e di ogni dimensione,
in pelle, in cuoio, in vimini, e sedili in pietra,
in legno ed in porcellana. Si direbbe che l’in¬
dustria principale dell’Ungheria sia quella.... del
sedere.
Attorno a due vasche artistiche poste nel
mezzo di due rotonde, aperte nell’alto, d’onde
piove entro le vasche con curioso stillicidio,
sono collocati grossi dadi di porcellana degni
della lode di un poeta nazionale, il poeta del
sedere.
Ivi è una ressa continua di mamme con bam¬
bini, di vecchie, di signori attempati, di sposini
accalorati desiderosi di un po’ di fresco e di re¬
frigerio da sopra e da sotto, e non ci è caso
che uno solo di quei dadi resti vuoto e disoc¬
cupato un momento. Chi non trova posto a se¬
dere nelle rotonde va a cercarlo altrove e lo
trova di certo. Ciò, a parte le sue speciali at¬
trattive artistiche, costituisce uno degli elementi
principali del successo del bizzarro “ Padiglione
ungherese „.
alla Galleria, in grazie a certi panini.... gravidis¬
simi eletti panini illustrati, del prezzo di una
lira e che basterebbero a sfamare tutta la fa¬
miglia del Conte Ugolino.
Per i contadini, gli amanti provinciali e gli
amatori di una musica purchessia è ritrovo pre¬
ferito la Galleria dell’ “Arte musicale,, o meglio,
la galleria degli strumenti musicali, presso il sa¬
lone dei concerti.
Entrando là dentro par d’entrare nel paradiso
o nell’inferno dei gatti, attiguo a quello dei
cani.
E un ribollimento, un rumore confuso di note
di piano, di gridi di patefono, di canti di gram¬
mofono ed un incrociarsi di sconnessi dialo¬
ghi.... metallici fra tenori, baritoni, bassi e con¬
tralti a spasso intermezzati da qualche cantata
di un qualche tenore celebre che impone il si¬
lenzio ai colleglli richiamando a sè l’attenzione
di tutto il pubblico.
— Io moro, io moro, io moro!! — canta in
un chiosco un tenore invisibile di dentro ad un
grammofono come rivolgendosi a due sposini
che ascoltano estasiati. — Muori e che ti pigli
un accidente! — gli grida un signore seduto lì
d’appresso, disturbato da quel vociare insistente.
— Oh tremenda vendetta tremenda! — Urla
un baritono da un altro chiosco, mentre un au¬
topiano, in un chiosco, passa in rivista tutti i
pezzi martellati nostrani e stranieri suonandoli....
coi piedi.
Sicuro, in questo genere di strumenti suo¬
nati per forza di mantice il merito è tutto dei
piedi, ed il complimento diremo così musicale
alla signorina che suona non può essere che
questo: Signorina, lei ha dei piedi agilissimi.
Lasci che mi feliciti con lei che le stringa un....
piede.
Il pubblico si affolla curiosamente attorno a
queste maraviglie della meccanica, a questi trionfi
del mantice, mentre d’intorno tenori e contralti
gemono e tubano d'amore, schiattano di rabbia
i baritoni, fremono d’odio i bassi, trillano i vio¬
lini c le arpe all’olio, formando fra tutti tale una
disannonia da meritare a questo salone dei con¬
certi il nome più appropriato di salone degli
sconcerti.
Ritrovi professionali.
Vi sono poi i ritrovi speciali determinati da
simpatie professionali o da particolari tendenze.
1 militari giubilati si danno convegno nel padi¬
glione della marina; i setaiuoli nella sezione del-
ì’“ Industria della Seta,,, i fabbricanti di cuoio,
nella sezione dei “ Lavori in cuoio c pelle i fila¬
tori in quella delle “ Industrie tessili „ gli eno¬
logi nel riparto delle macchine agrarie, ove sono
pure molti chioschi per spacci di vino, attorno
ai quali si raccolgono i buongustai e gli ama¬
tori del medesimo.
Pericolo imminente.
Il padiglione della Francia.
Intanto un altro ritrovo preferito si è ora ag¬
giunto ai già indicati e ben più pericoloso, di
ogni altro ritrovo, pei mariti e per i padri; il
padiglione della Francia, inaugurato da tempo
ma aperto al pubblico definitivamente solo da
poco.
Ivi la moda femminina sfoggia in chioschi ele¬
gantissimi tutte le sue attrattive. Sete, pizzi, pel-
liccie, abiti di tutte le foggie, per ogni ambiente
e per ogni stagione, corsetti, biancheria perso¬
nale elegantissima. Quanto può costituire la fe¬
licità di una moglie e la disperazione di un ma¬
rito è raccolto lì e presentato con gusto e garbo
tutto francese.
E lì, attorno a quelle vetrine ed a quei chio¬
schi, una folla di signore incuba desideri di nuovi
vestiti per lunga serie di stagioni. Meglio, molto
meglio, o signori mariti, condurre le vostre mo¬
gli al “ Padiglione dell’ Ungheria „, al " Padi¬
glione dell’ Arte Musicale „, al chiosco delle
incubatrici dei bambini nati prima del tempo, al
Viale dei Sospiri ove quanto meno non sospi¬
rano.... pelliccie di martora. Ma non conducetele
al Padiglione della Francia!!
Marito avvisato è mezzo salvato.
Torino, giugno.
Toga-kasa.
Perchè questo del potersi riposare entro le
gallerie, (piando si è stanchi, rappresenta per
i nostri visitatori di una Esposizione internazio¬
nale uno dei problemi piti inquietanti, non meno
inquietante di un altro problema con cui si trova
alle prese il visitatore dell’Esposizione di 'Fo¬
rino, s a nelle Gallerie che fuori, lungo i viali,
per la deficienza di monumenti all’insigne Ve¬
spasiano d’imperiale memoria.
Avviso al Comitato!
Nel padiglione della Germania.
La Germania, per (pianto in minore abbon¬
danza dell’Ungheria, ha offerto anch’essa alcune
poltrone di vimini ai suoi frequentatori, nella
così detta sala d’onore o sala dell' Imperatore,
sotto il grande cupolone centrale sulla cui base
si legge il motto
“ / r ivere non rsf necesse, navigare necesse est „
che fu il motto glorioso dei Veneziani.
Le poltrone sono collocate di fronte alla sta¬
tua dell'Imperatore camuffato da ammiraglio.
Ma quella sua posa, che vorrebbe essere eroica
e pare invece posa di un primo ballerino che
inizii un ordine di piroette fra i modelli di navi
d'argento collocati attorno, riesce poco simpa¬
tica e pesante, e vi costringe a levarvi per non
disturbarlo in quella sua danza della vanità.
Le poltrone sono sempre vuote e la Ger¬
mania non è mai riuscita a crearsi un “ ritrovo
preferito,, salvo che nella “ Birraria „ sottostante
Uno dei viali preferiti presso l’ Ungheria (fot. Pomari)
LE ESPOSIZIONI DEI
i g r i
2 47
ROMA. ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI BELLE ARTI A VALLE GIULIA.
Erulo E r u l i. - L’alba del 23 ottobre
1867
Gli eroi di Villa Glori.
\ r r u r o T o s 1
Poesia campestre (fut. a. Paoktti)
I
TORINO. ATTRAVERSO I P A D I G L i Q: ) DELLE INDUSTRIE E DEL LAVORO,
Nel Padiglione n ell’Industria dei.le Lane.
Nel Padiglione dell’Industria della Seta.
Una macchina tipografica della Sezione Svizzera d’elettricità.
200
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
La Mostra Retrospettiva della Francia a Torino,
PALI.A SPADA DI NAPOLEONE ■
al diadema della taglioni.
Tre secoli di storia hanno fornito agli ordi¬
natori della Mostra retrospettiva francese pre¬
ziose e curiose memorie iconografiche ed epi¬
stolari: l'ottocento ha loro concesso di rievo¬
care pagine di storia non meno interessanti
pei dotti, ma più vive ed affascinanti pel gran
pubblico. Sono eventi di cui non si è spenta
ancora la risonanza diretta nelle nostre fibre,
figure ancor vive nei nostri occhi o nella no¬
stra memoria.
Una intera sala, la maggiore, è consacrata alle
campagne napoleoniche in Italia. Non più Tele-
ganza agghindata del Rinascimento o quella sot¬
tilmente graziosa del Settecento, non più le ri¬
gide calligrafie gotiche e quelle elegantemente
decorative dii Cinquecento e del Seicento: la
febbre dei nuovi tempi precipitosi sembra tra¬
dursi nella baldanza dei visi, nella libertà fanta¬
siosa delle fogge vestiarie, nella scrittura non¬
curata e frettolosa. Alla semplice curiosità storica
sottentra un palpito involontario quando in calce
a qualche autografo scarabocchiato con furia, si
decifra un nome magico: Napoleone. L’ardore e
il fremito della pugna sembrano vibrare da quelle
figure che paiono slanciarsi dai quadri con pi¬
glio animoso, da quei proclami i cui caratteri
tipografici mal allineati rivelano la fretta della
composizione, da quelle lettere scritte sul tam¬
buro nell’ansia di una lotta o nell’ebbrezza di
una vittoria. Dalle armi, dalle vesti, dai quadri
sembra vaporare l’atmosfera eroica dell’età me¬
ravigliosa.
L’insieme è stato disposto con accorgimento.
Attorno al soffitto corre un fregio di figure ni
grisaillc, dato dal Musèo Carnavalet. Nel centro
o t
della parete maggiore sta un gran quadro di
Monsiau : e la proclamazione della Repubblica
Cisalpina, ai Comizi di Lione del 26 gennaio 1802.
11 pallido corso è proclamato Presidente. Ne ve¬
diamo il magro viso giovanile, animoso e fre¬
mente fra le ciocche dei capelli sconvolti, in un
bel busto del Corbct: lo rivediamo a cavallo,
m ila \ ivacità della redingoti’ purpurea, in un go¬
belin. E nell’altro arazzo che lo fronteggia ve¬
diamo uno degli eroi della gran gesta: Désaix
che cade a Marengo nel fulgore della dura vit¬
toria. 10 tutt’attorno da altri quadri appaiono le
figure dei marescialli: Scherer, Masscna, Mo-
reau.... Una serie di acquerelli evoca le pagine
dell’epopea, da Arcole al San Bernardo: nelle
vetrine sono sciabole, pistole, miniature; nelle
cornicctte: proclami, incisioni, lettere. Gli occhi
si arrestano su una lettera del cittadino console,
datata da Udine, scritta sopra un foglio intestato
da un fregio in calcografia, in cui si felicita col
generale Yial per la ricuperata salute e gli or¬
dina di raggiungerlo ad Udine; si indugiano sopra
qualche stampa: un Bulle/in de VArmei d’italie
dell’8 Brumaio, anno XIV, in cui si annunzia la
presa di Caldiero; leggono le sonanti parole della
stampa originale del manifesto di Bonaparte “Ai
popoli della Repubblica Cisalpina „, del 21 Bru¬
maio dell’anno VI.... : “ I Pus ctes, après la France,
la republique la plus populeusc, la plus riche.
Finis ctes le premier exemple dans l’histoire d'un
peaple qui devient libre sans factions, sans revo¬
lution et sans déchirements.... „ ; guardano in un
busto marmoreo il duro viso della sorella di
Napoleone, Elisa Baciocchi, principessa di Piom¬
bino; in un quadretto il viso infantile di Eugenio
ili Beauharnais, viceré d’Italia.
Ricca è la collezione delle miniature: noto
quella di Bonaparte per mano di Isabey, in figura
eli un pallido giovane che nell’abito rosso sem¬
bra un ecclesiastico, quelle di Moreau, di Euge¬
nio Beauharnais, del principe Borghese, e quella
bellissima di Elisa ; più ricca è quella delle armi:
vi è la spada di Napoleone in forma di gladio
romano, rigidamente classica, la sciabola di onore
del maresciallo Augerau e quella di servizio di
Macdonald, la sciabola offerta dalla città di Mi¬
lano ad Eugenio di Beauharnais con la leggenda:
Dio me l’ha data; guai a chi la tocca : uno scia-
bolone di Désaix, fabbricato a Costantinopoli e
recante un’ iscrizione araba, la spada di Murat,
una carabina di Kcllermann, duca di Valmy, la
sciabola d’onore di Massena. Varie sono quelle
di Napoleone; una con l'impugnatura a becco
d’aquila, un’altra con un'iscrizione in caratteri
arabi: Tu schiacce)-ai i tuoi nemici e protegge¬
rai i mussulmani ; v’è un paio di ricchissime
pistole incrostate d’oro o istoriate da sfingi : fu¬
cili d’onore dati dal console e dal re agli croi
delle sue battaglie. E non manca il trono, a dor¬
sale tondo, riccamente scolpito, dorato, teso di
velluto rosso tramato d’oro.
•*
Dalla Repubblica Cisalpina si balza al regno
d’Italia. La documentazione scade in pompa ed
in ricchezza ma la curiosità si fa anche più viva.
Sono dapprima ritratti e documenti di rifugiati
politici italiani: Garibaldi, Manin, Bixio, Orsini.
E di Orsini vi è un preziosissimo cimelio: la
minuta ingiallita, sgualcita c lacerata della fa¬
mosa lettera da lui scritta dal carcere di Mazas,
alla vigilia della esecuzione, a Napoleone, in cui
10 supplica pel bene stesso del suo treno e per
l’equilibrio europeo, di rendere l'indipendenza
all’Italia. Si può sorridere degli errori di orto¬
grafia del rivoluzionario che scriveva sacriffices
con due effe, ma non si dimentica che quella
invocazione fu non ultima spinta a Napoleone
verso l’impresa della campagna del cinquanta-
nove. E come prologo ad essa è bene avvici¬
narvi una lettera che si assicura inedita, scritta
da Daniele Manin da Parigi, il 20 maggio 1 856
a Valerio, con una fine calligrafia regolare, quasi
femminile e con una dignitosa fierezza. Manin
vi si difende dall’accusa di tradire gli interessi
dell'Italia, consigliando il partito nazionale a
confidare nella monarchia piemontese. Il par¬
tito nazionale deve aver fiducia in lei, “fin¬
ché ed in quanto questa cammini audacemente
allo scopo comune: l’indipendenza e l’unifica¬
zione d’Italia,,.
Come nella sala precedente, per le battaglie
napoleoniche, anche in questa, una serie di ac¬
querelli e di oleografìe illustra i campi della
campagna del cinquantanove. E anche qui pen¬
dono dalle pareti i ritratti dei marescialli del
Secondo Impero: la bionda figura di Mac Mahon,
Vaillant, Espinasse, Renault. Di contro stanno
i ritratti del principe Gerolamo Bonaparte e
della principessa Clotilde, per mano di I Iébert,
giusta evocazione delle nozze principesche che
furono preludio della campagna liberatrice, e il
ritratto in arazzo di Napoleone III. In una ve¬
trina sono commoventi memorie della campa¬
gna: brevi parole evocatrici di giornate me¬
morande: un dispaccio delle 8 del mattino del-
l’8 gennaio 1859, da Milano a Parigi, al ministro
della guerra: “ L'empercur et le roi de Sarda igne
entrent à Milan. La reception est magnifique et
pieine d'euthousiasme „. In una lettera Napoleo¬
ne III con quella sua calligrafia leggera e ne¬
gletta che sembra immagine del suo carattere
debole ed esitante, annunzia la presa di Caste-
nedolo. Vi è il trionfante ordine dei giorno,
scritto la sera della battaglia di Solferino: l’or¬
dine autografo dell’Imperatore al Generale An¬
seime di raggiungere Pozzolengo; l’originale del¬
l'ordine del giorno dopo la presa di Balestro;
la copia della lettera scritta da Vittorio Ema¬
nuele al colonnello del 3 .° Zuavi che combattè
sotto i suoi ordini a Palestro. In due vetrine sono
raccolti ricordi della campagna: le spalline, le
armi, i bastoni di maresciallo di tre degli arte¬
fici principali della vittoria: Mac Mahon, Canrc-
bert, Baraguay d’Hillier. Da un lato la mortale
maschera di Cavour sembra assistere con cal¬
ma sicura al compiersi degli eventi congegnati
dalla sua gran mente; da un altro lato il niz¬
zardo mostra, in una lettera a Re Vittorio, la
sua modestia e il suo disinteresse di uomo di
Plutarco: “Nizza, 21 novembre 1859. Sire, Se¬
condo il desiderio della Maestà Vostra partirò
11 23 da Genova per Caprera, e sarò fortunato
quando voglia valersi ancora del mio debole ser¬
vizio. La demissione mia, chiesta al Governo
della Toscana e al generale Fanti, non è otte¬
nuta ancora: prego la M. V. si degni ordinare
mi venga concessa. Con affettuoso rispetto di
V. M. dev.mo G. Garibaldi „.
•x-
Un’ultima sala ci attende: sono le memorie
di trionfi italiani in campo incruento: il teatro,
e sotto tre diversi aspetti: la drammatica, la
musica, la danza. Il campo è sterminato, ma que¬
sto saggio, per quanto contenuto in modesti con¬
fini, non manca di interesse.
Sono dapprima ricordi di quella Commedia
Italiana che ebbe tanto favore ed anche tanti
nemici nella Parigi del seicento e del settecento.
Vediamo gli originali dei cartelloni, allora più
modesti di dimensioni, ma più ricchi d’arte, di
quelli odierni: ve n’è uno che annunzia la rap¬
presentazione di Arlequin Gran Fizir ; un altro
dice: Les comediens Italiens ordinaires du roi
donneront aujourdhui Mere redi 16 Decenibre i-jji :
ILAmoureux de quinze ans, comedie en trois actes
mclee d’ariettes. Incisioni da quadri di Watteau
mostrano scene della commedia italiana c La
partenza dei comici italiani da Parigi nel /Ò97.
Dalla drammatica si passa alla musica. Vi è
un bellissimo ritratto del Lulli, in atto di suo¬
nare la chitarra, ritratti della Grassini e della
Catalani, dipinti dalla Vigée Lebrun, ritratti in
litografia ed incisione di altre celebri ugole, ma¬
schili c femminili, la Crisi, la Malibran, Tam¬
burini, Rubini, la Tadolini, la Pasta. Talvolta
queste evocazioni iconografiche non sono senza
qualche delusione; così la divina Malibran, quale
è raffigurata nella miniatura offerta dagli abbo¬
nati della Fenice nel i 835 , appare anzichenò
bruttina. Meno brutta, ma tutt’altro che' bella
nel viso paffuto si mostra una danzatrice fa¬
mosa: la Taglioni, della quale c’è il diadema del
quale usava abitualmente cingersi il capo.
Dopo le cantanti e le danzatrici, i musici:
busti e ritratti di Paisiello, Spontini, Cherubini,
Paganini, Rossini, Verdi. Una vetrina raccoglie
una preziosa mostra d’autografi di Lulli, Salicri,
Pcrgolese, Paisiello, Cimarosa, Sacchini, Curala,
Spontini, Zingarelli, Rossini. Vi sono le ultime
note scritte da Cherubini. Vi è una curiosa let¬
tera di Spontini in cui si lamenta che per un'e¬
conomia di qualche lira sul numero degli ese¬
cutori, un effetto di arpa, nella sua restale riesca
completamente diverso dalle sue intenzioni....
A chiudere la rassegna teatrale c’è infine un
cimelio che attirerà particolarmente i torinesi.
E uno di quei ventagli che il Re di Sardegna
usava distribuire alle principali signore della no¬
biltà piemontese, a cui concedeva l’uso di un
palco al I eatro Regio, e che faceva trovare nel
palco la sera della prima rappresentazione. In
esso erano dipinte i cinque ordini di palchi con
1 indicazione dei titolari. Un ventaglio simile ri¬
salente al 1780, appartenente ad un collezioni¬
sta torinese fu pubblicato anni sono in occasione
della riapertura del Regio restaurato. Questo
dev’essere di qualche anno pili antico ; ed è pos¬
sesso del Musée Carnavalet. In quelle minu¬
scole caselle, fra i tanti nomi di famiglie spente,
se ne ritrovano non pochi di ancor vive: i Tri¬
nità, i Bricherasio, i San Giorgio, i Collegno, i
Robilant.... La mostra storica francese che a
commemorare il cinquantenario ha condotto qui
tanti preziosi ricordi di parentele principesche
e di campagne di guerra, ha voluto concludere
con un cortese ricordo delle glorie teatrali di
I orino. Non è avventato prevedere clic questa
mostra sarà una delle attrazioni piti vive dell’e¬
sposizione intera: e sarebbe bene che da questa
iniziativa straniera, Torino traesse la spinta a
costruire nella nostra città un museo storico
del Piemonte, prima che lo smembrarsi e d'e¬
stinguersi delle vecchie famiglie piemontesi di¬
sperda i documenti del passato, che ancora ri¬
mangono. Sarebbe una immagine viva del vec¬
chio Piemonte: una mostra aneddotica più elo¬
quente ed educativa di ogni libro e di ogni ce¬
lebrazione rettorica.
(Ila La Sta»,fa). ENRICO TlIOVEZ.
Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza.
LE ESPOSIZIONI DEI
i 9 I T
20 T
E I R K N Z E. E A M () S T R A I) E E R I T R A T T O ! T A E I A N ().
P i e t ho R o t a r i. - Principessa Elisabetta di Sassonia.
(U. Pinacoteca dì Presila.)
La Mostra del Ritratto Italiano a Firenze nella magnifica sede di Palazzo Vecchio,
inaugurata nello scorso marzo, doveva chiudersi con la fine di giugno. Ma l inteiesse
e il successo di questa mostra cosi felicemente organizzata da l'go Ojetti, furono tali,
che il Comune di Firenze d'accordo col Comitato, consenti a prorogarla a tutto ottobre,
per tutta la durata cioè, delle esposizioni di Roma c di Torino. La notizia (u accolta
con viva soddisfazione da tutti gli amici dell’arte, e potremo anche noi continuare la
rassegna delle tele più significative e dei ritratti più interessanti che vi rimarranno
esposti all’ammirazione del pubblico per altri tre mesi.
2D2
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
DA TORINO A ROMA E.... VICEVERSA.
(Nocini coy risponditi! su.)
r Luglio.
L’estate è venuta, finalmente! La caratteri¬
stica di quest’anno 1911 è, metereologicamente,
il ritardo dell’estate. 11 fenomeno ha avuto
sulle esposizioni la sua influenza cattiva e la sua
influenza buona, ed anche la sua influenza com¬
pcnsatrice, come spiegherò. Cattiva, in principio,
perché quando occorreva affrettare il compi¬
mento dei lavori, il tempaccio — affermatosi
perverso con le nevicate fino all’8 aprile! — li
ha ostacolati ; poi buona, perchè ha dato a mag¬
gio e piti ancora a giugno una stagione prima¬
verile, non precocemente estiva, che ha favorito
lo sviluppo ed il concorso delle esposizioni e
l’affluenza alle feste.
Ora viene, con puntualità metereologica l’e¬
state, la quale produrrà questo effetto inevita¬
bile, sposterà le correnti dei visitatori da Roma
a Torino. Non che a Roma l’estate non sia tol¬
lerabile ; vi è, anzi, tollerabilissima. Spira a Ro¬
ma, da poco dopo mezzodì, fino alla più tarda
notte, ((itasi sempre, un delizioso venticello di
mare, che non fa sentire affatto il caldo; le notti
sono sempre fresche c, spesso, freschissime; è
piìi fàcile doversi munire, la sera, di soprabito
da mezzotempo a Roma, meglio che a Torino; ma
non è possibile mutare una tradizione di secoli,
per la (piale Roma d’estate si spopola, e le correnti
dei forestieri in Italia, deviano dal sud al nord.
1 primi a scappar via sono gli uomini politici
— deputati, senatori, sottosegretari, ministri, di¬
plomatici — che non resistono in Roma al di là
della prima quindicina di luglio, e dietro a loro
va tutto il resto del mondo che si diverte.
In tale periodo di “ stagione morta „ resta
l’elemento Romano, ed io sono uno di quelli che
trovano Roma molto pili piacevole di grande
estate, che non nella stagione delle sue piene.
Quest’anno la Roma dei Romani si stenderà a
tutto godere da piazza d’armi a vigna Cartoni,
dall’Esposizione etnografica aH’Esposizione arti¬
stica ed all’archeologica alle Terme; e verranno
introdotte nella viabilità, nella facilitazione delle
comunicazioni al maggior buon mercato, nell’u¬
nificazione del prezzo d’ingresso alle due espo¬
sizioni tante pratiche iniziative, da invogliare i
Romani a rimanere neW'urbe, anziché sparpa¬
gliarsi, come negli altri anni per “ li castelli „.
Viceversa il movimento delle correnti touri-
stiehe nazionali ed esotiche da sud a nord au¬
menterà l’affluenza a forino, la quale, inoltre,
ha il vantaggio — comune a Milano — di es¬
sere circondata da centri popolosi e da provin-
cie abitatissime, le quali, specialmente dal sa¬
bato al lunedì, riversano nella sempre bella e
cara capitale subalpina torrenti di visitatori.
L’ultima domenica, per esempio, gl'ingressi al¬
l’Esposizione — tutti compresi — ascesero ad
80000 e più; bellissima cifra, preludio ad altre
più grosse e giustamente rimuneratrici di tanto
fervente lavoro e di co-ì nobile entusiasmo di
ideazione e preparazione.
Eors’anche in riguardo all’inevitabile muoversi
delle correnti visitatricì internazionali da sud a
nord è stata prorogata la chiusura in Firenze
dell’Esposizione del Ritratto, che è stata uno dei
piii sorprendenti e pieni successi di quest’anno.
Anche le più rosee previsioni sono state supe¬
rate; anche il pubblico meno preparato alle sen¬
sazioni estetiche dell’arte vi ha trovato godi-
menti insperati ed intensi; molti intenditori ed
amatori d’arte non ne hanno avuto a sufficienza
di una visita, di due, e vi sono tornati ancora.
L'altra settimana il Re — mentre a Roma co¬
minciava il turbinìo della discussione parlamen¬
tare su quella grossa corbelleria socialistico-gio-
littiana che è il monopolio dell’assicurazioni vita
— il re fuggiva improvvisamente dalla Capitale,
andando a ritemprarsi in un grande godimento
d’arte reso più sensibile dall’intellettuale comento
orale di Ugo Ojetti, sempre elegante, sempre
giovine, sebbene, ora, anche commendatore mau-
riziano !...
Un lutto improvviso, la morte della princi¬
pessa Clotilde, il cui commovente sagrificio con¬
iugale nel 1859 ne ricollega strettamente il no¬
me alla storia del Risorgimento Nazionale nel¬
l’epoca della decisiva liberazione, ha fatto rin¬
viare in Roma la solenne inaugurazione della
mostra permanente del Risorgimento negli am¬
bulacri interni del grande monumento nazionale
a Vittorio Emanuele 11 . La proroga accrescerà i
pregi di questa esposizione, alla quale, da ogni
parte d’Italia arrivano materiali preziosi, accre¬
sciuti da importanti acquisti fatti, in questi giorni,
dalla Commissione Reale.
Ma anche a Torino, in una caratteristica espo¬
sizione storica franco-italiana, rivive in mezzo a
preziosi ciniciii ed a pregevolissime documen¬
tazioni, tutto quel drammatico e in certi mo¬
menti, anche tragico periodo che — dal 1792
al 18rq, — vide unite le sorti delle popolazioni
italiane alle sorti delle popolazioni francesi, nel
primo periodo repubblicano, poi durante il Con¬
solato e l'Impero. 11 primo Bonaparte riappare
in tutte le fasi della sua vita tempestosa; un
grande quadro storico del Monsiau, trasportato
da Versailles a Torino, raffigura quella famosa
Consulta Cisalpina di Lione, che fu il primo par¬
lamento liberale delle provinne Italiane dalla
Sesia, all’Adige al Po e alla Cattolica, che co-
stituironsi in Repubblica Italiana, presieduta da
•Bonaparte, e mutatasi in breve in Regno Italico.
C’è molto, troppo da dire sulla dominazione del
primo Bonaparte in Italia e sul modo com’egli
considerò e trattò la nazionalità italiana. Anche
i più ostinati romantici napoleonisti nostri co¬
minciano a distaccarsi da quel loro vecchio an¬
tiquato sentimentalismo napoleonico verso un
dispotismo militare, spintosi ai più folli eccessi,
ed il cui genio precipitò in una catastrofe che
era assai facile prevedere, lasciando l'Italia in
preda alla reazione di diciotto anni prima, c la
Francia — come disse il brevemente ministro
per la guerra, generale Goiran, al senato Fran¬
cese giorni sono — più piccola e più isolata di
quanto l’aveva trovata allorché ne fu nominato
generale.
Quanto all’Italia, pensò essa a risvegliarsi, e,
nel momento decisivo, un altro Bonaparte —
Napoleone 111 - venne a fare per noi ciò che
il I. avrebbe assai più presto e meglio potuto,
dovuto, e non volle.
Nell’esposizione storica Franco-italiana vi è,
a Torino, accanto alla sala maggiore (riferentesi
al primo periodo Rivoluzionario-Bonaparte) un’al¬
tra sala oblunga, che è precisamente dedicata
ai ricordi della fortunata Campagna del
Tutto vi è ampiamente illustrato e documentato
- uomini e fatti, di Francia come d’Italia, e ap¬
pena a due anni di distanza dalle commemora¬
zioni e dalle mostre cinquantenarie tenute a Mi¬
lano, a Torino, a Genova, a Magenta, a Solfe¬
rino, questa mostra franco-italiana interessa,
commuove ed appassiona.
A Torino si è aperto al pubblico in questi
giorni il grandioso padiglione degli Stati Uniti
del Nord-America. La repubblica delle stelle fa
un grande sfoggio di materiale scolastico: le
scuole di Nova York e le università americane
s ino presentate con tutti Fioro migliori e mag¬
giori elementi, come a dimostrare che il grande
incremento di uno stato la cui formazione su¬
pera di poco il secolo, è dovuto al grande in¬
teressamento per la pubblica educazione e la
cultura generale, alla quale sono stati piegati
anche i negri e gl’indiani. Hanno fermata la mia
speciale attenzione nella sala della Califormia,
tre grandi interessantissime plasticografìe del
Canale di Panama, la cui apertura è fissata per
il 1915. I na plasticografìa rappresenta il grande
serbatoio centrale, a n 5 piedi sul livello del
mare, destinato all'alimentazione del canale; la
seconda offre in proporzione ridotta un tratto
del canale stesso con le saracinesche e gli altri
particolari di costruzione; la terza mostra tutto
il corso del canale, coll’indicazione dello stato
attuale dei lavori.
Poi c’c, in bellissime riproduzioni cinemato¬
grafiche, la visione di tutte le calatici istiche
bellezze naturali ed architettoniche dell'Ame¬
rica del Nord — così da potersi credere o sul
Niagara, o nella Florida.... senza essersi mossi
dalla fulgida Città Bianca del Parco del Va¬
lentino.
All’apertura del Padiglione Nord-Americano,
sul Po — ha fatto pendant l’apertura dell’Espq-
sizionc degl’italiani all’Estero, anche questa sul
Po, ma al 'Pilonetto, cioè all’estrema ala destra
dell’Esposizione. L’impressione sintet ca di que-
stra mostra singolare è che la gente italiana
lavora, facendosi onore, in ogni più remoto an¬
golo del mondo.
E questo un fenomeno dal quale derivano be¬
nefici immensi, particolari e generali, ed anche
mali gravissimi, funesti. Hi fronte al famoso
mezzo miliardo di rimesse, con cui 1 Italia equi¬
libra alla meglio la sua bilancia commerciale
pencolante verso il passivo, stanno la lunga se¬
rie di insidie, di angherie c di soprusi a cui son
soggette le falangi emigranti, gli attentati alla
libertà di lavoro c ai risparmi duramente rag-
granellati, il logorìo delle ma-se lavoratrici pel¬
le condizioni talvolta miserevoli di vita e di
lavoro, lo sfruttamento delle donne e dei fan¬
ciulli.
Quanti insegnamenti e quante considerazioni
inspira questa interessante esposizione del Pi¬
lonetto !...
Sul Po in questi giorni la folla internazionale
che raccogliesi in Forino è stata attirata ed ac¬
cresciuta dal grande Concorso e dal pieno suc¬
cesso delle Regate Internazionali.
All’appello della sezione Eridanea del Reale
Rowing Club Italiano concorse un pubblico nu¬
merosissimo c sceltissimo; le rive del Po erano
letteralmente gremite di folla plaudente, i ponti
occupatissimi.
Parevano davvero ritornati i tempi antichi,
quando il canottaggio, allora quasi unico sport,
attirava le migliaia di persone presso il classico
Eri d ano.
La giornata del 29 giugno fu magnifica per lo
splendido sereno, clic dava un piti lieto risalto
al verde chiaro della bella collina, e rifletteva
nelle acque coi raggi del sole i più bei colori.
Pel lato sportivo fu totale la sconfìtta delle
società torinesi, per quanto coi loro equipaggi
in alcune gare siano riuscite ad opporsi viva¬
mente ed onorabilmente ai forti avversari esteri
e nazionali.
Torino da alcuni anni nel canottaggio non rie¬
sce più ad imporsi come una volta; ed ama di
piti trionfare in altri campi: automobilismo, ci¬
clismo e podismo.
E mentre il vigore dei rematori trionfava sul
Po, nel salone della Camera di Commercio com¬
pievano le loro congressistiche fatiche i rappre¬
sentanti dell’industria tipografica d’ogni regione
italiana. Il Comitato ordinatore riuscì ad atti
rare molti consoci italiani ; c per tre giorni tutta
questa brava gente ha discusso con grande in¬
teresse i problemi più vivi, a cominciare da
quello del “ disciplinamcnto (iella concorrenza „.
Una deliberazione sul “monopolio delle assicu¬
razioni sulla vita,, fu evitata dall’abilità del pre¬
sidente del Congresso, senatore Luigi Roux ar¬
rivato in tempo a rendere ancora un servizio
al suo amico Gioì itti. lo fui lì per alzarmi a pro¬
porre un voto di lode all'uomo di Dronero per
Ì elevazione ed il riconoscimento ufficiale del-
l’analfabetismo trentennale mercè il suffragio
universale, ma me ne astenni per non mettere
in eccessivo imbarazzo l’antico direttore della
Gazzetta Piemontese. Fu anche invocata l’istitu¬
zione di un ordine pili o meno cavalleresco “al
merito per la fedeltà al lavoro. „ Facciano presto
ad istituirlo, prima che la “ fedeltà al lavoro,, con
1 inorgoglirsi del giolittismo socialista non di¬
venti del tutto una virtù di altri tempi!...
Giorixo.
È uscito
F EDER ICO PE ROBERTO
È uscito
La Messa di Nozze
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Un volume i n - 1 6 , di 3 3 q. pagine.
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LE ESPOSIZIONI DEL ign
a53
T () R I N O. A T T R A V E R S ()
RADI O L I O N 1.
Il Padiglione della Russia sulla riva sinistra del Po (fot. Fumari).
La Sezione della Colonia Eritrea (m.Ws).
L E ICS POSIZIONI DICL 1911
II. MANU I STO PER l.’ ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI UMORISMO A Ri VOLI
del pittore Aldo Mazza, riprodotto dalla ditta Ricordi.
L'Esposizione d'arte
Una Esposizione d’arte umoristica? Dove? A
Rivoli? Bisogna passarsi la parola, perchè a To¬
rino stessa non c’è quasi nessuno che lo sap¬
pia. Un comitato ha lavorato per molto tempo,
lia raccolto tremila opere di artisti d’Italia, di
Francia, d’Inghilterra, la mostra è pronta, e al
momento buono si è quasi dimenticato di an¬
nunziarla al pubblico. Non per indolenza, ma
per timidezza. Fu accettato un manifesto piti
sbalorditivo che allegro e non s'ò poi avuto molto
coraggio nel diffonderlo : intanto, nell’attesa di
qualche cosa di nuovo, si è taciuto. Non è un
male, forse. La sorpresa può generare nel pub¬
blico una più viva curiosità.
Così, andando a Rivoli, il pubblico si accor¬
gerà intanto che l’allegria o almeno l’umori¬
smo non è cosa tanto facile a raggiungersi. Ri¬
sogna prendere, a Torino, una piccola ferrovia
fumosa c tascabile, adagiarsi per mezz’ora in un
innocente scuotimento sussultorio, metter piede
a Rivoli — metter piede sui sassi perchè Rivoli
è acciottolato con generosa abbondanza — e
umoristica a Rivoli.
lare un quarto d’ora di salita. Ma quando vi si
è giunti, l'umorismo c’è. E anche qualche goccia
di sudore. Poco male: il paesaggio delizioso,
l’aria, l’esposizione ne valgono la pena. Questa
esposizione è un'appendice di quella di Torino:
sulle rive del Po il lavoro, qui Fallegria, o quasi.
Per questo ne venne offerta la presidenza ono¬
raria all’on. Giolitti che è probabilmente il piti
grande umorista d'Italia. E Giolitti ha accettato.
Così l’Italia anche quando avrà voglia di ridere
passerà per giolittiana. E nessun deputato, so¬
pratutto i deputati indipendenti, dirà male del¬
l’esposizione. Furbi, quelli di Rivoli!
Anche la sede dell’esposizione, nella sua ma¬
gnificenza, è un poco ironica. Si tratta dell’e¬
norme e massiccio castello dove fu tenuto pri¬
gioniero \ ittorio Amedeo II : enorme, massic¬
cio, ma interrotto a metà. E una specie di gi¬
gante settimino: gii è mancata l’energia per svi¬
lupparsi completamente. Ma l’esposizione non ha
da lamentarsi: esso offre una lunga e luminosa
sfilata di sale che adesso si sono come animate
di una giovinezza nuova, con tutti i quadri, gli
abbozzi, le caricature, le statue, le macchiette che
gli artisti vi hanno adunato.
Certo, il bilancio dell’arte umoristica non vi
appare completo. Parecchi artisti mancano, al¬
cuni forse non furono invitati o avvertiti. Ma
l’esposizione è riuscita ugualmente assai varia, e
piacevole, e interessante. E insegna tante pic¬
cole cose preziose. Una, fra le altre: quanto sia
difficile fare dello spirito. La gente seria e per
bene, quella brava gente posata e grave che
giudica l’allegria come una inutile leggerezza, c
ogni espressione d’arte allegra come una facile
sciocchezzuola, si accorgerà quanto quella faci¬
lità sia diffìcile a ottenersi. Perchè, grazie al
ciclo, molte c.ose assolutamente prive di spirito
non mancano neppure a Rivoli. E il comitato,
nel quale si sono dati la mano l’avv. Rossano,
il giornalista Beniamino e il signor Leumann, ha
fatto benissimo ad accoglierle: i confronti sono
sempre preziosi, dice il proverbio.
In Italia l'arte umoristica — nel disegno, nel
quadro, nella scultura minuta — non è molto
curata. Manca la spinta a far lavorare i disegna¬
tori, a muovere in loro, se c’è, quella attitudine
alla caricatura che può diventare un’arte grande.
Noi non abbiamo dei grandi giornali umoristici
che pubblichino delle belle pagine a colori dove
sia fissato con arguzia un momento della vita
attuale. Qualche prova tentata qua e là ha sem¬
pre condotto al fallimento l’impresa e qualche
volta, poveretti, anche gli impresari. Soltanto a
Torino c’è ancora il gusto, un po’indebolito ma
resistente, del giornale umoristico illustrato, con
le grandi pagine a colori. . ancora un ricordo
di vecchia città capitale: il governo ha traslo¬
cato, l’abitudine è rimasta. E a Forino c’è ap¬
punto una tradizione di arte umoristica, ci sono
degli artisti i quali non disegnano che caricature,
e dei dilettanti che sono divenuti artisti o al¬
meno disegnatori per quella via.
Una buona parte delle sale è infatti occupata
da piemontesi e da disegnatori tenuti in incu¬
bazione dal Pasquino. Del maestro, di Teja, non
c’è niente. Non s’e voluto fare una mostra re¬
trospettiva. Ma ci sono i discepoli : il che vuol
quasi sempre dire, in arte, della gente che non
ha mai conosciuto il maestro o che almeno non
ne segue la maniera, ma che gli resta fedele —
fedele nel non occuparsene, e nel chiamarlo mae¬
stro. C’è qui una sfilata di pagine del Pasquino
segnate con molta arguzia da Nirsoli, un artista
che non è pittore perchè fa il medico e che in
quanto a essere piemontese si contenta di tro¬
varsi a Sa vignano di Romagna: disegni con una
ridente facilità di trovate e una buona punta di
satira. Un altro della famiglia: il piccolo e irre¬
quieto Giovanni Manca, piemontese anche lui,
ma di Sardegna. Degli antichi Stati, almeno. Egli
ha lasciato a casa le sue pagine pubblicate, ed
espone tutti lavori inediti — quadretti, abbozzi,
caricature — trattati con simpatico impeto gio¬
vanile. Gli piacciono sopratutto le sartine: facile
e piacevole inclinazione, a Torino. E le disegna
con garbo, con scioltezza, con brio. Ila anche
dei bozzetti umoristici, con relativi dialoghi in
margine, ma quasi sempre è più spiritoso il di¬
segno, perchè c’è nelle figure e nei tipi una gu¬
stosa sobrietà di espressione. Altro figlio natu¬
rale del Pasquino : Golìa. Il nome gli viene dalla
statura: si assicura che una volta, senza solle¬
varsi sui piedi, abbia piantato una bandiera sulla
cima della Mole Antonelliana. Nell’intimità ha
un nome diverso, ma non de-1 tutto economico:
Eugenio Colmo. Stava per laurearsi in legge,
ma preferì l’arte e cominciò a prendere in giro
il prossimo con delle caricature carine. I la il
segno elegante, accurato, pronto, e una piace¬
vole scioltezza giovanile e sbarazzina. Egli espone
qui delle allegre caricature e una serie di ser¬
vette a varia tariffa, animate con gioconda vi¬
vezza.
Il dilettantismo offre molte reclute all’arte
umoristica. Il sentimento della caricatura è una
cosa d’istinto: il privilegiato prova a fare qual¬
che. segno per scherzo, riesce, torna, continua,
e diventa un artista, o un cane. Ce n’è qui un
altro — un dilettante artista, intendiamoci —
godibilissimo: il Musini di Parma. In un medico,
e maltratta i medici in modo atroce: da vero
conoscitore. I suoi quadretti sono pieni di sa¬
pore. Una signora va da uno specialista e dopo
aver detto il suo male si fonde in lacrime.
— Non pianga, signora — le raccomanda il
medico —: ella soffre l’artrite e l’umidità le fa
male.
50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
200
In una stanza malinconica tre medici si spro¬
fondano nella gravità di un consulto, e il malato
si solleva dal letto per implorare con espressione
pietosa :
— Lasciatemi morire di morte naturale!
11 Musini ha fra l’altro “Il bucato nel paradiso
terrestre,, che è di una semplicità commovente:
Adamo ed Èva, nudi ma prudentemente voltati,
distendono ad asciugare sopra una corda le loro
foglie di fico. Non molti, fra gli italiani, sanno
mettere insieme dei quadretti umoristici: quasi
sempre sì contentano di figurine isolate, di tipi,
di caricature. Non è piti facile, ma richiede mag¬
giore sforzo di fantasia. Fra quelli che si cimen¬
tano al quadretto c’è anche un disegnatore che
ha trovato modo di diventare un “ numero „ di
caffè concerto: Van Dock. Le sue composizioni
hanno spesso uno spunto spiritoso, ma sono co¬
lorite in modo atroce. C’è anche un po’ di pro¬
cesso di Viterbo con le figure degli imputati
messe in caricatura da Senio, gaiamente, e c’è
una sfilata di disegni e di pitture di una signora
bergamasca — Adriana Bisi-Fabri — segnati con
simpatica impertinenza, e ci sono molte carica¬
ture di uomini di sport dovute a un simpatico
dilettante: il Biscaretti. E ci sono, belle nitide
aggraziate, delle eleganti caricature in bianco e
nero di Luciano Ramo: un giovane di talento
che sa deformare senza togliere freschezza al
disegno. Caricature di artisti di teatro, sono :
Titta Ruffo, Stracciali, qualche cantante.
Ecco i due campi della caricatura italiana: la
politica, il teatro. E forse un po’ di letteratura.
Ma poca. Non amano molto la letteratura, i ca¬
ricaturisti italiani, e non la odiano abbastanza:
la conoscono cosi poco! C’è qui tutta una sala
dedicata al teatro italiano, sezione interpreti: l’ha
messa insieme Luigi Rasi che s'è creato da molti
anni amoroso archivista di memorie e di disegni
teatrali. Per le pareti è tutto un volo di cele¬
brità, o quasi: artisti grandissimi — c’è perfino
Ermete Novelli, dico! — artiste illustri per ta¬
lento, per toelette o per altri pregi di interpre¬
tazione, comiconi piacevolissimi e comichette ca¬
rine stretti in una fraternità artistica che in
teatro non è molto facile raggiungere. Si sa:
ottimi figlioli, i comici. Ma un po’ nervosi. E
qualche volta sono, fra loro, come cani e gatti.
Cosa stranissima perchè gatti, in arte, non ce
ne sono.
In questa bella raccolta c’è un po’ di tutto :
perfino dell’indiscreto. Sotto a qualche carica¬
tura di attrice il disegnatore ha messo la data:
che sconvenienza! Ecco delle belle e strane e
fulminee improvvisazioni del povero Ugo Va¬
leri : un Sichel impalato, uno Zago sornione nella
truccatura di “ Bepi Canal „, un Bracci roseo
dovunque e sopratutto sul cranio. Ecco le tipi¬
che snodate nervose figure di Sacchetti, piccole
meraviglie di disegno e di penetrazione psico¬
logica: un Talli impettito e dignitoso, Benini
spaventosamente sfigurato e spaventosamente
somigliante, la Duse piangente sotto il salice di
un gran velo nero, e le Gramatiche delle due
edizioni; ed ecco qualche legnosa caricatura di
Majani tirata con quel brutto sistema di disegno
a hi di ferro e con molte non necessarie leg¬
gende — effige ricorrente sopra tutte quella di
Kasi, che ne espone lievemente compiaciuto
cinque o sei —; ecco un impagabile Ferravilla
del Cagnoni: quattro segni e uno sgangherato
effetto burlone.
Notevoli in questa sala le caricature disegnate
dai comici. Quella dei comici caricaturisti è una
simpatica tradizione italiana. Ernesto Rossi di¬
ceva che il comico deve saper fare di tutto: anche
patire la fame, e scoprire delle pàpere impen¬
sate. Buggeri, Giovannini, Galvani, De Antoni,
Mateldi, Tarulli disegnano assai piacevolmente.
Filippo Mateldi è veramente geniale : le sue ca¬
ricature hanno un sapore di buon gusto, una
bella signorilità. Ruggeri faceva degli acquarelli
piacevoli veramente : adesso non la che delle
interpretazioni francesi. Giovannini ha il segno
garbato, gaio, vivace, come la sua arte di attore.
Galvani ci tiene a fare il quadretto completo:
l'attore si rivela nella cura della messa in scena.
Gi sono qui alcuni vecchi schizzi a lapis e acqua
del milanese Saletta che
riproducono con agilità
deliziosa TErmete Novelli
dell’ottantasei: non è cam¬
biato in nulla, l'attore,
neanche nel naso. Un al¬
tro milanese, ma di ades¬
so, il Zambelletti, ha se¬
gnato con freschissima
grazia le nostre attrici
cogliendole negli atteg-
uiamenti abituali: la Rei-
ter, Irma Gramatica, Ré-
jane, Gemma Caimmi, la Borei 1 i. L'irrequietezza
della Galli è ottenuta con un tratteggio di linee
interrotte: una Galli al salto.
In un’altra sala occhieggia da un quadro, die¬
tro al vetro e alle lenti, un Giacomo Grosso
brutalmente paonazzo e giocondamente vero. 11 !
Grosso s’è aifrettato a comperarlo, torse nel ti¬
more che lo comperasse qualche nemico. La ca¬
ricatura è del torinese Grandi che vitupera con
uguale buonumore e con buona arte Leonardo
Bistolfi mutandolo in giovine turco, e lo scul¬
tore Calandra, sbiadendolo in un biondo birra.
Senza nessuna pretesa, io spero, di fare dell’u¬
morismo, Viani di Livorno presenta dei buoni
abbozzi pensosi di viandanti affaticati, e lì vi¬
cino si rivela in allegria il Miserocchi di Ravenna
che è professore all’Accademia di Belle Arti, ed
è pieno di spirito: stranezze della vita! Egli si
è assassinato senza pietà dinanzi a un’oca in
posa poco pulita, e offre anche uno Stecchetti
ciclista barbuto panciuto, con certe mutandine
lilla di un effetto oltremodo romantico, e uno
scapolare sul petto irsuto. Povero Stecchetti, chi
l’avrebbe detto? lui, cosi accanitamente verista!
In mezzo a una valanga di gente che si crede
caricaturista perchè sbaglia linee e proporzioni
— c’è un Luccio, fra altri, che se appartiene ai
pesci dev’essere della famiglia dei pesci-cani —
ecco una grande ondata di umorismo vero e
grande: Cagnoni. Il delizioso umorista non espo¬
ne grandi cose: alcune delle sue vecchie mira¬
bili "pagine del Guarino illuminate da un’arguzia
irresistibile — la folla di San Siro sotto i raggi
X, Milano cinese — e qualche pagina dell 'Ars
et Labor. Pochi disegni, ma quale leggerezza di
tocco, quanta burlona profondità di osservazione!
Il Guerino si affaccia anche nelle molte carica¬
ture di Aldo Mazza, che dopo avere assunto il
posto e la maniera del Cagnoni mette nelle sue
pagine una saporosa comicità personale, curata
anche nei particolari con godibile grazia: alcune
sono dei veri quadretti pieni di significazione.
In questo genere di artisti che mancano di ri¬
spetto specialmente alle autorità costituite c’è
lo Stagliano di Torino, con la differenza che in¬
vece d’essere disegnatore egli è uno scultore,
e che la sua pagina illustrata è un colossale in¬
numerevole gruppo di figure in gesso grandi più
del naturale — semplicemente — tutto il Con¬
siglio Comunale di 1 orino, o una cosa origi¬
nalissima, e le caricature sono modellate con
una vivezza e con un buonumore straordinari. J
consiglieri comunali fremeranno, forse, c il pub¬
blico troverà probabilmente che sono preferibili
questi di gesso: almeno non parlano.
La scultura minuta, l’arte delle macchiette mi¬
nuscole, ha qui uno dei suoi cultori pivi noti :
Giris, il caricaturista dei Sovrani, degli aviatori,
della vita e dei tipi parigini. Perché Giris è pa¬
rigino, adesso, ma italiano sempre. A Roma,
dieci anni addietro, si chiamava l’architetto Giri
e lavorava anche lui intorno al monumento a
Vittorio Emanuele. Poi vinse un paio di con¬
corsi di scultura e con quei soldi scappò a Pa¬
rigi, e c'è rimasto, prima come illustratore del-
YAssiette mi beurre, poi come modellatore di
macchiette. Le sue sculture minuscole sono, a
volte, dei piccoli capolavori di spirito e di fat¬
tura : i suoi Sovrani rivelano in lui una perfetta
mancanza di rispetto alle, prerogative, ma un
talento ironico incontenibile, e i suoi apaches,
i suoi tipi della strada sono osservati c colti
con un senso di psicologia che non è soltanto
allegro. Questo genere d’arte e coltivato anche
in Italia e Luigi Rizzi fra pochi altri presenta
delle macchiette, alcune delle quali sono pla¬
smate con buon gusto e con brio. Un D’An¬
nunzio è naturalmente nudo e sansebastianato
è il meno che la fantasia possa suggerire —
ma è scarnificato gaiamente. C’è un Giannino
Automa -1 raversi in camiciotto, somigliantissimo
quantunque non dica neppure una freddura, c’è
un Marcora a tavola con l’onorevole Mentii, un
Butti sdraiato e niente simbolico....
E adesso vediamo le sale degli umoristi fran¬
cesi, degli umoristi inglesi, degli umoristi ame¬
ricani. Siete stanchi? Anche noi. Allora ripas¬
seremo.... lauto: all’entrata dell’Esposizione nel
castello di Rivoli c’è un ufficio inchiavardato che
racchiude il “ Deposito fiduciario dello spirito „.
E lo guarda Sua Eccellenza il ministro Facta in
persona, vestito da guardia di finanza. C’è da
fidarsi.
A. Fkaccakoi.i.
(Dal Corriere della Seni.)
La popolazione di Torino e l’Esposizione.
Benché le operazioni del censimento eseguito
nella notte 10-11 giugno siano tutt’altro che
finite, pure al Municipio di Torino si è già cer¬
cato di calcolare approssimativamente quanti
siano gli abitanti della capitale subalpina. Eb¬
bene, pare che la popolazione torinese sarà ac¬
certata in una cifra che va dai 410 ai 411 mila
abitanti.
La popolazione di Torino sarebbe stata al
3 i dicembre 1910, secondo i calcoli fatti dal-
fi Ufficio municipale ili anagrafe, di 390590 abi¬
tanti. In meno di sei mesi la popolazione tori¬
nese sarebbe quindi aumentata — specialmente
in virtù dell’Esposizione — di circa t 5 000 in¬
dividui.
Il Diario delle Esposizioni c delle Feste.
a3 giugno. - Torino. Inaugurala all’Esposizione la Mostra
del Brasile.
2Ó „ Roma. Nel Padiglione a Castel Sant’Angelo inaugu¬
rato il Congresso Nazionale della donna.
28 „ Torino. Inaugurato il Congresso Nazionale delle Arti
Grafiche.
2Q „ — Inaugurato il III Congresso della società profes¬
sionale fra i dermo-sifilograiì italiani.
„ „ — Inaugurato all’Esposizione il Padiglione della
Cremazione.
3o „ — Arrivato il giorno innanzi a Torino visita oggi
l’Esposizione il principe ereditario di Turchia.
I-° luglio. - Torino. Partenza dei remiganti della gara moto¬
nautica Torino-Pavia-Venezia-Roma.
2 „ Roma. Solenne arrivo a Roma del principe ereditario
ili Turchia ricevuto e ospitato dal Re.
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI - Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO AErtBRO DELLA GIURIA
2.56
j\ K ESPOSIZIONI DEL 1911
Donne e fanciulle
novelle ni
LUCIANO ZOCCOLI
ln-16, in caria di lasso, eoa copertina disegnala da L. Bompard : L, 3 , 50 .
DF.I.LO STFSSSO AUTORE :
La Compagnia della Leggera, no¬
velle .L. 3 5 o
L’amore di Loredana, romanzo 3 5 o
Farfui, romanzo.4 —
La vita ironica, novelle. . L. 3 —
Ufficiali, sott ufficiali, caporali e sol¬
dati.... romanzo.1 —
Il designato, romanzo . . . 1 —
DIRIGER! COMMISSIONI I- VAGLIA Al FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO
E uscito :
Là fine d’un parlamento e la
dittatura d’un ministro, co nf e.
rtnw Antonio FRADELETTO,
seguita da Appunti statistici sul Suffragio Uni¬
versale e Analfabetismo. Una Lira.
Dirigere coni missioni e vaglia agli editori P rateili Ireves, in Milano.
è uscito: Le F i3.be della "Vii*t
Ù, di Alfredo Pandini, l. 3 , 50 .
DIRIGERE COMMISSIONI F. VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MI
.ANO, VIA PALERMO, 12; E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 64-66-68.
Nuovi Libri da leggere
In viaggio, ai bagni e in campagna
ROMANZI.
Anastasi (Guglielmo). Eldorado . . L. 1
Beltramelli (Antonio). Gli lamini rozzi 1
Corradini 1 Enrico). La guerra lontana. 3 '>0
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Melegari (Dova). La Città del Giglio. 5 —
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Nievo (Ippolito). Angelo di bontà. . . 1 —
Prévost (Marcello). Dietro e Teresa . 2 —
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— Lea. Volume li de Le vergini firt. 3 —
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Zòccoli (Luciano). affidali, sott' u/flciali,
caporali e soldati .. ] —
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POESIA.
Barrili (A. G.). Canzoni al vento ... 5 —
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Gozzano (Guido). / Colloqui .4 —
NOVELLE.
Capuana (Luigi). La voluttà di creare. 3 50
De Roberto (E ). L'albero della scienza 3 —
Folchetto (Jacopo Capoiy). Novelle gage 3 50
Gallarati Scotti (Tommaso). Storie dell’Amo¬
re sacro e dell'Amore profano. . 4 —
Panzini (Alfredo). Le fiabe della virtù. 3 50
Zòccoli (Luciano). Donne e Fanciulle 3 50
TEATRO.
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Sebastiano. .3 50
Benelli (Sem). La maschera di Bruto. 3 —
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Butti (E. A.). Nel paese della fortuna. 3 —
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Guglielminetti (A.). L'amante ignoto. 4 —
Quintero-Alvarez(S e <L). L’amor e che pas¬
sa. - I fiori. - 1 Galeoti. - La pena. 3 —
Praga (Marco). l a moglie ideale. . . 2 —
Selvatico (R.). Commedie e Poesie veneziane
precedute da u ostudiodi A.Fradeletto
su R. Selvatico e la sua generazione 4 —
Tumiati (Domenico). La Giovane Italia 3 —
Shakespeare.
Nuova traduzione di Diego Angeli.
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Dodici monologhi. Nuova edizione Treves
coll’aggiunta di due monologhi . 2 —
La signora Cagliostro, romanzo ... 2 —
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il 031} 110 11 Olili d' inv'girimenta, del dot¬
tor Enrico LAHMANN. Dalla IV edizione te¬
desca, eon prefazione, ed aggiunte del dot¬
tor A. Clorici (Dottor h'i/j. HO pagine in-1(3,
con 20 illustrazioni fuori testo: Due Lire.
Wlomnrio dJ 3a 1 im’onessa OLIMPIA
IVI blllUl lb sa. A io, pubblicate eon note, dal-
l avv. Ratte! lo RICCI. 2 voi. eon ‘duino.: L. 7,50.
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TI, con 14 fototipie fuori testo: Lire 4 —
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Nell’Arte e nella Scienza, saaos.
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gliato pubblico d’Italia investendolo d’un
fantastico turbine primaverile, scrive con
immediata fedeltà il proprio ritmo inte¬
riore, ed è in ciò il segreto del suo fascino.
(Da un articolo di Sibilla Aleramo,
(nel Resto del Carlino).
Un volume di 376 pagine, con copertina
disegnata da L. Bompard: Cinque Lire.
I TRIP A *>ella stessa autrice :
LI Hi uri. Quinta edizione riveduta e corretta, cori prefazione
di GIOSUÈ CARDUCCI: QUATTRO LIRE.
Dirigere commissioni e vaglia ai Fratelli Treves, Milano.
MEMORIE Recentissima pubblicazione
della B aronessa OLIMPIA SAVIO
pubblicate con note dalI’Avv. Prof.
— Raffaello RICCI
Due volumi in-16:
Lire 7 , 50 .
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA Al FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12.
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GIUSEPPE MAZZINI: EPISTOLA¬
RIO INEDITO (1836-1864).
Commenti e note di
T. P AL AMEN GHLCRISPI.
Un volume rn-8, in carta di lusso, arricchito da fac-simili di lettere di Mazzini e di altri, e da 5 ritratti: DIECI LIRE.
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI Tlt Fvir<z ~ --
A I.S, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12 J E GALL. VITT. EMAN., 64 - 66 - 68 .
FASCICOLO 17.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
T O R I N C).
ESPOSIZION E D I
N O T T E.
2.58
LE ESPOSIZIONI D E’L i 9 i i
Impressioni notturne alf Esposizione di Torino*
SE
Tra il Monte dei Cappuccini e la punta bo¬
scosa di Cavoretto, su quella parte di Torino che
si distende con impareggiabile grafìa in riva al
fiume, il cielo notturno — questo cielo scontroso
che non vuol più mostrarci le sue stelle — è
tutto di fuoco. Come una nebbia ardente lo as¬
sale senza tregua un polverio di luce che l’ar¬
roventa: il bagliore d’un immane incendio che
senza schianti nè fumo divori un sobborgo.
“Brucia l’Esposizione ! „ devono aver gridato le
donnette dei lontani quartieri operai e i popo¬
lani del contorno, quando il luminoso prodigio
è apparso la prima volta. L’Esposizione non
brucia ma splende; sfavilla di fuochi da un capo
all’altro, ma son fuochi disciplinati che fanno con
giudizio il loro dovere. E dai quattro canti
della città, il pubblico vi accorre festosamente,
in schiere compatte, come le orde dei tempi fa¬
volosi attorno ai falò di gioia che accendevano
le foreste. È una migrazione,, s’intende, di stile
moderno; che dal tram elettrico all’automobile,
si vale dei più rapidi e rumorosi mezzi di tras¬
porto; una migrazione di belle signore in jupe
raccourcie e d’uomini in evening c/rcss; ma non
per questo è meno tumultuosa. C’è anzi da cre¬
dere che, ai beati giorni della preistoria, coi
nervi tranquilli e il tempo da perdere che ave¬
vano, i nostri villosi antenati fossero assai più
calmi nelle loro pubbliche manifestazioni. A ve¬
derla in queste sere l’augusta capitale del Pie¬
monte certo non ricorda la bella dormente, la
metropoli di provincia che conoscevamo : quella
sottoprefettura ingrandita, dove si raccoglieva
nei viali, nei caffè, nelle piazze austere, una folla
ordinata che si sentiva dappertutto un po’ in fa¬
miglia; quella troppo vasta città dai crocicchi
deserti, dove la vita del pedone aveva ancora
un valore per l’impaziente chauffeur.
Adesso moltitudine, frastuono, affannoso in¬
seguirsi di veicoli da cima a fondo delle sue
strade interminabili; nelle capaci arterie batte
ora un passo più gagliardo c circola un sangue
più nutrito. Certi palazzi aristocratici, malgrado
le bandiere che sventolano ai balconi, ne han
l’aria un po’ seccata. Ma i torinesi mostrano in¬
vece d’esaltarsi a questa metamorfosi, ch’è il
primo beneficio dell’Esposizione e insieme la
prova lampante del suo successo; e corrono alle
“ serate elettriche „, come se l’estate — fredda
e piovosa — fosse in regola col calendario e
l’ultima frescura alitasse sotto i tigli del Va¬
lentino. Manno cento ragioni. Chi ha detto che
le esposizioni, mondiali o regionali, riuscite o
no, sono altrettante belles-de-nuit? qualche per
sona di spirito, senza dubbio, che preferiva le
dolci ombre dei giardini al caldo soffocante dei
padiglioni, il profumo delle aiuole in fiore al¬
l’aria greve delle gallerie, dove l’odore ambiguo
delle vernici, delle tele, delle macchine in moto,
ricor 'a troppo bene gli ambulacri d’un piroscafo.
È un piacere cosi facile, un divertimento così
leggero all’anima, quello di bighellonare tra gli
innumerevoli edifici d’una mostra senza met¬
tervi piede! E guardare le belle creature o i
bei vestiti che ci passano accanto, e ascoltare
il cicaleccio delle signore, che di sera e all’a¬
perto è anche piti vivace del sol to; senza l’ob¬
bligo morale di veder roba su roba, d’ammirare
il mobile e il gioiello, il ricamo russo e il cam¬
pione agricolo argentino, ed imparare per dia¬
grammi il valore igienico della cremazione o il
regime forestale del regno serbo! Per quest'u¬
nico scopo di girar due ore nel recinto d’un’e-
sposizione senza uscirne in quello stato d'insi¬
pienza che oscilla tra l’emicrania acuta e il son¬
nambulismo, le serate elettriche se non ci fos¬
sero bisognerebbe inventarle. Argomenti da pi¬
gro, direte; ma ce n’è di più elevati. (Jno per
esempio, d’ordine schiettamente estetico. Tutte
le esposizioni di questo mondo e dell’altro —
parlo dell’America — sono un campionario più
o meno assortito d’architetture iperboliche. Tem¬
pli greci, cattedrali magiare o gotiche, archi ro¬
mani, ville cardinalizie del Cinquecento, mau¬
solei indiani: ci si incontra un po’d’ogni stile;
ma gonfiato, ornato, ingigantito per “ épater le
bourgeois Questa di Torino, che voleva essere
ed in parte è riuscita un'evocazione del barocco
di Filippo Juvara, era naturalmente chiamata alla
più enfatica grandiosità. Volute alle sue cupole
e ghirlande, ai suoi archi non ne manca davvero;
e sugli alti fastigi galoppa un esercito di qua¬
drighe trionfali, di vittorie coll’ali e senza. Ma
è un grandioso da palcoscenico, che di giorno
non convince più nessuno. Alla luce diffusa, co-
rate eeetteioie
lonne e frontoni, capitelli e triglifi rivelano senza
ipocrisia la fragilità di questi monumenti di car¬
tapesta; e un raggio di sole che li colpisca, ne
denunzia crudamente la povertà. Di notte, in¬
vece, l’occhio intravvede più che non veda, e
volentieri si lascia ingannare. Proprio come a
teatro, dove, all’ora della prova, sotto la diurna
chiarità che irrompe con violenza nei lucernari,
le scene e i costumi son ciarpame da veglione;
mentre la sera, ai lumi della ribalta, divengono
la reggia di l eseo e il mantello di Madame
Sans-Gène.
Qui, nel bellissimo parco che snoda lungo il
Po, tra montagnole e vailette, tra macchie e pra¬
terie, i suoi deliziosi passeggi, quando l’ombre
s’addensano sotto le fronde e i mille fari elet¬
trici battono le bianche facciate, non c’è biso¬
gno d’impennare la fantasia, per credersi in una
mitica città imperiale, tutta di metalli e di mar¬
mo, in cui si godano i fastosi piaceri d’un’uma-
nità superiore. Si va, si va per gli amplissimi
viali, tra due file di reggie, di tempi, di chio¬
schi magici; e ad ogni svolta ci appare uno
scenario nuovo, dove la sontuosità degli edifizì
armonicamente si fonde con quella della vege¬
tazione. Dal piazzale delle Industrie artistiche,
chiuso in una cerchia di statue, di fontane in¬
fiorate, si passa ai freschi silenzi dell’Orto bo¬
tanico, di fronte al quale 1 ’ Ungheria drizza al
cielo le sue acute piramidi d’oro. Si saluta come
un amico ritrovato tra una folla ignota, il ca¬
stello di Madama Reale, chiuso nella sua mae¬
stà; si sorride al villaggio alpino che, annidato
in un folto d’abeti, ci richiama col gaio spu¬
meggiare delle sue cascatelle ; e s’arriva al Ponte
monumentale. Ea meraviglia architettonica della
Mostra, il suo centro ideale, questo imponente
tratto d’unione, largo come una piazza e lumi¬
noso come una sala, gettato fra i più sontuosi
sobborghi della grande città effimera! E la gente
va e viene tra le sue colonne onorarie con oziosa
compiacenza, come in un Foro moderno — un
Foro sospeso sul fiume e scosso dal tremito in¬
cessante del lapis roulant che gli scorre di sotto
— per godersi colla brezza del Po i sontuosi
prospetti che sfolgorano alle sue testate. Da una
parte il castello d’acqua, cogli alti campanili e
le immense conchiglie dove crosciando preci¬
pitano dei torrenti; dall’altra la scalea ornata
d’aiuole, che conduce al palazzo delle feste, ac¬
canto alla quale l’edificio della città di Parigi
accende i suoi nobili contorni d’innumerevoli
gocce di fuoco. Ma il più bel colpo d’occhio
gliel’offrono, di là dalle bianche balaustrate, le
sponde del “ vecchio Eridano „, dove sugli ar¬
gini erbosi s'allineano i palazzi delle nazioni;
le fresche sponde folte di verzura, che a monte
e a valle dolcemente s’incurvano come per na¬
scondersi. Da mezzo il ponte, se non ci attira
la ghiotta bevanda color d’ambra che spillano a
pochi passi le kellerine della birraria tedesca, si
torna alla riva sinistra; per il viale che, coi suoi
tigli dalle spesse fronde, era già dedicato ai so¬
spiri, ed ora risuona di musiche, d’automobili
rombanti, di folla, si giunge al porticato d’onore
da cui il Duca d’Aosta del Calandra sprona ar¬
ditamente al cielo il suo Pègaso senza penne.
Lì accanto un boschetto d’alti frassini, dove il
ruscello e gli usignuoli seguitano a cantare co¬
me niente fosse, ci persuade a scendere verso
la pace del villaggio mcdioevalc. Povero villag¬
gio dell’antico Piemonte! Pel buon motivo ch’è
un veterano di tre altre esposizioni, l’hanno
un po’ sacrificato, creandogli attorno una fun¬
gaia di chioschi che lo nascondono a quanti non
sanno i suoi discreti sentieri. La stessa qua¬
drata mole del Castello mostra appena i suoi
merli e le sue pepaiole dietro un alto e nudo
fabbricato, immaginato apposta — si direbbe —
per mascherarlo: il palazzo della Russia che
fronteggia quello, più piccolo ma meno econo¬
mico, della 1 urchia. 11 cane e il gatto della que¬
stione orientale, nella deliziosa conca verde che
qui li ospita son divenuti ottimi vicini e han
l’aria di non saper più nulla dell’Albania.
Ma ecco la in fondo, dove biancheggiano tre
fieri pennacchi d’acqua, l’allegro sventolio degli
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI • Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO AEAU3RO DELLA GIURIA
IE.
union facks! Di giorno, questi stendardi bri¬
tannici sono per i visitatori il più attivo richia¬
mo di tutta l’Esposizione, per la vastità l’ordine
la bellezza della mostra che annunziano; e la
sera, sebbene le immense gallerie sian chiuse,
il pubblico s’indugia volentieri davanti alla con¬
cava facciata, ornata di svelti pinnacoli, su cui
rampano il leone e l’unicorno del Regno Unito.
Perchè c’è anche più aria e più spazio che al¬
trove; perchè la bella fontana, superstite della
mostra del 98, le schiude dinanzi la sua grotta
stillante, la sua vasca popolata di naiadi. E sullo
stradale che lo costeggia, sfila continuamente la
processione dei veicoli in viaggio verso le estre¬
me provincie del Paese delle meraviglie: quelle
che si stendono oltre il Ponte Isabella, dove
prima le sponde del Po avevano ancora una
tranquilla bellezza campagnola. f-~
Quando si traversa la galleria aperta sotto il
corso Dante e si lasciano gli ultimi boschetti
del Valentino, è una sorpresa ritrovar dall’altra
parte viali albereti corbeilles, tutte le fresche at¬
trattive d’un parco. Un parco, se vogliamo, ap¬
pena nato, colle macchie che non fan buio e le
vette a portata di mano; ma verde ampio fio¬
rito. Qui dovrebb’essere il carnevale dell'Espo¬
sizione, perchè ci son radunati, dalla “ Ruota
allegra,, alle immancabili Montagne russe, i co¬
sidetti divertimenti; ma è un carnevale che non
dà al capo. Qui si schierano in lunga fila gli
edifici della Metallurgia, della Guerra, delle Fer¬
rovie; di qui c’invita all’altra riva un ultimo
ponte. Per capir davvero la grandiosità dell’E¬
sposizione, b’sogna pa-sare questo ponte, dal
quale i palazzi del Valentino, colle loro cupole
fatte minuscole, ci paiono già svanire all’oriz¬
zonte, e la stessa fiera che abbiamo appena at¬
traversata, ci sembra un lontano sfavillante mi¬
raggio; mentre di là dal fiume gli edifici del
Piloneito, dove altre dieci mostre son raccolte,
ci presentano i loro minareti, i loro archi, i loro
piazzali come un nuovo e pili vasto quartiere
della metropoli. Si pensa allora con un lieve
stringimento che di sezione in sezione non si
abbia da arrivare mai più ; ma tutte le cose,
quassù, hanno fortunatamente un limite, e le
casette della “Kermesse orientale,,, ammuc¬
chiate come una collezione di solidi geometrici,
sono le colonne d’Èrcole di questo mondo prov¬
visorio.
Quasi un riposo è la penombra rossigna del
villaggio egizio-sudanese, dove dei negri sgam¬
bettano con aria terribilmente canzonatoria, e
movono il docile ventre certe avide fellah che
senza dubbio conoscono i trivii d’Alessandria o
del Cairo; quasi un riposo, dopo il bagno di
luce che s’è fatto. Perchè vi è della luce nella
messa in scena della vastissima festa di notte!
E anzi, si può dire, la protagonista dello spet¬
tacolo: luce bianca, rossa, viola; color di sole
e di plenilunio, accesa in capo alle alte antenne
o diffusa dalle luminarie dei chioschi, libera¬
mente irradiata nella tenebra o costretta nel
folto, smorzata dall’opaco fogliame. E inargenta
le fontane, saetta le vetrate, imbianca le guglie,
suscita tra le colonne e i trofei una densa fio¬
ritura d’ombre; si specchia, frantumata in la¬
mine, in perle scintillanti, nell’acqua delle va¬
sche, nel fiotto delle cascate; e carezzando le
dense masse della vegetazione, ne arrotonda
dolcemente la forma, le colora di tutte le più
irreali sfumature del verde, e alla chioma degli
alberi, al viluppo dei cespugli, alle fìtte barriere
delle siepi, dà una morbidezza di velluto che
incanta.
Ma il miglior riposo dalla lunga passeggiata,
è quello d’imbarcarsi sopra uno dei vaporini che
rievocano qui un pochetto di Venezia, per ridi¬
scendere il Po sulla tranquilla sua corrente. Un
fischio, il palpito affannoso della macchina, un
sommesso sciacquio a poppa, e il battello fila
dolcemente sulle ondette accese di riflessi. Get¬
tando ogni poco i suoi sibili, bordeggia da un
pontile all’altro come per curiosare a un tempo
su tutte due le rive: quella di destra, chiusa
coni' è al pubblico, coi suoi palazzi deserti in¬
sidiati dall’acqua, ha un po’ l’abbandono d’una
capitale inondata. A uno a uno ci sfilano sot-
t’occhio — sul magnifico sfondo della collina
che li domina colle sue creste punteggiate di
lumi — il padiglione della Serbia, tutto cupole
e finestre; la dorata pagoda del Siam coi suoi
tetti cornuti, il bianco edificio degli Stati Uniti,
vestito di colonne’; il*lungo loggiato della Ger¬
mania, col suo cupolone che leva allo Zenit la
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
209
Torino
e l’Esposizione (fot. Pcdnm.)
corona del Kaiser. Poi, oltrepassato il Ponte mo¬
numentale, si naviga alla chetichella sotto il gran
palazzo della Francia, sotto quello, pieno di garbo
signorile, dello Stato Belga; sotto le bizzarre
fabbriche, da cui sbocciano delle vistose sfere
metalliche, del Brasile c deH’America Latina. Nel
placido andare ci scivolano accanto delle barche
silenziose col lumino a prua, dei canotti auto¬
mobili che fuggono borbottando; e da terra ci
giunge, col profumo dei giardini, qualche ven¬
tata di “ Principessa dei dollari „ o di “ Inno al
sole „. Ci si sta così bene su questa lillipuzziana
nave d’acqua dolce, che quando, salutate per
ultime le acute guglie del Padiglione Argentino,
si tocca l’estremo approdo, volentieri si ricorda
quel “ navigare est necesse „ che ora si legge
un po’dappertutto, per aggiungervi: “deambu¬
lare non est necesse E si tornerebbe a far
rotta un’altra volta. •
Pel grosso pubblico, però, il più bel diverti¬
mento delle serate elettriche — in cui si può
anche smarrirsi senza parere nelle viottole fuori
di mano, come fanno certe coppie in vena di
sentimento; o dedicarsi alla scoperta delle bel¬
lezze incognite che vi passeggiano, coni' è pia¬
cevole occupazione dei giovinotti — resta quello
di sedersi a sentir la musica in uno degli innu¬
merevoli caffè. Ce n’è davvero per tutti i gusti:
dal Restaurant du Pare, dove si affolla il fior
fiore e gli zingari divulgano i più recenti valzer
di Vienna; al caffè arabo, dove si beve il me¬
desimo, versato da certi silenziosi personaggi
in turbante, a suono di grammofono. Dalla bir¬
raria bavarese, servita da un nuvolo di kellerine
in costume, che paion discese da un organino
o scappate da una pagina della Jugend ; alla ta¬
verna “À la vieille enseigne de Saint Georges,,
del villaggio medioevale. E lì la gente si passa
il gusto di guardare sè stessa: che non è un
piacere da poco, quando la moltitudine ha la
varietà e l’animazione di questa. Tra le belle
signore e gli eleganti del mondo torinese, tra
gli italiani dell’Arno in su o dell’Arno in giù
l’Esposizione ha richiamato, accanto alle comi¬
tive un po’ incantate dei provinciali, s’incontrano
finalmente anche “li Forestieri,,! Quelli che in
passato, dalla povera Torino così trascurata ne¬
gli orari delle ferrovie e nei Baedeker, si tene¬
vano prudentemente lontani; o se ci cadevano,
avevan l’aria di essersi sbagliati di treno. 1 fran¬
cesi, pieni di garbo e di vivacità, sono la gran
maggioranza; d’inglesi, secchi e taciturni, sene
trova anche molti ; poi si vedono facce olivastre
di sud-americani e facce rasate, piene di boria,
d’americani del nord; qua e là qualche mas¬
siccio tedesco, qualche turco in fez, qualche
orientale vestito non si sa come, venuto non si
sa donde. C’è perfino — o delizia! — di que¬
gli adorabili tourìstes, in scarponi e brache corte,
colla penna di gallo sul cappelluccio — sassoni,
tirolesi, croati? — che a Roma ed a Venezia
si han sempre tra i piedi e sui piedi.
Noi di casa, che del Valentino conosciamo
dall’infanzia ogni gruppo d’alberi ed ogni re¬
cesso, a vederlo popolato da questa turba eso¬
tica, ci proviamo un po’ il malessere di un buon
proprietario che si veda il giardino della sua
villetta invaso da una brigata di importuni. E
se ravvisiamo, tra un chiosco e un padiglione,
malgrado la luce che ne violenta l’intimità, qual¬
che angolo più caro al nostro cuore, ci vien
fatto di rimpiangere — col massimo rispetto pel
Comitato dell’Esposizione — il bel Valentino di
prima, dolce di silenzio e di ombre, dove c’era
il “ Chalet svizzero „ delle nostre prime avven¬
ture studentesche; dove erravano, tenendosi per
mano, le coppie di vent’anni e più; dove, sul¬
l’oscuro fiume, filavano con qualche strillo di
donna le barche dei canottieri....
Mario Sobrero.
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 1 1
260
Nel Padiglione della Città di Parigi.
FRAGONARD - GOBEL1NS - SÈVRES.
In questo Padiglione, ove il gusto fine, eletto,
schiettamente francese, signoreggia, si è già for¬
mato quell’ambiente caratteristico noto ai fre¬
quentatori di questi festosi recinti; c’è già quella
che si chiama " vita d’Esposizione „ : vita di oc¬
cupazione che pare ozio, vita di eleganze, di
raffinatezze, e, un poco, di illusione, di sogno.
1 pomeriggi, nel Padiglione parigino, sono una
festa di mondanità squisita: un affollato conve¬
gno di bellezze muliebri, una magnificenza gaia
e scintillante di toelette, che sono di per sè
una incomparabile e deliziosa.... Mostra tempo¬
ranea.
Le sale del Padiglione sono decorate e am-
mobigliate con grandiosità e grazia impareggia¬
bili: la luce che piove discreta da artistiche ve¬
trate, dona loro una ricchezza inusitata di om¬
bre e di rilievi. La nostra rivista s'è occupata
diffusamente di esse in un precedente articolo.
E interessante ora soffermarci dinanzi ai quadri
di Fragonard, ai Gobelìns, ai Sèvres, che tanto
clamore di ammirazione hanno suscitato.
Fragonard è la sintesi dell’arte francese nel 1700.
Volendo riassumere in due caratteri essenziali la
sua individualità artistica, si potrebbe dire che
egli è un impressionista. Come tale, preferisce gli
effetti straordinariamente e luminosamente cro¬
matici che producono sui corpi in moto o im¬
mobili, sia la luce lunare o siderale, sia la luce
artificiale, nonché le tolette bizzarre e pompose
delle donnine galanti e i vestiti dalle tinte chias¬
sose delle danzatrici gitane, e i luccichii aurei,
gli agglomeramenti di cristalli, i trionfi di fiori,
gli svolazzi di stoffe e gli sfondi arborati in
mezzo a cui svolgonsi le feste e le ebbrezze
delle più elevate classi sociali. Egli ricerca e
studia, con amorevole cura, la forma dei corpi
e degli oggetti come appaiono in lontananza,
applicandosi, mercè un processo tutto suo, a
fissare sulla tela le massime trasformazioni che
si operano, così per il graduarsi e l’armoniz¬
zarsi spontaneo delle tinte, come per l’avvilup¬
pante strato d'aria e pei mille svariati giuochi
di luce sulle case e sulle persone. Come im¬
pressionista, egli ricerca la bellezza cromatica
d’insieme di un quadro, fatta di violente disso¬
nanze, di toni squillanti e di delicate gamme di
sfumature, col combinare, con sicuro accorgi¬
mento di pittore, al quale nessun segreto della
tavolozza è ignoto, i diversi arabeschi e le suc¬
cessive macchie di colore.
Egli prova una gioia sottile, intensa nel con¬
templare la vera squisitezza di colorazione e la
trasformazione delle forme degli esseri viventi
e degli oggetti toccati od avvolti dalle differenti
luci artificiali od anche dalle luminose traspa¬
renze della luce stessa: è questa gioia acutis¬
sima che riesce mirabilmente a trasfondere in
coloro che sentono e gustano, la magia dell’e-
saltante arte sua.
Fragonard è il grande poeta della felicità e
della bellezza.... Egli crea con la sua alata fan¬
tasia, e nelle sue creazioni evita il dolore, non
10 cerca, e come non ama che venga a lui nella
vita, così non ama che vada agli altri nell’arte.
Noi non vediamo nelle sue tele quei volti ma¬
cilenti, quelle membra gracili, quegli occhi in¬
fossati, come nelle antiche pitture spagnuole.
Ma ammiriamo leggiadre donzelle, baldi cava¬
lieri che vedono la vita forse un po’ troppo co¬
lor di rosa, e se la godono esuberantemente.
11 nostro artista ha la venerazione del vero, ma
del vero mitigato dalla sua fantasia, come egli
lo sente nella sua complessa, irrequieta e tu¬
multuosa anima d’artista. La vivacità e la va¬
rietà del suo possente temperamento pittorico,
gli vietano di assoggettarsi alle esigenze di una
scuola qualunque.
La sua pittura è tutta uno splendore. Frago¬
nard non fa del colore, della plastica, ma sa
sapientemente unire, fondere, amalgamare un’ac¬
cozzaglia di tinte che sembrano strane, discor-
L E ESPOSIZIONI DEL i 9 i i
261
il VI
A ili."
Ir frXVtti
jy
“ Gobelixs. „ - Le quattro stagioni.
danti, assurde, del rosa tenue, del giallo oro,
del verde cupo, e poi un cielo turchino, un tra¬
monto scarlatto, una barca scura, delle belle
dame scintillanti di oro, vestite di bianco, drap¬
peggiate con scialli turchi, sciarpe color viola,
nastri verdini, treccie bionde, occhi neri, visini
rosei, e da tutta questa profusione di colori,
vien fuori un insieme armonico, delizioso che sva¬
nisce in un vago chiaror di perla, che addolcisce
e smorza le altre tinte, le sposa, senza che vi
sia tra esse la più lieve stonatura, la minima
volgarità. Egli adora le tinte smaglianti, i volti
freschi, le grazie ingenue, e soffre nell ideare
tetri colori, visi lividi e ghigni beffardi. Ama
l’arte sua bella, sorridente, fascinatrice, e se ne
compiace, e non sa staccarsi dalle sue adoiatc
visioni, anzi ce le profonde a piene mani, con
una dovizia regale, e ci consola, e c inebria, e
ci fa sorridere, chè 1 arte sua è la vera ai te
buona, l'arte che fa respirare come si respira
guardando i suoi boschi e i suoi cieli !
O
Tutti i prodotti esposti dalla Manifattura dei
Colici iris nel Padiglione della città di Parigi, ri¬
velano una perfezione senza precedenza e senza
rivalità, e i moderni artisti e gli operai abilis¬
simi di alto liccio, hanno
il merito di non aver la¬
sciato cadere le gloriose
tradizioni che onorano
questa industria nazio¬
nale francese. Per qual
prodigio di scienza tec¬
nica e di paziente appli¬
cazione un semplice araz¬
ziere possa con dei fili
di lana rivaleggiare con
la pittura, ecco ciò che
supera 1'intendimento co-
Fragonard. - L’amore coronato.
munc e desta vivissimo stupore, che frequente¬
mente nella folla degli ammiratori si manifesta
con una stessa esclamazione di sorpresa. Pos¬
sibile che quelli non siano veramente quadri?
Certo è un gran merito quello di giungere a
tanta potenza d’effetto, fino al punto di ingan¬
nar rocchio: si deve peraltro osservare che la
perlezione del telaio, per quanto possa essere
sorprendente, non basta a formare da sè un’o¬
pera veramente pregevole, ed è invece in virtù
di qualità superiori a quella dell’esecuzione, pel
sentimento della composizione, la grazia dello
stile, l’armonia decorativa, che essa si impone,
non più allo stupore del pubblico, ma alla lode
delle intelligenze superiori.
La qualità principale dell’arazziere è lo spirito
che lo guida nella condotta della sua opera. Per
lui il lavoro materiale non conta. 11 meccanismo
del telaio è oggidì ancora ciò che era al tempo
di Penelope, semplice, quasi primitivo: è una
catena di fili, tesa sopra due rotoli, sulla (piale
si fa la trama: è un lavoro da tessitore: la dif¬
ferenza sta nel numero delle spole.
Veramente delicata e difficile è la parte arti¬
stica, quella in cui il tessitore cede il posto al
pittore, poiché nel tessere l’arazziere fa un’opera
di pittura. Egli modella un’imagine, ne precisa
il contorno, la distacca dal fondo, le dà consi¬
stenza e colore. Con l’aiuto d’un calcolo ha ri¬
portato sul suo canovaccio i tratti del disegno,
ed è tra le linee di questo che egli introduce,
con la tessitura, i toni, secondo le esigenze della
forma. Egli lavora sul rovescio: non vede che
l’imagine inversa del suo lavoro, volge le spalle
al suo modello, e vedendolo all’opera così, ci si
rende facilmente conto della difficoltà del suo
lavoro.
11 pittore, quando incomincia un quadro, lo
sbozza su tutta l’estensione della tela, lo ha per
intero sotto gii occhi e può, con dei ritocchi,
con alcune correzioni, modificarne incessante-
Fragonaro. - L’abbandono.
mente l’armonia. Da un capo all’altro della sua
tela, dal principio alla fine della sua opera egli
non cesm di esserne padrone. Fa giocare i toni
a suo modo, li rinforza, li attenua, cancella,
corregge, ricomincia. 11 contrario avviene per
l'arazziere, il quale non ha la risorsa di para¬
gonare le parti del suo lavoro e di poterle ac¬
cordare fra loro. Egli non procede che per com¬
binazioni di memoria: suo compito è di ram¬
mentare. A misura che va innanzi nel lavoro,
deve arrotolare la parte finita dell’arazzo per
avere a portata di mano solo ciò che gli resta
a fare. Così perde di vista la maggior parte
della sua opera: non può rivederla che nella
mente, e s’egli devia, se si lascia indurre per
2 Ò2
LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 1 t
Boucher. - Scene campestri.
esempio nel comporre un mulo, a modificare
insensibilmente le sue tinte, può, allorquando
sciolinerà l’arazzo finito, trovare una figura qui
troppo gialla, là troppo rossa. Il gobelin non
sarà quindi riuscito. Un metro quadrato all’anno,
tale è la produzione normale di un artista. La
lentezza della fabbricazione, aggiunta al costo
della lana tinta, rende eccessivo il prezzo dei
lavori che escono dalla manifattura dei Gobe-
lins. Per i più belli arazzi si calcolano cinque¬
mila lire al metro quadrato: ma questa non è
quota normale, assoluta: la si applica solo alle
opere più rare, alle copie di quadri e a tutti i
modelli che esigono l’intervento d’artisti abi¬
lissimi e l’impiego d’ima trama sensibilmente
più fine.
■x-
Sòvres! I francesi, quando parlano o scrivono
della loro manifattura nazionale di ceramica, in¬
tuonano inni trionfali. Luigi Jourdan esclamava:
“Levatevi il cappello! Sèvres è una delle glorie
più sfavillanti e più incontestabili dell’industria,
della scienza e dell’arte francese, è la scuola il¬
lustre che ha portato cosi in alto la riputazione
della nostra ceramica, è il focolare da cui usci¬
rono a migliaia i capolavori che il mondo ha am¬
mirato e ammira e che i raccoglitori piti intelli¬
genti disputarono in tutti i tempi a prezzo d’oro „.
La manifattura di Sèvres, destinata a studiare
di continuo quanto ha rapporto colla fabbrica¬
zione della porcellana allo scopo di-diffonderne
l’industria in Francia, ebbe momenti brillantis¬
simi e momenti di decadenza notevoli. Ma in¬
tanto nel Limosino sorgevano inspirate e gui¬
date da Sèvres, fabbriche di porcellana che ora
invadono parte dell’Europa con i loro prodotti,
eleganti sempre e a buon mercato. A poco a poco
si ottennero nuove colorazioni, si adottarono le
paste e gli smalti colorati e si ebbero così i
celadons azzurrognoli, gli azzurri persiani, i blu
verdastri, i gialli, i grigi, ecc., estendendo cosi
di molto la gamma dei colori a gran fuoco. Si
colorarono vasi enormi, sia in porcellana dura che
in tenera, si ottenne la cottura delle pitture a
una temperatura superiore a quelle precedente-
mente usate e si creò una nuova decorazione
detta di mezzo gran fuoco.
Ma fu sotto la direzione di Teodoro Deck che
la manifattura fece progressi rilevanti. Egli, clic
aveva inventato una nuova pasta assai più pla¬
stica cui diede il nome di Faenza silicea, ne
volle approfittare. 11 Deck applicò ad essa i suoi
smalti celadons, nuovi e trasparenti. Così i toni
divennero più svariati e i nuovi smalti ombreg¬
giarono con armonia le stampe e i rilievi da loro
coperti, accrescendo l’effetto con l’accumularsi
degli smalti nei vuoti.
Le antichissime tradizioni di Sèvres sono tut¬
tora conservate, ma l’arte è esausta perchè l’in¬
dustria le soffoca nelle sue spire utilitarie. Sono
rari i grandi vasi e i grandi piatti attualmente
fabbricati che ricordino gli antichi nella loro
splendida e sobria delicatezza. Le porcellane di
un bianco puro, così belle e seducenti, quelle
verde acqua e giallo aranciato, con decorazioni
dalla grazia ingenua, dalla mollezza voluttuosa,
dal riflesso orientale, dallo spessore pressoché
impalpabile, si veggono ancora, ma — ahimè!
in numero sempre più esiguo....
il
* :
Siro lina
„ Roehe“
Raccomandata dalle Autorità Mediche nelle
Malattie polmonari,
Catarri bronchiali cronici,
Tosse Asinina, Scrofola, Influenza
9*~ GUARDARSI dalle CONTRAFFAZIONI
unici fabbricanti : F. Hoffmann-La Roclie & G.° - Basilea
•>
263
F I R E N Z H.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
L A M O S T R A I) E L R I T R A T T O
I T ALIA N ().
A N G E L 1 C A K A U F K M A N N. - I.\ FAMIGLIA.
ì
F A B R E.
Vittorio Alfieri e la contessa d’Albany.
ROMA. ALL’ESPOSIZIONE Di BELLE ARTI
Enrico Cole m a n. - Sul Gran Sasso d’ Italia.
1
%
A. D i s c o v o i. o. - La casa dei gufi.
Enrico Coleman. - Cavalli selvaggi.
Giuseppe Pennasilico. — Marina,
266
LI-: ESPOSIZIONI DEL 1911
R O M A. L A S A R
D E G N A
A |. V E S P O S I Z I O N F. E T N O G R A F I C A.
Ritorno ai paesi della montagna (fot. Larco),
La Sardegna all' Esposizione Etnografica di Roma.
PAESAGGI E COSTUMI SARDI.
La Mostra Etnografica di Roma rimette di
moda la Sardegna. La ricostruzione di certi an¬
goli di paesi sardi, gli oggetti d’uso domestico
di quei pastori, i costumi e i corredi, le indu¬
strie paesane che vediamo riprodotte da uomini
e donne venute appositamente da quell’isola, de¬
stano nel pubblico l’interesse più grande; e que¬
sto interessamento si accompagna a una strana
meraviglia.
Della Sardegna, infatti, e delle sue bellezze
naturali, dei sardi e dei loro costumi noi non
abbiamo che un’idea assai vaga e il più delle
volte erronea, come spesso c ingiusto il criterio
col quale consideriamo i bisogni e i mali di
quell’ isola che a chi la visita lascia un’ impres¬
sione indimenticabile. Cioè di una terra italiana
che è a sole otto ore di navigazione dalle nostre
coste ci formiamo una immagine fantastica e mi¬
steriosa, quindi paurosa e assurda.
La Sardegna sorge come un selvaggio e tor¬
mentato ciuffo di montagne a chiudere il mare
Tirreno, e ben pochi amano, o meglio osano
spingersi fra il dedalo delle sue rupi pittoresche
a portare un saluto di amicizia a quei pastori
che parlano ancora una delle antiche lingue più
armoniose e metalliche. Le nostre immaginazioni
sono già di per sè sufficientemente caratteristi¬
che e forti attraverso le soggettive impressioni
che balzano dai romantici racconti della rude,
disadorna ma possente scrittrice sarda Grazia
Deledda, e noi amiamo follemente, penetrando
nelle sue frementi analisi d’anime, quelle crea¬
ture che s’aggirano come cinghiali agili e ven¬
dicativi fra i boschi di sughero e nella malinco¬
nia delle immense desolate tanche. Ma ben più
grande sarà l’amore che noi conserveremo tutta
la vita per quegli amici, quando, vincendo il
naturale e rustico loro riserbo di isolani, li avremo
meglio conosciuti di persona, poiché ci com-
muoverà per sempre il ricordo della semplice
e violenta conquista ch’essi avranno fatto del
nostro cuore con una sola stretta di mano quieta,
precisa, ponderata, franca.
Quando il sardo ci ha accolto nella sua casa
noi diventiamo uno della sua famiglia, con tanta
sincerità e intimità egli ci tratta.
Ricordo al proposito la frase di un pastore
di Fonni:
— In Fanne min h’ha paura; s’stranzu e s'a-
migu de Fonesos l’ischidi rispettare, e cioè: a
Nelle sale del Padiglione della Sardegna (fot. Moiinari).
LE ESPOSIZIONI DEL 191 i
267
R O M A.
LA SA R I) E G N A
A L L’ ESPOSI Z I O N E
E T N () G R A F I C A.
P A STORI NELLE M O N T A G N E DE L L A B A R B A .1 A (fot. I -arco).
Le industrie femminili nel Padiglione della Sardegna (fot. MoUnari).
268
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
Alla caccia del cinghiale. Bicchieri sardi.
Formi nessuno deve conservare alcun timore;
il forestiero e l’amico dei fonnesi è necessario
che venga rispettato.
Questa concessione primordiale del rispetto
per l’ospite che è considerato ancora quasi come
cosa sacra, lo porta naturalmente a una corri¬
spondente e primitiva idea dell’onestà, dell’odio,
della vendetta. Il sardo facilmente si offende e
per il suo selvaggio amore della libertà, ama ot¬
tenere da sé soddisfazione sull’offensore ; donde
la vendetta. Il sardo macera l’odio indomabile
nella sua affumicata tana di granito e di tufo,
sdraiato accanto al focolare quadrangolare, per¬
seguitato dal ticchettìo ossessionante della ma¬
cina che l’asino bendato conduce intorno con
un moto perpetuo, e poi esplode in un terribile
colpo di fucile — che è il lacerante urlo di
un’anima.
E l’odio del solitario che si nutre d’erbe e di
vendetta. Ma il sardo è buono. Cioè ama chi
gli porta amore e cerca la sua esigua felicità in
un ristretto cerchio di mondo: quasi in sé solo.
I la le virtù e i vizi dell’uomo primitivo.
Noi tutti ['ammiriamo per questa tenacia in¬
frangibile del suo ereditario istinto.
Che il pastore sardo sia buono ce ne per¬
suadono le sue canzoni; canti di una dolcezza
così accorata, di un languore tanto acuto e
lacerante che noi sentiamo l’anima soffrire sul
iilo di quelle nenie e quasi svanire mortal¬
mente.
E l’uomo denutrito da una insanabile infelicità
che cosi canta; è la creatura martoriata da ere¬
ditarie piaghe di cento generazioni devastate
dalla malaria, oppresse da governi malvagi, ròse
dalle incursioni barbariche, iniettate di fiele fra¬
tricida che così geme il suo languente ardore.
Certi visi di febbre si trasmutano nel canto in
volti di passione; alitano sulla pelle secca tor¬
bidi brividi di tragedia. Da un pelago di dolori
si sublima quel canto.
Sentiamo cosa scrive un grande poeta sardo,
Sebastiano Satta:
P A C K.
Van le placide greggi per gli steli
bianchi di luna) brillano vermigli
fuochi dappresso e attorno su pei cigli
rocciosi, sotto il puro arco dei cieli.
Ammonisce il vegliardo ora i fedeli
pastori, a lui devoti come figli :
la sua parola suona nei consigli
grave e solenne come nei vangeli.
Della pace egli parla che nel cuore
siede a colui che con le mani monde
di sangue vive: e spargon tant’amore
le sue parole, e versan tanta pace
i cieli, che nelle anime iraconde
ogni torva passione alfin si tace.
Questo fermento d’amore ci persegue in ogni
pellegrinaggio pei villaggi sardi, quando re¬
chiamo in noi un mite animo modesto, una
semplicità di fratelli, una curiosità sincera e
fanciullesca: quando sappiamo divenire ingenui
e metterci in contatto con quelle menti per
prevenirne i pensieri: il che è di una facilità
puerile.
LE E S P O S I Z I O X I DEL i 9 i i
269
L una gioia vivere fra quel popolo di pa-
stoi i, così lontano dai nostri costumi, così re¬
moto dalla nostra civiltà, eppure tanto vicino
alle, nosti e case che noi, annoiati dalla mono¬
tonia della vita di città, possiamo conoscere senza
fatiche e senza intraprendere un lungo viaggio
per contrade remote.
Noi ritroveremo nelle sue consuetudini gior¬
naliere usi del popolo romano e delle tribù asia¬
tiche, qualche cosa che ci riporta come mille o
duemila anni indietro; noi gusteremo nel suo
linguaggio delle allocuzioni bibliche e delle ri¬
sonanze latine, greche, corsaresche; godremo
indimenticabilmente delle pittoresche macchie di
colore che gli svariatissimi costumi che vi si
incontrano gettano sull’aspro paesaggio o verde,
o giallo, di monti, di marina e di tuguri.
Moltissime donne hanno dei volti di madonna,
freschi e delicati, e un’andatura celere, guizzante,
un poco perfida. Non so quanto e come amano;
Grazia Deledda ci dice che il loro amore è si¬
mile all'odio dei maschi: tenace come l’edera,
mortale.
E gli uomini, specialmente se vecchi, portano
certe gran barbe scabre, arruffate, impetuose,
così caratteristiche che noi crediamo di incon¬
trare in ogni via qualche patriarca del popolo
ebraico sopravissuto agli evi e inselvatichito
nella solitudine del tempo.
Le case dove questo popolo vive sono pic¬
cole costruzioni di pietra senza intonaco e nei
paesi più montani, come Désulo, Aritzo, To-
nàra, Donni, le capanne più vecchie restano an¬
cora ricoperte di sccindulc che sono scaglie lar¬
ghe e pe ariti di legno durissimo; esse formano
un tetto adamitico di un curioso effetto.
Queste dimore conservano, come quelle sulle
montagne caucasiche e sugli altipiani di Ispahan,
le caratteristiche delle abitazioni di un popolo di
pastori; vi si ritrovano taglieri di legno, otri di
pelle per il latte, cassepanche istoriate per i cor¬
redi, fornetti per il pane.
Bitti, Orline, Fonni raccolgono uria ricchezza
di greggi di settanta e ottantamila pecore. E i
servi pastori emigrano, con questi mari di lana
fluttuante e tiepida, ogni inverno presso i piani
campidanesi e le molli terre di Baronia dove le
chiese conservano tesori di sete e argenti le¬
vantini. Nell’estate risalgono. Le loro spose —
le donne barbaricine alte e rigide, dalle mani
aride e dagli occhi da colomba — vanno loro
incontro, scendendo di balza in balza, nella lu¬
minosità azzurra degli alpestri panorami.
Pranzano dove si incontrano; poi le comitive
risalgono e sono le femmine allora, cupe di pas¬
sione, che riconducono per mano i cavallini
stracchi, colmi di bisaccie, mentre l’uomo vten
dietro, pensieroso, triste. Le valli, le cime cri¬
stalline si popolano di dondolii di campani; un’ar¬
monia indicibile di suoni fiochi e morenti on¬
deggia per la montagna: un poema religioso di
tintinni, di querule voci par che fluttui fra cielo
e terra con l’argento delle nebbie e col fumo
delle brughiere incendiate.
La Sardegna conserva ancora la infinita so¬
lennità delle antiche scene della vita sacra pri¬
mordiale, di certi riti compiuti in offerta alla
natura.
Dott. Renzo Larco.
Bicchiere sardo.
Coi turchi a R oma
e con gli alpinisti a Torino
(Nostra corrispondenza.)
7 luglio.
Abbiamo avuto a Roma la visita del .prin¬
cipe ereditario di Turchia, Jussuf Jzzedine. È un
bell’uomo, alto, distinto, dall’aria pensosa, molto
pensosa. Prima di recarsi a Roma, fu a Torino
dove visitò con molto interesse l'Esposizione
Industriale, e dalle poche e misurate parole che
gli uscirono dalle labbra si capi che quell’insieme
di bianchi e bizzarri edifici in mezzo al verde
del parco del Valentino e sul declivio delle col¬
line gli fece una grande e piacevole impressione.
Disse che gli pareva di trovarsi ancora sul Bo¬
sforo.
A Roma, accompagnato dal Re, si è recato a
visitare tutte quattro le Esposizioni, mostrando
dovunque vivo interessamento. Si trattenne par¬
ticolarmente alla grande Mostra archeologica
delle Terme Biocleziane ed alla Mostra storico¬
artistica retrospettiva di Castel Sant’Angelo.
Era con lui I lilmi-pascià, l’ex gran visir, il
quale rappresentava, dirò così, la parte politico-
diplomatica di questa missione ottomana.
Disgraziatamente Jussuf Izzedine ed I lilmi-pa¬
scià sono capitati fra noi in momento di grande
confusione parlamentare, anzi, di vero marasma,
grazie a tutte le farse di Giolitti per il famoso
monopolio sulle assicurazioni, e il mondo par¬
lamentare non ha potuto interessarsi gran che
alla loro visita. Si è aggiunta, poi, il 5 , la morte
quasi improvvisa dell’ex regina Maria Pia di
Portogallo, e questa triste circostanza ha fatto
rinviar il banchetto diplomatico che il marchese
Di San Giuliano doveva offrire ad I lilmi-pascià
alla Consulta, susseguito da ricevimento al quale
sarebbero intervenuti varii nostri uomini politici
che s’interessano alla questione d’Oriente. I lilmi-
pascià è tuttavia rimasto a Roma due giorni pici
del principe ereditario, e le persone che lo hanno
avvicinato hanno tratta dai Colloqui con lui la
persuasione che la Turchia terrà conto, nella
questicne albanese, dei desiderii delle potenze
interessate, Austria, Russia ed Italia, e proce¬
derà con calma e con intendimenti conciliativi.
Quanto alle Esposizioni romane, si può dire
che sono al completo; ma purtroppo la stagione
va diventando sempre meno favorevole al con¬
corso del pubblico, che si allontana da Roma,
come di solito, in luglio, e va a cercare sulle
rive del mare e nelle stazioni balneari ed alpine
i refrigerii che, con tutto il miglior volere, nè
Piazza d’Armi, nè Vigna Cartoni, nè Villa Bor¬
ghese, nè i Parioli non riescono ad offrire.
E buono per Roma che Giolitti con quel suo
fantastico monopolio ha trattenuto qui il mondo
parlamentare fino a metà luglio, senza di che
lo spopolamento estivo di Roma sarebbe stato
più evidente e più sensibile.
È tuttavia interessante la statistica ufficiale,
in questi giorni pubblicata, dei forestieri che dal¬
l’aprile al giugno hanno visitata Roma e le sue
esposizioni.
Nel mese di aprile si è avuta una media di
9000 viaggiatori al giorno, che nel maggio è sa¬
lita ad 11000 e negli ultimi quattro giorni di
maggio e nei primi quattro di giugno (epoca del¬
l’inaugurazione del monumento a Vittorio Ema¬
nuele) toccò i 22 odo viaggiatori al giorno, men¬
tre nel resto di giugno la media si mantenne
sui 10000.
Il movimento complessivo dei tre mesi ha
quindi superato il milione di viaggiatori. Anche
al presente persiste l’arrivo di molti stranieri,
specialmente tedeschi, francesi e americani, ed
è preannunziato l’arrivo di varie carovane. Una
comitiva di escursionisti russi, organizzata dal
ginnasio Stemberg di Pietroburgo, fu per nove
giorni a Roma visitando accuratamente la città
e i dintorni e le Esposizioni; ora è ripartita
pel Montenegro. Si attende anche una grossa
comitiva di studenti tedeschi.
Così grande numero di viaggiatori, che per
altre città, anche fra le maggiori, sarebbe riu¬
scito ingombrante, a Roma invece, per il suo
carattere speciale e per la sua preparazione ad
ospitare numerosi visitatori, non ha fatto che
dare un aumento di animazione, senza creare
inconvenienti di sorta.
A Torino, invece, cominciano all'Esposizione
delle piene insolite. Domenica scorsa si affolla¬
vano sulle due rive del Po non meno di cento-
mila persone!... Ed anche la sera, abitualmente,
vi sono sempre all’Esposizione un diecimila a
dodicimila persone. Disgraziatamente la bella
Esposizione torinese è un’Esposizione troppo
seria — non vi sono sufficienti divertimenti, suf¬
ficienti attractions serali: il godimento di con¬
templare il bellissimo chatcau-d'eau o di guar¬
darsi in faccia l'un l’altro alla luce delle lampade
elettriche sul gran Ponte Monumentale è un di¬
vertimento relativo: se vi fossero degli spetta¬
coli adattati, dei divertimenti un poco fantastici,
bizzarri, quelle attractions che fanno tirar fuori
di tasca qualche lira di più ma che, infine, met¬
tono addosso allegria e divertono, il successo
serale dell’Esposizione sarebbe più completo.
Frattanto le inaugurazioni continuano: il gior¬
no 3 nel pomeriggio vi fu quella dell’Albergo
Alpino Modello costruito sotto gli auspici del
benemerito Touring Club Italiano, elei (piale venne
contemporaneamente inaugurata la Esposizione
speciale.
Alla cerimonia volle personalmente interve¬
nire il presidente del Comitato esecutivo, sena¬
tore l'omaso Villa, Luigi Vittorio Bertarelli che,
accanto al presidente generale, Federico John¬
son, è l’anima del Touring, pronunziò un bril¬
lante discorso che fu, giustamente, una lucida
e pienamente apprezzata apologia dell’opera sin
qui compiuta dal Touring per la maggior messa
in valore di tutte le ricchezze e le bellezze na¬
turali ed artistiche del nostro paese, e l’eleva¬
zione di tutta la nostra vita.
Tomaso Villa fece la parafrasi felicissima del
discorso del Bertarelli, compiacendosi che il rin¬
novamento ascendente della vita italiana sia dal
Touring portato e mantenuto con idealità co¬
stante su un terreno così assolutamente pratico
come i mezzi di comunicazioni e di trasporto,
la viabilità e l’abitazione.
La numerosa comitiva, nella quale non man¬
cavano belle e gentili signore, passò poi — gui¬
data da Johnson e da Bertarelli — alla visita del¬
l’ampio e piacevolissimo Albergo Alpino Modello.
Faceva indubbiamente, molto caldo, ma la sug¬
gestione del caratteristico ambiente riuscì tale
che tutti ebbero l’illusione, per un’ora, di tro¬
varsi sull’alta montagna, figurandosi di godere
una deliziosa frescura che, a dir vero, non era
altro che un prodotto della entusiasmata im¬
maginazione.
Giorixo.
d‘ incendio nel Padiglione degli
all’Esposizione di Torino.
Sul letto del Padiglione degli Stati Uniti la mattina
del 7 gli operai avevano l'atto liquefare del catrame pel¬
le coperture in tela incatramata della vòlta.
Verso le i3,i 5 un piccolo braciere lasciato inavverlen-
femente acceso da un operaio sul tetto del Padiglione co¬
municò il fuoco al tetto stesso, precisamente sopra alla
Mostra della California.
Le fiamme, penetrando sotto la vòlta, si estesero ad al¬
cune tende.
Il primo ad accorgerò del grave pericolo fu un agente
m unicipale.
la guardia avvedutasi del principio d’incendio diede
l’allarme a mezzo del telefono ed un guardiano, coadiuvato
da altro guardiano nella Mostra della California c dal
signor Robbin, commissario degli Stati l'niti, usando un
idrante armato, iniziò l’opera di estinzione tosto mandata
a compimento da una squadra di pompieri immediata¬
mente accorsa dal posto di servizio presso il Castello d’acqua
agli ordini di un ufficiale.
Il tuoco si limitò alla combustione di circa due metri
quadrati di tetto, causando un danno di poca entità.
Accorsero sul posto diversi agenti della forza pubblica,
che presero tutte ie misure di sicurezza e d’ordine occorrenti.
Il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
2 luglio. — Roma. In Campidoglio .inaugurato il XVII Con¬
gresso delle Cooperative italiane.
3 „ Roma. Il principe ereditario di Turchia ha visitato
col Re le varie Esposizioni: la sera al Quirinale è
intervenuto al banchetto di gala.
3 „ Torino. Inaugurato all’Esposizione l’Albergo Alpino
modello.
3 Pavia. La crociera fluviale remiera sul Po da Torino
a qui, finita col perfetto arrivo di tutte le imbarca¬
zioni.
4 Roma. Il principe ereditario di Turchia si è recato la
mattina col Ke a visitare il giardino zoologico, poi a
visitare il Campidoglio, e alle 14.10 è partito per Ve¬
nezia, Vienna e Costantinopoli.
„ Pavia. Il sindaco consegna ai messaggeri della cro¬
ciera moto-nautica Pavia-Venezia-Roma il messaggio
da portare al sindaco di Roma.
5 „ Pavia. Partenza al mattino della crociera moto-nautica
coi canotti per Cremona-Venezia.
5 „ Roma. Il Re in Quirinale riceve la Missione diplo¬
matica messicana recante gli auguri per il Cinquan¬
tenario dell’Unità Italiana.
8 „ Voi zi 1. Felice arrivo a Venezia dei dodici motoscafi
della crociera moto-nautica.
270
LE ESPOSIZIONI DEL 191 1
T O R I N O.
DADI (ì L IONI
R E C E N T E M E N T E
INAI' G U R A T I.
L’ A I. B E R G O D E L T OURIN G.
Il Palazzo della M
ODA (fot. l'ornari).
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
271
T O R I N O.
A T T R A V E R S O
P A 1) I G L I O N I
I) E L L E N A Z I O N I.
Nel Padiglione dell’Inghilterra (fot. Trovcs).
272
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
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l! puppazzetto spaglinolo.2 —
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il bagno 11 ariti d’inv'goi-imenta, del dot¬
tor unric} LAHMANN. Dalla IV edizione te¬
diseli, con prefazione ed aggiunto del dot¬
tor A. Olirci fDottor Ri//. HO pngino in-16,
con 20 illustruzicm fuori testo: Due Lire.
Momnrio d3Ml UivvgnehsaOLi m ima
ITIg 111 UI lo sa V I < >. pubblicate con note de 1-
l'avv. Raffeìlo RICCI.2 vul. con20ine.: L. 7,50.
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Un v lume iii-le...L. 3i0
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Commissioni e vac/lia ai Fratelli Treves editori , in Milano.
TV[U)"\7'pT T p7 r* A Tn di FOLCHETTO (Jacopo Caponi), Lire 3,50.
-* 4 Dirigere vaglia ai Fratelli Treves, editori, Milano.
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X di Alfredo Pandini, l. 3i50 .
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI,
N MILANO, VIA PALERMO, 12 ; E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 64-66 68.
FASCICOLO i8.°
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
273
R () M A. I L
C () N (I R E S S () F E i\l I N I S T A.
le ESPOSIZIONI DEL I 9 I I
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Il Congresso feminista di Roma.
Fra i numerosi congressi indetti a Roma nella
ricorrenza del Cinquantenario, non doveva man¬
care il congresso delle donne. Venne promosso
appunto dall’“Associazione perla donna,,, un
sodalizio che ha un’esistenza quasi trilustre. Nei
primi anni l'Associazione visse modestamente.
1 tempi erano difficili, il ridicolo tentava soffo¬
care ogni tentativo, onde l’Associazione, navi¬
gando in acque infide, senti la necessità di pre¬
parare anzitutto il campo delle future riforme,
guadagnando gradatamente l’opinione pubblica.
J1 lavoro di preparazione cominciò nell’interno
del sodalizio stesso: le socie alternativamente
nelle adunanze riferivano sul movimento estero
e nazionale c sui congressi cui prendevano parte.
Da qualche tempo il lavoro dell’ “Associazione
per la donna „ è entrato in una fase più attiva e
più pratica. 11 primo congresso delle donne ita¬
liane, promosso dal Consiglio Nazionale nel 1908
a Roma, si svolse fra la simpatia del pubblico e
riuscì una solenne affermazione della maturità
delle donne italiane e del progresso considere¬
vole che esse hanno fatto nelle loro attitudini
non solo ma anche nello studio delle quistioni
di diritto pubblico, amministrativo e politico.
Il congresso svoltosi negli ultimi giorni del
giugno scorso a Castel Sant’Angelo non riuscì
così numeroso come quello di tre anni fa, ma
fu assai movimentato e laborioso. Anzi, ecces¬
sivamente laborioso, chè troppe questioni furono
trattate c discusse, togliendo efficacia alle deli¬
berazioni del convegno stesso. In tre o quattro
giorni furono affrontate e risolte, sia pure tran¬
sitoriamente, coll’approvazione dei soliti plato¬
nici ordini del giorno, tutte le più ardenti que¬
stioni che si attengono al movimento feminista:
divorzio, monogamia e poligamia, suffragio fem¬
minile, insegnamento scolastico, ispettorato del
lavoro, segretariato femminile del popolo, sfrut¬
tamento delle donne e dei fanciulli, regine del
mare e regine del mercato, ecc.
Al congresso parteciparono quasi tutte le più
note feministe della capitale: le altro città ita¬
liane — se si eccettua Milano, Genova e qualche
altro centro — erano scarsamente rappresentate.
Il Consiglio direttivo dell’“Associazione per
la donna „ era rappresentato dalla signora Maria
Grassi Koenen, consorte dell'illustre naturalista,
la quale da anni si è d dicata con ardore e con
fede alle rivendicazioni femministe, dalla signora
fila Magliocchetti, la quale pur coltivando la pit¬
tura, trova il tempo e il modo di consacrarsi al
feminismo, dalla signora Ferrari e dalle signo¬
rine dottoressa Sandeskv e professoressa filasi,
segretaria zelantissima dell’Associazione.
Abbiamo notato fra le congressiste la dotto¬
ressa Teresa Labriola, la fervente propagandista
prò suffragio femminile; la dottoressa Angelica
Volpi e Val cria Denetti; la signorina Romelia
Troise, che si occupa specialmente del lavoro
delle donne addette agli uffici postali telegrafici
c telefonici; una specie di onorevole Canipa-
nozzi in gonnella; la signora Romilda Bizzarri
che si interessa dell’organizzazione delle sartine
o lavoratrici dell’ago, le quali, soltanto alla ca¬
pitale, ammontano a diecimila; la professoressa
Guglielmina Ronconi che all’elevazione morale
della donna concorre coll’opera e colla parola
tenendo frequenti conferenze tra le ininenti for¬
mose di Trastevere.
Ricordiamo inoltre la professoressa Tripisciano,
la dottoressa di Vestea, la signorina Chievo, le
signore Lollini, Ronzio-Vaglia, Massetti-Moraldi,
de Vincentiis, Zeppettì-Dobelli, un’oratrice for¬
midabile quest’ultima per facilità di parola e per
dialettica. Un’altra congressista nata, che sa te¬
nere soggiogato il pubblico e conosce il segreto,
anche in momenti burrascosi, di arginare la di¬
scussione è Linda Malnati, una veterana delle
organizzazioni milanesi, la quale insieme colla
signora Carlotta C le ri ci e colla dottoressa Mar¬
gherita Ancona rappresentava la Lega per gli
interessi femminili di Milano.
Il giornalismo e la letteratura femminile erano
rappresentati al congresso da Paola Grasson
Baronchelli (donna Paola), l’autrice di “ Una fi¬
glia del Secolo „, di “ Io e il mio lettore „ e di
altre pubblicazioni, la quale dal banco della pre¬
sidenza, attraverso l’inseparabile lorgnette, rac¬
coglieva impressioni sulle diverse fasi del con¬
gresso e sui vari atteggiamenti delle sue sorelle
in Èva per qualche suo indiavolato articolo po¬
lemico, intervenendo con qualche frase tran-
citante nella discussione soltanto quando questa
minacciava di straripare in modo allarmante. E
accanto a donna Paola ricordiamo la professo-
ressa Cagli della Pergola di Ancona, la quale
sotto il pseudonimo di Fiducia, scrive brillanti
articoli fenrnisti e di varietà; Teresita Guazza-
roni, la giovine poetessa umbra già cara a Vit¬
toria Aganoor-Pompili, e Teresa Salvatori, la di¬
rettrice del Giornale per la donna, un’oscura
eroina del giornalismo femminile che al suo fo¬
glio, nell’interesse dei postulati del feminismo,
sacrifica tutta se stessa e ogni suo avere.
Al convegno di Roma — come in tutti i con¬
gressi feministi che rappresentano un movimento
d’avanguardia — erano prevalenti notevolmente
le congressiste rosse, alcune delle quali appar¬
tenenti a partiti politici organizzati; non man¬
cava una rappresentaza dell’ala destra, le cosi¬
dette congressiste azzurre quali la contessa Spal¬
lati, presidente del congresso feminista del 1908,
la marchesa Lucifero, la marchesa Pellicano e
qualche altra.
E allorché la discussione su qualche argo¬
mento minacciava di prendere una piega poli¬
tica, le due correnti — quella tradizionalista
delle azzurre, e quella avvenirista delle rosse
— si manifestavano in modo evidente dando
luogo a qualche conflitto che veniva tosto com¬
posto dagli elementi direttivi dell’ “ Associazione
per la donna „ la quale — come ebbe a dire la
Diasi — rappresenta una passerella tra il passato
c l’avvenire.
Al congresso parteciparono come congressi¬
sti muniti di tessera, anche parecchi rappresen¬
tanti dell’ “ eterno mascolino brutale „, di quel
sesso ritenuto prevaricatore rispetto alla donna,
il quale rese invece il dovuto omaggio alle fe¬
ministe rivendicatrici dei loro giusti diritti. Vi par¬
teciparono fra gli altri i deputati Lucifero, Sca¬
lori, Musatti, Bocconi, Podrecca, Miliani: que¬
st’ultimo anzi, appartenendo ai partiti d'ordine,
presiedette la seduta in cui si discusse del suf¬
fragio femminile.
L’on. Miliani, il noto industriale della cartiera
di Fabriano, non è un convertito dell’ultima ora
al suffragio femminile c promise alle congres-
sistc il suo appoggio per l’elettorato alla donna
quando la questione verrà portata di nuovo alla
Camera. Al Parlamento italiano, in tutti i ritrovi,
siedono deputati favorevoli al suffragio femmi¬
nile: dall’on. Mirabelli all’on. Luzzatti, dall’ono¬
revole Pantano, all’011 Sonnino, dall’on. Turati
all’on. Orlando c all’on. Lacava.
Lo stesso on. Giolitti, come capo del governo,
ebbe a dichiarare che “ in realtà la questione è
di grandissima importanza e l’interessamento di
tutti gli oratori di qualsiasi parte della Camera,
e di qualunque partito, basterebbe di per se
stesso a darne la prova „.
Ma intanto ancora si ignora — come ebbe ad
osservare una congressista, la professoressa Men-
garini — se Fon. Giolitti che pure è disposto
ad accordare il voto politico agli uomini analfa¬
beti, ha le stesse disposizioni almeno verso le
donne alfabeto.
— Sarebbe un vero oltraggio per noi — ag¬
giunse la marchesa Pellicano, con bell’impeto
sdegnoso — se la nuova legge elettorale Gio¬
litti escludesse le donne mettendoci alla pari
dei delinquenti!...
Non era presente in quel momento Sua Ec¬
cellenza Fon. Galiini, sottosegretario al ministero
di grazia e giustizia che era però intervenuto
alla cerimonia inaugurale del congresso e come
rappresentante del governo e come noto fautore
della rivendicazione del femminismo.
Compirà Fon. Giolitti, colla complicità degli al¬
tri membri del governo, compreso il feminista
on. Galiini, il supremo oltraggio temuto dalla
marchesa Pellicano c dalle altre congressiste,
escludendo le donne dal voto politico?
Non diamo una risposta immediata, per non
sfrondare continuamente troppe illusioni.
Pertanto una Commissione di donne è stata
nominata coll'incarico di portare i " desiderata „
dell assemblea — anche nei congressi femminili
si adoprano di queste brutte parole — alla Com¬
missione parlamentare che si occuperà della ri¬
forma elettorale.
Sfrondato di certe superfluità e di certi ec¬
cessi, il movimento feminista in Italia rappre¬
senta un fenomeno di notevole importanza che
gli uomini politici e i sociologi non solo come
singoli, ma come collettività, devono prendere
in seria considerazione.
Le donne, per loro confessione, non vogliono
una lotta di sesso; intendono soltanto occupare
quel posto che a loro spetta di diritto. Non
hanno intenzione, da quanto pare, di rubare im¬
pieghi, onori, dolcezze ai signori uomini. Il vero
desiderio delle donne è che sia riconosciuta la
loro personalità, che la loro intelligenza sia va¬
lutata al suo giusto valore, che sia concesso a
tutte di rendersi indipendenti, economicamente
e moralmente da un giogo troppo gravoso, giogo
che non pesa soltanto sulle bianche e tor¬
nite spalle delle feministe perchè è maschile,
ma essenzialmente perchè è strumento di ser¬
vitù.
Così concepito il feminismo non è concezione
di poche novatrici eccentriche od esaltate, ma
fenomeno sancito dalla storia, creato ove mag¬
giore è la civiltà.
In un avvenire prossimo o lontano — così
profetizzò Erminia Devoto in una sua patriot¬
tica conferenza sul “ Feminismo italico „ tenuta
durante il congresso — ascenderà trionfalmente
in Campidoglio.
Quale acconto agii onori dell’avvenire il Sin¬
daco di Roma invitò le congressiste a un rice¬
vimento appunto in Campidoglio offrendo loro
una tazza di tè.
Ed altri ricevimenti e feste e serate speciali
vennero organizzate in onore delle feministe,
parecchie delle quali assai leggiadre ed eleganti
e non insensibili agli omaggi dell’altro sesso.
Giacché feminismo non significa rinuncia alla
feminilità.
Aggirandomi fra il gaietto sciame delle con¬
gressiste mi venivano in mente queste parole
che si leggono in un volume di battaglia:
“ Tutte le donne senza eccezione cambiereb¬
bero le nozioni filosofiche, culturali, educative e
pedagogiche di cui si vuol ingollarle per un
libretto che trattasse a fondo questa questione:
di quali sortilegi usarono le grandi incantatrici
amate sino alla follia e al delitto. „
Parole certamente di un uomo e di un uomo
ferocemente antifeminista.... No; è invece la con¬
fessione di una donna e di una donna accani¬
tamente feminista, Leonia Bernardini Goestedt,
Fautrice della “ Revisione dei valori delle donne „.
Giovanni Biàdene.
ALL’ESPOSIZIONE DI ROMA
La Sala di Mariano Benliure.
S. M. il Re ha inaugurato, nel Padiglione del¬
l’Arte spagnola a Valle Giulia) la Sala d’onore.
Le pareti magnificamente decorate da quadri di
Cartonerò, di Moreno, di Enrique Serra, di José
Benliure, di Sotomayor, di Sorolla sono degna
cornice all’opera scultoria di Mariano Benliure
che a questo grande cimento dell’ Esposizione
romana si è preparato con tanto nobile ar¬
dore.
La sala è dominata dal Coclo : grande gruppo
in bronzo in cui è rappresentato un tragicissi¬
mo momento della corrida. 11 toro furibondo ha
rovesciato il picador e il cavallo che gli giac¬
ca mo sotto: ma mentre il torero tentando di
salvare il compagno afferra la coda della belva,
questa col terribile corno ha già investito l’uo¬
mo caduto: il cavallo moribondo, in un folle
impeto di dolore e di vendetta, alza la testa per
mordere l’enorme corpo belluino che gli pesa
sopra. Terribile e impressionante gruppo, in cui
il realismo pittorico dell’azione è magnificamente
raggiunto: la scena di terrore e di pietà fa ma¬
ledire il truce spettacolo, ma è tale il fascino
dell’arte che la stupenda drammaticità dell’azione
incatena e conquide lo spettatore....
Mariano Benlinre, nato a Valenza circa qua-
rant’anni fa, ha già in molte città della Spagna
collocate opere monumentali: ma egli è, d’affe¬
zione, cittadino romano. Qui egli diresse, prima
di Villagas e prima di suo fratello José, l'Acca¬
demia spagnola del Gianicolo: qui egli ritorna
immancabilmente ogni anno, non sazio mai di
ammirar la bellezza del Paese e la magnificenza
dei capolavori dell’arte.
Ma se questi nutriscono il suo spirito,- e per¬
fezionano la sua tecnica, egli rimane spaglinolo
di anima; basta guardare questa meravigliosa
“ Danzatrice zingara „ in cui il flessuoso corpo
ha tutti gli incanti della più maliziosa civetteria,
e la voluttà spira dai provocanti occhi e dalle
movenze finemente lascive.
A. C.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
275
R O Al A. I L C () N G R H SSO
F E M I N I S T A.
art n>
Bizzarri
Orlarti
Alale Juja.
t! orma.
(Schizzi di G. Biadette.)
2 7 6
L E ESPOSIZIONI DEL 1911
TORINO. Il grande salone nel Palazzo del Giornale e della Stampa, inaugurato il i 5 luglio (fot. Pomari).
IL PALAZZO DELLA STAMPA A TORINO.
(Notti ti cor rispondenza.)
18 luglio.
Tutto si riesce a fare a questo mondo — an¬
che completare un’ Esposizione come questa di
Torino. Ora L’Esposizione è completa — e il
complemento glielo ha dato sabato l’inaugura¬
zione del Palazzo della Stampa — un grande e
bello edilìcio non destinato a sparire — un pa¬
lazzo che rimarrà.
Ancora prima dell’inaugurazione una folla di
invitati si aggirava per gli stando, ammirando,
curiosando, comprendendo in piccola parte i se¬
greti di quest’arte febbrile- clic muta sempre,
sempre si rinnova, con energie novelle, lanciando
per il mondo idee, ammonimenti di quest’arte
vertiginosa, che simile ad un cinematografo pre¬
senta le umane vicende, suscitando la curiosità,
l’interesse, la lacrima, il sorriso.
Tomaso Villa, vecchio giornalista di sessanta
anni addietro, così riassunse nel suo efficace di¬
scorso cosa è, cosa ha voluto essere il Palazzo
della Stampa all' Esposizione di Torino.
“ All’arte della stampa i di cui prodotti penetrano egual¬
mente nella casa degli umili come in quella degli abbienti;
che l’atta libro o giornale o semplice loglio, è accolta con
affettuosa premura nella scuola, come nel laboratorio, nelle
case e nelle stesse vie del più piccolo Comune, ed ali¬
menta in tutti i suoi minuti rapporti la vita intellettuale,
politica, economica della Nazione; che diffonde colla più
meravigliosa rapidità e nelle più remote plaghe il pensiero
che nasce solitario nella celta dello studioso, andando ad
accrescere ogni giorno il patrimonio intellettuale del Paese;
“ A quest’arte nobilissima che nelle officine di produ¬
zione associa ad altissimi intendimenti le varie energie
del pensatore e dell’operaio, che educa la pubblica opi¬
nione, manti ne le fedi, incoraggia le benefiche iniziative
ed anche nei suoi traviamenti e nelle sue aberrazioni, se¬
condo la storica frase- del Mirabeau, simboleggia la 'ancia
di Achille che piaga c risana;
"A quest’arte, infine, che raccolse il grido di dolore c
della riscossa contro le male signorie e che col suo lin¬
guaggio eloquente invocò le sante riparazioni ed ebbe i
suoi martiri ed i suoi eroi;
“ A quest’arte noi sentimmo il dovere di elevare un tem¬
pio ed invocare su di essa e sui suoi cultori l’omaggi >
della Nazione intera ponendo alla vista del pub! lico l’im¬
menso progresso al quale pervenne ed i mirabili apparec¬
chi di azione dei quali si è arricchita.
“Abbiamo voluto qualche cosa di più, abbiamo voluto
cioè che la nostra rassegna sia viva ed animata e rievo¬
cando la ricostruzione storica di un’officina medioevale
prima gloria dei nostri Comuni, abbiamo notato le prime
orme impresse da quei sommi maestri che superando con
grande alletto le imperfezioni dei mezzi meccanici riusci¬
rono tuttavia ad essere i gloriosi pionieri della nostra
civiltà.
“ 11 progresso fu continuo, incessante, d’ogni giorno. 11
torchio fu con molti stenti soverchiato da una prima mac¬
china embrionale, c la macchina stessa fu in breve tra¬
vagliata dal bisogno di raggiungere una perfezione ancora
indefinita, ma che la trasforma ormai in una specie di
creatura vitale che raccoglie nel moto contemporanco dei
suoi innumeri congegni le energie illuminate c concorrenti
di centinaia di operai.
“ E come epilogo del vasto e geniale lavoro ci siamo
proposti di mettere sotto gli occhi del pubblico l’organi¬
smo vivente di quell’istituto che rispecchia fedelmente la
vita nazionale in tutta la sua operosità, in tutte le sue
speranze, nei suoi bisogni, nei sentimenti che la dominano,
vogliamo dire: Il Giornale periodico. Un giornale citta¬
dino, la cui origine risale ai giorni del grande risveglio
nazionale e nelle cui file militarono uomini preclari e bat¬
taglieri instancabili alla difesa delle libere istituzioni, tras¬
porta le sue tende in questo palazzo e con mirabile esem¬
pio di sacrificio apre agli occhi del pubblico l’interessante
spettacolo della sua elaborazione. „
E l’assessore Romba, completando il discorso
di Tomaso Villa aggiunse:
“ Il giornale nella vita febbrile dell’oggi nessuno di noi
può dispensarsi dallo scorrere avidamente ogni giorno, nei
ritagli di tempo che ie occupazioni nostre ci concedono, e
in pochi momenti ci informa di tutto quanto avviene giorno
per giorno, ora per ora su tutta la faccia della terra!
“ Quale altra industria od arte ci dona un prodotto si¬
mile? „
E il ministro delle poste e telegrafi, Calissano,
parlando a nome del Governo così si espresse:
“ Forse per la prima volta —• c non in Italia soltanto
— in una gara cosi solenne di lavoro, fu all’arte della
stampa ed al giornale eretto uno speciale e grandioso tem¬
pio, come questo, dove tu te o quasi si raccolgono le
espressioni di quella che in sulle prime fu la fede dei
pochi, ed è ormai fede univer ale, la forza divina del¬
l’uomo pensieroso rapidamente e largamente difiusa; espres¬
sioni che dai ricordi dei primi, umili, incerti tentativi per
la confezione del loglio cartaceo, greggio e scolorilo, per
la iormazione dei segni e caratteri, per la loro regolare
composizione, per la impressione prima, per la correzione,
per la impaginatura c la tiratura; operazioni tutte dap¬
prima confuse e concentrate in scarsi mezzi od in poche
persone, giungono fino alle meravigliose, superbe e quasi
incredibili creazioni di meccanismi per la improvvisa tras¬
formazione del legno in eleganti fogli, pronti a tutte le
varietà di colori i più smaglianti, di macchine indescrivi¬
bili, vertiginosamente rotanti, quasi insensate e pure pre¬
cise come un perfetto cronometro, possenti c indomabili
come una forza piti che sovrumana, e pure docili e pronte
al cenno di una debole mano; tutte suddivise fra loro per
sapiente e mirabile divisione del lavoro, e ad un tempo
coordinate in un colossale, gigantesco accordo di armonie
rumorose, armonie rispondenti in tutte le lingue della
terra alle incessanti invocazioni dell’intelligenza, ai fre¬
miti non interrotti della volontà e della curiosità umana
chiedente, non più a lunghi o brevi intervalli, ma in ogni
ora, in ogni momento: — Che v’è di nuovo?
“ Nell’anno sacro alle memorie del nostro Risorgimento,
e dopo tante celebrazioni di nomi, d’ istituti, e di fatti,
non poteva non mancare questa glorificazione del giornale;
di questa stampa che, prima ancora delle proclamate li¬
bertà, ebbe nelle sue file, accanto ai minori ma ugualmente
ferventi i più alti, i pi il degni cooperatori delle nostre
riscosse; di quella stampa che sempre, e nelle ore di spe¬
ranza e in quelle di dubbio, nei pericoli delle impazienti
audacie e in quelli degli indugi timorosi, quando gli animi
degli italiani, uniti nell’altissimo fine, erano però discordi
nei metodi e nei mezzi, ma si imponevano le ardite riso¬
luzioni, sempre vigilò sulle fortune della nostra Italia. „
Finiti i discorsi, autorità ed invitati avviavansi
alla visita delle gallerie e degli stands di questa
mostra originale ed interessantissima, dovuta,
principalmente al fermo, tenace proposito del
conte Delfino Orsi, direttore della Gazzetta del
Popolo , che qui ha piantate — nel cospetto del
pubblico — le sue tende, e di cui è veramente
un trionfo.
Ma il Palazzo della Stampa è anche il palazzo
— non solo del giornale e della Gazzetta del
Popolo ma di tutta l’arte contemporanea della
stampa; è il palazzo della carta, il palazzo della
tipografia, il palazzo del libro, e tutti gli aspetti
di questa nobile industria vi sono rappresentati,
e tutte le grandi manifestazioni grafiche ed edi¬
toriali d’Italia vi hanno il loro stand e la loro
degna rappresentazione.
Così, ora, T Esposizione di 'Torino è davvero
fatta — i visitatori accorrenti da ogni parte
cT Italia valgano a renderla compiuta !
Giorino.
50 années triomphal succés: contre les TOUX usez.des Pastiiles Marchesini
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
277
R O M A. A L L E S P O S I Z I O N E
E T N O G R A F I C A.
Il Palazzo delle Scuole, dei Cimelii, il Padiglione Toscano e delle Marche.
Il Padiglione Toscano testé inaugurato (fot. Pisolili).
ROMA. LA MOSTRA DI M A R I A N O 55 B E N L U R E ALL'ESPOSIZIONE DI BELLE ARTI.
Il magnifico gruppo del toro.
K 1 T R A T T 1.
TORINO. ATTRAVERSO I
I X T E R N O D E L 1 ’ A I) 1 G L I O X E D E L LA RePU B B L I C A A R G E N T INA.
Interno del Padiglione degl'Itali ani all’Estero
padiglioni dell’esposizione.
N E L V I L L A G G IO M E D IOEV A L E.
(Fot. ’ltcves.)
Una sala del Padiglione Tedesco.
282
LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 1 1
Nella Galleria delle Esperienze elettriche a Torino,
La Galleria delle Esperienze elettriche inau¬
gurata alla nostra Esposizione e la dimostrazione
chiara ed evidente che i progressi fatti in breve
volgere di anni dalla scienza elettrica si sono
talmente imposti e radicati colle grandi manife¬
stazioni della vita moderna da richiamare l’at¬
tenzione non solo degli studiosi ma anche dei
profani.
L’elettricità è alla base del mondo, dicono i
filosofi del pensiero elettrico; l’elettricità spie¬
gherà il segreto della costituzione dell’universo,
sentenza del lord Kelvin; l’elettricità gitterà il
ponte tra la vita e la morte, dimostrerà l’unità
assoluta delle energie naturali, ripetono molti
altri, mentre il mite Galileo Ferraris con mente
e cuore di poeta scrive che l’elettricità è “ l’a¬
gente vivificatore che tramanda dal sole alla
terra colla luce c col calore la magìa dei colori
e l’alito della vita, che partecipa al cuore il pal¬
pito del mondo esterno, che sa trasmettere all’a¬
nima l’incanto di uno sguardo o di un sorriso,,.
Questi pensieri si fanno ancor più alla mente
visitando l’interessante galleria delle Esperienze
elettriche, presentata dal Comitato Esecutivo
della nostra Esposizione, ma ideata ed organiz¬
zata con giusto criterio tecnico e scientifico e
con entusiasmo geniale dal prof. Riccardo Arno.
In detta mostra v’è tutto un volo d’idee mira¬
bili, di alte divinazioni: vi è il compendio in¬
teressante di tutta la storia dell’elettricità: tal¬
ché non si può a meno, rievocando gli inizi di
questa scienza, di ricordare la piccola sgambet¬
tante rana del Galvani, maraviglioso batrace che
apre tutta una serie di miracoli, precorre Volta
divinatore della Pila, ed è punto di partenza
verso un domani che s’irradierà coi nomi glo¬
riosi di Lentz, Faraday, Ampère, Maxwell, I Iertz,
Ferraris, Pacinotti e mille altri.
La Galleria così come è disposta e divisa serve
molto bene ad addentrare il visitatore nei sacri
misteri dell’elettricità, perchè nei vari scomparti
figurano solo quelle esperienze fondamentali e
tipiche che sono alla base dei vari rami dell’e¬
lettrotecnica.
11 campo Ferraris è presentato in forma piana
e nuova dall’Arnò: i cilindri metallici (posti a
distanza dal magnete percorso dalla corrente
polifase) roteando con grande velocità stanno a
dimostrare l’esistenza nello spazio di forze mi¬
steriose, occulte, la presenza di un ingranaggio
etereo, di una catena invisibile che l’uomo può
creare, ma non sa divinare. E l’Arnò, accanto
all’esperienza di Babbage, presenta l’applicazione
della scoperta del Ferraris alla trasmissione del¬
l’energia a distanza, servendosi di un piccolo
modello che dovrebbe riprodurre quei grandi
sistemi di trasmissione c quelle grandi lince
elettriche che scendono dalle nostre Alpi, tra¬
versano colli e distese, e portando per ovunque
vita e moto, rinnovano le glorie del sole ca¬
lante, sopprimendo così i contini che dividono
la notte dal giorno. E nello stesso scomparto
che il professore Artom espone il suo campo
rotante ad alta frequenza, ottenuto colla cor¬
rente di scarica di un condensatore ed utiliz¬
zando la risonanza fra campo primario e secon¬
dario; campo a diagramma dittico aperto (a dif¬
ferenza di quello di Ferraris) e che è tuttavia
capace di porre in rotazione un motore del tipo
di gabbia di scoiattolo.
L’Arnò, nello scomparto attiguo a quello de¬
dicato a Galileo Ferraris, mette invece in rilievo
l’importanza scientifica del campo elettrico ro¬
tante, nel quale alla corrente alternata è sosti¬
tuita una differenza di potenziale, ai conduttori
un dielettrico e che è tuttavia capace (qui sta
la bellezza del fenomeno) di compiere un lavoro
meccanico senza corrente di conduzione.
E quasi per concessione logica di idee vicn
fatto di ricordare l’entusiasmo col quale il Tesla
si e accinto a risolvere il problema della tras¬
missione dell’energia a distanza costruendo nel
lontano Colorado gigantesche torri di acciaio,
veri centri di irradiazione, collegati a complessi
sistemi generatori : torri che ricordano tutta una
storia di audacie e di illusioni, ma che dimo¬
strano pur sempre le tendenze degli studi mo¬
derati in questo campo. Tentativo audace quello
del Tesla, è vero, ma non illogico perchè lo
stesso problema in un altro campo ed in un al¬
tro ordine scientifico è stato praticamente ri¬
solto dal Marconi colla telegrafìa senza fili: il
Marconi stesso in apposito scomparto espone
gli apparecchi più recenti e perfezionati basati
sul principio della sintonia, quali sono usati co¬
munemente nelle stazioni radiotelegrafiche mar-
coniane. Davvero è meraviglioso pensare come
l’uomo abbia saputo dominare in certo qual
modo lo spazio etereo: è infatti nella scoperta
del Marconi che l’etere s’impossessa della pa¬
rola umana e ne diventa gentile messaggero per
portarla lontano, traverso ai continenti ed al¬
l’oceano infinito. E mentre Bellini e 1 osi colla
bussola azimutale 1 Iertziana risolvono il pro¬
blema di determinare a distanza la posizione di
stazioni radiotelegrafiche mobili, Poulsen nello
scomparto quattordicesimo mostra in funzione
un apparecchio che serve a produrre le onde
elettriche continue e persistenti usate nella ra¬
diotelegrafia e radiotelefonia.
Non meno geniale ed interessante è il “ Con-
vector „ che il prof. Rossi espone nello scom¬
parto secondo, apparecchio di estrema sensibi¬
lità fondato pure esso come quello di Poulsen
sulle leggi della risonanza, ma nel quale per la
prima volta sono applicate le proprietà magneto-
elastiche di un sottilissimo filo di ferro vibrante
sotto l’influenza di perturbazioni elettriche pe¬
riodiche ad esso consonanti. Sempre nel campo
delle trasmissioni a distanza il prof. Kòrn colla
telefotografia risolse uno dei problemi più diffi¬
cili dell’elettrotecnica: mercè l’apparecchio Kòrn
(scomparto nono) i disegni, le fotografìe, le fat¬
tezze umane, traversano per centinaia di chilo¬
metri i labirinti misteriosi della materia e dopo
di essere stati scomposti, deformati, tornano,
nella stazione ricevente, a ricomporsi in linea
armonica per riprodurre fedelmente il modello
originale. Questo sistema basato essenzialmente
sulla variabile conduttività del selenio in rap¬
porto alla sua illuminazione, permette di ripro¬
durre a Berlino le fotografìe di una cerimonia
o di un fatto successo pochi minuti prima a
Londra od a Parigi, e fa prevedere in certo qual
modo la risoluzione del problema della televi¬
sione, problema certamente difficile ma che verrà
affrontato vittoriosamente nel futuro. Perchè è
storia ormai risaputa che l’uomo non si arre¬
trerà mai davanti ai misteri che circondano l’es¬
senza dell'elettricità, e che cercherà con tutte le
sue forze di scoprire l’intima ragione per la
quale la materia spostata davanti alla materia e
circondata da un cam¬
po magnetico può es¬
sere sede di energia
elettrica, e di trovare
perchè questa energia
che passa muta e so¬
lenne in un semplice
conduttore materiale
può in certe condizioni
assurgere a fantasti¬
che manifestazioni e
diventare luce, calore,
suono e movimento.
È il desiderio di pe¬
netrare tanto mistero,
che spinge sui sentieri
di scienza, quasi in ga¬
ra di corsa, il poeta,
il filosofo e lo scien¬
ziato, e li fa concordi
nel tentare di carpi¬
re le eterne querele, le
misteriose canzoni che
1’ atomo sussurra alfa-
tomo vicino.
Tra i grandi pionieri
di questi studi trovia¬
mo l’illustre senatore
Righi, il vero precur¬
sore e maestro di Mar¬
coni. Infatti il prof. Ri¬
ghi in forma sperimen¬
tale (scomparto quarto)
dimostra la identità di
natura fra le onde lumi¬
nose e le onde elet¬
tromagnetiche, mentre
mediante tubi ad aria
rarefatta combina delle
esperienze geniali sui
raggi magnetici da lui
scoperti, raggi che es¬
sendo generati in un
campo magnetico pare
contengano, sia pure
transitoriamente, dei si¬
stemi binari analoghi
alle stelle doppie e ri¬
sultano ciascuno da un ione positivo e da un
elettrone negativo mobile l’uno intorno all’altro.
Deduzioni queste maravigliosc nelle quali ve¬
diamo ioni ed elettroni seguire con bontà ed ob¬
bedienza la volontà dell’uomo e come tanti solda¬
tini di reggimenti misteriosi prestarsi a fare il
salto mortale o quello di testa, secondo la na¬
tura della energia che devono produrre. Come
corollario di tali studi stanno le esperienze re¬
lative alla scarica nei tubi a gas rarefatti quelli
di Rontgen, mercè le quali l’elettricità concorre
a semplificare il difficile compito della medicina
pur sempre restando la grande datrice di vita e
di morte; le esperienze brillanti del Tesla ( com¬
parto primo) ottenute mediante correnti aventi
la frequenza di circa un milione di alternanze
ed il potenziale di parecchie centinaia di migliaia
di wolts: quelle del radio : quelle sulle proprietà
magnetiche dell’aria liquida e molte altre, tutte
disposte con genialità e grandiosità.
Nella stessa galleria delle esperienze, quasi a
dimostrare l'assoluta unità delle energie natu¬
rali, troviamo presentate da Duddell l’arco can¬
tante nel quale la luce si fa suono e parola e
può ripetere dolci nenie o ritmi giocondi; tro¬
viamo Poulsen, che col telegrafono, mediante
piccole perturbazioni magnetiche, dona vita ad
un semplice filo di acciaio e lo rende atto a
ricevere i messaggi telefonici per custodirli ge¬
losamente: apparecchio interessante dal punto
di vista tecnico e scientifico nel quale vediamo
il magnetismo, l’elettricità, il suono, il movimento
e la materia concorrere all’unisono per cogliere
la vibrazione del cervello umano, materializzarla
e trasmetterla immutata alle età venienti.
Ed è in cospetto di fenomeni di tale interesse
ed importanza che il visitatore della Galleria delle
Esperienze anche se profano, non può a meno
di entusiasmarsi della bellezza e grandiosità della
scienza elettrica, la quale sola potrà risolvere i
grandi problemi che ancora tormentano l’uma¬
nità: cosicché ben si potrebbe, sul frontespizio
del padiglione, scrivere a caratteri d'oro il motto
fatidico del morto filosofo napoletano: “Qua il
solco, qua il seme, qua la spiga „.
Gian Giacomo Ponti.
(D.i La Siam fa.)
A ssociazione aperta
air Edizione Popolare Illustra ta
Vittorio Emanuele
PRIMO RE D’ITALIA
LA VITA NARRATA DA
Giuseppe MASSARI
ILLUSTRATA DA
Edoardo e Fortunino MATANIA
Per la severità del dettato, per la serenità storica, per la copia
dei fatti e dei documenti coscienziosamente raccolti e vagliati dal¬
l’autore — che vide molto da vicino uomini e cose — l’opera di
Giuseppe Massari è ad universale consenso giudicata un capo¬
lavoro, l’opera fondamentale che piti compiutamente rappresenta
la vita del gran re, iUempo in cui egli visse, gli uomini che lo circon¬
davano, gli eventi ch'egli creò o seppe dominare per la fortuna d’Italia.
Come per il Garibaldi, anche in questa nuova edizione del Vit¬
torio Emanuele, che è di lusso e popolare ad un tempo, le magni¬
fiche composizioni dei Matania, che sono veri quadri, vengono date
fuori testo, in modo da poter anche essere messi in cornice. Ciò forma
la caratteristica ed il lusso di queste nuove edizioni illustrate.
Ogni dispensa è composta di 8 pagine di testo, e 4 pagine
fuori testo, in carta matata, contenente due quadri .
Ogni dispensa così composta costa solo 10 centesimi.
. ‘ Associazione a serie di dieci dispense : Una Lira . ==•
bono uscite VENTIDUE dispense.
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
2 83
ROMA. li. Padiglione della Serbia (tempio di Cossovorea) alla Mostra di Belle Arti.
IL TEMPIO DI COSSOVO.
11 Padiglione della Serbia, all'Esposizione di
Roma, ha la forma di un tempio nobilmente
barbarico “ il tempio di Cossovo „ — rotondo
e vigilato da una sfinge di arcaica fattura.
Il tempio non è ancora. Sarà.
Sarà per ricordare non una vittoria, ma una
disfatta, quella di Cossovo (1839); disfatta, ma
che temprò il popolo Serbo, vinto dal turco, alla
piti eroica delle secolari resistenze fino alla vit¬
toria finale (1804) e gli diede il dono imperituro
della gloriosa fra le epopee, quella spontanea,
sorta dall’animo di tutta una gente che al canto
affidò i ricordi e la suprema speranza, al canto
dei “ guslari „, poeti ciechi ed erranti come
Omero.
I guslari cantavano del grande re Lazaro
morto a Cossovo e fatto santo, e del grande fi¬
glio di re, Marco, il potente, il mitico Marco, cui
fu sacra ogni lagrima della sua gente e non
morì, ma dormì solo nei secoli oscuri in attesa
cleU’appello del suo popolo, quando l’ora giun¬
gesse.
'Putta una epopea espressa in frammentarli
canti nelle “ gusle „ fu tramandata così per se¬
coli da ciechi e vecchi poeti che recitavano alle
adunate genti dei villaggi, condotti essi intorno
da fanciulli scalzi.
Signore dei canti, Marco Craglievic, Marco il
figlio di re; l’eroe nazionale che, come ebbe
dalle “ vile „ — ninfe e valchirie a un tempo
delle terre bosniaca e serba — l'annuncio della
morte imminente, salì un monte, levò la spada,
recise il capo al suo cavallo “ che in mano turca
non cadesse ruppe in quattro la spada, e
si sdraiò a terra sotto un abete e giacque: giac¬
que sino al giorno della risurrezione.
Poiché egli doveva, dopo il sonno dei secoli,
svegliarsi e si svegliò, e guidò il suo popolo
alla vittoria, il tempio di Cossovo sorge a onore
suo e del popolo che coi fiori della sconfitta
seppe, lento ma sicuro, preparar le corone della
vittoria.
L’estrinsecatore di questa idea grandiosa fu
un giovane, giovane e gigante, artista bosniaco :
Ivan Mestrovic.
Egli volle evocare l'anima di una razza e pre¬
sentarla nelle linee di una nuova marmorea epo¬
pea: merito suo il concepimento quasi sovru¬
mano, merito del governo e del popolo serbo
l’aver compreso quale possanza aggiunga alla
dignità di una giovine nazione l’apoteosi del¬
l’arte.
E così la Serbia ha |retto a Roma il primo
modello del “ tempio di Cossovo „ — severo
altare eretto all’anima di una nazione — e ha
chiesto a Roma per esso il primo battesimo fi¬
duciosa che il senso suo nazionale e religioso
sarebbe compreso, in un al di là delle nuove
sue linee architettoniche e decorative.
E Roma ha compreso e plaude, e il plauso
suo profondo è bene per avere valore di com¬
pleta consacrazione.
Completa consacrazione anzitutto del genio di
un artista di sovrana potenza quale è Ivan Me¬
strovic, il quale per anni lavorò solo, alla sola
luce della sua alta speranza a creare tutto il
popolo di statue da lui, col miracolo nuovo, su¬
scitate.
Egli veramente, — si può affermarlo senza
esagerazione — “ trasse dalla profondità dei se¬
coli e dai profili dei nudi monti della sua terra,
gli eroi, i martiri, le vedove, gli orfani, tutto il
mondo di un popolo sepolto dalla catastrofe che
Io avvolse „ ed eresse le statue _ popolatrici di
questo “ tempio in frammenti simili ai canti spez¬
zati della sua gente „.
L’interno del “ tempio „ è fatto a croce latina.
Oltre l’entrata sono due file di cariatidi di tipo
arcaico fra l’assiro e il miceneo, ma aventi sti¬
lizzato nelle linee dei volti sigillati, il profilo
della gente serba.
In vari reparti dell’interno sono quadri, sia
dell’epopea di Cossovo — la lotta di Marco col
turco e la proclamazione di Marco al popolo serbo
— forti e nobili lavori di '1'. Krizmann; sono
tele e pastelli e acquarelli di V. Balie, di Retar
Pocek, il poeta del paesaggio montenegrino, di
Mirko Rochi: ma, conviene affermarlo una volta
per tutte, il popolo di statue del Mestrovic do¬
mina l’interno del “tempio,, quale leit-motiv as¬
soluto.
Al centro, sotto una rotonda, è gigantesca la
statua equestre di Marco, l’eroe mitico, che nel¬
l’epopea del passato, con la sua gente dormì il
sonno greve, e con essa si destò.
Esso sembra uscito d’improvviso, così come
era aspettato, dal suolo stesso del popolo eroico.
e una vera meravigliosa, sovrana forza d’unità
in questa massa grandiosa, dove cavallo e ca¬
valiere sembrano creati d’un colpo, da un gesto
di volontà!
Intorno a questa rotonda sono, negli spazi
delle porte, teste di turchi di fattura e verità
nuove, sorrette, nei quadri in cui stanno, dalle
tristi, piegate figure degli schiavi serbi.
Nelle crociere del tempio è il posto degli eroi,
degli schiavi, delle vedove — degli eroi com¬
battenti e feriti, furenti nell’impeto come Milos,
supremi nell’ odio come Sergio “ dal cattivo
sguardo „ (il capolavoro del Mestrovic) — delle
vedove, taluna con l’orfano bambino fra le brac¬
cia, tal’al tra assorta nella stupidità del dolore o
nell’angoscia delle ricordanze.
E in queste figure femminili, ove il tipo della
razza appare comune, la plastica potenza del
Mestrovic si afferma supremamente vittoriosa.
Egli è nel modellare impareggiabile; ed altre
cose sue sparse (come il ritratto del padre e
della madre, due tecniche opposte) ne sono ri¬
prova eloquentissima.
Ivan Mestrovic ha una tecnica straordinaria¬
mente interessante: specie nelle grandi figura¬
zioni allegoriche l’uso degli elementi dell’arte
assira (vedi il cavallo di Marco) della pre-elle-
nica (cariatidi c teste femminili) e della roma-
nico-gotica è evidente.
Così quelli del maturo rinascimento e della
recente tecnica rodiniana, nei nudi di donna e
nei ritratti.
Ma tutti questi elementi sono riassorbiti eri¬
creati dalla sua potenza d’artista clic sente na¬
turale il bisogno di assimilare tutti gli elementi
di “ forza „ sparsi nelle tecniche dei tempi e
luoghi che conobbe.
E così attraverso la forza che Ivan Mestrovic
giunge alla sua mèta di perfezione.
Questo “ tempio „ in cui egli si leva gigante
lo afferma; questo tempio che gli consente il
privilegio, che nei secoli pochissimi artisti hanno
conosciuto (e di cui il merito è stato quasi tutto
suo) di collocar la sua opera di scultore in rap¬
porto e nell’armonia di una linea d’architettura,
che a un tempo la completa e si completa con essa.
Con il suo padiglione, con questo “tempio,,,
sembra che il giovane popolo balcanico abbia
voluto chiedere a Roma una sanzione più so¬
lenne di quella dell’Arte (fatta qui piti che fine
a sé, strumento di nobile adorazione: quello della
religione della terra natale) la sanzione, alla ma¬
dre della civiltà d’occidente, della sua rinnovata
vita civile.
Il caso è degno e solenne: e in tutta la sua
grandezza e importanza esso fu bene prospet¬
tato dal principale ordinatore della mostra Serba.
Egli scrisse infatti, nella monografia, che tale
mostra dichiara e illustra: “la visita che il po¬
polo Serbo fa oggi all’Italia — ricordante la pro¬
pria gloriosa liberazione dai domini stranieri e
la sua consolidazione in uno Stato grande e
degno dell’immortale suo passato, ha significato
di somma importanza sociale e storica. Giacché
la Serbia, rappresentante ora tutta la cultura
della sua stirpe sparsa dal Danubio all’Adria, e
fino alle porte del Bosforo fatato, stringe in
questo fausto giorno la mano fedele e potente
di Roma, capitale del Regno d’Italia, sovrana e
madre dei popoli, ed appella al suo genio e al
suo cuore, onde l’avvenire della nazione Serba
abbia guarentigie sicure e simpatie feconde nella
via salutare di pacifico progresso e di civiltà.
“ I legami che ora si riannodano fra l’Italia,
erede dì Venezia, padrona dei mari, e la Serbia
tendente ad aprirsi la via del benessere presso
quello stesso mare, che diede vita e gloria in
tempi remoti alla sua stirpe, divengono, nell’a¬
poteosi dell’arte mondiale a Roma, realtà vi¬
vente che nè tempo, nè cangiar di vicende umane
potranno mai distruggere.... „
Arnaldo Cervesato.
284
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
Mostre della “
I_ -
più grande Italia
IL A. UVE ^ R I HST
a Torino.
LA MARINA.... PRESSO IL VILLAGGIO ALPINO. - I MARINAI MUSICI. - RIVISTA NAVALE A DOMICILIO.
- LE MEMORIE DELLE
“ DANTE „. - MARINI
Chi ricordi il padiglione della Marina che si
innalzava superbo dinanzi al visitatore, appena
sceso dalla ferrovia aerea in Piazza d’Armi, al¬
l’Esposizione di Milano del 190Ò, può trovare
modesto il palazzetto della Regia Marina che si
presenta al visitatore dell’Esposizione torinese
del 1911, subito dopo l’ingresso del Valentino,
non lontano dal Ponte Monumentale, quasi di¬
rimpetto al grande salone dei festeggiamenti. Ma
la modestia, in fatto di Marina (c sopra tutto di
Marina da guerra) è sempre relativa.... Non ap¬
pare, sopra il palazzo, il grande Faro che nel 1906
NAVI DI BATTAGLIA. - IL GIOCO DI GUERRA.
STRANIERE. - GUGLIELMO AMMIRAGLIO. -
simboleggiava la forza della nostra armata au¬
dace e vigile, ma si scorge — non lontana —
l’antenna radiotelegrafica di una stazione Mar¬
coni, quasi a render più vivo il contrasto con
un vicino, poco affine, del padiglione marinaro:
il villaggio alpino!
Anche il palazzo della Marina, sobrio ed ele¬
gante, è opera degli ingegneri Fenaglio, Molli e
Salvadori, i costruttori della Esposizione: i la¬
vori furono affidati all’impresa Quadri e Colombo,
e la costruzione fittizia è in legname, stuoie e
stucco. Ma la costruzione non è tutta fittizia,
IL CANNONISSIMO.... DELLA
NAVIGARE È NECESSARIO.
poiché si adatta in parte ad una galleria centrale
già esistente, e permanente: la gloriosa Palestra
Ginnastica fondata nel 1844 sotto gli auspicii
di Re Carlo Alberto: la prima palestra sorta
in Italia.
E, complessivamente, l’area occupata dalla
Mostra consta di quattromila metri quadrati:
una superficie ragguardevole.
La vigilano, all’ingresso, i marinai d'Italia nelle
candide uniformi, sperduti un poco in questo
parco del Valentino ombroso e fronzuto : a sera
quando la Mostra si chiude, escono dalle sale
Il Padiglione della Marina.
interne, si raccolgono nell’atrio, guardano il gaio
sciame delle signore torinesi che si affolla verso
l’uscita (siamo sul viale del passeggio aristocra¬
tico), e uno di loro — un meridionale, certo —
prende in mano una chitarra c tenta le corde
nervosamente, risuscitando i ritmi d’una musica
paesana.
Di giorno i marinai, sempre pronti, girano per
le sale, integrando con la loro presenza la ca¬
ratteristica mostra, e danno chiarimenti ai visi¬
tatori, alle visitataci, e sopra tutto ai fratelli
d arme — i soldati dell’esercito, che con parti¬
colare interesse affollano le gallerie per studiare
la vita dei loro compagni. Dànno chiarimenti, e
vigilano affinchè non si prendano note! A me
toccò di essere ripetutamente chiamato all’or¬
dine da un bel pezzo di cannoniere, cui pareva
segnassi le caratteristiche della nostra artiglieria!
Una spia, forse — pensava —; e ignorava, fi bravo
soldato, di aver a che fare con un onesto naziona¬
lista, piuttosto tenero per il suo paese e per le
forze di terra e di mare che ne sono il presidio....
Dopo una sosta nell’atrio non grande, in cui
sono raccolte di riviste tecniche e di atti par¬
lamentari relativi alla marina (tutta la tempesta
suscitata dalle amare Convenzioni marittime è
fermata in alcuni grossi volumi), entriamo nella
galleria principale, la navata maggiore del no¬
stro tempio del mare. Lungo iì cornicione si
svolge una teoria di stemmi delle città marinare,
piuttosto copiosa, talché mi vien fatto di cre¬
dere che — per esser comprese nella nobile
schiera — le città marinare (ricordate il bel
poemetto clic le magnifica, dell’Aleardi ?) non
avranno dovuto lottare, come le città storiche
lottarono per esser rappresentate nella base
scultoria del monumento a Vittorio Emanuele
in Roma....
E, nel centro della sala, gigantesca portata
servita sul tavolo di un banchetto pantagrue¬
lico, ci si affaccia tutta la flotta. Mi spiego: la
mensa ha 1 aspetto d'un placido mare di vetro
azzurro (calma cipa, bonaccia, come la chiamano
i marinai di Liguria), e sul mare navigano —
stando ferme —tutte le unità della nostra flotta.
E insomma la grande rivista navale di Spithead
a domicilio, con la consolazione che la flotta è
tutta italiana. I modelli, schematici ed eleganti,
sono dell 1: 100, disposti su due linee di fila:
in testa la ìrimeria, l’yacht del Re, batte la
bandiera azzurra dei Savqja: scafo chiaro, ca¬
lcila agile di nave di diporto, contrastante con
le t ai ene rudi delle navi di battaglia e con gli
sca * ! dipinti di grigio lucente. Tutte le torpedi-
njeie della flotta, in numero sterminato, riem¬
piono gli interstizii del mare libero fra un co¬
losso e 1 altro. Le precedono i bellissimi des-
troyers nuovi, del tipo Granatiere.
Ed ora non abbiamo che a socchiudere gli
occhi, ed a compiere mentalmente il famoso
sforzo dell’ imagine guardata a traverso un can¬
nocchiale capovolto: possiamo credere di pas¬
sare in rassegna la flotta italiana dalle alture di
Spezia o dai bacini di Taranto. Possiamo cre¬
dere, ma sperare difficilmente che un giorno o
l’altro una fiotta simile si muova per una grande
impresa....
Ecco, all’avanguardia, gli scouts, gli incrocia¬
tori esploratori, che non sono ancora in isqua-
dra (il primo sarà varato il 19 agosto a Vene¬
zia): i velocissimi Quarto, Marsala, Nino Bi.xio,
bei nomi di audacia garibaldina; le quattro “ dread-
noughts „ enormi (finora è in acqua soltanto la
prima: la seconda scenderà in mare il io ago¬
sto): la Dante Alighieri; la Conte di Cavour, la
Leonardo da Vinci c la Giulio Cesare. E final¬
mente ecco le navi di battaglia che solcano già
1 i O O
da tempo le nostre acque: la divisione delle co¬
razzate modernissime la Napoli, la Roma, la
/ ittorio Emanuele e la Regina Elena : bei tipi
di transizione dalla corazzata agile del periodo
precedente la guerra nippo-russa alla corazzata
odierna: e la Vittorio Emanuele , la Napoli, ed
altre hanno già una storia: quella degli aiuti
recati a Messina dopo il terremoto....
Poi la divisione dei quattro incrociatori co¬
razzati — San Giorgio, San Marco , Pisa ed
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
285
Amalfi — che non hanno storia: la Pisa parve
dovesse più volte gettar l’àncora a Tripoli o a
Bengasi, la San Marco ritorna ora dalla rivista
navale deU’incoronazione del Re d’Inghilterra,
ma anche questo tipo — elegante e pure non
felicissimo (troppo lento come incrociatore, trop¬
po debole come corazzata) — passerà senza
storia, fra anni, nella nostra riserva.
Infine, altre corazzate di squadra, le gemelle
Benedetto Brin e Regina Margherita , due navi po¬
derose ai loro tempi, e le due gemelle minori, la
Emanuele Filiberto e VAmmiraglio di Saint-Bon,
che porta invano sul cassero la scritta ammo¬
nitrice: “ Exemplum ejus ducet,,; e ancora la
squadra dei tre incrociatori corazzati, Garibaldi,
Ferruccio, Varese, che tutte le marine del mondo
vollero copiare: ricordate il (ristaimi Colon degli
spaglinoli, il Belgrano degli argentini, il Fustiga
dei giapponesi?"Fratelli tutti di questi nostri, c
usciti da cantieri nostri....
Seguono gli snelli incrociatori protetti, YA-
gordat e il Coatit, e nel primo pare ancora l’eco
del viaggio in Crimea, e nel secondo 1 attesa di
maggiori glorie afr cane di quella ricordata dal
suo nome.... Ancora la squadra un po' tozza delle
tre corazzate Sicilia, Sardegna e Re ( mberto,
che erano per nascere quand io nacqui, c che
vanno — poverette — già in riposo: si studiano
in questi giorni i progetti delle navi che le sosti¬
tuiranno. Accanto a loro, incrociatori ormai tardi,
il Marco Polo, il / 'citar Pisani, il Carlo Alberto,
scandinavo, lo llvalen , che venne a. ti o.vai ci
dalla Spezia l’anno scorso in una stazione^ bal¬
neare, ripartì improvvisamente e sapemmo giunto
pochi giorni dipoi nel Mare del Noid....
Nelle gallerie laterali i consueti modelli,_ in
grandezza naturale, di cabine d’ufficiali e d in¬
fermerie navali; esemplari di materiali di bordo;
piani di navi; attrezzi e modelli ili coi azze, ap¬
parecchi metereologici e carte marine; siimi 1
lanciasiluri. Nella sala estrema, a smisti a, su un
»ran tavolo, il gioco di guerra: vale a dire il
modello delle grandi tavole marine su cui gli
ufficiali di stato maggiore muovono come pe¬
dine le piccole unità simboliche delle grandi
unità navali: gioco che attende da un giorno
all’altro di tradursi in atto sanguinoso....
Ancora qualche modello ridotto di macchina
motrice; il reparto statistico ed educativo del¬
l’Accademia navale di Livorno; c finalmente la
seconda galleria interessante della Mosti a. quella
delle artiglierie.
1 modelli in grandezza naturale di tutti i ca¬
libri sono qui: ecco il pezzo da 76, fisso sul¬
l’affusto del ponte; e il gemello, da 76, smonta¬
bile e collocabile (minima unità di tiro! sull af¬
fusto a ruote per le operazioni di sbarco; ecco
il pezzo da 76.50; da 120; da 190; il famoso
2o3, che fu per tanti anni la forza degli incro¬
ciatori corazzati (se non erro, a Milano, la Cer¬
che fece la famosa campagna radiotelegrafica
con Guglielmo Marconi, e altri incrociatoli sot¬
tili _ 1 superstiti di una lunga schiera — (unto.
Minerva, Partcnope, Tripoli (ahi, nome vana¬
mente augurale, ricordo di un successo dei bauli
nel secolo scorso!): le navi gemelle sono scom¬
parse, vendute or a quella or a questa 1 epubi¬
blica americana. ,
Chiudono il corteggio magnifico le due navi
ausili arie Pronte e Sterope, i quattro guardaco¬
ste Andrea Boria, Dandolo, Italia e Lepanto,
che fecero della marina d’Italia — ai loro tempi
_ la terza marina del mondo; e infine lincio-
ciatore Montebello , nave-appoggio delle ultime
torpediniere. .
Un complesso di trentanove navi di battaglia
idi cui trentadue attualmente in mare), senza cal¬
colare il numero cospicuo del sottile naviglio
silurante che le circonda. . .
E un po’d’orgoglio ritorna nell animo, al 11-
cordo delle numerosissime navi vedute, cono¬
sciute ad una ad una: dalla Benedetto Brinala
Regina Piena, dalla Boria, guardacoste a V e¬
nezia, all’ Italia, nave-scuola dei cannonieri alla
Spezia, dalla Tripoli che mi ospito, alla Conte
di Cavour, accarezzata con gli sguardi nel sue
cantiere genovese, ancoi icii....
Luti Ero i lati della galleria centrale modelli
molto più grandi e tecnicamente perfetti dei
maggiori tipi della nostra marina, in legno od
„ metallo: e persino quello d’un sottomarino
La corazzata “ Saint-Bon
286
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
gono modelli di transatlantici le nostre compa¬
gnie mercantili ; nella Galleria del Lavoro non
mancano le caldaie e gli apparati marini; nella
Mostra dell’Inghilterra e della Francia modelli
di navi costruite dall’industria privata; e sopra
tutto nella Mostra della Germania. La quale anzi
è l’unica che meriti un cenno, oltre il Padi¬
glione Italiano, in questa rassegna marinara del¬
l’Esposizione torinese. E non tanto per i mo¬
delli esposti dai suoi cantieri in una sala del
palazzo d’oltre-Po, quanto per l’apoteosi na¬
vale che è simboleggiata nell’ atrio del palazzo
stesso.
Scendete da uno dei battolimi che percorrono
il fiume, con agilità marina; arrampicatevi su le
scale, entrate nell’atrio; ed ecco vi si para in¬
nanzi la statua d’oro di Guglielmo Imperatore e
Re, in uniforme di grande ammiraglio. Tutto in¬
torno una coorte di navicelle d’argento, simili
ad ex-voto simbolici; in alto, sotto la cupola, un
solo motto ammonitore: navigare necesse; vi¬
vere NON EST N'ECESSE.
Ancora una volta la Germania insegna. Noi
ci siamo dimenticati, nel Padiglione della Ma¬
rina, di mettere Timagine del Re giovine che
dalla Morte fu assunto Re nel Mare....
E Gabriele d’Annunzio, nella Laus Vita', tra¬
duce il vittorioso motto navale latino per altre
genti che non sono le nostre.
La corazzata “ Vittorio Emanuele
Gualtiero Castellini.
maria presentava due 2o3 in batteria nella loro
torretta); e finalmente il 3 o 5 gigantesco, la mag¬
giore unità, che sulle nostre drcadnoughfs ap¬
parirà non più geminata, ma in triplice compa¬
gnia addirittura!
11 modello che a Torino c ammirato comune¬
mente col titolo di “cannonissimo della Dante „
è presentato isolato, fuor della torre, e pesa
tuttavia la bellezza di 64112 Kg.; è lungo 14 ,56
metri; ha una portata di 17500, e imprime al
proiettile una velocità iniziale di 865 metri al
secondo !
Ora, ogni nazione si accontenta di avere una
dozzina di siffatti colossi sulle proprie drecid-
noughts ; l’Italia non se ne accontenta e ha stu¬
diato il modo di averne tredici! Se la Dante
sarà armata cosi, sarà la piti potente nave del
mondo.
La più potente, s’intende, per far rispettare
la pace,...
E usciamo dal Padiglione. La visita è finita.
Non è finita, forse, l’esposizione marinara ai-
fi Esposizione di Torino. Poiché il Padiglione che
abbiamo visitato è occupato soltanto dalla Mo¬
stra della nostra Marina da guerra. Ma.... scam¬
poli di marina d’ogni fatta ne troviamo per ogni
dove.
Nella galleria degli Italiani all’estero, espon-
I primi acquisti dello Stato
all’Esposizione di Roma.
La terza sezione del Consiglio superiore di Belle Arti
ha proposto al ministro dell'istruzione un elenco di opere
che sarebbero degne di essere comperate per la Galleria
di Arte Moderna. Mentre la Direzione generale delle Belle
Arti, e per essa il dott. Arduino Coiasanti, continua le
trattative per comperare opere di Klimt, Besnard, Anglada,
Claus, Mestrovic e Shannon, si possono consideare defi¬
nitive queste altre compere. Fra gli italiani, il Nudo fem¬
minile, dipinto da Antonio Mancini il trittico intitolato Re¬
surrezione, di G. Bargellini, ratfigurante un’allegoria sulle
idee e sul martirio di Giordano Bruno, il Focolare di Fer¬
ruccio terrazzi, il Ritratto dilla signora Innocenti , dipinto
da Camillo Innocenti. Fra gli stranieri il Vecchio arzillo,
di Ignacio Zuluaga, un nudo femminile di Anders Zorn,
intitolato Sulla soglia del granaio ; una marina del Mesdag,
Rito) no dalla pesca; Oreste e le finte di Franz von Stuck;
tre pitture giapponesi: la Vista'di un porlo di Aoyama
Suiko, risiiti di Sakakibara Shiho; Giardini in primavirci
di Kikuchi Hobum.
Sono anche state comprate tre sculture: un marmo del
francese Bartholomc, Ricongiunti a! di là; uno dei migliori
busti del Rodin, que'io dello scultore Dalou, in bronzo;
una statuetta in legno del giapponese Yomehara Unkai,
Offrendo una pietra preziosa. Per queste compere il Governo
dispone di 140000 lire delle quali 40000 sulla dotazione
ordinaria della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, c 100000
d uno stanziamento speciale opportunamente fissato il mese
scorso dal Consiglio dei ministri su proposta dell’onore¬
vole Credaro.
Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza.
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
287
L’ ESPOSIZIONE ETNOGRAFICA A ROMA
COMPLETATA. -1 PADIGLIONI DI TOSGANA,
CAMPANIA, PUGLIE E LIGURIA. - LA SALA
D’ORO DEL CASTELLO DI TORRECHIARA.
(Nostra corrisj ondai za.)
Roma, 15 luglio.
Ora veramente si può dire che la grande Esposizione
Regionale a Piazza d’Artni è completa.
Ieri, venerdì, sono stati inaugurati, alla presenza del
Re, gli ultimi quattro padiglioni mancanti — il Toscano,
il Ligure, il Campano, il Pugliese, e, per giunta, la sala
Rossa o sala d’oro nel padiglione Emiliano.
Nel padiglione Toscano è stata interrotta quella che po-
Ircbbesi chiamare ormai tradizione invalsa negli altri pa¬
diglioni, che hanno riprodotto, collegandoli quasi sempre
genialmente, parecchi tratti fra i migliori delle architet¬
ture regionali. Qui invece la genialità di un uomo, colto,
modesto e ricco di buon gusto, il prof. Ugo Giusti ha
creato, con piena libertà, rifacendosi al carattere insupe¬
rato del rinascimento toscano, un’architettura clic ha tutte
le grazie e tutto il vigore delle arti anteriori, ma è al
tempo stesso, sempre congiunta alle concezioni ed ai gusti
nostri.
L’ingresso principale guarda verso il fiume. Ila un bel
soffitto robbiano su lo spirito della cappella Pazzi. Un
arco elegante sostenuto da colonne dà accesso al vestibolo,
nel quale si aprono tre porte di splendida fattura.
In fondo si accede al salone fiorentino; a destra è la
sala di Grosseto, a sinistra quella di Arezzo.
Sul lato più lungo, in prospetto del piazzale, è un ma¬
gnifico coltile elevato e circondato da un loggiato a co¬
lonne, sempre di rinascimento toscano. In mezzo al cor¬
tile, messo a prato, si ammira una riproduzione del pozzo
di Antonio Rossellino. Il loggiato è aperto su due lati.
In una terrazza da un altro fianco è stato composto un
pergolato con travature su colonne, simile a quello che
si vede al pianterreno del prospiciente padiglione lom¬
bardo; il loggiato, o portico, ricorre, ora visibile ed 01 a
raccolto fra gli avancorpi, lungo tutto il padiglione. Le
finestre poi, le scalee, i portali esterni, le cornici, gli ar¬
chitravi, le modanature ripetono tutti qualche miglior mo¬
tivo della classica architettura toscana liberamente imitato
c sempre con la più gradevole armonia dell’insieme.
Nel bellissimo padiglione toscano, — è soverchio dirlo
— sono rappresentate, oltre a Firenze e Pisa le città, ca¬
poluogo di provincia Livorno, Lucca, Siena, Arezzo c
Grosseto.
La capitale della Maremma è rappresentata specialmente
dalla salctta a destra, nella quale ò rievocato il grande
passato etrusco.
Nel mezzo è riprodotto in piccolo il colossale ipogeo di
Vetulonia scavato nel vivo del monte. Architetto ideatore
della sala è stato il Porciatti.
La sala della Provincia di Arezzo apparisce a sinistra
per la prima a chi, venendo dai Viale laterale della Mo¬
stra di Piazza d’Armi, si avvicina al padiglione toscano.
Una riproduzione della elegante loggetta di Santa Maria
delle Grazie presso Arezzo, il noto gioiello architettonico
di Benedetto da Maiano, ricorre lungo i due lati esterni
della sala, la quale è a due ripiani.
Lassù sono abbondanza di luce e gaio movimento di
lince architettoniche; che contrastano con la penombra c
colla semplicità della parte sottostante che ne è come
la base.
Una cupola clic si slancia alla rispettabile altezza di
ben veidi metri dal pavimento corona quella seconda sala.
Tale singolare disposizione del doppio ambiente non
poteva permettere un libero svo'gimcnto nella decorazione
quale sarebbe stato concesso da un solu vano di forma
consueta.
11 quesito ò stato felicemente risoluto da qucll’impareg-
giabile artista decoratore che è Galileo Chini, il quale, se¬
guendo un concetto di massima già ideato da uno dei
membri del Comitato provinciale Aretino, l’ingegnere Um¬
berto Tavanti, ha dipinto la cupola con motivi d’arte etni¬
sca, trasformandola in una aurea coppa rovesciata di bel¬
lissimo efietto. Nei quattro pannelli sono riprodotte le fi¬
gurazioni di quattro fra le piìi rare monete etnische are¬
tine, una civetta, un vaso con le sei palle rappresentanti
sci once, un elefante ed un canino pomero.
botto questo cielo etrusco, in mezzo il Chini felice¬
mente ha riprodotto la Celeste Chimera, bronzo aretino
nel Museo di Firenze, si svolgono sulle quattro pareti della
sala soprastante, altrettanti paesaggi rappresentanti sim¬
bolicamente le quattro vallate Aretina, il Casentino, la
Val Tiberina, il Valdarno superiore e la Val di Chiana.
In mezzo a ciascuno dei paesaggi campeggia lo stemma
del centro abitalo principale delle singole vallate, oppor¬
tunamente inquartato con quello di Arezzo che, cosi ripe¬
tesi ovunque e si trova affratellato con gli altri senza
emergere da solo in alcuna.
Nella sala inferiore ricorre un altro imbasamento di¬
pinto a riquadri marmorei secondo il gusto degli artisti
aretini del Secolo XV e terminato da un piccolo fregio a
fiori e frutti, copia fedele di un motivo esistente negli af¬
freschi di Piero della France¬
sca di Arezzo.
Una serie di vasi corona que¬
sto imbasamento e dalle loro
bocche infiorate si svolgono
tante cartelle recanti i nomi
immortali degli uomini che
nelle arti, nelle lettere, nelle
scienze, onorarono la regione
aretina.
Nell’Anello del foro circo¬
lare che divide l’ambiente in¬
feriore dal superiore è il motto
di Tacito; " Ulteriora mirari
- Praesentia segni „ a ricordare che non è soltanto alle
glorie passate che mira la provincia di Arezzo, ma sib-
bene anche alle presenti.
11 gran salone centrale, dedicato a " Fiorenza che sem¬
pre rinnovella,,, sarà il centro di ammirazione del padi¬
glione, la sala per concerti, conferenze, riunioni.
I'. un salone magnifico, ispirato a quelli del t 5 oo in
Palazzo Vecchio, e con un assai bel soffitto.
Dalla parte dell’ingresso è una cantoria su colonne, con
bassorilievi che imitano quelli della sagrestia del Duomo
c con tralori vcrrocchiani. Da un lato si ammira la ele¬
gantissima porta dei gigli di Benedetto da Maiano. Vi sono
le statue di Giuliano c Lorenzo dei Medici, di Donatello
e Michelangelo, Giuditta e San Giorgio del Donatello.
Dalle pareti pendono tre grandi preziosi arazzi auten¬
tici. Compiono l’arredo del salone alcuni colossali c bel¬
lissimi mobili antichi, tavoli, sedili, dei cancelli in ferro
battuto, il Dante, originale del 1400, che costò lire 24 000
e una pregevolissima edizione della Divina Commedia.
Nell’alto delle pareti alcuni affreschi di imitazione, inp-
presentano i fiorentini dell’antichità che vengono a fare
omaggio a Roma.
11 salone fiorentino è lungo 32 metri, largo 1 5 , alto 17.
Nel fondo gira ad abside ed è dedicato a Pisa.
Per Pisa hanno lavorato lo scultore Gaetano Caslrucci,
il pittore Francesco Manetti.
Due sale ha Livorno, una al pianterreno per Livorno
antica, l’altra al piano superiore per la moderna Livorno
navale.
La prima riproduce il corpo di guardia nella fortezza
vecchia medicea, con vecchie armi, attrezzi marinareschi
stemmi e gonfaloni della città. Penile dal soffitto il mo¬
dello di una caravella.
L’altra sala ò guarnita di artiglierie moderne e di mo¬
delli di navi da guerra e piroscafi mercantili. Autore il
professore Calza.
Salendo al primo piano si arriva alla sala di Lucca, per
la (piale hanno lavorato il prof. Campetti, direttore della
Pinacoteca, l'architetto Bernardini, lo scultore Pctroni, il
conte Cenami.
Oltre al padiglione toscano, propriamente detto, vi è
qui un Padiglione di Siena. La patria della Pia de’ To-
lomei doveva erigere tale padiglione suo nel 1906 a Mi¬
lano, per rappresentare tutte le bellezze della sua arte
edilizia ed ornamentale. Il progetto, dell’architetto senese
Mariani, non potuto attuar allora, fu tenuto in serbo, ed
a Roma esplicato, facendone una sezione speciale del Pa¬
diglione toscano.
11 Padiglione senese è, davvero, una meraviglia, com-
plctatrice del grande Padiglione toscano, nel quale veg-
gonsi anche, a rappresentare Massa Carrara, un bellissimo
pavimento in marmo, e inoltre due torsi di marmo di
Limi ; un affresco, allegoria dello scavo c del trasporto
della pietra; una caratteristica della triplice finestra, ri-
produzione di altra esistente a Carrara, insieme dovuto
all’architetto Bonanno
Tutt’insieme cosa degna di Toscana, dell’Italia, della
Gran Madre Roma, alla quale rivolgonsi i versi di Chiari
Davanzati, ripetuti sulle pareti della Sala di Firenze:
Dolci- a gaia terra fiorentina
fontana ili valore e di piacenza
fior ile l'altre Fiorenza.
Qualunque ha più saver ti tien Reina
formata fue di Roma tua semenza.
K da Dio solo data la dottrina
di piacimento e di valore ornata
in sana aire et in gioia formata.
Diletto d’ogni bene et abondosa
gentile et amorosa
imperatrice d’ogni cortesia.
Dopo il Padiglione toscano fu inaugurato quello del a
Campania, c non si può descriverlo meglio che adoperando
le parole pronunziate davanti al Re dal Sindaco di Na¬
poli.
“ Questo Padiglione ha lo stile caratteristico settecente¬
sco della Regione Meridionale, stile clic a Napoli, centro
c cuore del Mezzogiorno d’Italia, assunse forma complessa
e compiuta, rispondendo ali’organismo collettivo del po¬
polo, nelle sue varie manifestazioni di quel secolo nel
quale la letteratura, musica, architettura, pittura, impron-
taronsi tutte ad una nota di gaia eleganza o di leggiadria
sontuosa.
“Le tre sale laterali sono dedicate alle tre Regioni Cam
pania, Lucania, Calabria c la grande Sala Centrale tutte c
tre le congiunge, dedicata cornee alla sintesi del pensiero
e dell’arte meridionale, tra il Rinascimento ed il Secolo
decimo ottavo, riploducendo le figure di Torquato Tasso
e Giovan Battista Marini di Porpora e Alessandro Scar¬
latti, di Fanzaga e Vanvitelli, di Mattia Preti e Solimene,
di Merliano e Sanmartino, di Giovan Battista della Porta
e Giovan Battista Vico, circondato dalle figurazioni sim¬
boliche delle varie arti e de'la scienza.
“ Una commissione artistica presieduta da Giovanni Tc-
sorone, che di sì caldo amore ama l’arte, ideò l’opera che
inauguriamo, Pafcliitetto Curri fii pari a se stesso nel tra¬
durre con l’arte sua il geniale concetto. Gli architetti Guerra
e Stampa progettarono la parte costruttiva ed il Guerra
ne diresse la esecuzione.
“ A Francesco Jerace si deve la parte plastica figurativa
ornamentale, a Vetri a Volpe e De Sanctis la parte figu¬
rativa della decorazione pittorica coadiuvati da una sellerà
eletta di giovani artisti che nobilmente seguono la tradi¬
zione dell’arte n poletana. „
Dopo una rapida visita al Padiglione della Campania il
Re passò al vicino Padiglione pugliese.
Questo padiglione fu incominciato a costruire soltanto nei
giorni in cui in Piazza d’Armi già si inaugurava-o i pri¬
mi Padiglioni.
Rappresenta la sintesi dei migliori monumenti pugliesi
ed è tutta una armonica composizione dei motivi archi-
tettonici dei capilavori clic riflettono con fedeltà, nella
storia dell’arte, la storia civile di Puglia dal dominio greco
al normanno, da questo al glorioso regno degli Svevi, che
delle Puglie fecero la regione piìi ricca, piìi potente, più
colta d’Italia.
Nulla che ricordi la decadenza avvenuta nella prima
metà della dominazione Angioiana per la infiltrazione de¬
gli elementi francesi. Dell’arte della rinascenza, sui motivi
veneti e medioevali della regione si ha un ricordo nel
Padiglione con la riproduzione dell’interno della volta del
castello di Conversano.
L’edificio' copre un’area di circa 5 o 3 metri quadrati, l’al¬
tezza della torre raggiunge i 18 metri, mentre quella del
padiglione non supera i i 3 . II prospetto si presenta con por¬
tico a colonne c capitelli del Castello di Bari ; al piano
superiore il magnifico csaforato della storica cattedrale di
Bitonto, sormontato da un ricchissimo fregio della Catte¬
drale di Bari, all’ala destra dell’osservatore la bella torre
di Gioia del Culle. Il lato nord rappresenta la faccia bel¬
lissima di casa Balsamo di Brindisi; al lato ovest gli ar¬
chi incrociati delle cattedrali di Molletta e di Giovinazzo ;
a primo piano una finestra della Cattedrale di Conversano
distrutta nell’incendio del io luglio.
Nell’interno del padiglione un cortile dà adito alla sca¬
linata del Castello di Gioia del Colle, su esso affaccia una
elegante finestra del seminario di Traili. Al Iato sud un
sistema di archetti di Santa Maria di Siponto e motivi
decorativi della cattedrale di Foggia; nell’interno le porte
di San Francesco di frani, di San Giovanni di Brindisi, di
San Francesco di Anùria e di Castel del Monte.
Progettista ingegnoso del Padiglione è stato l’archi¬
tetto Angelo Pantaleo ispettore dei monumenti alla so-
praintendenza di Bari, coadiuvato dall’ingegnere Ettore
Patrono.
La mostra ò stata diretta dal prof. Gervasio, direttore
del Museo di Bari, dal prof. Quagliati direttore del Museo
di Taranto, dall’architetto Panta'eo, e da Giuseppe Ba¬
sti na.
Terminata la inaugurazione del Padiglione pugliese, il
Re, sempre a piedi, si recò al Padiglione ligure. Quivi,
fra autorità, deputati, rappresentanze, prese per tutti la
parola il comm. Zimino. Del superbo edificio riproducentc
le magnificenze di Genova, di questo padiglione, ha ben
detto il suo autore, l’architetto Borzani così; “Noi ab¬
biamo elevato un edificio che serve ad un’idea di bellezza!
Non ò una casa per abitarla, non è una fortezza per espu¬
gnarla, non è un tempio per pregarvi l'idolo; essa serve
solo ad un’idea di bellezza e di tale sia l’idolo dei nostri
cuori „.
Nel Padiglione ligure era espos'.a ai pubblico l'opera
Il Banco di San Giorgio compilata ed edita sotto gli au¬
spici del Consorzio Autonomo. 11 volume riccamente illu¬
strato, figurava nella sala di San Giorgio, clic è una fe¬
dele riproduzione della Sala del Capitano del Popolo. 11
libro ò diviso in due parti: nella prima l’avv. Marengo
espone sulla scorta di documenti in gran parte inediti il
congegno finanziario delle Compere di San Giorgio: nella
seconda il prof. Pcssagno illustra i particolari artistici del
Palazzo, ed il prof. Manfrone dice della Marina c delle
Colonie di San Giorgio.
Ultima inaugurazione del giorno 14 fu quella della
Sala d’Oro nel Castello di Torrechiara — tutto un canto
d’oro e di colore, un sogno di arte delicata e spontanea,
degna dei meravigliosi pittori quattrocenteschi. La fece co¬
struire il condottiero Pier Maria Rossi, in omaggio alla
donna amata, Bianchina Pellegrini Arluno. Gli uffresehi
delle mura rappresentano il primo incontro alla Corte di
Milano avanti il rqSo, poi la ferita di amore, l’ofìerta
della spada, quella ultima della corona di lauro al prode
condottiero vittorioso. Le figurine poetiche della vòlta mo¬
strano la castellana Bianca in veste da pellegrina, mentre
v : sita gli immensi posse-si ed i castelli dell'amante. In¬
torno alla donna gentile scintillano i soli simbolici c le
fiamme d’oro di casa Rossi, mentre stille mura si svolgono
i motti di “ eterna fede „ c di “ degno amore „ e in basso
le pareti splendono per le ricche mattonelle dorate e di¬
pinte. L'architetto marchese Cusani ebbe l’incarico di ri¬
produrre alla Esposizione di Roma, tutto quel poema di
luce e di colore.
Il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
10 luglio. — Roma. 11 Re \isila l’Esposizione a Valle Giu¬
lia, trattenendosi nei padiglioni serbo, francese ed
ungherese.
„ „ Torino. All’Esposizione nella sezione delle macchine
inaugurala la galleria delle esperienze elettriche or¬
ganizzata e diretta dal prof. Riccardo Arnaud.
11 „ Venezia. Partenza dei motoscafi della gara autonau¬
tica per Roma.
t 3 „ Torino. Prima assemblea del Congresso degli impie¬
gati ferroviari.
— Da Racconigi la regina Eletta si è recata cui prin¬
cipini a Torino a fare una rapida visita in automo¬
bile attraverso l'Esposizione.
14 „ Roma. Il Re a Piazza d’Armi ha inaugurati i nuovi
padigliohi 'della Toscana,'della'Liguria, della Cam¬
pania, delle Puglie c la sala rossa o d’oro, del Pa¬
diglione emiliano.
1 5 „ Torino. .Inaugurato solennemente il Palazzo della
Stampa e del Giornale.
16 „ — Arriva da Parigi la m ssione abissina.
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI - Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO MEMBRO DELLA GIURIA
283
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
MOVITA [ ETTERARIE
li edizioni treves I—✓ oscile nel primo semestre del 1911
Romanzi e Novelle
Ha lumi'.
I DIVORATORI, romanzo di AlDll'e Vlvanti- . 5 —
LA CITTÀ DEL GIGLIO, di Dora Melegari . . 5 —
NEL DESERTO, romanzo di Grazia Deledda . 4 —
DUELLO D'ANIME, romanzo tli Neera ... 4 —
DONNE E FANCIULLE, di Luciano Zuccoli. . 3 5o
GUERRA LONTANA, romanzo di E. Corradini 3 5o
STORIE DELL'AMORE SACRO E DELL’AMORE PRO¬
FANO, del colile- Tomaso Gallarati Scotti 4 —
LA MESSA DI NOZZE, di F. De Roberto . . 3 —
L'ALBERO DELLA SCIENZA, di F. De Roberto. 3 —
LE FIABE DELLA VIRTÙ, di Alfredo Panzini. 3 5o
LA VOLUTTÀ DI CREARE, di Luigi Capuana. 3 5o
IL BACIO DELLA CONTESSA SAVINA , romanzo di
Antonio Caccianiga. Nuova ediz. in-8 ili. 2 —
ADOLESCENTI, romanzo di Luigi Matari . B A.-7*. »>j. X
L'ULTiMO SOGN3, romanzo di Flavia Steno . [B.A.-viili. 1 —
RINÀSCITA, leggende e fantasie di Corrado Ricc : [13. A -80<>J l —
ELDORADO, romanzo di Guglielmo Anastasi . [B.A.-8I2j. 1 —
Stranieri.
LA FIERA DELLA VANITÀ (Vanity Fair), romanzo
di Tiiackeray. Tre volumi. 6 —
LEA. romanzo di Marcello Prévost.3 —
FEDERICA, romanzo di Marcello Prévost . . 3 —
WACCjNTI D..LLA PAMPA, di Manuel Ugartj [J3.A.-7«7|. 1 —
Li FANCIULLA DALLE PERLE, di Ride.- Hagcjard ILA. £00 . 1 —
GIOVANNA E GIOVANNI, (li F. De Nion . . IB.A.-fOl . 1
FRA DUE COGNATE, «li Mhs Braddon . . (B.A.->03I. l —
CATTAGLIE INTIME, di Pietro Boborykin . |B.A.-8o7j. 1
Lettere ed Art i
RITRATTI D’ARTISTI ITALIANI, di Ugo Ojetti.
Con 14 fotografie.4 —
Al iclicl ti. Si'Monili. Ma ri uh Pictor. Dalbono. ( 'arcano. Pisi olii.
Fai tori. Trenino' alo. Fragi&como. Serra. Pellizsjft. Ettore
Tito l'nlandvn. riardi.
GLI UOMINI CHE HO CONOSCIUTO, di L. A. Vassallo
(Ga n doli n).3 5o
CONFERENZE, di Antonio Fradeletto. . . . 3 5o
Maialila (Parie. Ini volonlà come Forza so iale. I.a lo ie-
intani e la Malattia d'arie. Le idealità della scienza. La
psicologia della Ietterai ara italiana.
NELL’ARTE E NELLA SCIENZA, di Scipio Sigitele 3 5o
L amore e la mori»* nrH'ojiera (li Maurizio liarres. Leg¬
gendo Balzar. I tipi femminili nell’opera di Gabriele d'An-
iiunzio. La Nave, Gabriele d’Aniiunzio o la folla. La tri¬
stezza conlemporanea. L'elogio della malattia. L’elogio
delia nmnzogna. Itomaiiticismo depravatore.
L’OPERA STORICA DI GUGLIELMO FERRERÒ E I
SUOI CRITICI, di Corrado Barbagallo. . . 3 —
SPERANZE E GLORIE. - LE TRE CAPITALI (Torino-
Firenze-Roma), di Edmondo De Amicis . 2 —
LETTERE A FRANCESCA MARITATA, di Marcello
Prévost.3 —
Attualità c Politica
LA FINE D'UN PARLAMENTO e la DITTATURA DÌ
UN MINISTRO, di Antonio Fradeletto . . 1 —
LA SPAGNA E IL VATICANO, lettere s/uu/nuole di
Romolo Murri. 2 —
DALLA MONARCHIA ALLA REPUBBLICA, lettere/mr-
toyhesi tli Romolo Murri. 2 —
Storia
GIUSEPPE MAZZINI. EPISTOLARIO INEDITO
(1836-1864). In-8. 10 —
FRANCESCO CRISPI: I MILLE. In -8 . . . .10 —
MEMORIE DEL GENERALE KUROPATKINE, trad. dal¬
l'originale russo (sequestrato in Russia). IO —
VITA DI GARIBALDI, narrata ai giovani da Euge¬
nio CllCGClli. I 11 - 8 , illustrato.4 —
MEMORIE della baronessa Olimpia SDVi0. 2. voi. ~ 3()
DA SAN MARTINO A MENTANA (Ricordi di un vo¬
lontario), di Giulio Aliamoli.N uova ediz. pop. 2 —
Teatro e Poesia
IL MARTIRIO DI SAN SEBASTIANO, mistero di
Gabriele d’Annunzio.35o
IL MANTELLACG10, poema dr. di Sem Benelli 3 —
TIGNOLA, commedia dram. di Selli Bsneili . 3 —
I COLLOQUI, liriche di Guido Gozzano . . . 4 —
CANZONI AL VENTO, di A. G. Barrili (opera posi.) 5 —
I SENTIERI E LE NUVOLE, poesie di G. Givinini 4 —
SEMPRE COSÌ, dramma di E. A. BUTTI . . 4 —
NEL PAESE DELLA FORTUNA, di E. A. Butti 3 —
L'AMANTE IGNOTO, poema tragico di Amalia Gli-
Blielminetti. 4 —
COMMEDIESPAGNOLEdiS.eG.AlvarezQuintero 3 —
Ifaini'i' ' *1 1 o passa. I tiori. I (talco'ti. Li | • ni.
ph /ivrenr 1 nr Nuova tradir/., di Diego Angeli.
SHAKESPEARE, volume i-. la tempesta 2 —
Scienza
ANNUARIO SCIENTIFICO E INDUSTRIALeTw^
XI. Vi I-t 810 ), diretto dal prof. AUUUStO Righi io —
SCIENZA COMPARATA DELL’EDUCAZIONE, del pro¬
fessor Saverio De Dominicis. Due voi. in- 8 . 23 —
IL BAGNO D’ARIA, del dottor Lalllliann, con prefa¬
zione ed aggiunte del dottor A. Clerici . 2 —
IL LIBRO DELLE GIOVANI SPOSE, del dottor Fran¬
cesco Stura. 2 —
Viaggi
IL DIARIO DI UN VIANDANTE. Dal Deserto alMar
Glaciale, di Antonio Beltramelli . . . . s_
LA CONQUISTA DEL POLO SUD (Il cuore dell'An¬
tartico). del luogotenente E. H. S 11 a Ck letO II . 3o—•
LA OPERTA DEL POLO NORD,di R. E. Peary. t5 —
TRANS-HIMALAJA (Scoperte ed avventure nel Tibet),
del dottor Sven Hedin.25 —
Varia
INDICE DI TRZNTACINQUE ANNI DELL’ "ILLUSTrT-
ZIONE ITALIANA (Voi. I a LXX - 1873-1908) . 20
Dirigere commissioni o vaglia ai Fratelli Treves, editori, Milano.
Splendida pubblicazione:
Storia d’Italia
NARRATA DA
Francesco Bertolini
illustrata da
L. POGLIAGHI e E. MATANIA
Storia di Roma
dalle origini italiche /ino alla
morte di Teodosio il Grande.
Illustrata da Lodovico Foglia¬
gli!. Un longilineo volume di 700
paginein-foliocon231 dis. L. 20 —
Legato in tela e oro. . 30 —
Ediz. di gran lusso in-folio. 40 —
In tela e oro e fagli dorati 50 —
Vi sono ancora alcune copie del¬
l’edizione in-8. Bellissimo volume
di 1060 pagine riccamente illu¬
strato da 230 disegni, legato alla
bodoniana.20 —
Legato in tela e oro. . 25 —
Medio Evolti
barbariche fino a tutto il 1300.
Illustrato da Lodovico Poglta-
ghi. Magnifico voi. in-folio di 720
pag. con 16 grandi quadri. 45 —
Legato in tela e oro. . 55 —
Il Rinascimento
eie Signorie Italiane( 1300-1300)
illusir. da L. Fogliagli!. Splen¬
dido volume di 000 pagine in-fo
lio con 73 quadri. . . . "0 —
Legalo in tela e oro. . 46 —
Il Risorgimento
Italiano ( 1815 ^ 870 ),
lllustr. da Edoardo Matania
Nuovacdizioneiu-folio di 826 pag.
illustrato da 103 quadri . 20 —
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La colpa soave,
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ptSt. Un volume in 16
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Vaglia agli edit. Treves, Milano.
CHI VA Al BAGNI-
o alla campagna, o si motto in viaggio, non trascura di portarsi qual¬
che libro per lo oro d’ozio o di noia elio non mancano mai. Oggidì, con
tanfo varie c bollo produzioni, o’ò imbarazzo nella scelta. \ i piacciono
10 novità alla moda, che hanno levato grando rumore nel mondo?
Ecco il romanzo della Vivanti 1 , il mistero di (l’Annunzio -), il romanzo
nazionalista di Corradini % il romanzo storico della Mologari '), le no¬
vello delizioso del Zòccoli '), il poema tragico della Cuglielminetti '*).
Preferite romanzi sentimentali e drammatici ? prendete l’ultimo romanzo di
Grazia Deledda, A T d deserto (L. 4 ’, l’ultimo diNoora, Due'lo d’anime tL. 4 ),
11 nuovissimo di Do Roberto, La Riessi <li nozze (L. 8 , 50 ), le novelle di
Capuana 7 ), le Storio amorose del conto Callarati Scotti tra il sacro od
il profano*), lo Fiabe delia Viriti, di quel potente umorista oh’è Alfredo
Panzini (L. 3 . 50 ), un romanzo a sensazione di Elavia Stono ").
Volete ridere semplicemente senza pensarci sopra ? Prendete tutto Can-
dolin, cominciando dalla Guerra in tem/io di li gai (b. 2). e le Nove!e
g ije di Folchetto(L 3 , 50 ), e il Capitano Tv malate'mài Giulio Bechi (L. 3 , 50 '.
Volete qualche cosa di casto e puro per lo vostre ragazzo? Potete
prenderò (piasi tutto il Do Amicis, tutto il Castel nuovo, tutto di Grazia
Deledda, specialmente Anime oneste (L. 3 ), VAngelo ili bontà del Xievo (L. 1).
tutta la Werner.
In fatto di teatro la più grande novità del giorno è.... il vecchio
Shakespeare nella nuova traduzione di Diego Angeli. Per ora non o’ò
che la Te n/ieda, in edizione elegantissima (L. 2).
Nel teatro moderno Sem Benelli dà il suo quinto dramma 10 ), Butti
duo nuove commedie fortunatissime n ), Tumiati fa seguire il Curio Alberto
dalla Giovine Italia (L. 3), Praga ristampa il suo capolavoro La ]\foglie
Ideale (L. 2). Vi raccomando ancora il teatro di Riccardo Selvatico rac¬
colto ed annotato da Antonio EradeIetto 1:i ),e quattro commedie spaglinolo
dei fratelli Quieterò Alvaroz riunita in un volume 1 -1.
Volete argomenti più scrii, ma sempre trattati in modo brillante?
passerete delle ori 1 deliziose eoi Ritraii d’Arliti dell’Ujot.ti (L. 4 ), con le
Memorie appassionate della baronessa Sano (L. 7 , 50 ), coi saggi lettera rii,
femministi e nazionalisti, di Scipio Sighelo l4 )-
Per la vostra salute, potete consultare il Ragno d’aria del dot¬
tor Lab marni, ampliato dal nostro dottor Rv (L 2).
Gli sposi in viaggio di nozze faranno bene a portare con sò il Libro
del’a giovane sport del dottor Stura (L. 2), le nuove lettere di Marcel
Prévost a Francesca maritata (L. 3), e magari la sul lodata Mes a di nozze
del Do Roltorto.
So poi non volete spendere più di una lira, avete da scegliere fra
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5) Donne e fanciulle. L. 3,50.
r>) li amante ignoto. L. 4.
7) i,a voluttà di creare. L. 3,50.
0 Storie dell’Amore sacro r dell’Amore
profano. L. 4.
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io; li Manteltaccio. L. 3.
H) Sci porse àella fortuna. L.3. — Sem¬
pre cosi. L. 4.
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FASCICOLO 19.
LE ESPOSIZIONI DEL
1911
289
R O M A. I L G R U P P O
E T N () G R A F I C () A L I 5 I N ().
p>l (COLSi Or} iyt\ Ol>(kDó^rwNP < ;
(Disegno di AIdo Molinan )
290
LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 1 1
L’INAUGURAZIONE DEL PADIGLIONE TOSCANO. - I FIORENTINI E I SENESI (fot. Abeniacar).
L’ARTE TOSCANA A ROMA.
Su di una fascia che percorre un lato del Pa¬
diglione Toscano è questo motto quattrocente¬
sco inciso a grandi caratteri: Fiorenza fior che
sempre rinnovella. E sulla porta del vestibolo,
dal cui soffitto a vòlta discende calma la luce
turchina delle robbiane ceramiche che Luca pla¬
smò e pinse per la cattedrale di Pistoia, stanno
tlue leoni, i due Marzocchi fiorentini, seduti fie¬
ramente, con una zampa sollevata, in atto sde¬
gnoso e crucciato di difesa.
Fra il motto gentile e poetico che fa di Fio¬
renza e della Toscana intera un perenne giar¬
eino di primavera, e il simbolo di orgoglioso
dominio è racchiusa tutta la Toscana, con la
storia e con le arti, quale un gruppo di artefici
nostri volle oggi, a Piazza d’Armi in Roma, raf¬
figurarla e compendiarla.
Purezza splendida di magnificenza : ecco l’arte
fiorentina. Come un gusto sopraffino alleggerisse
ogni mole, armonizzasse ogni traccia di fasto,
era, oserei dire, un segreto posseduto soltanto
dai toscani, quantunque fra le città toscane Fi¬
renze e Pisa architettassero stili diversi, ed al¬
cune città minori, Lucca, Livorno, Prato, Arezzo
si accostassero o all’una o all’altra delle due
rivali dominatrici. Ma la vicinanza era troppa
e i commerci e le frequenze, ed anche le bat¬
taglie erano così costanti, da fondere nello scam¬
bio di uomini i gusti d’arte, e, tranne nei par¬
ticolari, le differenze di stile si smussavano in
molte generalità consimili. Tanto più che le navi
pisane e i mercatanti fiorentini potevano impor¬
tare entro le loro mura una foggia di veste, o
un’acconciatura di testa alla Francesca od alla
levantina, ma esportavano cose d'arte la cui bel¬
lezza apprezzatissima preparava il cinquantesco
esulare di non pochi nostri artefici gloriosi.
Contro questo lusso e sfarzo di moda si sca¬
gliarono molti dei più puri di fiorentinità, Dante
compreso, e molti dei più aridi di vedute, non
escluso il Savonarola; l’eleganza però rimase e
rimase il lusso, un po’ francesco, un po’ valen¬
tino, un po’ come voleva essere. Ma sopra la
fragile instabilità della moda, l’edificio conser¬
vava tenacemente, anzi, direi meglio campani¬
listicamente, il carattere cittadino. Edificio pub¬
blico o privato significava assai più che luogo
di preghiera, di consiglio, di dimora : significava
Firenze ai fiorentini, nelle loro preghiere, nei
loro consigli, nelle loro abitazioni, e significava
del pari Pisa ai pisani, Siena ai senesi; anzi
spesso significava ancor di più, poiché a quei
del Giglio voleva dire Fiorenza in quella data
Arte, in quella data Parte; e così a quei della
Croce, o a quei della Balzana, e così agli altri
tutti.
Gli artefici recavano spesso nella città in oli¬
garchico arruffio le audacie dei loro monti e la
serenità dei loro campi, o anche portavano ener¬
gie plebee — con buona pace di quanto asseriva
Michelangelo divino — e scendeva dal Mugello
il pastore Giotto di Bondone, e dal Valdarno
salivano Masaccio e Giovanni, e dal Casentino
Andrea Del Castagno, e dalla città figli di tes¬
sitori, di tintori, di sarti raggiungevano la cele¬
brità dell'arte, o passavano nella confusione di
quel che oggi chiameremmo mestiere, ma che
pure, allora seppe dare anonimi tesori d’arte.
Ecco il segreto dell’arte toscana: questo non
mai interrotto compenetrarsi dell’Arte al me¬
stiere, questa equilibrata fusione dell’aristocra-
zia della prima alle apparenze democratiche del
secondo; questo fluire e rifluire di vitalità che
agli stessi commerci dava il nome di Arte.
Così l’arte serpeggia fra plebe e popolo grasso
fra popolo e grandi, e poi fra dominatori e do¬
minati, come in nessuna altra regione, e si rin¬
nova di secolo in secolo, da vicenda a vicenda
ed a poco a poco, anche le città toscane ne¬
miche alla regina delfArno ne subiscono, sia
pur ribelli, il predominio commerciale e artistico:
al color compatto della pietra, altra sostituirà il
bianco e nero dei marmi, altra modificherà le
durezze dei due colori col rosso mattone, altra
rabescherà snellezze di bifore o di trifore: ma
la linea resterà ferma al tipo primo, dal Bru-
nellesco glorificato, poiché in mezzo ad ogni vi¬
cenda, i grandi popolani si varranno sempre de¬
gli artefici per attestare nei loro edifici e mo¬
numenti la loro devozione alla patria, e gli ar¬
tisti, anche nelle audaci innovazioni, altro non
faranno che innestare la propria audacia sul vec¬
chio tronco glorioso dei precursori toscani già
celebrati in tutta la cristianità.
E poiché gli artefici erano nello stesso tempo
soldati e poeti, architetti e pittori, scultori e
cantori, e si stringevano in brigate nelle quali
ogni arte correggeva l’altra e tutte accomunava,
un tipo doveva derivarne, di armoniosa e sug¬
gestiva perfezione, in cui si accoppiassero la
gentilezza ed eleganza delle forme ad un alto e
significativo senso di signorilità e di grandezza
dominatrice.
Questo tipo sopra ogni altri doveva personi¬
ficare il divino Brunellesco, ed a questo sovra-
tutto si sono ispirati oggi gli artefici che a Piazza
d’Armi vollero rappresentare la Toscana con un
edificio che compendiasse tutta la vita civile, po¬
litica, artistica e familiare dei suoi secoli più fa¬
stosi e più gloriosi.
*
La città del Fiorino non poteva, in questo
edificio simboleggiante a Roma la Toscana tutta,
separarsi da quelle città che le fan corona, che
ne sono quasi una mirabile gemmata cintura.
Perciò l’architetto Giusti e il pittore Galileo Chini,
gli artisti eletti che idearono e diressero la co¬
struzione del Padiglione, vollero che al nucleo
principale dedicato a Fiorenza si appoggiassero
le altre città, Pisa, Siena, Livorno, Pistoia, Lucca,
Arezzo, in modo da formare un tutto complesso
ed organico. E nell’opra grande altri fratelli di
arte si unirono a loro, in un mirabile sforzo
d’energie giovani e tenaci, accomunate dal de-
L’ A R R I V O DEI Fiorenti N I (fot. Al eniacar).
I VALLETTI DELLA ANTICA FIRENZE NEL PADIGLIONE TOSCANO (fot. Tolentino).
Il Re inaugura il Padiglione (fot. Moiman).
,
LE ESPOSIZIONI DEL 191
292
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i
dell’arte toscana è nel cortile quattrocentesco ideato dal'Giusti e dal
Chini; esso vi fa pensare ad un altro e famoso, quel di San Marco in
Firenze, ove convenivano, nel tepore dei primaverili meriggi, i più tem¬
prati ingegni della Città del Giglio, protetti dal favore di Loienzo
de’Medici, il Pericle fiorentino: ed erano Angelo Poliziano, Pico della
Mirandola, Marsilio Ficino ; ed erano Masaccio, che allora dipingeva le
cappelle della chiesa del Carmine e Brunelleschi, che innalzava la cu¬
pola del bel San Giovanni, e Ghiberti che al Paradiso rubava i modelli
per le sue divine porte del Battisterio, e Donatello e Luca della Robbia,
che a gara facevano nell’arte della creta; e in disparte il severo sde¬
gnoso Savonarola.
In questo cortile, che a due lati si apre per una duplice teoria di
colonne, da una delle quali si discopre nell’azzurro del cielo romano il
profilo della cupola superba di un altro sommo artefice fiorentino, la cu¬
pola michelangiolesca, è la più degna rivelazione architettonica di tutto
il Padiglione. Nel centro è il pozzo di Papa Piccolomini a Pienza; dietro
è la scalea a giorno non molto dissimile da quella lucchese del palazzo
Controni, con affreschi del Chini raffiguranti la vittoria di Castruccio
Castracani su Lucca, com’ è ricordata dai versi del Cavalcanti :
Andando poi vedemmo in piccol cerchio
Torreggiar Lucca a guisa di boschetto
E donnearsi col Prato e col Serchio.
' r '• '
•■'•■e >. •
»
wm I
Il Sindaco di Livorno, gli Assessori e il labaro
DAVANTI ALLA TORRE DELLA FORTEZZA VECCHIA.
(Fot. Abcni. 1 c. 1 r.)
siderio ardente di rendere onore
ornamenti e di linee. E fin dal
intaglio, un geniale artefice del
della cappella dei Pazzi a Firenze
alla terra madre con magnificenza di
vestibolo, con un lavoro al finissimo
legno, il Brunori, rievoca la porta
e dirimpetto la Cooperativa dei fale
gnauli fiorentini, quasi a rinnovellare il ricordo delle antiche maestranze,
scolpisce un’altra non men > pregevole porta; agli artisti del legno si ag¬
giungono i nuovissimi artefici del ferro, il Ridi, il Biondi, lo Smorti, che
nel cancello d’ingresso e sulle ornamentali cancellate della gran sala
mostrano a quale alto grado di dignità sia oggi pervenuta la decora¬
zione in ferro battuto.
Ma procediamo nella grandiosa sala centrale, nel salone del popolo,
severo e maestoso, onde s’ornavano i palagi comunali del Medio Evo. Il
cuore della Toscana ardente vi pulsa col suo eterno ritmo di rinno-
vantesi bellezza, nel solenne fasto della potenza fiorentina; è come un
tempio di paganità fiorentina, che accoglie ripro¬
duzioni bellissime delle opere maggiori della
scultura <• della pittura regionali; e l’amore con
cui vi lavorarono il Giusti, che ne pensò il di¬
segno, e il Chini, che ne inghirlandò delle sue
accese colorazioni le pareti con ricordi della
scuola gozzoliana, e ne dorò fantasiosamente il
soffitto e
spiega la
negli
ne ricamò l’impiantito di mosaico, ci
sovrana armonia che vi domina come
antichi palazzi della Signoria toscana.
11 salone municipale ha nel fondo una ter¬
razza interna che forma al disotto un vestibolo
a colonnato, con una porta scolpita dall’Aloisi.
Al lato opp sto, la tribuna d’onore è stata ri¬
serbata alla gloriosa Rt pubblica pisana, che a
volta a volta fu dominatrice, o dominata sotto
le zanne del fiorentino Marzocco.
Della città oggi silenziosa che inventò l’archi¬
tettura e la scultura e che, con Giunta Pisano,
cercò d ’inventare anche la pittura, della ghibel¬
lina città e dei suoi fasti parlano alle pareti per
le famose catene del Cimitero, e il frammento
decorativo in legno di una galera pisana, e i
vessilli della Chiesa dei
Cavalieri e il Trion fo del¬
la Morte fregiato dall’Or-
cagna. Questa tribuna è
opera 4 del pittore Ma¬
netti.
Dalla saia di Fioren¬
za si entra nella saletta
di Grosseto, decorata an-
ch’essa dal Chini ed ispi¬
rata ^all’ arte sepolcrale
etnisca.
Ma il vero trionto
Al sommo della scalea s’apre
di Siena e di Livorno. Gli artisti
decorazione delle sale senesi dalle cui trifore si scopre la
sione di San Pietro e dei Palazzi Vaticani. Plinio Nomellini
saletta
l’azzurra veranda su cui dànno le sale
’a
vi-
ornò la
di una
Giunti e Cavagnini immaginarono
magica
ivornese, destinata ad accogliere modelli di antiche navi e
modernissima, la Pisa. Da un’altra veranda si esce poi all’aperto, su
quella leggiadra loggia delle Grazie, ad Arezzo, che Gabriele d’Annunzio,
vedendola cosi svelta e leggera sì che sembra voler ascendere al cielo,
chiamò aerea.
A Carrara, candida di marmo, è riserbata la saletta oltre la loggia,
cui due giovani e geniali artisti, il Vatteroni e il Luporini ornarono con
figurazioni suggerite dalla vita dei lavoratori delle cave, completando
così armònicamente l’opera dell’architetto Buonanno.
Arezzo occupa la sala sotto la cupola della torre massiccia che
sovrasta l’ampio edifìcio toscano.
Così tutte le città di Toscana sono insieme congiunte, nella gloria
dell’artefice massimo, del Brunelleschi, a magnificare l’eternità dell’arte.
Ma questo più che altro a noi sembra cosa degna di ammirazione: che
l’edifìcio non si presenta come un rimpicciolimento di altri maggiori
monumenti, ma piuttosto è di per sè solo una espressione nobile e com¬
pleta ed una sintesi armonica di arte toscana, con terrazze vetrate, con
logge, con ampie tettoie a grondaie spioventi, con chiostri e pozzi di
monasteri, con sale d’armi, con scalee monumentali, con aule di Comune,
tutto in mirabile fantasia di linee e di colore.
Se un appunto dovessimo fare ai costruttori, sarebbe a riguardo
dei due angoli livornese e senese, i quali, colle loro colorazioni vivaci,
quasi violente, e, quello livornese, con la durezza castellana dell’archi¬
tettura, mal s’accordano alla snella ed
elegante
della restante
giusto riconoscerlo, il lato
gaiezza
mole di sapore brunelleschiano; per quanto,
senese, opera dell’architetto Mariani, e il lato livornese del palazzo,
siano, presi a sè, ciascuno una squisita, pregevolissima riproduzione
d’arte regionale.
rutta quest’opera di rievocazione originale e sapien'.e ci par che
rinnovi il miracolo del sontuoso palazzo del Rinascimento, onde ormai
s’era perduta la nozione e la pompa, il palazzo per cui gli artefici scol¬
pivano le statue e dipingevano i quadri, e J — ' '
dove
osmi
ritrovava in un
ambiente signorile
oggetto
d’arte si
di cose concordi. Era da aspettarsi
che ciò fosse compiuto dalla terra di Toscana per una nuova ed alta
di bellezza nella festa dell’Unità della P'
significazione
J atna.
Mario Corsi.
(Da T.a Tribuna.)
mm
.Wm. ►
5 -
A
'• • • •
y
-V-
Nel cortile d’onore del Padiglione Toscano. - 1 valletti delle Contrade di Siena.
(Fot. Molinari.)
LE ESPOSIZIONI DEL i 9 t
294
LE E S P OJSIZIO NI DEL 1911
Dal Castello Medioevale al Palazzo della Stampa*
Abbiamo vagato lungamente percorrendo que¬
sto borgo medioevale, meravigliosa rievocazione
cui Issogne e Fenis offrirono i motivi architet¬
tonici e decorativi, cui parecchi anni di costru¬
zione donano, per una più facile e viva illusione
d’antichità, certe patine oscure su per i muri,
certe muffe negli angoli ombrati, certi sgreto¬
lamenti incipienti qua e là. Abbiamo vagato con
la curiosità ansiosa di sorprendere qualche ri¬
flesso fittizio della vita di seicento o settecento
anni fa, di penetrarne qualche spirito artifizio-
samente rinnovato in questa teatrale ma sugge¬
stiva rappresentazione. I nostri passi frusciarono
lievi sul ponte levatoio —: con ben altro suono
certo echeggiavano, quando questo mondo fu
vivo veramente, lo scalpitar dei cavalli di guerra,
il passo forte degli uomini vestiti di piastra e
maglia! — E ci soffermammo ad udire nella
gran vasca di pietra cantare i quattro steli di
acqua cadenti dai beccucci ricurvi: ci fu caro
illuderci che il borgo e il castello non fossero
uno scenario rifatto, si monumenti autentici tra¬
mandatici da un’epoca eroica; e ci fu caro, illu¬
dendoci, ritrovar di quell’epoca una voce super¬
stite, una voce rimasta sempre viva ed eguale
poiché tutte le altre s’erano taciute nei secoli.
Ma no! Anche l’illusione trasmutò, direi, si
intensificò: penetrati sotto il portico basso, a
sesto acuto, incontro ci venne, vivo, un giovi¬
netto del tardo quattrocento; ed uno strepito
strano, un martellare sordo ed assiduo, accom¬
pagnato da un assiduo sciacquio, dall'interno d’una
delle stanze che s’aprono sotto il portico, ci
diede l’impressione di una macchina in azione:
non i fruscii rapidi e i crepitii metallici delle
nostre macchine d’acciaio: qualche cosa di as¬
solutamente diverso, un fervore d’opera nuovo
per noi. Entrammo. Tre poderosi magli di le¬
gno, mossi da una rozza ruota .di mulino su
cui un getto d’acqua ricadeva gaiamente so¬
noro, pestavano e agitavano entro un’ampia ti¬
nozza certa broda densa, lattiginosa. Nella stanza
accanto un uomo, il cui vestito ce Io indicava
— poiché in questi casi l’abito deve fare il mo¬
naco — appartenente alla civiltà italica del se¬
colo XV, raccoglieva, entro un setaccio di fi¬
nissima trama, da un’altra tinozza la stessa broda:
e questa, colando via l’acqua, lasciava deposi¬
tato sul fondo del setaccio un sottile, eguale
strato di fibre, sminuzzate e addensate insieme
sino a formare un foglio di umida pasta giallic¬
cia. Questo foglio l’uomo, con abile presta mossa,
depositava tra due feltri assorbenti. Altri fogli,
già tolti di tra i feltri, erano distesi ad asciu¬
gare su funicelle tirate attraverso la stanza e
fuori attraverso il portico, aU’ombra.
Uscimmo dalla cartiera; e poco più innanzi un’al
tra stanza attrasse la nostra curiosità rievoca¬
trice, ci rivelò un altro lembo della visione quat¬
trocentesca. Un basso, cupo soffitto a cassettoni :
pareti bianche di calce, segnate qua e là di qual¬
che leggenda in latino o in volgare: in un canto,
presso un fornello affocato un uomo raccoglieva
da un crogiuolo entro una sorta di cucchiaio
poche goccie di miscela fusa, e la colava entro
uno stampo; donde poi traeva un fuscello di
metallo recante ad una estremità il rilievo d’una
lettera dell’alfabeto. Altri uomini raccoglievano
quei caratteri, li ordinavano entro i molteplici
scomparti di varie cassette. Altri, poi, di là li
traevano per comporli in fila, su di un regolo,
secondo un testo loro proposto; quindi accosta¬
vano le varie righe ch’erano venuti componendo,
le legavano strettamente, formando un rettan¬
golo corrispondente ad una pagina di stampa,
facevano scorrere un rullo spalmato d’inchiostro
sulla superfìcie ove risaltavano i caratteri; quindi
per mezzo di un cigolante torchio di legno, che
sorgeva in mezzo alla stanza, a dominare le cose
e le persone accolte come il segno più potente
e più caratteristico dell’opera che ivi si com¬
pieva, comprimevano contro questa superficie di
caratteri inchiostrati un foglio di carta. Poco
appresso, risollevato il compressore del torchio.
di azione sicura
perfino in Tossi,Catarri bronchiali croni
Tosse asinina , i„n.. o «
__dopo Influenza e Polmoni
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
2g5
Le case di Alea e di Bussoleno dove è collocata l’officina tipografica.
logio monumentale, e leva in alto, in forma quasi
di ventaglio, una lucida cassetta di metallo, e
offre dinanzi una tastiera simile a quella delle
macchine da scrivere, è la linotype, una delle
più recenti e delle più meravigliose conquiste.
Nella sua complessità, al cui esame il nostro
occhio si smarrisce, essa compie una funzione
sorprendente di semplicità: compone insieme i
caratteri, offrendo fusa l’intera linea: quella che
vedemmo cinquecento anni fa e che avremmo ri¬
veduta ancora venticinque anni fa, comporre a
mano, coi caratteri mobili, in qualche cosa più
d’un minuto di tempo, la linotype la può com¬
porre in dieci minuti secondi, e in pratica, re¬
golarmente in venti secondi. Ecco poi le mac¬
chine per la stereotipia, che ci danno le intere
pagine di giornale fuse in forma di lastre in¬
curvate a semicerchio. E dinanzi a noi leva la
sua mole imponente la possente “ rotativa „ : le
pagine incurvate vengono applicate a rivestire
varii cilindri sovrapposti: dai due lati si svol¬
gono i rotoli della carta: l’ampia striscia si in¬
sinua tra i cilindri, li lambisce, pare carezzarne
le superficii rugose, li avvolge. Un giuoco di
rulli spalma le superfici dei cilindri d’inchiostro,
regolarmente, assiduamente. La gran macchina
si muove, rombando sordamente: la carta sfru¬
scia, tendendosi, scorrendo.... Dall’un lato ricade
stampato, tagliato, piegato il giornale. È una
pioggia continua, immensa, vertiginosa.... Quanti
foglietti stampava il vecchio torchio in un’ora?
Qui, in un’ora, ecco stampate ventiquattromila
copie, di dodici pagine ciascuna.
Così si fa il giornale. E questa del giornale,
nella storia dell’umanità, è una conquista che
per potenza e luce di civiltà vale forse l’inven¬
zione della macchina da stampa: una conquista
che segna il termine tra un’èra meno chiara
sorpassata e una più fulgida ora iniziata. Così
si la il giornale, com’è dimostrato in questo pa¬
lazzo ad esso dedicato. O, meglio, così lo si
compone e così lo si stampa. Perchè è degno
ricordare che c’è poi un altro piccolo travaglio,
il quale qui non appare, ma che pure non è
precisamente trascurabile: quello di chi lo scrive.
Mario Bassi,
^ Da J.<t Stampa .)
il foglio veniva tratto, e appariva su di esso, a stampa, il testo compo¬
sto. E un altro foglio, e un altro, e un altro ancora.... Nel breve spazio
di un’ora il testo era riprodotto in trenta o quaranta copie. Quel testo?
Oh ! una vendetta in rima, d’un poeta esule dal dolce ovile della sua
terra, che descrive fondo all’universo e svela la gloria del Paradiso: Nel
inezo del cantili di tirò aita.... Putto, in questa stanza, ci parve molto
facile, infantile: quasi ci parve come un giuoco; e poche meraviglie, in
tutti i secoli, sono valse questa, di pochi pezzetti di metallo segnati di
lettere, d’un foglio di carta, d’un torchio.... Da sotto il compressore di
questo torchio a mille a mille uscirono i messaggi del pensiero come
raggi di luce, si sparsero pel mondo, lo rinnovarono: nella storia dell’uma¬
nità è questo torchio uno dei monumenti più sublimi, e pochi canti ri¬
suonarono così alti come il suo cigolio querulo.
Interrompiamo la visita di questo borgo medioevale, riusciamo dal
portico, riattraversiamo il ponte levatoio e il Valentino nella sua am¬
piezza verde. Dinanzi a noi ora si leva maestosa, in forma di un grande
arco pieno, la facciata di un edificio moderno; e ne viene per le vaste
vetrate aperte un rombar confuso di macchine. Sono voci che cono¬
sciamo, ora: voci metalliche, miste di ronzìi acuti, di fruscii regolari, di
ticchettìi monotoni: le voci caratteristiche dei volanti, delle ruote den¬
tate che s’ingranano, delle cinghie che trasmettono il moto, dei rulli. En¬
triamo: ci invita questo canto della cività del secolo XX.
Due amplissime e altissime gallerie, sobriamente decorate, corse ai
lati da balconate, che poggiano su pilie quadre e che per mezzo di
altre pilie si ricongiungono alla vòlta, si incrociano, formando un gran¬
dioso ambiente, che, subito dall’ingresso, si può quasi tutto compren¬
dere con un solo sguardo. Popolano quest’ambiente macchine diverse,
talune colossali, altre di più modeste proporzioni: sono le macchine
della stamperia moderna, tra cui eccellono quelle per la stampa del gior¬
nale. Ed anche qui noi possiamo seguire l'ingegnosa vicenda della pro¬
duzione, dal primo travaglio al compimento. Ecco, ricostrutto in carta¬
pesta e, attraverso alla vetrina che lo protegge, ridente di verzura e
d’acque, il paesaggio minuscolo d’una piantagione di pioppi: sono comin¬
ciati ordinatamente i tagli: i tronchi si allineano sulla riva, presso le
acque, e stanno per essere recati alla cartiera, che leva prossimi i suoi
edifici. Lasciamo la riproduzione in cartapesta: un lato della galleria ci
offre la realtà di una cartiera autentica, la quale sarà presto in azione.
Da una vetrata ci appare fuori, presso la galleria, scavato un laghetto
breve, ove si rinnova l'acqua per la macerazione dei tronchi. E nella
galleria si allunga una macchina immensa, o, meglio, un complesso di
macchine, attraverso a cui si verrà compiendo il prodigioso lavoro: il
legno, macerato, spezzettato, sfibrato, maciullato, si risolve in pasta, in
una gialliccia pasta, ingombra di scorie e di detriti ; e questa viene
quindi filtrata, asciugata, infusa di colla, ridotta in foglio, in un foglio
che si svolge per centinaia e cent'naia di metri, avvolgendosi in forma
di rotolo gigantesco.
Procediamo oltre. Questa macchina così complicata d’ingranaggi, dì
minute trasmissioni, di leve, che vista da lato dà l’impressione d’un oro-
ACCIATA DEL PALAZZO DEL GIORNALE E DELLA STAMPA.
Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza.
296
LE ESPOSIZIONI DEI
I 9 T I
R O M A.
L A M O S T R A D E G L I
S T R A N I E R I.
I Cimelii Napoleonici.
Autentico gabinetto di studio dell'imperatrice Giuseppina alle T
UILERIES, CON I MOBILI VENUTI DA I' ONTAINEBLEAU (fot. Scavalli Veda).
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
297
tori n o.
F l T O R I E I) E N T R O IT E S P O S I Z I O N E.
Nella Galleria dell’ Agricoltura (fot. Trevcs),
Il Ponte Isabella affollato di ammiratori (tot. Pomari).
le ESPOSIZIONI DEL I 9 11
298
La Mostra degli Indipendenti a Roma.
La mostra organizzata a Roma da quegli ar¬
tisti che per le circostanze già note al pubblico
non vollero o non poterono esporre nel Padi¬
glione italiano di Valle Giulia, occupa i tre piani
del palazzo Theodoli al Corso e si compone di
quasi ottocento lavori, fra tele, sculture e mo¬
nocromie. Darne un giudizio complessivo non è
facile. Non è mai facile, quando si tratta di espo¬
sizioni d’arte nostrana, mostre campionarie pivi
che razionali aggruppamenti artistici. Ma qui lo
è meno che altrove, poiché il vizio tradizionale
ha trovato un’aggravante nella fretta con cui si
è dovuto procedere a raccogliere e a distribuire
il materiale. Talché non di rado quadri del me¬
desimo pittore trovansi sbalestrati senza ragione
apparente alle due estremità del palazzo: come
é il caso del Balestrini che ha i numeri 3 o 6 , 408
e 787, posti rispettivamente nelle sale XII, NIX
e XXVII, del Bompard che con due tele va
dalla sala VI alla XVIII, del Rivaroli che ha un
quadro in ciascuna delle tre prime sale ed uno
nella XVII, e del Luccioli che salta dalla XIII
alla XXVII.
Del qual fatto non sarebbe nemmeno equo la¬
mentarsi, visto che, tal qual’è, la mostra pp-
presenta già un vero tour de force e che in
Adolfo Ferragutti -Visconti.
complesso lo scopo di colmare con un’ampia
appendice le lacune lasciate dall’Esposizione uf¬
ficiale è stato raggiunto. I na cosa tuttavia si
può osservare, a guisa di pregiudiziale: che
l’appendice é riuscita troppo ampia e che la
Commissione è incorsa nel torto opposto a quello
cui voleva por riparo. La mostra, come manife¬
stazione di protesta, sarebbe riuscita molto più
efficace se si fosse limitata a un buon nucleo di
opere accuratamente scelte, tali da superare al
confronto le molte cose mediocri ammesse a
Valle Giulia dalla Commissione ufficiale e contro
le quali si era tanto giustamente gridato. In
tal caso essa avrebbe anche raccolto molto mag¬
giori simpatie e molto maggior concorso di pub¬
blico di quanto in realtà non abbia fatto. Invece,
accanto a opere del Morelli, del Palizzi, del Fa-
vretto, del Delleani, del Costa, le quali per al¬
tro suggeriscono il desiderio di una mostra re¬
trospettiva senza tuttavia soddisfarlo, poiché non
può certamente bastare a costituire una mostra
retrospettiva un acquarello del Morelli, due qua¬
dretti del Favretto e uno del Palizzi; accanto
a questo tentativo necessariamente embrionale
di esposizione quale avrebbe dovuto farsi e non
| si fece a V alle Giulia, troviamo esposte opere
- Donne Iagana lavoratrici di cestelli.
che se il Comitato Ferrari-Pica rifiutò ebbe mille
ragioni di rifiutare e che la commissione degli
Indipendenti avrebbe fatto assai bene a non ac¬
cogliere, nemmeno a titolo di solidarietà di corpo.
Dico, per tacer delle cose mediocri, di cinque
deplorevoli tele riunite della sala XIII : Gli scavi
nella Basilica Emilia di Nino Carnevali, Nau¬
frago di Domenico Pennacchini, Nella pineta di
Giuseppe Monti, Fcriolo di Alfonso Muzii, Mar¬
mar ole da Misurina di Leonida Rossignoli; e
poi dei Romani al Trasimeno di Lemmo Rossi
Scotti e specialmente di quella enorme allegoria
di Massimo Gallelli, Visione epica, tronfia e goffa,
farcita di tutto il rifrittume retorico di un Cin¬
quantenario per provinciali, alla quale il Cata¬
logo dedica mezza pagina di una didascalia che
vai la pena di riferire:
“Nel giorno glorioso in cui la Patria dimo¬
stra a sé stessa e alle Nazioni sorelle l’opera di
civiltà compiuta in cinquantanni di unità nazio¬
nale, spontaneamente il suo pensiero si rivolge
all’Eroe che possentemente contribuì a ricom¬
porla col genio e coll’amore.
Allora, in un impeto improvviso di ardenti
memorie, l’onda gloriosa delle Camice Rosse e
l’Italia colle sue Provincie invadono il Gianicolo,
e, acclamando e spargendo fiori, si raccolgono
ai piedi del Nume leggendario.
E il momento solenne in cui la Patria prende
morale possesso di Roma, in nome del nuovo
diritto, che le deriva dalle opere compiute.
11 Signifero pianta finalmente l’Aquila Romana
sul suolo della terza Roma civile. La Vittoria
che fu sempre ancella fedele di quell’Aquila do¬
minatrice, le si inginocchia dinanzi in segno di
persistente devozione; e l’Adolescente, simbolo
della nuova generazione, prostrato, bacia con
ardore e riconoscenza infinita il drappo tri¬
colore.
II Buccinatore depone la buccina: le lotte hanno
tregua nell’osanna della Patria ricoscente.... „
Indubbiamente tanta corrività ha nuociuto alla
mostra. Ma conviene anche osservare subito che
le cose belle non vi fanno difetto e bastano a
compensare largamente delle altre. Ricorderò
anzitutto sette tele di Antonio Mancini, il trion¬
fatore di quest’anno, fra le quali un Ciociaro at¬
tira irresistibilmente per la potenza quasi ma¬
gnetica dell’occhio, e sette disegni di Vincenzo
Venuto di una saldezza c di una vigoria asso¬
lutamente scultorie. Due piccole cose squisite,
Pastorella _ e Guidatnce di tacchini, espone anche
il Michetti, quasi per far maggiormente rimpian¬
gere i suoi troppo lunghi silenzi. Di Adolfo Fe-
ragutti-V isconti c’è una Iagana, o, per inten¬
derci, una “india lavoratrice di cestelli,,, che
mi pare abbia ancora guadagnato nei ritocchi
subiti dopo la prima presentazione alla “ Per-
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
299
L. B o m p a r d. - Ritocco.
Ruscello e in Lungo il naviglio si ripete tropP 0
e peggiorandosi. Ariosissimo e netto senza lec¬
cature, simpatico di toni è Azzurro ligure, una
seria benché un po’ decorativa marina di Mario
Agrifoglio, cui potrebbe far riscontro, più mo¬
destamente, il Promontorio di Pesaro di Niccolò
Severino. Notevoli ancora, in fatto di paesaggio,
il / 'espro in Basilicata, sensazione turchina di
Andrea Petroni, un diligente Arco di Settimio
Severo di Paul Gutscher, un ristora di Cesare
Bertolla, un po’ nel gusto di Pasquale Stanislao
Mancini, un Abbeveratoio di Filippo Anivitti, Alle
fonti del Clitumno di Francesco Santoro, e spe¬
cialmente due vigorosi e movimentati studi, pieni
di franchezza e di colore, di Riccardo Galli, Ca-
valeata di nuvole e Genova in sole.
Per la figura va ricordato un energico, solido
Studente, un Toreador piuttosto fotografico e Pre¬
gando del Fabrés, alla cui mostra è stata giu¬
stamente dedicata tutta una sala; una Salomc di
Alessandro Alexeeff, Maternità di Antonio Pic¬
cioni, una giovine donna ridente che scherza
col boccio di un seno, Tradita, tela abbastanza
drammatica di Francesco Longo Mancini, Lacri¬
mosa, in un buon tono rosso seppia, di G. B. No-
dari, un vigoroso Autoritratto di Natale Atta¬
nasio, uno dei pochi siciliani partecipanti alla
mostra, un ritratto di signora in abito di seta
bianca di E. Gordigiani, un ritratto d’uomo a
bianco e nero di V. Cadel e due nudi mediocri
di G. Amisani e di F. Pansini.
La scultura, finalmente, è ben rappresentata
da cinque già noti gioielli del Gemito, fra cui
il popolarissimo Pescatore e l'Acquaiolo, da una
collezione di venticinque statuette e piccoli grup¬
pi di Costantino Barbella, pieni di vita, da un
nudo di fanciullo di Salvatore Pisani, Al mare,
squisitamente modellato e d’una eleganza so¬
bria, finita senza leziosità, da alcune buonissime
cose di F. Ximenes, da un grasso e pastoso
bronzo di G. Barbieri, Pubertas, e da due belle
teste pure in bronzo di Giulio Starace e di Giu¬
seppe Gasbarra.
*
Ove volesse rintracciarsi, nell’assieme sem¬
pre un po’ caotico di una mostra di pittura ita¬
liana, qualcosa come un indirizzo prevalente o
per lo meno come una tendenza diffusa, biso¬
gnerebbe rifarsi a un cotal spirito di intimità che
sembra venire informando di sé lo studio della
figura come del paesaggio. Non saprei trovare
altra parola per designare quella tendenza a ve¬
dere nelle cose l’aneddoto, lo stato d’animo,
1’ 11 interno „, così fisico come spirituale, più che
la linea, il colore, l’aggruppamento. E pittura di
genere : ma non è più la pittura di genere del
Favretto o, che so io, dell’Induno: c’è sempre
dentro una punta di commozione repressa, fra
il sentimentale e il sensuale, un umorismo che
non arriva al sorriso, più spesso una pensosità
melanconica, anche quando sembrerebbe non es¬
servi che del procace. Al padiglione di Valle
Giulia la tendenza è rappresentata daH’Innocenti.
Qui c’è un sosia dell’lnnocenti, Carlo Corsi, che
ne rifà i motivi e la tecnica nel Cofano e in
Scatola d’oro. Ma c’è anche il Fabrés, il quale,
pur essendo veramente troppo versatile e aperto
a ispirazioni d’ogni genere perchè possa chiù-
manente „ di Milano nel 1909; Misteri della notte ; Confidenze, due don¬
nine sdraiate che si raccontano qualche segretuccio d’amore; e uno studio
per quelle Anime del mare che da lungo tempo tormentano la sua ine
quieta fantasia col loro voluttuoso e ardito scorcio di donne supine
L’Fsposito ha una bella Manna dove cinque paranze 1 una inalila al¬
l’altra fuggono svelte e oblique sotto il nembo imminente. 11 I cimasi
lico una Figlia del Fattore, bimba dagli occhi luminosissimi in un ro
busto colorito di giovani carni dorate dal sole. 11 Sartorio la semplice atte
di presenza con un bozzetto della Pesca del tonno e qualcuno dei suo
prediletti studi di Campagna romana. Sentito in alcune parti 1 Autunno ci
Enrico Serra, il quale però lascia moltissimo a desiderare nella Madon
nina e in Ninfa, due dei soliti effetti d’acqua e di sasso ormai stucche
voli e fabbricati di maniera. Bizzarro, benché non del tutto convin¬
cente, il Diefenback in Orfeo e tramonto, dove il coloie appaio
e lisciato in insensibili trapassi di tono. ...
Ma quanto sempre più interessante e maschio Ermenegildo
Egli espone La famiglia del pescatore, che fu già assai favorevolmente
notata a Milano nel 1906, Giorni d Estate, un. paesaggio pieno c 1 ,
ciò, e Le sorelle, due mezze figure di donna in abiti sgargianti e un po
antiquati, intente a guardare fuori del quadro come persone vive, con
occhi d’una intensità passionale bruciante e due sorrisi analoghi ma
una gradazione sottilmente studiata e nettamente usa. te e e
colore è trattato un po’ alla Monticelli, con do\ ì/ia e as o, ..... ‘
mistura di gemme, vero elemento di gioia» e d°\e u av < 1 .
mantenuto ?on un gusto e un senso della misura personal, porosi.
Carlo Balestrini, del quale v’ha una Nevicata a Milano, un Caccia
una Sera in Maremma, una Stalla con mucche c ddte ft 'o> c allo
mi pare vada facendosi invece sempre pm opaco e sp > .
affrettato e di superficiale; e altrettanto potrebbe dirsi del Gola, elle in
convin-
s fumato
Agazzi !
Ermenegildo Agazzi. - Le sorelle.
3 oo
LE ESPOSIZIONI D.E L 1911
L. Bompard, - Ritratto.
La famiglia del pescatore.
ticrsì entro uno speciale ordine d’idee, dimo¬
stra in parecchie delle tele esposte di posse¬
dere a un grado assai alto codesto spirito d’in¬
timità. Particolarmente espressivi mi sembrano
i suoi due studi di intimità muliebre: Moderno
tn toilette, una donna seduta allo specchio da¬
vanti a una finestra, e Toilette al sole, una bimba
in rosa che si pettina innanzi a un caminetto.
Sono due figurine viste per di dietro ma forse
per tale assenza del volto più suggestive, rese
con uno stile netto, liscio, discreto, che dà una
impressione di fresco, come una casa di cam¬
pagna. Più complesso, più perturbante Luigi
Pomparci in Ritocco e in Pastello, dove la fem¬
minilità è studiata con intuito se non più sot¬
tile certo più franco c più denso. Il secondo dei
due lavori specialmente, una elegante signora
in abito turchino, con due occhi che guardano
e pensano e una rossa bocca inquietante, è
pittura robusta e solida, perfettamente equili¬
brata, e, quel che più conta, “ persuasiva „ c in¬
dice di un ingegno maturo e simpatico. Note¬
voli poi un Ritratto di Fabio Cipolla, una ele¬
gante ragazza in veste c toque marrone, seduta
su una poltrona di seta chiara come il fondo;
un altro di A. Severi, ragazzina con fiore e na¬
stro vermiglio; Desenchantee di Aldo Mazza; e
nella categoria bianco e nero, le illustrazioni per
libri di Aleardo Terzi, il quale è forse uno dei
rappresentanti piti tipici del genere, il Guido
Gozzano delle arti figurative.
La tendenza verso questa comprensione in¬
tima della realtà risulta, come ho detto, anche
nel paesaggio. Primo fra tutti il Casciaro, arti¬
sta incomparabile, interprete della natura di una
penetrazione e di una raffinatezza mai raggiunta
fin qui ed oggi soltanto emulata dai fratelli Ca-
scella. Di lui ci sono degli Pici grigi e argentei,
un prato Verde di un tono giustissimo e vari
altri pastelli, La luna, Ischia, Nel cortile. Egli
si attiene sempre ai lavori di piccole dimensioni,
e questa sembra una caratteristica del genere,
quasi l’intimità sognata tema di disperdersi in
una tela troppo vasta. Così, piccoli paesaggi
orientali presenta M. Rava, spesso ottenendo
buoni effetti di luminosità, e graziose minuscole
Le ultime inaugurazioni a Torino.
I padiglioni della città, dello sport e della strada.
I a mattina del 18 luglio, senza cerimonia
speciale, ma con una semplice visita di auto¬
rità municipali e dei membri del Consiglio
direttivo dell’Associazione dei Comuni italiani,
è stato inaugurato il Padiglione della Città di
Torino.
Questo Padiglione sorge presso il Palazzo
delle industrie artistiche, nella parte più pit¬
toresca e piti ombrosa del Parco del Valen¬
tino, assai grazio-o nelle sue lince esterne,
elegante c signorile nell’interno. La materia
vi e disposta con cura e gusto, c quella pili
arida di statistiche, di carte, di diagrammi,
con criterio logico e persuasivo.
Notevoli tra l’altro, le fotografie di trenta
edifici scolastici costati io milioni, e nume¬
rosi diagrammi relativi a quanto si è fatto
per la pubblica istruzione a Torino, dove
l’antica percentuale del 22 per cento degli
analfabeti è oggi scesa all’r.25.
Molto interessante la sezione delle aziende
municipalizzate: acquedotto, tramvic elettri¬
che, impianto elettrico, ricche di grandi fo¬
tografie, di disegni, di plastici e di modelli.
Nel salone centrale s’erge una statua della
Vittoria, dello scultore Rubino, ed è esposto
il nuovo stendardo municipale col suo ricco
cofano, dono delle città italiane nella ricor¬
renza del Cinquantenario dello Statuto, alla
città di Torino. / Lr *
II Padiglione dello sport sorge nella parte
opposta a quello della Città di Torino, al Pi-
ionctto. Nella sezione automobilistica predo¬
mina l’industria italiana; ma nel complesso
degli stands predomina la Francia con una
larga e ricca esposizione di prodotti sportivi
o con attinenza allo spor/. 11 Padiglione non
manca di varietà e di particolarità curiose.
Lna ditta, ad esempio, di abiti sportivi espone
dei mannequitts.... illustri. Ila vestito Briand
da skiatore, presso Brisson che conduce Fal-
lières in siiti a. 11 Presidente della Repubblica
è in tenuta d’alta montagna, ma porta con
molta disinvoltura la fascia della Legione
d’Onoie a tracolla!
In alto si librano due dirigibili ed alcuni
aerostati, gonfiati da.... ventilatori e pruden¬
zialmente raccomandati ad uno speciale giuoco
di corde. Di uno di questi aerostati può leg¬
gersi questo stato di servizio; io5 viaggi, tra
cui un record d’altezza, 10.800 metri, ba -
tuto il 3i luglio icor. Una tozza c rozza au¬
tomobile di 200 HP porta pure il suo stato
di servizio: 228 chilometri e 3io metri in
un’ora. La mostra dello sport ippico è rap¬
presentata da un solo cavallo, bardato, ma
di legno.
Attigua alla galleria dello sport ò la Mostra stradale.
11 Municipio di Torino espone i vari tipi di pavimenta¬
zione cittadina, in legno, in marmo, in asfalto: la pro¬
vincia di Milano pubblicazioni e grafici sul servizio di ci¬
lindratura delle strade, sulla manutenzione, sul consumo
chilometrico del materiale e campioni di brecciame. Mostre
minori vi fanno altri Comuni e Provincie. Sonvi poi gli
stands di ditte italiane; macchine poderose e strane adi¬
bite al perfezionamento della viabilità.
E con queste tre ultime Mostre inaugurate l'Esposizione
di Torino è ora veramente al completo.
vedute di Roma G. Tinnaro. I grandi orizzonti,
le grandi composizioni non tentano piti nessuno.
Siamo troppo nervosi perchè l’impressione mo¬
mentanea non la vinca sull’impressione elabo¬
rata e meditata. Invece di un quadro grande e
sintetico se ne fanno dieci piccoli e analitici.
Certo il senso dell'intimità procede di qui. Ma
si determinano anche delle lacune imporlanti.
Chissà, forse arriveremo un giorno alla pittura
tascabile.... Concetto Pettinato.
LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 i i
3 oi
R O M A.
ALLA MOS TRA RETR O S P ET T1V A
DI CASTEL SANT’ANGELO.
r?ì
Nella Sala delle Armi (fot. Moiinarì).
302
L E E S P O S IZIO N 1 DEL i 9 1 1
Villaggio Somalo. - Kermesse Orientale.
I MORETTI ALL'ESPOSIZIONE DI TORINO.
Olororò.... Olorororò, Ah! Ali! Maria! —
grida saltellando avanti ed indietro dinanzi al¬
l’ingresso della Kermesse Orientale, un moretto
avvolto in un mezzo lenzuolo originariamente
bianco ed ora del color delle nocciucle, mentre
agita un piccolo scudo c brandisce una lancia
che finge di lanciare contro le signore, le quali,
a quella minaccia, scappano impaurite mandando
certi gridi di cagnolino cui si pesti la coda.
Egli si arresta soddisfatto del successo, dà
una grattatina in testa per arrestare o fugare
un nemico fastidioso in agguato entro la selva
dei capelli crespini, tende la mano alle signore
chiedendo insistentemente in pretto italiano :
soldo, soldo, soldo, indi estrae da non so che
tasca invisibile un pezzettino di legno di colore
giallognolo, e con gesto rapido prende a fre¬
garselo sui denti e, dopo mostratone l’uso che
è quello di pulirli e renderli bianchi, lo offre,
fra una fregatina e l’altra, alle signore per il
prezzo di quattro soldo; prezzo esagerato trat¬
tandosi.... di oggetto usato.
Finita la sua toeletta dentifricia, l’unica che
egli abbia mai fatto in suolo europeo, brandi¬
sce di nuovo la lancia e riprende a saltellare,
ripetendo il suo monotono:
Olorò, Olororò, Ah! Ah ; Maria!
Parole eli colore oscuro che ricordano il Pape
Satan, Pape Satan Aleppe del gran padre Dante
e che forse hanno un identico significato il quale
potrebbe essere anche quello d’invitare ad en¬
trare alla Kermesse od all’ Inferno.
La Kermesse, per chi non lo sappia, è costi¬
tuita da un gruppo di costruzioni con pretese
di stile orientale, chiuse entro un recinto ove,
dopo pagato l’ingresso, si ha diritto di vedere,
sempre a pagamento, in diversi chioschi, pic¬
coli spettacoli di danze e canto egiziani, di danze
e canti giapponesi, eseguiti da gheishe.... napo¬
letane, ed altri spettacoli di curiosità orientali
e nostrane, veramente commoventi.... per la mi¬
sera sorte che tocca a quei poveri esercenti di
non riuscire col meschino incasso neanche a pa¬
gare il fitto del locale!
Nel centro della Kermesse, entro un secondo
recinto, è il villaggio Somalo, d’importazione e
d’industria privata, da non confondersi con quello
ufficiale annesso al Villaggio Eritreo, esposti en¬
trambi dal Ministero degli Esteri come saggio
delle nostre miserie coloniali in Africa.
Alla porta di questo secondo recinto è un se¬
condo moretto il quale, saltellando, brandisce
la lancia, si gratta la testa, si pulisce i denti
con un pezzettino di legno che offre poi galan¬
temente alle signore, come il suo compagno di
fuori e come lui v’invita ad entrare ripetendo:
“Pape Satan, Pape Satan Aleppe,,, cioè no:
Olororò, Olorororò ! Ah! Ah! Maria.
Parole di colore oscuro del valore di una lira
— il prezzo del biglietto d’ingresso.
Questo secondo girone dantesco si compone
di un recinto senza capanne, attorno a cui sono
piccole nicchie di legno fatte con tramezzi d’assi
segnate con scritte indicanti le diverse profes¬
sioni di quei moretti: Fornata, Stovigliaio, Ar¬
maiuolo, Cuoiaio, Orefice, Scultore, Danzatrice
dell’ Abissini a, Scuola, Operaia di paglia. Ma dalla
fornaia che siede per terra con un marmocchio
in braccio e vi segna col dito la pancia promi¬
nente per impietosirvi del suo stato interessante,
agli scolari che all’appressarsi di ogni curioso
ripetono una loro tiritera: Odi, Odi, Anzichenò
soldo, soldo, ed alla Operaia.... di paglia, al la¬
voro di quei diversi professionisti si riassume
nella caccia al soldo; una caccia spietata ed
insistente a cui è impossibile resistere e sot¬
trarsi.
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI * Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO AE/ABRO DELLA GIURIA
Basta guardarli ed è un soldo che parte dalle
vostre tasche per passare nella nocca di un loro
fazzoletto sporco entro cui ciascuno di essi tiene
il proprio tesoro.
Davanti a ogni nicchia è un piattello per la
questua, e ve ne ha uno persino davanti alla
casa di Dio, un capannone a cui, forse per le
molte mosche che alberga, vien dato nome di
Moschea. Ivi un ministro della fede nel fervore
della preghiera, s’inginocchia, bacia la terra e
v’invita col gesto a deporre un soldo nel piat-
tellino.
1 guerrieri poi (che sono una quindicina ed
hanno il ruolo di saltellare e vociare e fare
mille gesti; armati di scudo e lancia, su di un
piccolo palcoscenico in fondo al recinto di fronte
all'ingresso), sono addirittura eroici nella caccia
al soldo spingendo l’eroismo sino alla richiesta
di un soldo bianco, vi circondano da ogni lato,
offrendovi cartoline e bastoncini per pulire i
denti, e non è facile sottrarsi a quell’assedio.
Par d’essere dentro Makalè.
I Io dovuto capitolare aneli’ io nonostante il
proposito di non volermi arrendere ed ho com¬
prato qualche cartolina. Per mancanza di rame
ho pagato con una moneta da due lire, e ne fui
contento, perchè ciò mi ha dato mezzo di co¬
noscere i progressi di quella gente sulla via
della civiltà.
Alla vista del soldo bianco mi si sono fatti at¬
torno in parecchi per assistere alla sistemazione
del conto.
II venditore, disciolta la nocca del fazzoletto
ripiena di monete di rame prese a rendermi il
resto, silenziosamente, mentre i sopravvenuti
contavano i soldoni che egli mi dava.
Uno, due, tre, cinque.
— No, quattro, — corressi, mentre i compari
continuavano : sei, otto.
— No, sette, — corressi di nuovo.
Diedi loro della canaglia; ma non ebbero l’aria
di risentirsene, agguantai la nocca del fazzoletto
sporco del mio venditore e presi il resto da me,
felicitandomi con loro del frutto ricavato dai
milioni da noi spesi là giù.
LE ESPOSIZIONI DEL
1911
3 o 3
1 Io voluto dare uno sguardo alla cucina, ed
il cuoco, interrotta la sorveglianza sulla cottura
di un suo intruglio che mandava odore di ran¬
cido mi ha teso la mano chiedendo: “soldo,,,
idem la operaia di paglia, idem i suonatori di
tamburello, seduti presso l’ingresso.
Nè basta gettare il soldo entro una profonda
vasca d’acqua che è nel centro del recinto per
sottrarlo alla caccia; due ragazzini, guizzando
come pesci, vanno a pescarlo sott’acqua in
fondo.
Finita questa prima parte del programma,
della caccia al soldo dello spettatore, si passa
alla seconda parte, costituita da una fantasia
guerresca che si svolge sul piccolo palcoscenico.
I guerrieri, scalpitano saltellano e si scontor¬
cono girando su sè stessi, accompagnando que¬
sta loro danza guerresca con un canto gutturale
e monotono; lanciano le freccie contro un ber¬
saglio di legno, si dividono in due squadre e
Ungono un assalto; per ricominciare poco dopo
lo scalpitio ed il coro cadenzato e monotono.
— Non le pare, — osserva filosoficamente
uno spettatore piemontese ad una signora che
le sta vicino, — che in loro lingua questi be¬
stioni ci diano del burrich ?
— Non oserei dirle di no, — risponde sorri¬
dendo la signora.
Finito lo spettacolo.... scalpitante, un cicerone,
dal palcoscenico, v’invita ad entrare nella casa
del capo, una baracca a cui vien dato il nome
pomposo di harem (ingresso 25 centesimi), ove
alcune ragazze, le meno brutte della carovana
ballano a suon di piffero e di nacchere una spe¬
cie di ballo sardo.
Il pubblico, che oramai ha esaurito la prov¬
vista degli spiccioli, scappa impaurito.
Lo spettacolo è finito, se siete rimasti con¬
tenti fatene parte agli amici e conoscenti.
Poco appresso alla Kermesse è la Somalia
ufficiale annessa al Villaggio Eritreo.
Questo secondo villaggio somalo è costituito
da alcune capanne rotonde, coperte di paglia e
fatte di bastoni così da parere tante gabbie co¬
lossali, entro cui passano la giornata, sdraiati
per terra alcuni somali. Il villaggio è custodito
da alcuni nostri ascari, custoditi alla loro volta
da qualche nostro soldato il quale ha il compito
di accompagnarli per via perchè non si facciano
schiacciare dalle tramvie.
L'occupazione degli ascari nei due villaggi
somalo ed eritreo è la vendita delle cartoline la
quale, a quanto pare, è l’unica industria del
luogo. Vi si vede pure un ascaro a dipannare
una matassa rossa da un arcolaio infisso su di
un asse; ma la matassa è sempre la stessa e
bisogna credere che egli faccia per finta o per
esercitazione.... guerresca.
Dal villaggio somalo, per un ponte in legno
a cavalcioni su di una pubblica strada si passa
al / 'illaapio Eritreo.
entro ad una capanna di stuoie, sempre intenta
a fabbricare cestini, avendo una grande cura di
non lasciarsi vedere il viso ricoperto da uno
straccio di colore, tanto deve essere brutta, e
dal pittore cristiano.
Egli è continuamente occupato a dipingere
certe sue cartoline d’arte primitiva, diremo così....
preraflfaelliana dai colori vivi, molto apprezzate
dai critici.... d’Abissinia e che vende in Italia
per il prezzo di 35 centesimi l’una.
Un prezzo enorme sul mercato di Addis-Abeba.
Lavora pure in ritratti, ma, per un’abitudine
della ma no dell’artista, essi rassomigliano più
all’artista che al ritrattato.
Per darvi un saggio della sua arte pittorica
non osando, per riguardo a mia moglie, ripro¬
durre il mio ritratto per cui ho posato mezz’ora,
vi riproduco una cartolina, da inviare con un
saluto alla suocera per farle paura.
Alle diciotto d’ogni giorno i due villaggi si
chiudono ed i moretti vengono accompagnati in
altro locale più riparato, nell’ interno della città
ove pascano la notte.
Alcuni ascari i più intelligenti, conoscono già
la topografia della città e girano da soli anche
per vie ove la loro pudicizia corre qualche pe¬
ricolo.
Alla mattina alle nove sono di nuovo all'Espo¬
sizione per riprendere la loro parte nella com¬
media ufficiale in questa Mostra delle nostre mi¬
serie coloniali.
Lino di essi, una mattina, giunse in vettura.
Discese, estrasse da un gruppo del suo fazzo¬
letto dieci centesimi e fece per pagare.
Il vetturale protestò dicendo che gli erano
dovute due lire.
Ma l'ascaro convinto del suo buon diritto, ri¬
batteva: Pagato sempre due soldi, sempre due
soldi. Andare Torino due soldi. Qualcuno inter¬
venne per spiegargli che questo è il prezzo di
una corsa in tramvia e non in vettura; ma non
ci fu verso di convincerlo, e se il vetturale volei
essere pagato dovette rivolgersi al capitano che
ha la sorveglianza di tutta la legione ascara di
guarnigione in Torino.
1 torinesi li guardano con simpatia e sorri¬
dono di simili scenette italo-africane pur con¬
vinti però che lo spettacolo non vale davvero
i milioni ed il sangue clic è costato all’ Italia.
Toga-rasa.
Il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
18 luglio. - Turino. Inaugurati senza cerimonie i Padi¬
glioni della città di Torino, dello sport e della strada.
rp „ — Inaugurato il Padiglione della Costa Azzurra.
20 „ Roma. Nel Padiglione in Castel Sant’Angelo inau¬
gurato il Congresso Nazionale della mascalcia.
„ „ Torino. Arriva il vice-re d’Egitto, Abbas II, accom¬
pagnato dallo zio principe Abmed Fuard. Parte il a3.
22 „ Roma. Violento temporale verso le i5.3o ha inon¬
dato tutta Roma, producendo alle Esposizioni danni
per 3oo mila lire.
„ „ — A tarda notte arrivata a Roma la missione abis¬
sina, che poi visita i monumenti e le Esposizioni.
24 „ — Nelle prime ore del pomeriggio sono arrivati da
Fiumicino a Roma i motoscafi della Crociera moto¬
nautica Venczia-Roma.
„ „ Torino. Arriva da Venezia il re Giorgio di Grecia.
Anche questo pseudo
somalo si compone di
-CHI VA Al BAGNI
0 alla campagna, 0 si motto in viaggio, non trascura di portarsi qual¬
che libro per lo oro d’ozio 0 di noia che non mancano mai. Oggidì, con
tanto varie e bollo produzioni, c’è imbarazzo nella scelta. Vi piacciono
le novità alla moda, che hanno levato grande rumore nel mondo?
Ecco il romanzo della Vi vanti il mistero di d’Annunzio L> ', il romanzo
nazionalista di Corradini 3 ), il romanzo storico della Molcgari 4 ), le no¬
vello delizioso del Zòccoli 5 ), il poema tragico della Guglielminetti u ).
Preferite romanzi sentimentali e drammatici ? prendete l’ultimo romanzo di
Grazia Deledda, Net deserto (L. 4 ', l’ultimo di Neera, Jduello d’anime (L. 4 ).
il nuovissimo di De Roberto, La Messa di nozze (L. 3 , 50 ), le novelle di
Capuana 7 ), le Storie amorose del conte Gallarati Scotti tra il sacro ed
il profano 3 ), le Fiabe tirila 1 'ir tu, di quel potente umorista eh’è Alfredo
Panzini (L. 3 , 50 ), un romanzo a sensazione di Flavia Steno °).
Volete ridere semplicemente senza pensarci sopra ? Prendete tutto Gan-
dolin, cominciando dalla Guerra in tempo di bigiù (L. 2 ), e le Novel'e
g ije di Folchetto(L. 3 , 50 ). e il Capitano Tremolate/radi Giulio Bechi (L. 3,50 .
Volete qualche cosa di casto e puro per le vostre ragazze ? Potete
prendere quasi tutto il De Amicis, tutto il Castelnuovo, tutto di Grazia
Deledda, specialmente Anime oneste (L. 3 ), VAngelo <li bontà del Xievo (L- 1 T
tutta la Werner.
In fatto di teatro la più grande novità del giorno è ... il vecchio
Shakespeare nella nuova traduzione di Diego Angeli. Per ora non c’è
che la Tein/ està, in edizione elegantissima (L. 2).
Nel teatro moderno Sem Benclli dà il suo quinto dramma, Il Man-
tellaccio (L. 3 ); Butti due nuove commedie fortunatissime, Sei paese della
fortuna (L. 3). Sempre così (L. 4 ): Tumiati fa seguire il Carlo Alberto
dalla Giovine Italia (L. 3 ) ; Praga ristampa il suo capolavoro, La Aloglie
Ideale (L. 2). Vi raccomandiamo ancora il teatro di Riccardo Selvatico rac¬
colto ed annotato da Antonio Fradeletto, Commedie e poesie veneziane (L. 4 ).
e quattro commedie spaglinole dei fratelli Quieterò Alvarcz riunite in
un volume (L. 3 ). ... ... 0
Volete argomenti più scrii, ma sempre trattati m modo brillante,
passerete delle ore deliziose coi nitrat i d’Artidi deTOjetti (L- 4 ). con le
Memorie appassionate della baronessa Savio (L. 7 , 50 ), coi saggi letterarii,
femministi e nazionalisti, di Scipio Sighele 1 ")- .
Per la vostra salute, potete consultare il bagno d aria del dot¬
tor Lahmann, ampliato dal nostro dottor Ry (L -)•
Gli sposi in viaggio di nozze faranno bene a portare con se il Libro
della giovane sposa del dottor Stura (L. 2 ), lo nuo\e lettere di Maicel
Próvost a Francesca maritata (L. 3 ), e magari la sullodata Mes a 1 1 no~~e
del De Roberto. . „
Se poi non volete spendere più di una lira, avete da scegliere fra
800 e più volumi della Biblioteca Amena, che ne ha per tutti 1 gusti.
Non vi basta ancora? prendete il Catalogo Ire ves, che vi offre ben
2377 volumi tutti di sua edizione, e nel Catalogo che si manda gratis
(a chi lo chiedo con cartolina doppia) troverete pure 1 ritratti di ben
261 autori ed autrici.
villaggio come quello
poche capanne, ma in
muratura, ricoperte
di paglia; attorno ad
una capanna più
grande dovrebbe es¬
sere la chiesa, a giu¬
dicarne da tre pietre
sonore appese a tre¬
spoli di legno e de¬
stinate ad esercitare
le funzioni di campa¬
ne. In ogni capanna
vi è un professioni¬
sta.... sdraiato per
terra.
Il tessitore si puli¬
sce continuamente i
denti, il cuoiaio è
sempre intento a cu¬
rarsi.... i piedi, il ri-
camatore, come le si¬
gnore in villeggiatura
od ai bagni, lavora
da tre mesi attorno
ad uno stesso piccolo
ricamo, 1’argentaro
dorme sempre, sve¬
gliandosi solo per ti¬
rare schioppettate a
chi lo richieda del
prezzo di alcuni og¬
getti di filigrana che
ha in vetrina.
Il lavoro è rappre¬
sentato là dentro solo
da una vecchia ac¬
coccolata per terra
Edmondo De Amicis
A completare la collezione Troves degli scritti di Edmondo De Amicis
si aggiungono ora ( 1911 ) raccolte in un volume le due opero:
SPERANZE e GLORIE.
LE TRE CAPITALI.
Nella prima opera sono riuniti i più importanti discorsi d’argomenti commemorativi
e sociali, dei quali ecco l’indice :
1) J Divoratori, rom. di Anno: N ivanti. L. 0 .
2) Il Martirio ili San Sebastiano, di Ga¬
briele d'Annunzio. Mistero composto
in ritmo francese, volto in prosa italiana
da Ettore Janni. L. 3,50.
3) La guerra lontana, romanzo di L.muco
Cokkadini. L. 3,50. .
4) La città del Giglio, romanzo storico di
Dora Melegari. L. 5. .
5) Donne e fanciulle, novelle di Li ciano zi c-
coi.i. L. 3,50.
Dirìgere commissioni c vaglia ai
6) L'amante ignoto, poema tragico di Ama¬
lia Gugi.ìklminetti. L. 4.
i) La voluttà di creare, novelle di Luigi Ca¬
puana. L. 3,50.
S) Storie dell’Amore sacro e dell’Amore pro¬
fano, del conte Gai.i.arati Scotìi. L. 4.
9) 7 /ultimo sogno, romanzo di Flavia
Steno. L. 1.
10) Reti’Arte e nella Scienza, saggi letterarfi,
di Scino Sighele. L. 3,50.
Pelli Treves, editori, in Milano.
Per una distribuzione di premi.
Per l’inaugurazione di un cir¬
colo universitario.
Per la guestione sociale.
Per il l.° Maggio.
Per Giuseppe Garibaldi.
Per Gustavo Modena.
Per Felice Cavallotti.
Nella seconda opera si trovano i tre meravigliosi scritti su le Tre C aj) itali
(Torino - Firenze - Poma)
Un volume in -16 di 330 pagine: DUE LIRE.
DIRIGERE COMMISSIONI e VAGLIA AGLI EDITORI FRATELLI TREVI S, IN MILANO.
EDIZIONI ILLUSTRATE DI GRAN LUSSO.
BIBBIA e CLASSICI.
I n Coppi Rihhio Tradotta da monsignor
Lui Odlld DlUUld. a. Martini. Due volumi
di 1020 pagine a 2 colonne in-folio grande, con
230 grandi quadri di G. DokC-; e il testo ornato
da io. Giacomelli.L. 100 —
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Album della Sacra Bibbia , grafi di quadri
tirati a parte, senza testo: edizione di gran lusso
legata in tela e oro con dorso di marocchino e
tigli dorati. LO —
1 Santi Evangeli. fifa
zeta dall'Autoriia Eeclesiaslica,col testo latino
a fronte. Un volume in-4 di 650 pagine, illustrato
da 80 grandi quadri di G. Do ufi ... IO —
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So ne sono tirate 1(0 copie di gran lusso al
prezzo di.30 —
Legate in tela e oro con dorso di maroc¬
chino e (agli dorati.40 —
La Divina Commedia,
quecerito, a cura di Corrado Ricci. Udizione
principe in folio grande, con 288 disegni nel le¬
sto o 67 tavolo fuori les'o.100 —
Legato in tela o ora.110 —
Legato in pollo o in pergamena . . 125 —
Orlando Furioso,
questo capolavoro della letteratura e dell’arte,
abbiamo fatto quattro diverse edizioni:
Edizione principe, in folio massimo, con
prefazione di Giosuè Carducci. 664 pagine a
2 colonne con 81 grandi quadri fuori testo e
535 disegni intercalati nel testo. . . 85 —
Legato in tela e oro e tagli dorati. 100 —
Legato in tela e oro con dorso di maroc¬
chino e tagli dorati. . . - . . .115 —
Edizione in-1, con prefazione di Giosuè Car¬
ducci. 770 jmg. a 2 colonne con 616 ine. IL —
Legato in tela e oro e tagli dorati. 25 —
Edizione di lusso su carta distinta. . 30 —
Log. con dorso di marocch. e tagli dor. 45
Edizione popolare, in-8, bel formato di
libreria. Un volume di 760 pagine a 2 colonne,
con la vita dell’autore, e 500 disegni interca¬
lati nel testo.10
Legato in tela e oro.15 —
Edizione per la pioventi), espurgata sia
nel testo, sia nelle incisioni. È nello stesso
formato in-8, 680 pagine a 2 colonne con 450
disegni intercalati nel testo .... 10 —
Legato in tela e oro ..15 —
Gerusalemme liberata,,T ì£3ìu«"
celebro G. 15. Piazzetta. Fac-simile dell’edizione
principe del MDCCXi.v dedicata a Maria Teresa.
Un volume di 540 pagine in-folio splendidamente
illustrato da 22 grandi quadri a colori fuori
testo, da 40 incisioni intercalate nel testo e da
iniziali figurate ad ogni canto .... 30 —
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OPERE D’ARTE.
Della Pittura Italiana. SfjKJSSS
ma edizione italiana, preceduta dalla biografia
o dal ritratto dell'autore, 340 pagine in-8 grande
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nll’nvqnaforte e 354 incis. in legno . 60 —
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ld., con dorso rii ma rocch. o tagli dor. 85 —
L’Arte attraverso ai secoli, T*è.-°5$
di 544 pagine, con 518 incis. e 67 tavole. 35 —
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JsPPIlP RnmntlP d * I’ogliadhi. 20 tavole
Oblili nuilhlllt, in fototipia, tirate avanti
lettera...
Scene Medioevali,
avanti lettera . . .
Scene del Risorgimento Italiano, 1 ! i, I
TANIA. 20 tav. in fot., tirate avanti lettera 10 —
I Fìnrì 40 tavolo originali a colori di T. Che-
l i IU11. razzi e A. Ferraguti, con testo di
T. Gobi e A. Pucci. Legate in nn sol volume
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dono anche separatamente:
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E'iori «l’Estate. 10 _
Plori (l’Autunno. 10 _
Eiori <!'In verno. 10 _
Architettura e Scultura, ttSsM
pagine con 313 incisioni. 5 —
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L o Pittnr'i di L. Chirtani. Un volume di 644
u tinnì u, pagine con 288 incisioni - 5 —
L’Arte moderna in Italia,
della Principessa Maria Della Rocca. Un ma¬
gnifico volume dì 387 pag. in-4, con 95 disegni au¬
tografi di Morelli. Dalbono, Mietetti, eoe. 25 —
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UEscHiM. Nnova edizione con prefazione di
P. Lioy e numerose aggiunte. Un volume di 400
pag ine con 320 incis ioni.g _
Fisiologia dell’uomo sulle AlpiTS
Mosso. Nuova edizione aumentata di tre nuovi
capitoli e di 17 incisioni (i898). In-8 di 4 H 0 i );i _
g ine, con 48 tracci ati e 59 incisioni . L. 10 —
La temperatura del cervello,ÌÒS^fn
voi. in-8 con 49 ine. e 5 tavole fuori testo. 7 LO
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G. Amato, G. Pennasilico. Ih.” edizione. 4 —
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UUUl b. strafa da 110 incisioni di Arnaldo Fer-
ragnti, K. Nardi e G. A. Sartorio. . . 5 —
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Alle Porte d’Italia. Ì
disegni di Gennaro Amato.30 —
Legato in tela e oro.13 50
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Mnt/ollo Fn Y °lume di 400 pagine, illnstr. da
HUfbllb. 100 disegni di A. Ferraguti . 6 —
In tela e oro 9— | In stile liberty. 8 —
Nel Regno dell’Àmore. Slf iluslr ‘ sr ' I?
vadori e R. Pellegrini
Legalo in fola e oro
Amato, R. Sal-
7 —
9 —
STORIA.
Qtarin rii Domo dalle origini italiche fino
Olili la Ul nirllla, alla morie di Teodosio il
C!rande, di Francesco Bertouni e illustrata
da Lodovico Fogliagli!. Un volume di 700 pa¬
gine in-folio con 231 disegni.20 —
Legato in tela e oro.30 —
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Legato in tela e oro o tagli dorati. 50 —
Vi sono ancora alcune copio dell’edizione in-8,
un volume di 1060 pagine con 230 disegni, le¬
gato alla bodoniana 20 — I In tela e oro 25 —
|\/| n ri in p t/n dalle invasioni barbariche fino
iliuil 1U Cfu, a tutto il 13(0, di Francesco
Bertouni e illustrato da Lodovico Pogliaglii,
Un volume in folio di 720 pagine, con 96 grandi
quadri, edizione di gran lusso . . . . 45 —
Legato in tela e oro .5j —
Il Rinascimento USSlT il!
Insti-, da Lodovico Pogliaghi. Un voi. in-folio di
600 pag. con 73 quadri, ediz. di gran lusso. 36 —
Legato in tela e oro ...... 46 —
11 Settecento e il primo Regno d’Italia,
di Francesco Bertouni. illustrato da Lodo-
fico Fogliaglii fin corso di stampai.
Il Risorgimento Italiano, a ISSsco
Bertouni, illnstr. da E. Matania. Nuova ediz.
in-folio di 826 pag. con 103 grandi quadri. 20 —
Legato in tela e oro.30 —
Edizione di gran lusso in-folio . . . 40 —
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Garibaldi e i suoi tempi,
tr> da K. Matania. Un volume in-4 di 8o2 pagine,
con 82 composizioni .storiche, 5)6 ritratti, 11 au¬
tografi di Garibaldi, 8 carte e piante . 12 —
Legato in tela e oro. 17 _
Esemplari in carta di gran lusso . '. 20 —
Con dorso di marocchino e tagli dor. 150 —
Nuova edizione economica in-4, colle rnede-
jnino illustrazioni 6 — t in fola e oro. 8 50
La Vita ed il Regno di Vittorio Ema-
IIMpIp II il* ùssari, illnstr. da Edoardo e
nuoto u, Fortnnino Mutania. Un volume di 640
pagine in-folio, in carta di gran lusso, con 20
quadri a colori e 296 incisioni in nero . 40 —
I.DirnfA in i-rtlii n „ ..
Legato in tela e oro. 50 _
_Con dorso di marocchino e tagli d'or. 60_
Gnrih.llHi ! : -‘ sua vi<a narrata ai giovani dà
uui mutui, Eugenio Checcbi. Jn-8, con 52
composizioni di E. Matania, e della riprodu¬
zione di 23 monumenti innalzati a Garibaldi
in Dalia 0 all’Estero.
Fllnrlp P Rnmn ili J. De Fai.ke. Quadro sto-
LlldllK c nui ld, nco e artistico dell’anti-
clula classica. Un voi. in-4 con 37(1 incis. 25 —
Con legatura a colori e fregi d’oro. 35 —
Nuova ediz. in-8 leg. alla bodoniana. 15 —
Legata m tela e oro.20 —
n. m , n *D n „t inn ricordi del viaggio di Um-
noma e.DerlinO, bertol a Boriino e di Gii-
fjlielmo li a Roma (1888). Elegante fascicolo
ìii-i massimo riccamente illu strat o • • 2
Laiiattagiia di Màhdts, fm.
numerose carie.®
Legato in tela e oro. . . . • ■ • o ~
Armi ed Armali,
Un volume di .532
Roma V, aitali», & v. berse-
uuiiia, /io, f. Bosto e E. De Amici? Un vo¬
lume m-4 di 650 pagine, con 300 incisioni 25 —
1 ' ,I1 legatura ;i c f oiori e fregi 4 'oro. 86 _
Storia della Rivoluzione Francese ,}!
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fn ' -n ra| ' CSSlve L’óO pagine, con 150 ri-
uara e incisioni .... in
_L egato in tela e oro . . .' .' ’ 15 _
Cristoforo Colnnihn di n. A. Lazzaroni.
nlessive ìun ? UU,U,,1UU ’ Lue volumi di com-
I .. ive .. 0 pagane in -8 grande, con disegni di
Lemme Rossi Scotti. Edizione comune lò-
J - l, ‘ l ^mne di lusso, lega ta in tela e oro. 20 _
,i™“ i4el,aS(ori ^^^
con 0 8 incisioni. 5
Drammi della Storia Italiana,
s iato da L . Matania e V. Bignami . 3 _
Da Massaun n Snnti ,li Vic ° màxtèòaz-
sne,!i/; D r a ^ a ( 111 , za, narrazione della
spedizione italiana in Abissinia. Un volume di
4.xi pagi ne con ib incisioni. 6 _
Viaggio m) del Re a Vienna e a Berlino
I fattffif 0 i »' 4 con 7 gn.n-
Viaggio di, di Guglielmo I in ItolTTiS
scicolo in—4- massimo, con 19 grandi ine. 2 LO
Monte Amiata e il suo profeta. Sù 8 4
tavole a colori e 5.0 incisioni.10 —
VIAGGI.
Passeggiata intorno al mondo, Sn e
di IIuhner. in-i, 60i pag. e 462 incisioni. 40 —
Con legatura a colori e fregi d'oro. 50 —
I n Qinilio di G. Vuii.eier. Un voi. di464 pag.
Lui ululila, con 270 disegni dell’autore. 20 —
Legato in tela e oro.30 —
Firenze e la Toscana, sJggi, J Mon T nm?ntt
Costumi e Ricordi storici. Un volume in-4 di
512 pagine, illustrato da 367 disegni. . 30 —
Legato in tela e oro e tagli dorati. 40 —
Con dorso di marocch. e tagli dorati. 45 -
Le rive dell’Adriatico e il Montenegro,
di Cardo Yriarte. Un volume in-4 di 58-x pa¬
gine. con 257 incisioni e 2 carte . . . 2o —
Con legatura a colori e fregi d'oro. 30 —
Napoli e i Napolitani, iLirStoda^'ì?:
menise, E Dalbono e E. Matania ... 15 —
Legato in tela e oro.19 —
Escursioni nel Mediterraneo e gli
emui Hi Prot'i (U Aa g EEO Musso, luì \o-
oLaVl Ul ul Kld, lume in-8, con 187 incisioni
0 2 tavole fuori testo.lz —
Le origini della civiltà mediterranea.
Saggi e ricerche di Angei.o Musso. In-8, con
187 incisioni e mia tavola a colori . . 12 —
Tra Mussulmani e Slavi, HI:,'™ Si;
87 incisioni fuori testo.fi —
1 t QtiirYorn di Woldejiako Kaden, ili. da
Ld uVlLAbld, Alessandro e Arturo Calarne.
Un voi. in-4 di 630 pagine con 436 incis. 10 —
Con legatura a colori e fregi d’oro. 15 —
Edizione di gran lusso, su carta sopraffina,
a larghi margini.30 —
Con legatura a colori e fregi d'oro. 40 —
Il Rplnin diCAini.i.oLEMONNiER. Due volumi
11 uciyiu, di complessive 870 pagine illustrato
da 318 incisioni e una carta geografica. 20 —
^n'unii di Carco Davii.i.ier e Gustavo
lld ujjdyiul, DokC. In-4, di 1026 pagine, illu¬
strato da 1449 incisioni di Gustavo Dorè. 20 —
Legato in tela e oro.80
Edizione speciale sa carta di lusso. . 40 —
Legato in tela e oro.50 —
l ’ flrionto di Schweiger-Lerchenfei.d. Un
li Ul Ionio, voi. di 840 pag. e 216 incis. 15 —
Legato in tela e oro.18 —
I ’iflfln v Liggio nell’llidia Centrale e nel Ben-
u IUU1U, gala, di L. Rousseekt. Un volume
m-4 di 638 pagine con 383 incisioni . . 40 —
Con legatura a colori e fregi d'oro. 50 —
1,3 Hhim (ìi J - Thompson e t. Choutzé. In-8
Ud uljllld, eli 420 pag. con 167 incisioni. 3 —
Legato in tela e oro. 6 —
La Cina dopo il 1900,
lume in-8, con 88 incisioni e 2 carte . . 8 —
Giappone e Siberia. SS ‘JLZ SS
al seguito di S. A. R. il Duca di Genova, dei ge-
aerale Luchino Dal Verme. Un ■volume in-4
di oOO pagine, con 223 incisioni e 12 carte. 15 —
Con legatura a colori e fregi d’oro. 25 —
Il Giappone moderno, KiSiSI;
06 O pagine con 192 incisioni
Legalo in tela e oro . . r.
Il Giappone nella sua evoluzione, fj“ e
ricordi duna campagna nell'Estremo Oriente
compiuta con la R. Nave Vettor Pisani durante
gli anni 1903-1904 da Adeeeredo Fedele. Con
20 incisioni e 6 grandi quadri a colori . 10 —
7 Isola di Jsnkalin (ÌI I>AOi ° labbé, con
U r, 1 l , ùdl ><Uin, prefazione e noto del
prof. Ricchien. Con 98 incisioni . . 3 50
La Crociera del “ Corsaro „ alle Az-
7firrP Cap. E. A. D’Alhertis. Un volume
lui 10 , in-8, con 21 incisioni e 7 carte. 6 —
La Crociera del “ Corsaro „ a San
Rfill/fldnr Pri ma terra scoperta da Cristo-
UtUftlUUl, foro Colombo, del Cap. E. A.D’Ae-
iìertis. lii-8con 35 incisioni 6,5 tavole. L. 3 50
Periplo dell’Africa, “aS'
m-8, con .>40 incisioni e 3 carte a coloi i. 2n —
Legato in teli e oro.22.50
Alla ricerca delle sorgenti dei Nilo,
viaggi celebri di Grani, Burton, Speke e Baker.
Un volume di 638 pag 1 . con 144 incisioni. 4 —
Diciotto mesi al Congo,
con 2 carte c 38 incisioni. 350
i m a • 1 . n. ■ ~ rrr--—
DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TRE VES.
che rii. Un volume di 3(0 pagine con 163 inci¬
sioni e. mia grande carta geografica. pi _
Legato,in tela è oro .... ' là r n
Alla urrà dei
regione.percorsa da G. Bianchi. Un volume di
608 pagine illustrato da 103 incisioni ‘>n_
Legato in tela e oro . ’ 94 _
Edizione economica, illustrata ' ' V,0
Legato in tela e oro ... . ; 22 '?q
I viaggi di Livingstone. pagine,illustrato
da 89 incisioni e 3 carte geografiche. . 4 —
Come Ito attraversato l’Africa cSa.
tlantico all'Oceano Indiano per regioni ignote
di Serpa Finto. Due volumi di complessive 524
pagine, con 167 incisioni e 8 carte . . 20 —
Attraverso il Continente Nero, Tor^u
del A ilo, i grandi laghi dell’Africa Equatoriale
e lungo il fiume Livingstone fino all’Oceano
Atlantico, di li. M. Stanley. Un volume in -8
grande con 150 incisioni 0 7 carte geografiche,
fra cui una grandiss. dell'Africa Equat. 12 —
Viaggi alla ricerca di Livingstone, e
Attraverso il Continente Nero, di ST A “'
lev. Un volume in -8 di 550 pag., con 102 incis.,
il ritratto dell’autore e 5 carte geografi 4 —
Come io trovai Livingstone, sta?;.® 3 ?:
Viaggi, avventure e scoperte nell'Africa Cen¬
trale, compresi quattro mesi di residenza col
dottor Livingstone. Un volume in -8 grande con
58 incisioni, 5 cavie e una pianta ... 4 —
Viaggi, avventure e scoperte attra¬
verso l’Africa Equatoriale, stane Vv!
Un volume con 45 incisioni e una carta. 3 —
Nell’Africa tenebrosa, Ri^rSinberafio:
ne e ritorno di Emiri, governatore delia provin¬
cia equatoriale. Due volumi in- 8 . 3. a ediz. 25> —
Legato in tela e oro.30 —
Emin pascià, capitano Casati e la ri¬
bellione aH’Equatoria. fili priìffil eli
avventnrenell’nltima delle provincia de] Sudan,
di H. M. Stanley e Moenteney-Jedhson. Un
voi. in -8 di 466 pag., con 47 incis. e 1 carta. 10 —
Legato in tela e oro. 12 54)
Un po’ più di luce sull’Africa tene-
hrnCT relazione sulla Spedizione Tedesca per
Uluod, Emin Fascia, del dott. Carlo Peters.
Un volume di 560 pagine, con 32 tavole, 80 in¬
cisioni 0 una carta ........ 12-50
Legato in tela e oro.15 —
Nell'Affrica Italiana,
tini. Nuova edizione riveduta dall'autore, con
150 incisioni e 2 carte.5 —
Legato in tela e oro. 8 —
Una gita all’Barrar, mi u/tot™.'
in- 8 , illustrato da 62 incisioni .... 350
Il Marocco e l'Europa,
me in- 8 , riccamente illustrato .... 350
Una Crociera del yacht “Sfinge,, Se
Marocco), di Cesare Imperiale di Sant’An¬
gelo. Con illus'razioni di A. Della Valle. 4 —
Innloei 0 Rnori attraverso l’Africa Austra-
lliyiool 0 DUbl 1, tee il Transvaal, di Adolfo
Fossi. Con 2 n' ritratti, 60 incisioni e una grande
carta a colori del Teatro della guerra . 2 50
Phiponn r l’Esposizione UnircrsaleColombia-
UlIlUiyU na del 1893, di E. Bruwaekt. 3 —
Il Diario di un Viandante. 'fSfShv,
di Antonio Beltramkmi. In- 8 , con 68 inci¬
sioni in nero e 12 tavole in tricromia , 8 —
1,3 Vom Viaggio di scoperta del passaggio
LiU “byti. Nord-Est tra l’Asia e l'Europa del
barone A. E. Nordenskjold. Due volumi di
complessive 782 pagine, col ritratto dell'autore
468 incisioni e 18 carte . 26 —
La nuova spedizione in Groenlandia,
del barone A. li. Nordenskjold. Un voi. di 550
pag. con 139 ine. e 5 carte in cromolitogr. ]2 —
Le ultime Spedizioni Polari.
nuli*- : La Spedi:ionc. Jlodgers alla ricerca
della Jeannètie; La Spedizióne Qreely , 0 Gli
affamati al l’olo Lord. Un volume di 424 pa¬
gine con 137 incisioni e 2 carte. . . . 13 —
In mezzo ai ghiacci.
1000 pagine con 321 incisioni e 1 carta delie
regioni polari (1888) . 6 —
Legato in tela e oro . 9 —
Da Eschimese fra gli Eschimesi, £
Ki.utschak, racconto delle avventure della spe¬
dizione Schwatka alla ricerca di Franklin. Un
volume di444 pag., 43 ine. e 3 carte googr. 8 —
L'Anima del Nord.
Lorreaia, Siena e Danimarca. Un volume in- 8 ,
con 189 incisioni . ]0 —
il Passaggio Nord-Ovest,
140 incisioni e 3 carte geografiche . . ]0 —
Legato In tela e oro . . . . ’ , 13 _
Vprsn il Pnin del ca fi- li se. Memo-
VKtòU II rUiU OUU, rie della Spedizione
antartica diretta dal prof. Nordenskjold. Un
volume m- 8 , con 148 incisioni 0 carte' . 5 —
Alla conquista del Polo Sud.lìfS
TON. Due voltimi in -8 grande, con 275 incisioni,
]_ tavolo a colori e una grande carta . 30 —
Legati in tela 0 oro . . . , . , 35 |
La Scoperta del Polo Nord, | Sf™
ln- 8 . con 400 incisioni, 8 tavolo a colori’e una
grande curta , , , .. j- _
Da Pekino a Parigi in automobile,
Hoi/lm VANN1 JH ' Taiu - 13 '- In ' 8 > con 66 fotoin-
1 1 i.iio-iiiiii/M/ 11,1 ? < ?°I ,er t 0 od avventure nel
lino vni £, - ,lia A a J <1 * Tibet, dì Sven Redine
Due volumi 111 - 8 , con 397 dis. e 12 carte. 25-
■Liegati 111 tela e oro. 30 _
EDIT0R1 ' 1N MILAN0 - VIA
Nel grande Salone del Libro: lo stand Treves (disegno di Aldo Molinari).
FASCICOLO 20 .
,io6
LE ESPOSIZIONI DEL r 9 r i
11 Pti h b 1 i c o a Piazza d’ Arnii.
TIFI,
MACCHIETTE.
FIGIJEE.
Lo spettacolo, vario e curioso, incomincia ad
appassionare, dopo aver visitato numerose volte
l’Esposizione; dopo avere, cioè, ammirato ad
una ad una le bellezze qui raccolte, dopo es¬
sersi impresso nella mente le magnificenze qui
rievocate, quando nulla di nuovo si ha da vedere.
Allora, chi ha preso 1 abito di recarsi ogni
giorno a gironzolare nelle varie mostre, inco¬
mincia a sentire il bisogno di vedere qualcosa
di nuovo, di godere qualche altro spettacolo, di
riposarsi un po con delle altre e differenti im¬
pressioni. Lei ecco clic si guarda intorno e, s’è
dotato eli spirito acuto, s’accorge che v'è qual¬
cosa di originale, di curioso, di interessantissimo
da osservare.... torse pili interessante di tutto il
resto. 11 signor pubblico, precisamente; il signor
pubblico che si affolla, si agita, ride, parla, sen¬
tenzia in un modo speciale.... nel modo del pub¬
blico delle esposizioni ; il signor pubblico, che
piglia qui dei caratteristici atteggiamenti, forma
uno spettacolo degno di studio^ uno spettacolo
sempre allegro, sempre umoristico, sempre di¬
vertente.
E non voglio parlare della solita coppia di
provinciali, venuti qui con il biglietto d’andata
e ritorno — durata giorni tre — dopo nume¬
rosi calcoli finanziari, assillati dal doppio biso¬
gno di veder tutto,in poco tempo e di spendere
il meno possibile. E la coppia che conosciamo
troppo bene, per averla vista anche in altre oc¬
casioni: lui grasso, rubicondo, vestito di nero,
con un colletto di colore.... indecifrabile, ma con
una grossa catena al panciotto; lei vestita con.,.,
eterogenei in lomenti — camicetta di seta “ come
usava cinquantanni fa „ gonna di lana cangiante
~ coperta da un cappello che sa le tempeste e
che è stato rinfrescato per l’occasione. Tutti e
due girano affrettati, stanchi, con il v iso rosso
dalla congestione, con gli occhi spauriti, con il
sudore che cola da ogni poro, con le gambe che
vorrebbero piegarsi, e che debbono invece cam¬
minare. Entrano nei padiglioni, cercano di com¬
prendere qualche cosa, capiscono nulla, e si
guardano soddisfatti.
— Bello?
— Bello.
L continuano la loro via-crucis, miseri e sco¬
nosciuti eroi del “ biglietto ridotto „.
Berciò non vien da ridere, vedendoli; chè
anzi, il cuore si stringe allo spettacolo della si¬
gnora con il cappellino di traverso e gli abiti
polverosi. Si pensa che anche questi poveri di
voli avranno una loro casa, dove lei potrebl
continuare nella sua occupazione favorita di pr
parare le conserve per l’inverno, e lui potrebl
divertirsi a sciogliere le sciarade. E invece.
Più divertente è lo spettacolo del pater fami li,
seguito dalla numerosa prole, a cui intende spi
gar tutto con minuzia e con calma. L’Espos
zione per questo signore deve essere un luos
istruttivo; e per ciò si è andato preparando n
merosi giorni avanti sulle guide speciali, che 1
avuto cura di leggere ai suoi figliuoli. Ma il bel
è che, venuti qui, i suoi rampolli hanno ur
voglia matta di divertirsi e guardano con ocelli
“in cui il desiderio passa ad ondate,, il te
trino di pulci nella e più ancora la fabbrica 1
confetti o il forno del pizzaiuolo napoletano. $
possono, scappano via, sordi ai richiami del p;
dre che vede così fallire il suo scopo d’istri
zione; e quando, dopo qualche tiratina d’ore<
chia o qualche silenzioso pizzicotto, sono ricot
dotti al dovere, essi fingono di ascoltare quant
viene spifferando il loro genitore intorno a Is;
bella d Estc, o alla sala dei notaci di Perugia
ma in realtà sbadigliano pulitamente; non con:
prendono una parola; si mostrano la lingua
vicenda; mentre la sorella maggiore — che pos
a signorina
guarda con occhio languido
a segue e che s’affanna a tii
giovanotto, che
fuori ì polsini e a prendere delle pose croie
1 erchè non è a dire come sia galeotta que;
esposizione! Scommetto che questo ottobre
numero dei fidanzamenti — c’è una statisi
anche di essi ? — non dico dei matrimoni, sì
quintuplicato.
L il fatto avviene naturalmente, senza che
poxeia vittima abbia tempo a premunirsi e
difendersi, i lo visto dei giovanotti — speci
mente studenti — venuti a Piazza d’Armi c
onesta intenzione di osservare l’Esposizioi
onde avere materia da raccontare ai parenti
provincia Ma.... l’uomo propone e la don
dispone. Ecco qui un pajo d’occhi neri, una -
pigliatili a corvina, un viso d’angelo, una g
ziosa persona, insomma; e tutti ì propositi v<
gono scompigliati. L’incauto giovanotto si las<
adescare e da quel momento potete giurare c
1 gli seguirà la.... maliarda, incapace di vede
qualsiasi cosa, desideroso solo di ottenere u
sguardo e un sorriso.
L uno spettacolo che fa pena; e qualche vo
vi verrebbe la voglia di accostarvi all’ingenuo,
di pigliarlo sotto d braccio e di dirgli:
— Mio caro amico, lascia stare quegli occhi,
e pensa invece a divertirti, magari andando a
vedere le lotte cruente di Rinaldo e di Mandriano
al teatrino catanese. Pensa che, dopo, ti sentirai
più allegro e che se continui così, senza avve¬
dertene, ti metti peruna strada tutta irta di spine
c die conduce nientemeno che al matrimonio....
borse, allora l’amico si sveglierebbe; ma....
Naturalmente V Esposizione di Piazza d’Armi
è il luogo preferito dalle coppie, specialmente
quelle che sono infelicitate dalla compagnia dei
genitori di lei. Si sa che mammà e papà sono
sempre lieti di chiudere un occhio sulle tene¬
rezze dei due futuri sposini; ma, ecco, lo vo¬
gliono chiudere decentemente, senza che nes¬
suno — nemmeno, direi, essi stessi — se ne ac¬
corgano. E questo è il posto buono. Con tutte
queste casette della Mostra Etnografica, con tutte
queste viuzze spopolate, con tutte queste como¬
dità viene proprio il desiderio di allungare il
bi accio attorno alla vita della compagna e di
daile un bacio. Specialmente, poi, se le ombre
della sera sono già scese e i rispettabili geni¬
to! 1 si sentano tanto stanchi ed abbiano biso¬
gno di 1 iposo. Che volete t Quel nuraghe de¬
sei to è lì a due passi; e Venezia sussurra i
suoi inviti, e la fontana posta accanto alla stalla
di San branceseo sa nascondere tanto bene con
il suo chiocchiolìo il suono dei baci.
Domandate a una simile coppia che cosa pensi
dell’Esposizione e sentirete che elogi! Ma se vi
sono degli incauti che vanno a vedere la Mo¬
sti a Etnografica e finiscono per prendere una
cotta; vi sono pure i “professionisti,, della ri¬
cerca femminile.
Si conoscono a prima vista con la loro ele¬
ganza molto spesso di pessimo gusto, con le
Uno pose ila don Giovanni, con il loro sorriso
che vorrebbe essere ammaliatore. Sono tipi che
nella loro modestia si ritengono irresistìbili, ca¬
paci di far cadere fra le loro braccia una donna,
soltanto con il rivolgerle uno sguardo; e che
vengono all Esposizione unicamente per seguire
la prima signora che passi loro dinanzi, e per
poter, poi, raccontare agli amici fortunate e for¬
tunose avventure, che non esistono mai. Ma
sono esempi di costanza; poiché son capaci di
importunare con la loro presenza una donna,
anche se accompagnata dal marito, incuranti
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 T i
307
delle occhiate di sprezzo, delle sgarberie e, alle
volte, di qualche insolenza mormorata a fior di
labbra.
Una sottospecie interessantissima di questi
poveri di spinto è formata da quella classe di
uomini cosi diffusa e così nota a Roma, e il cui
unico intento è di far la corte — la chiamano
così — alle straniere.
Per costoro la straniera, sia pure brutta, rap¬
presenta la quintessenza dell'ideale femminile.
E si capisce. Di solito le straniere non capi¬
scono l’italiano e quindi non si accorgono di ciò
che vanno mormorando alle loro spalle questi
instancabili pedinatori, per cui non c’ è mai caso
che dian loro dell’asino e dell’imbecille, come
sogliono fare invece le romane.
Ora, dunque, che l’Esposizione è il ritrovo
preferito d; gli stranieri, i sullodati signori hanno
lasciato i marciapiedi del Corso e infestano con
la loro presenza Piazza d’Armi. Ma sono inno¬
cui e il Comitato ci guadagna.
E poiché siamo in tema — diremo così — pas¬
sionale includiamoci anche quel gruppo di per¬
sone che formano “ i patiti „ gli entusiasti dei-
fi Esposizione. Si riconoscono dall’aria beata con
cui vanno girando, dagli occhi luccicanti di pia¬
cere, dalle approvazioni ad alta voce che so¬
gliono prodigare per ogni cosa. Sono qui in
tutte le ore di libertà, conoscono a memoria
ogni luogo, ma vi ritornano per entusiasmarsi
ancora, fanno amicizia con i vari “ gruppi „, sono
conosciuti dai guardiani, a cui domandano il nu¬
mero dei visitatori giornalieri, e stanno tutti
orecchi a sentire le approvazioni degli altri, come
se fossero rivolti ad essi. Non trovano nulla,
non dico di brutto, ma di meno bello, all’Espo¬
sizione; non v’c per essi alcuno inconveniente
che non sia scusabile e s’affannano a gridarlo
ai quattro venti, anche a chi non voglia ascol¬
tarli. Guai, poi, se sentono qualcuno dir male di
questa o di quella cosa: guardano il temerario
con occhiate sprezzanti, come se si trattasse di
un somaro patentato, scuotono il capo in aria
compassionevole, e, se l’altro insiste ignaro di
avere alle sue spalle un “ patito „ sono capaci
di farsi avanti e di attaccar discorso per salvare
un’ anima dall’errore.
Sono, in fede mia, divertentissimi; ed è bello
vederli girare per i padiglioni appena inaugurati,
con un libricino e un lapis fra le mani, intenti
a pigliare appunti, esclamando ogni momento:
— Bello! Meraviglioso! Delizioso!
In contrapposto ad essi vi sono i pessimisti,
nemici dichiarati, feroci, dell' Esposizione. Spesso
sono delle persone a cui il Comitato ha avuto
il torto di negare una tessera gratuita, ma il più
delle volte sono in buona fede. Alcuni, anzi, in¬
cominciarono a dir corna dell’Esposizione prima
ancora che fosse stabilito in che cosa dovesse
consistere, dove dovesse sorgere, quale scopo
dovesse avere. Non ne sapevano nulla c ne par¬
lavano male, come usano fare gli uomini, per un
bisogno naturale di sfogare un po' di bile. I lanno
naturalmente rincarata la dose, poi, quando
fi Esposizione è stata aperta.... senza che essi
l’avessero veduta. In sul principio giurarono che
non vi avrebbero messo piede : poi a poco a
poco si lasciarono persuadere a soffrire almeno
una volta dell 'orrendo spettacolo. Figuratevi le
gentilezze espresse ad alta voce all’indirizzo del
Comitato! Per alcuni è bastato quell'unica volta;
altri invece hanno preso il vezzo di recarsi ogni
giorno a Piazza d'Armi ; dove, appena vedono
un gruppo di persone intente ad ammirare qual¬
che cosa, con l’aria più sorniona di questo mondo,
incominciano a far sentire i loro non chiesti
pareri.
— Che indecenza! Ma si son tutti iscimuniti!
Dove si vede che è difetto umano attribuire
agli altri le proprie qualità....
Appartengono alla specie degli appassionati
anche i provinciali, o molti di essi, venuti espres¬
samente a Roma per questa Mostra. Ma sono
degli appassionati speciali. Per essi l’Esposizione
non consiste in altro che nel padiglione della
loro regione, che dichiarano essere il piii bello,
il più ricco, il piti magnifico; e nel loro gruppo
etnografico che è invariabilmente il più caratte¬
ristico. La loro parzialità, più che offendere gli
altri, commuove, tanto è naturale, e tanto essi
sono sinceri nella loro ammirazione. Quel padi¬
glione, quel gruppo etnografico pare siano il ful¬
cro di tutta la Mostra; di là incomincia e là
finisce la quotidiana visita che il provinciale la
all’Esposizione. 11 resto non conta, il resto è in¬
feriore, il resto è una cosa superflua, messa
quasi a far da corona e da seguito a quei due
punti principali. E quanto più povero è il padi¬
glione — s’intende, in relazione agli altri, poi¬
ché in verità tutti i padiglioni sono belli e ric¬
chi — quanto più é comune il gruppo etnogra¬
fico, tanto maggiormente cresce l'appassionata
ammirazione.
Meglio, meglio assai questi, del resto, che
non il gruppo dei refrattari, di coloro, cioè,
che vengono all’ Esposizione senza incurio¬
sirsi di nulla, guardando distratti ogni cosa,
incuranti di sapere che cosa riproducono le
diverse sale, per le quali passano lentamente
senza comprender nulla. Non è, dunque, la
fretta, non è dunque il bisogno di far pre¬
sto che impedisce loro di apprendere qual¬
cosa; elfi essi anzi, ritornano qui parecchie
volte, sempre con lo stesso risultato nega¬
tivo. È piuttosto l’apatia del loro animo che li
rende refrattari c indifferenti.
Non sono certo costoro che concorreranno a
formare quei curiosi gruppi che si vedono ogni
giorno a girare per fi Esposizione. Sono persone
che non si conoscono, che non si parlano, che
non si saluteranno nemmeno all’atto di lasciarsi,
ma che la curiosità e il desiderio di sapere ha
riuniti. Basta che una persona un po’ pratica
spieghi a degli amici questa o quella cosa, per¬
chè subito intorno ad essa si accostino altri vi¬
sitatori, la seguano, l’accompagnino sempre più
numerosi, la stiano ad ascoltare a bocca aperta.
Qualche volta — molto raramente — il mentore
improvvisato si annoja e pianta tutti; ma di so
lito sorride lieto della muta ammirazione, di cui
è fatto segno; e, fingendo di non accorger i del
gruppo che si è accodato ai suoi amici, rinforza
la voce e.... inventa con la più bella fàccia tosta
di questo mondo le cose più strampalate c in¬
credibili.
Ma bisogna parlare del romano, che va all’Espo¬
sizione.
Ah, il romano; il romano vero, il romano au¬
tentico, il romano che conserva le sue tradiz oni,
è il piii bel tipo di visitatore!
Visitatore, per modo di dire, calmo, arguto,
desideroso di non scomodarsi troppo, ma di di¬
vertirsi molto, a modo suo. 11 romano viene al¬
l’Esposizione di domenica, visita, o meglio at¬
traversa, un solo padiglione per volta; dà una
capatina al gruppo sardo dove ingolla tre o quat¬
tro bicchierini ili vcrnazza , fa una sosta al gruppo
napoletano, dove non manca mai di assaporare
la pizza ; c infine dichiara candidamente, di aver
fame, di aver sete, e di essere stanco, tutte cose
che conducono al bisogno urgente di cercare
un’osteria dove fare una merenda, una piccola
merenda. Naturalmente l’osteria è li a due passi,
nel recinto stesso dell’Esposizione, la merenda
dura quanto l’eternità, i mezzi litri si accumu¬
lano sul tavolo; e il romano è beato, e sorride
e parla bene della Mostra. 11 caroviveri? Ma
esiste per un romano questo spauracchio del
caroviveri ?...
Alfredo Labratl
1 N T ORNO AL PaDICLI O NE Lo M B A R I) O.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
3o8
TORI N O. A T TRAVERSO I PADIGLION I.
Interno della Galleria della Mostra collettiva dell’Industria del Lavoro.
UELLO
1 KAAUt.SE E I EDESC;
LE ESPOSIZIONI DEL
i 9 i i
3c>9
Venezia a Roma.
L’Arte Veneta all’esposizione di Roma.
IL PADIGLIONE VENETO ALLA MOSTRA ETNOGRAFICA.
Fra gli edilìzi regionali, sorti per incanto in
pochi mesi di febbrile lavoro e per una opero¬
sità geniale di pochi uomini, il Padiglione Ve¬
neto è forse quello che più riflette le caratteri¬
stiche linee dell’architettura paesana o, per lo
meno, che meglio le specifica, per quella sua
severa semplicità di stile rievocatore della ve-
nezianità più bella e più perfetta.
E ben fece Venezia e il Veneto, che pure
tanti esempi, e di ogni secolo, avca da cui at¬
tingere r ispirazione per costruirne un edilìzio de¬
gno e maestoso, a scegliere le forme della Log¬
gia di Canàio, insigne monumento dell’Oriente
che fu veneziano, opera fra le più belle dello
scultore Sanmicheli, oggi ridotto una misera ro¬
vina, mercè le provvide cure artistiche del go¬
verno della Mezzaluna.
La parte dell’edificio rievocante la Loggia di
Candia è invero la più riuscita. È qui trasfusa
tutta la superba severità della rinascenza cui
l’architettura veneta deve il suo periodo aureo.
I maestosi fìnestroni, le vaste arcate, semplicis¬
sime nel loro contorno monocromo, le colonne
poderose e liscie, i capitelli, l’ampia gradinata,
ogni particolare e architettonico e decorativo
mostrano la cura intelligente con cui l’ingegnere
Max Ongaro compiè l'opera sua. La loggia in¬
terna ed il grande scalone del cortile comple¬
tano la parte principale del palazzo cui una
oscura tinta discreta richiama la
dei tempi secolar bruna carezza.
Le ali e la Torre — che vuol ricordare quella
famosa, se non bella, dell'Orologio, eretta a \ e-
nezia dal bergamasco Mauro Coducci, nel 1490
— formano con la Loggia una mole organica ed
euritmica, intonandosi allo stile Sanmicheliano.
LIQUORE STREGA
Ditta G. ALBERTI - Benevento
Esposizione Internazionale - Milano 1906
Esposizione Universale - Bruxelles 1910
FUORI CONCORSO AE/nURO DELLA GIURIA
Le Sale veneziane.
Venezia ha costrutto, per proprio conto, quat¬
tro sale speciali: la Sala delle Arti, la Stanza di
Sant'Orsola, la Sala della Nave e la Sala della
Gloria.
11 concetto della Commissione ordinatrice della
Sala delle Arti, a capo della quale furono l’Je-
surum ed il Salvadori, fu di riprodurre un ricco
salotto del 700 veneziano, ove si vollero rac¬
colti i saggi migliori di quelle arti che diedero
tipico carattere ad un’epoca nella quale ebbero
vero predominio il buon gusto, la raffinatezza
e lo sfrenato lusso. Ed ecco i dipinti preziosi di
Alessandro e Pietro Longhi, di G. B. Tiepolo,
del Canaletto, di Rosalba Carriera, di Marco
Ricci, dello Zeiss; ecco le statuette di Antonio
Gay e gli angeli del Marchiori. E intorno, in¬
torno la ricca mobilia dorata, le riproduzioni
tiepolesche del Bardella, i damaschi e le stoffe
del Trapolin, del Bevilacqua e del Rubclli; i
ferri battuti del Bellotto, i cuoi del De Toldo
e del Norsa, i lavori in argento del Passoni,
i mosaici del Gianese, i vetri finissimi del
Toso-Borella a quelli dei Barovicr, del Ferro,
del Corsato e del Cori. Ed ecco infine i preziosi
merletti dell’Jesurum e della scuola di Bucano.
La Stanza di Sant’Orsola offre la visione del
magnifico quadro di Vittore Carpaccio, conser¬
vato nelle RR. Gallerie di Venezia, detto ap¬
punto “11 sogno di Sant’Orsola,,. Augusto Se-
zanne, studiando la magistrale pittura del grande
illustratore della vita veneziana della seconda
metà del 400 , e sagacemente interpretandola,
stabilì la pianta e i prospetti della stanza; de¬
dusse le forme e le misure del mobilio — bella
opera del Dal Tedesco — i colori e le decora¬
zioni; ricostruì l’ambiente, diffondendovi la eletta
e mistica bellezza suggeritagli dal veneto artista
glorioso.
Con la Sala della Nave il Veneto ha voluto
principalmente rievocare la sua gloriosa epopea
marinara, le glorie e i trionfi di quattordici se¬
coli, la vita di una Regione che dal mare trasse
la sua potenza economica e politica. “ Despon-
samus te, mare.... „ Sembra vada gridando una
dogai voce misteriosa dall'alto della prora do¬
rata della Bucintoro. “ .... in signo perpetuique
domini! „ rispondono in coro le voci eroiche di
Angelo Emo, di Vittor Pisani, dì Lazzaro Mo-
cenigo, di Sebastiano Veniero e del Peloponne¬
siaco. Echeggiano, sembra, in questa sala azzurra,
le anime di questi capitani antichi, di questi
condottieri che furon grandi perchè audaci, e il
visitatore, soffermandosi ad ammirarne la mar¬
morea, muta effìgie, deve sentir fremiti superbi
e rammarichi senza fine. Quanti e quali tesori
conquistati a prezzo di sangue, quale mondo,
un giorno tutto nostro, oggi perduto! Ma in alto,
sulla parete della Sala ov’ è un gran trofeo
d’armi e di bandiere, una scritta ammonisce:
“ Patria ai Veneti tutto l’Adriatico „, e più in là,
accanto ad un fanale di galera, un’altra voce
tuona: “ Non è mai tardi per andar più oltre! „
e il manoscritto del Poeta, infine, protetto dal¬
l’ombra della Bucintoro è aperto ov’è il grido
di comando: “Alle Navi! Alle Navi!,,.
La Sala della Nave fu ideata dall’on. conte
Piero Foscari e dal pittore Vizzotto-Alberti —
al quale si devono il bel pannello “ Le espan¬
sioni commerciali e coloniali di Venezia „ e
quello “ Venezia navale vittoriosa in guerra „
— e fu allestita dall’ing. conte Colombini.
La Sala della Gloria è quella destinata per i
ricevimenti solenni e per i trattenimenti artistici.
Essa tende a dar saggio delle energie decora¬
tive venete contemporanee in quanto, pure nella
loro libertà, derivino dalle antiche tradizioni e
tentino di continuarle. Lo
sforzo è, se non in tutto,
in parte, riuscito.
Sul soffitto, tra due
campi quadrati, un campo
circolare accoglie la pit¬
tura di Ettore Tito : “ L’ 1-
talia erede e custode dei
tesori marini di Vene¬
zia „, opera d’intonazio¬
ne, tizianesca, dai colori
discreti e severi, dal di-
3 io
LE ESPOSIZIONI D E L i 9 n
lì
segno fermo e preciso, dall’inspirazione bella e grandiosa. Uno sfon o
della Sala è formato da un palcoscenico, l’altro è tutto preso dal pan¬
nello centrale del trittico di Vittorio Bressanin: “ Venezia gloriosa per
la sua sapienza civile e politica, per l’amore alle arti c alla guerra „. La
pittura del Bressanin può sembrare uno sforzo di colori un po’ troppo
arrischiato, ma l’autore cjui, come altrove, si addimostra un gran maestro
dd disegno, impeccabile nelle grandi forme figurative. Tra le colonne
stanno i due pannelli di Cesare Vianello il “fondaco dei Turchi,, e il
"fondaco dei I edeschi „ e quelli di Carlo Donati 1 ’ " Arsenale „ c la
“ Marittima
Le Sale provinciali.
Sono sette e tentiamo di scorrerle in fretta, non adunque con quella
calma e diligenza con cui sono veramente degne di essere visitate.
La Sala di 7 reviso figura una Corte d'Amore di quello scorcio del
XIII secolo, 1 epoca più splendida e più significativa della " joveuse Mar¬
che del courtois Trevisan
Il dott. Luigi Coletti, ideatore della sala e ordinatore assieme al pit¬
tore Antonio Carlini, è riuscito a rievocare splendidamente uno di quegli
aulici ambienti, superbi di decorazioni ed affreschi, ove risuonavano i lieti
canti e i suoni di mandòle, nelle gaie adunanze di giovani uniti a cele-
biaie il Maggio e a discettare d’amore. Sono le pareti ornate con gli stemmi
dei Da Camino, dei Cobalto, con affreschi tratti dal Roman de Trave, con
motiva tolti alle grandi sale del Palazzo del Popolo e alla Loggia dei Ca¬
valieri. E qui espresso veramente quel movimento artistico ed intellet¬
tuale che avea recato nella Marca, coi trovatori, i bei modi di Provenza,
coi cantori di gesta le epiche idealità dell’Isola di Francia.
la Sala Padovana riproduce una stanza da studio del 3oo, in cui
fu apogeo della grandezza patavina, allorché sotto il principato di Uber¬
tino, di Jacopo II e francesco il Vecchio, le lettere, le scienze e le arti
ebbero la lor fioritura migliore, auspice Francesco Petrarca.
. ^ piof. Andrea Moschetti, ideatore della Sala, si è maggiormente in-
spuato ad una miniatura tedesca del XV secolo tratta da un dipinto a
fi < sco, attribuito al Guaricnto esistente nella Sala dei Giganti in Padova
< i{evocante il I oeta nella intimità severa del suo studio. I motivi deco-
'jLfj * u,on Latti dalla Cappella Scrovegni, ricordo dell’immortale genio
di Giotto, e dalla rappresentazione delle Arti Liberali che Giusto de’ Me-
n a buoi fresco in Padova nella Cappella Cortellieri agli Eremitani. Com¬
pleta la stanza una riproduzione — non mi azzardo di dire se ben pro¬
porzionata e riuscita — del camino esistente nel Castello di Monselice.
a -oV ila Veronese del 400 rievoca certamente l’epoca più gloriosa
dell ai te scaligera. Il soffitto gotico ricorda la sagoma a carena di nave
nelle chiese di San fermo e San Zeno a Verona; il dossale di noce si
ispira agli stalli della chiesetta di Sant’Elena. 1 quattro pannelli tripli
svolgenti la leggenda di Giulietta e Romeo — opera del giovine pittore
Gaetano Miolato — rievocano lo stile, il gusto squisito dell'arte del
1 isanello.
S A L A T R E N T I N A.
b A L A Veronese del Pisanello
i 9 i r
LK ESPOSIZIONI DEL
R O M A. I L P A D I G L I O N E E N E T ().
3 i 1
Sala della Gloria con
IL PANNELLO O K L B R K S S A N I N.
Vsjf
>*
' A J»K\ ;
. 'v.
V ENI'ZIA NAVALE VITTORIOSA. L I L s
(Pannelli di G. Yizzotto Alberti nella Sala <tdLi Nave.)
Il commerciali e coloniali.
I
r
»
ROMA. IL PADIGLIONE VENETO ALL'ESPOSIZIONE ETNOGRAFICA IN PIAZZA D'ARMI.
Cucina Friulana del t 4 o o.
Sala Padovana. - Studio del Petrarca.
Salotto veneziano del 1600.
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
3 14
La Sala Veronese del 5 oo, detta la Sala dell’Alto Adige, o me¬
glio ancora, la Sala Trentina , vuol rievocare una stanza di udienza di
quell’epoca, e si ispira all’ arte del Brusasorzi. Il fregio — opera del
pittore Savini — rappresenta una scena trionfale, una cavalcata, quella
che accompagnò l’ingresso in Trento del nuovo Vescovo di Castello,
Bernardo Clesio, nell’ 8 settembre iSiq. Il soffitto in legno, a lacu¬
nari, a fregi in legno intagliato e dorato, ha le armi clesie in campo
azzurro.
L’ideatore di queste due sale fu il prof. Giuseppe Geroia, trentino,
oggi direttore del Musco Civico di Ravenna.
La Sala di Udine ricostruisce la cucina di un Castello Friulano, che,
per le abitudini permanenti di quella gente, a qualunque ceto essa ap¬
partenga, è l’ambiente della casa dove la vita si svolge con predi-
lezione.
li prof. Giovanni Del Puppo che ne fu l’ordinatore, non ha nulla di¬
menticato degli arredi tipici che ornano una di queste cucine. Dai grandi
piatti di rame ai boccali in ceramica, dalle curiose fiorentine ai lu¬
mini strani, dal girarrosto al macinino del caffè, alle secchie, al mor¬
taio, ai vasi di droghe, tutto è in bell’ordine sulle scansie, sui tavoli,
sulle credenze, e, quel che più conta, tutti sono oggetti dell’epoca
(sec. XVII e XVIII). E bello e maestoso, fra questo bazar, è il gran
caminetto, che vasto e severo come un’ abside ricorda — oh ricordo ro¬
mantico! — quello famoso del Castello di Fratta immortalato da Ippo¬
lito Nievo.
La Sala I icendna offre la riproduzione esatta di un gioiello del suo
Palladio: la sala d’angolo del Palazzo Thiene. Essa ha la forma di un
tempietto circolare con quattro nicchie ove sono le statue di illustri vi¬
centini, tratte dalla scena del Teatro Olimpico. I 16 quadri mitologici del
soffitto sono copie di quelli dell’India e del Canerio, e il meraviglioso
lampadario è del Salviati di Murano.
Questa Sala sarà ricomposta a Vicenza, per restarvi, o nel Museo
Civico o nel Teatro Olimpico, a custodia dei disegni e dei cimeli palla¬
diani. Ne furono ideatori i professori Vittorio Saccardo e Luigi Ongaro.
Io credo che opera migliore e più completa non poteva fare il Ve¬
neto con questo suo palazzo, ove la visione esterna della Loggia, ol¬
treché essere un saggio delle meravigliose forme architettoniche di cui
vanno ricchi gli innumerevoli palazzi veneti, è anche la rievocazione di
antichi fasti e di antiche glorie repubblicane; ove le varie sale, nell'in¬
terno, formano, veramente, una ordinata rassegna dell’arte decorativa
veneta a traverso ai secoli, danno saggi del genio di artisti famosi, ca¬
ratterizzano ogni singola provincia della Regione; ove infine, in ogni
manifestazione, è dato campo a rievocazioni gloriose di storia, sono in¬
dicate le idealità che furono e sono nell’anima veneta, è dimostrato,
infine, quali superbe energie questa stirpe abbia aifìdate oggi alla Nazione
italiana.
L Gixo Lucchetti.'
Sala di Sant’Orsola con il letto.
La Sala della Nave.
STTST
ROMA.
Veduta Generale dell’ Esposizione Etnografica in Piazza
D A R M I (fot. Mazzantini).
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G n
13 ci i n o i z i s o d s 3 :ri
LE ESPOSIZIÓNI DEL i 9 i )
3 i 6
I L P ADIGLION E D E LEA G U E R R A.
Le Mostre della “ più grande Italia „ a Torino,
IL - LA O-XJEPtDR^-
AL PILONETTO. - MOSTRE TECNICHE E PARCO DEI DIVERTIMENTI. - TOPOGRAFIA
DELLA MOSTRA BELLICA. - PER LA DIFESA DEL PAESE. - IL DIORAMA E LA MODA.
- BRONZI ARTISTICI E BRONZI TONANTI. - I NUOVI CANNONI. - L’ARTIGLIERIA DI ADUA.
- LA CROCE ROSSA ATTENDATA. - ESPOSIZIONI NUOVE ED ANTICHE: ALL’ARMERIA I
Quando, all’Esposizione di Torino, chiedete a
qualcuno: — Siete stato a vedere la tale e la
tal’altra Mostra al Pilonetto? — c’è il caso che
quell’amico vi guardi in faccia torvo, con un’a¬
ria che, tradotta in parole, vuol dire press’a poco
cosi: — O per chi m’hai preso? — Ed è sot¬
tinteso che a quella mostra egli non è mai stato :
perchè per i torinesi eleganti e per i forestieri
snobs le mostre del Pilonetto rappresentano qual¬
cosa come una foresta vergine, lontana dall’a-
bitato, ne.Ua gitale j\i AàSmùP àUldiW iknna’ li ta¬
glialegna a raccogliere materiale.... da ardere, ma
non i passeggiatori metodici e prudenti.
E i passeggiatori metodici e prudenti hanno,
naturalmente, torto. 11 Borgo Pilonetto è un
quartiere remoto di Torino, sito oltre Po, e a
ridosso del quartiere popolare, ma — natural¬
mente — ancora nel recinto dell’Esposizione, è
stato elevato l’edifìcio delle Mostre riunite, che
sono in gran parte mostre tecniche di grandis¬
simo interesse, e alle quali si dà appunto il no¬
me di costruzioni del Pilonetto.
Vi si giunge dal ponte provvisorio che si di¬
parte dalla sponda sinistra del Po, poco oltre
il ponte Isabella. E vi si giunge già preparati
— dirò — a sensazioni severe perchè il ponte
provvisorio abbandona la sponda là dove s’erge
l’imponente costruzione dei lavori pubblici; ma,
tutto intorno, sia di qua che di là del Po, è un
folleggiare di persone nel cosi detto Parco dei
divertimenti. La spensieratezza accanto alla scien¬
za.... E neppure è a dire che le Mostre del Pi¬
lonetto siano tutte strettamente scientifiche, cioè
aride: sono mostre particolarmente significative,
perchè dedicate alle industrie agricole, manifat¬
turiere, stradali, ecc., e non mancano' mostre di
indole affatto diversa — e di non minore inte¬
resse: — quelle della Guerra e quella degl’ita¬
liani all’Estero.
Della prima diremo oggi, avendo recentemente
parlato della Mostra gemella della Marina, pur
cosi lontana, — oltre Po; della Mostra degli Ita¬
liani all’Estero diremo una prossima volta, chiu¬
dendo così con una visione dì serena potenza
civile il nostro vagabondaggio a traverso le mo¬
stre dell’Italia forte, dell’Italia avvenire.
Il gruppo di costruzioni noto col nome di
Mostre riunite, e — come raolt’altre della espo¬
sizione torinese — dovuto agli architetti Molli,
Ecnaglio e Salvadori, è intonato allo stile gene¬
rale di tutta l’Esposizione, ed occupa un’area co¬
perta di ben 65 mila metri quadrati, genialmente
interrotta da parecchi graziosi cortiletti interni
ed effettivamente bipartita in due grandi corpi
da un piazzale di 9000 metri quadrati, fronzuto
e fiorito per le molte variopinte aiuole.
La facciata, a chi giunga dal Po, appare mae¬
stosa: una grande cupola centrale alta 38 me¬
tri, e — tutto intorno — colonnati che uniscono
le varie fàbbriche. Nello sfondo la collina verde
del Pilonetto: in un piano più vicino, intravisto
fra i colonnati, il grandissimo cortile d’onore.
La gigantesca costruzione fu assunta dalla ditta
Pasqualin e Vienna.
Orbene, il grande corpo di gallerie a destra
del cortile magnifico è occupato dalle mostre
nììnutàt't'nn’ere (^industria della seta principalis¬
sima) dalle vinicole, e — in fondo — da un reparto
di mostra agraria. 11 grande corpo di gallerie a
sinistra del cortile è occupato dalla Mostra de¬
gli Italiani all’Estero che si affaccia dunque sul¬
l’atrio trionfale, e — in seguito — dalle Galle¬
rie della Metallurgia, delle Industrie chimiche ed
estrattive, dell’Agricoltura (in fondo, sì che si
riallaccia alla sezione corrispondente di destra).
Chiusa fra le industrie chimiche e le agrarie
aperta per molte porte sul cortile centrale, sta
la mostra modesta intitolata alla Difesa del Paese .
*
Ed ora, poi che ci siamo fatti un esatto con¬
cetto.... strategico della situazione della Mostra,
possiamo recarci a visitarla. La troviamo in pieno
assetto bellico, ma non in proporzioni tali da
poter rivaleggiare con la mostra della Marina.
Come gli ufficiali dell'Armata sembrano nella
vita, dei beniamini accanto a quelli dell’Eser¬
cito, così — in ogni Esposizione italiana — la
Mostra della Guerra è più modesta di quella della
Marina: scompare nell’ombra. 1 marescialli del¬
l’esercito qui “ comandati „, sono meno espan¬
sivi dei loro colleghi di marina.
Additano, indicano,* spiegano con dignità con¬
tenuta. E non c’è troppo da spiegare. La Mo¬
stra è esposta in bell’ordine, e disposta con di¬
ligenza: una gran parte del materiale ci è noto
per aver fatto la sua comparsa a Milano du¬
rante l’Esposizione del 1906.
Anche qui si è adottato il sistema suggestivo
ed efficace dei diorami, cioè di quadri plastici
in cui son fermati “ soggetti „ d’ambiente mili¬
tare. Molte uniformi, le più eleganti, sono scap¬
pate laggiù — lo sappiamo — nel Palazzo della
Moda, oltre Po, e fanno pompa di sè nei saloni
mondani. Ma anche qui sono rimasti alcuni cam¬
pioni eleganti della milizia, in tenuta di campa¬
gna, ritti intorno a un generale giovanissimo (esi¬
stono generali così giovani nell’esercito?) che
spiega il risultato delle manovre su una carta.
E sono rimasti sopratutto i campioni più vi¬
gorosi, disseminati in altri diorami.
Hanno esposto, oltre ad alcune ditte forni¬
trici dell’esercito, 1' Istituto geografico militare
che presenta una serie notevole di carte mili¬
tari ; l’Arma del Genio, che ci presenta i suoi
pontieri in molteplici operazioni di transito e di
sbarco; il Commissariato, che ha raccolto an¬
che — e questa è una novità — i plastici di
alcune caserme modernissime.
La sezione piti interessante è quella dell’Ar¬
tiglieria. Vi si accede dopo una rapida scorsa
data ai bronzi artistici fusi dalle fonderie del¬
l’esercito col materiale stesso onde uscivano ì
cannoni (quando erano di bronzo....) Ammoni¬
sce da lontano il magnifico gruppo statuario
Ultimo abbraccio, che rappresenta l’eroico arti¬
gliere di Adua morto sul suo pezzo, spasimando,
11 i.° marzo 1896....
E sfilano ora, dinanzi a noi, i cannoni moder¬
nissimi, in corteggio simile a quello della gal¬
leria della Marina: i pezzi delle vecchie e delle
nuove batterie Krupp, il novissimo pezzo a de¬
formazione protetto dallo scudo mobile.
Oltre la Mostra della Guerra, quella della Croce
Rossa: è il controveleno, dicono i pacifisti. E
hanno ragione. Ma i belli umori rispondono: —
Lasciateci fare la guerra, e poi avrete i vostri
feriti.... se no, che state a fare anche voi?
Intanto i feriti ci sono, di stoppa. Sfilano gli
infermieri ciclisti nel diorama agreste, t:he li
rappresenta in atteggiamento quasi georgico; e
nel diorama alpino, su lo sfondo delle monta¬
gne dirute, gli infermieri alpinisti....
Fuori, nel piccolo parco che ci separa dalla
Mostra dell'Areonautica.... di là da venire, le tende
consuete e le baracche della Croce Rossa: mo¬
delli italiani, francesi, tedeschi.
Mancano soltanto — mormorano sempre i
belli umori — le dame della Croce Rossa. Le
quali non si espongono, è vero: ma appaiono
di frequente invece, come dame.... visitatrici.
La Mostra della difesa del paese non offre
altre risorse. Ci rifaremo con un pellegrinaggio
interminabile nelle stupende gallerie degli Ita¬
liani all’Estero, che costituiscono uno dei veri
successi dell’Esposizione di Torino. Ne gioiranno
i pacifici apostoli dell’espansione economica, che
vedono di tanto superiore la mostra della po¬
tenza civile a quella dell’armi. Niente affatto.
Questo dimostra soltanto che, nelle prossime
Esposizioni, occorre dare maggiore importanza
— perchè risponda alla realtà — anche alla Mo¬
stra della Guerra.
Intanto, a Torino, c’è un rimedio facile per il
visitatore non pago: esca dall’Esposizione, vada
in Piazza Castello, salga aU’Armeria Reale....
Vedrà la più gloriosa mostra d’armi che gli sia
dato desiderare.
Gualtiero Castellini.
50 années triomphal succés; contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
3i?
R () M A.
A L E’ E S P O S 1 Z 1 O N E I) I
B E L L E A R T I.
3 r 8
LE ESPOSIZIONI DEL 1911
Critiche giuste e critiche assurde
ALL’ESPOSIZIONE DI ROMA.
Lo scarso interesse del pubblico per le Esposizioni di
Belle Arti era stato già notato qualche giorno prima che
non lo facessero, con singolare a fiatamento, alcuni gior¬
nali di ieri e di oggi; e cioè 126 anni fa. Troviamo in¬
fatti che nel 1785 in occasione di uno di quei Salons
biennali che eran dovuti alla munificenza del duca d’An-
tin, era stato stampato questo epigramma:
I! est au Louvre un galctas
Où, d ins un oline solitami
Les chauve souris et les rats
Viennent tenir leur cour pltnière.
CVst là qu’Apollon sur l«nr |>as,
Di s Beaux-Afts ouvrant la barrière,
Tous Ics deux ans tieni scs états
Et vient piacer son sanctuairr.
Scherzi: c — forse — frutti di quel disagio c di quel
marasma civile in cui la Francia era immersa in quegli
anni; poco dopo, la tormenta della Rivoluzione vivificava
anche — come accade sempre — l’arte: la quale, sia detto
per incidenza, per fiorir davvero, ha tutt’altro che bisogno
di calma politica: nel 1798 — dico nel 1793 — il Salone
del Louvre riuniva 628 quadri c 182 sculture: e del resto,
chi ne volesse altre prove, pensi alla storia dell’arte e alla
storia politica del Quattrocento e del Cinquecento in Ita¬
lia. F. pensi anche — ma chi sa se questo si può dire?
— alla calma politica ... e artistica di questo nostro prin¬
cipio di secolo....
Comunque, quando, fra le Esposizioni da tenersi a Roma
nel 191 r, fu compresa anche quella internazionale d’arte,
era lecito sp rare e credere che se ne sarebbero interes¬
sati ugualmente gli artisti c il pubblico. Avvenne invece
che gli artisti se ne interessarono meravigliosamente —
ma il pubblico, no.
Andiamo avanti. All’Esposizione di Belle Arti furono
aggiunte anche un’Esposizione etnografica, una Mostra
d’arte e di costumi largamente retrospettiva, e un’Espo¬
sizione archeologica. Roma, dunque, per celebrare la com¬
memorazione di una data gloriosissima per lei e per l’I¬
talia, ha messo insieme un complesso di Esposizioni ve¬
ramente magnifico.
A Valle Giulia è sorta già una ideale città dell’arte, in
cui dodici Nazioni, le piti colte e 1 ■ piti civili del mondo,
hanno costruito ciascuna per sò un proprio edificio, rap¬
presentativo, anche nelle lince esteriori, del loro carattere
artis ico nazionale: e vi hanno posto dentro — se pure,
qua e là, con qualche inevitabile manchevolezza — il fiore
della loro produzione artistica degli ultimi anni.
Qualcuno anzi — come l’Ungheria e l’Inghilterra —
ha voluto far di più: ha voluto offrire al visitatore del¬
l’Esposizione romana, il modo di passare in rivista, in
un solo edificio, le maggiori sue glorie, i pii: preziosi te¬
sori della sua arte, non solo contemporanca, ma passata,
ed è riuscita a raccogliere da cento parti, da Gallerie pub¬
bliche, da Collezioni private, da palazzi, da case, questi
inestimabili tesori, che mai s’erano \isti c mai pili si ve¬
dranno raccolti insieme: e li ha affidati a Roma — mi¬
rabile omaggio (come degnamente e affettuosamente scrisse
il ministro inglese) - della figlia alla madre.
L’Italia, da signora di grande nobiltà, ricevette gli ospiti,
vestita, certo, assai convenientemente, ma non in grande
toilette: e pure il suo guardaroba era magnificamente for¬
nito, <• non le è mancato che la volontà di frugarvi den¬
tro Se abbia agito saggiamente, si può anche discutere
- e noi l’abbiamo già fatto c lo faremo ancora — ma
l’acconciatura un po’ modesta della padrona di casa di
fronte al lusso degli invitati, non ha certo folto nulla allo
sfarzo veramente regale del ricevimento. Chi ha visto —
e lasciamo stare le vecchie e le minori — le duo ultime
Esposizioni di Parigi, sa che in fatto di Mostre di Belle
Arti, fra quelle c la nostra tanto è la superiorità di
questa non v’è possibilità di paragone.
Ai Prati di Castello si era detto di voler fare un’Espo¬
sizione etnografica: ma in verità si è fatto assai più e
assai meglio. Primi di tutto di una landa deserta come
la Piazza d’Armi si è fatto un luogo bellissimo al quale,
per essere anche amenissimo, non mancano che alcune
cose, che vi si possono ancora introdurre, e di cui par¬
leremo. Ma poi, intorno ad alcuni edifici centrali, assai
ben costrutti nel loro complesso, e ai quali manca solo
chi sappia convenientemente e praticamente utilizzarli, si
lece una prima corona di edifici rappresentativi del carat¬
tere artistico clic è particolare a ciascuna delle maggiori
Regioni italiane. E questi edifici, a cui ogni Regione volle
dar l’opera delle sue forze migliori, riuscirono in fatto
quali si potei a aspettare da un popolo che d’arte s’c nu¬
trito sempre, c ancora si nutre — aneli • se, forse per il
"caro-viveri,, quest’alimentazione sia ora un po’ridotta.. .
Ma alcuni di es i riuscirono veramente meravigliosi; il
Lombardo, per esempio, per la varietà delle riproduzioni
dei monumenti architettonici delle sue provincie e delle
sale dei suoi palazzi: il Veneto clic all’esterno rispecchia
in una sapientissima sintesi la caratteristica - leganza della
miiabile citta, e nell interno olire alcune riproduzioni di
vecchi ambienti, ugualmente interessanti per la loro in¬
trinseca bc lezza e perchè sono ignoti o mal noti ai più :
lo Emiliano, al quale basterebbe la camera d’oro di Tor¬
chiara — se già non ci fosse stata la riproduzioni di altri
insigni monumenti — per essere p oclainato una meravi¬
glia di buon gusto e di senso artistico. E il Piemonte vi
da, riprodotto con fedeltà impressionante di linea e di co¬
lore, un Castello dei conti di Challant; e le Marche una
solida ròcca massiccia in c i non so quanti bei motivi (e
motiietti) della multiforme architettura marchegiana sono
fe icemente innestati e fusi, e la Toscana e l’Umbria e la
Liguria c la Campania c la Sicilia e l’Abruzzo e la Pu¬
glia c la Sardegna trapiantano sulle rive del Tevere o il
loro classico Rinascimento, o il loro austero ancor soprav¬
vivente Go-ico, o il loro Settecento leziosetto, o, comun¬
que, le loro architetture del glorioso Medio Evo-, Non ba¬
sta; intorno a questa mirabile manifestazione dai te pura
si svolgono, riprodotti non da speculatori, ma da artisti
c da uomini dotti, gli ambienti della vita quotidiana di
paesi italiani tra i piìi caratteristici: ambienti animati da
costumi e da industrie in azione. V’è, per dirne uno solo,
un angolo dell'alto Campidano, con le sue stradette, con
l’inevitabile albero di fico che si sporge dal cortile, con
le scale e i loggiati di legno all’aperto, che dà la pei fi tta
illusione della realtà; cosi che quando dalle basse fìnc-
strucole si vedono, all’interno, gli uomini e le donne di
Sardegna, nei pittoreschi costumi, lavorare ai loro ancor
primitivi telai, non si prova nessuna meraviglia....
Vero è che anche questo è stato biasimato e si è pai-
lato di contraffazione c di mascherate. Ecco: le masche¬
rate si fanno (piando un italiano si veste da turco o da
cavaliere medievale: non quando dei sardi o dei siciliani
autentici si trasportano in un altro luogo coi loro costumi
coi loro arredi, con le loro industrie. Ma poi, bisogna clic
gli incontentabili i quali hanno visto tutto e sanno tutto,
pensino a quei disgraziati che hanno visto pochissimo e
che sanno pochissimo: bisogna bene un po’istruirli co¬
storo, visto che non si può fornirli tutti di un biglietto
circolare per l’Italia; e che d’altronde anche il superuomo,
probabilmente, ha visto il tempio di Menti o la Madonna
di Raffaello clic è a Pietroburgo, riprodotti in fotografia,
e li ha ammirati e ne ha tratti insegnamenti: pure, anche
la fotografia di un monumento o di un quadro è una con¬
trafazione....
E andiamo a Castel Sant’Angelo: riproduzioni, in quel
luogo pieno di memoria e di suggestioni, di ambienti del
Cinquecento e del Seicento con mobili e oggetti d’arte c
tappezzerie, tutto materiale preziosissimo e scrupolosamente
autentico, dell’epoca: e una sala michelangiolesca che fa
pensare e fremere; e un’Esposizione dell’arte degli stra¬
nieri a Roma, pazientemente ordinata e raccolta in mille
luoghi, e alla quale basterebbero i cento disegni romani
di Walter Ciane per essere agli occhi di ogni uomo che
ami Roma e la Bellezza, una delle più interessanti c am¬
maestratimi E-posizioni del mondo; e raccolte di armi e
di stoffe e di maioliche e una meravigliosa Mostra di to¬
pografia romana dal Medio Evo ai nostri giorni, quale sol¬
tanto una grande occasione come questa poteva permet¬
tere di raccogliere e di ordinare.
E alle Terme di Diocleziano i calchi — oh certo sono
anche queste contraffazioni del vero! — dei più insigni
monumenti “ romani „ che Roma con imperiale larghezza
seminò per tutto il mondo allora conosciuto, dalla Spagna
all’ Ungheria, dall’Africa all’Asia, c di quegli altri monu¬
menti che le Provincie eressero in omaggio a Roma: Luigi
Adriano Milani che, senza offendere alcuno, è il più dotto
fra gli archeologi italiani, mi diceva giorni là che si fer¬
mava a Roma apposta per “ studiare „ nella Mostra ar¬
cheologica delle ferme ..
Questa è l’Esposizione, ossia il complesso delle Espo¬
sizioni che il Presidente del Comitato e i suoi collabora¬
tori hanno offerto agli italiani e agli stranieri per cele¬
brar degnamente l’anniversario di quel giorno in cui l’I¬
talia, lompendo già virtualmente un giogo che essa e ogni
uomo libero abborriva, era proclamata la Capitale d’Italia.
Magnifiche Esposizioni, dunque, guidate da concetti al¬
tamente civili ed educativi: delle quali tic sono assoluta-
mente nuove ed originali e tali che solo a Roma — per¬
chè è Roma — potevano essere pensate e compiute: la
quarta, quella che è, nel suo concetto, tradizionale, è riu¬
scita ad essere una Mostra d’arte internazionale e in parte
retrospettiva, quale non s’era vista mai in nessuna Capi¬
tale del mondo.
*
Con tutto ciò, dicono, il concorso del pubblico è scarso,
e il bilancio dcll’Espo izionc è in condizioni disastrose.
Del bilancio non sappiamo niente. Ma sappiamo che la
Esposizione è un Ente morale, sottoposto dunque a tutte
le minuziose tutele che la legge impone a questi Enti che
hanno una personalità giuridica: pensiamo dunque che
non dovrebb’essere proprio a Roma, e sotto gli occhi del
Governo, che un Ente morale — a cui il Governo ha già
dato e dovrà dare ancora molti milioni, potrebbe — in¬
disturbato — compiere del e cose irregolari, o, come si
afferma, peggio che irregolari. Vorremmo anche aggiun¬
gere, con molta franchezza, che Presidente dell’Esposizione
— c non presidente " travicello „ — c un uomo che ha
molti milioni e fama indiscussa di amministrarli bene; e
che ci pare assai difficile che egli si sia messo al rischio
— certo per la prima volta in vita sua — di compro-
inetta Zie qualcuno, per aver lasciato che qualche suo di¬
pendente amm nistrassc male — o peggio che male il da¬
naro pubblico. Crediamo cosi di aver detto, su questo
ingrato argomento, poche ma sentite parole....
Del resto, francamente, sarebbe ora di finirla con que¬
ste accuse vaghe e indetermitate, con questo dire e non
dire, con questo accennare a fatti gravi senza specificarne
nessuno, e senza assumere quindi mai la responsabilità di
ciò che si dice. Si parli chiaro una buona volta: l'Espo¬
sizione non è una impresa privata, e il pubblico ha il di¬
ritto di vedere e di sapere come sono andate le cose.
Si abbia il coraggio di accennare a fatti concreti e spe¬
cifici : quando que-to si faccia seriamente, noi — cinquan¬
tenario o no — spenderemo tutte le nostre forze perchè
si giunga alla luce piena e completa ; perchè noi crediamo
che nessuna considerazione patriotiica sia tale da imporre
che cattive azioni — se ce ne fossero — sieno compia¬
centemente coperte. E su questo ingrato argomento ci
pare — per nostra parte — di aver parlato chiarissimo.
11 pubblico. Ecco, guardate: se il pubblico non va al¬
l’Esposizione noi facciamo come il padre che rimprovera*
il ragazzino perchè al pugno datogli dal compagno ha
risposto con una pedata. E cioè, lo rimproveriamo, ma,
in cuor nostro, quasi, gli diamo ragione.
Gli diamo ragione perchè egli è “ il pubblico „ ; ossia una
collettività la quale nè in tutto nè in gian parte non è c m-
posta, nè può essere, di gente straordinai iamente amante
delle cose belle, e che sappia c voglia, per questo suo svisce¬
rato amóre, andar incontro a troppi disagi c a troppe spese.
Chi sa? Pare che il Comitato, e, forse più ancora di
lui, il Municipio di Roma credano che i romani nel 1911
abbiano per l’arte la passione che avevano gli ateniesi del
secolo di Pericle; i quali, del resto, per vederci loro me¬
ravigliosi monumenti, non pagavano nessuna tassa d’in¬
gresso. Ora quei due Collegi che ho nominato più sopra
dovevano ben sapere che il concorso del gran pubblico
: d una Esposizione, specialmente di carattere non del tutto
popolare, doveva essere invocato c richiesto soltanto a
certe determinate condizioni ab antica honestn pelamus !
Invece il Comitato ha tatto un po’.... il Luigi di Ba¬
viera, il quale, purché le sue rappresentazioni wagneriane
fossero impeccabili, non si curava d’altro, beato anzi se
in teatro finiva per andarci lui solo; e il Municipio, nel
quale son pure tanti valentuomini, a cominciare da Er¬
nesto Nathan, non ha compreso che la riuscita delle Espo¬
sizioni — e perciò delle feste del Cinquantenario — stava
per metà nella loro bellezza e per metà in un grandissi¬
mo concorso di pubblico, romano, italiano e straniero.
Ora un pubblico a cui si offra un’Esposizione non di
cose " popolarmente interessanti e divertenti „ ma di cose
nobili c belle, deve essere incoraggiato a frequentarla da
tre elementi: dal mite prezzo d’ingresso, dalla facilità de¬
gli accessi, e dall’amenità e dalle comodità dei luoghi. A
Roma, a farlo apposta, queste cose sono mancate tutte e
tre — e, per fortuna, non irrimediabilmente.
Ed ecco come.
Si cominciò a fare un abbonamento di 5 o lire che nes¬
suno ha preso : e non si pensò che con l’abbonamento a
x 5 o al masssmo a 20 1 re, una città di 600.000 abitanti
avrebbe certo fruttato due cose ugualmente proficue: e
cioè molte decine di migliaia di abbonati e quindi qual¬
che milione nella Cassa del Comitato: e qualche decina
di migliaia di persone, presenti ogni giorno nei padiglioni
c nei viali dell’Esposizione, a darvi quella vita che ora
manca e che è il maggiore e piii efficace rid iamo per gli
altri visitatori. Non si pensò che " l’Esposizione di Ro¬
ma „ è unica, se anche divisa per necessità di cose in
quattro sedi; e eie perciò un unico biglietto — a una
lira — doveva dar accesso a tutte quattro le mos re. Non
si pensò cite un’Esposizione a Roma bisognava aprirla a
ottobre e chiuderla a maggio e non viceversa: cosa cosi
chiaia che mi pare inutile di dirne le ragioni. Non si
pensò che in tut o il mondo, da che si fanno le esposi¬
zioni, queste non possono essere, per il grande pubblico,
fine a sè stesse, ma devono essere completate e integrate
con giardini e giardinetti ameni, pieni di sedili e di quiete
ombre: con luoghi di ritrovo, con musiche, con caffè, con
birrerie, con ristoranti, alcuni di lusso e altri popolaris¬
simi; in modo che il cittadino o il forestiere, dopo aver
visto per un’ora le cose esposte, che — inevitabilmente —
non sempre e non tutte lo interessano, abbia modo di
passare gradevolmente un’intiera mattinata o un pome¬
riggio, giustificando cosi esuberantemente davanti alla sua
coscienza di economo borghese, la spesa fatta. Valle Giulia
e Piazza d’Armi sono invece quel che sarebbero due de¬
serti con del'e oasi, sia pur frequenti e meravigliose: il
pubblico, che lo sa, per non affrontare il deserto, finisce
a fare a meno anche delle oasi....
E i trams ? Non ne parliamo: sono una vergogna
del Municipio di Roma. E pure, a risolvere quasi com¬
pletamente le difficoltà bastava aggiungere alle linee che
ci sono — municipali e private — una linea, a frequen¬
tissimi viaggi, e s’intende con l’intera corsa a due soldi
che partendo da Piazza del Popolo andasse per la via
Flaminia, con una breve diramazione per Valle Giulia, a
Piazza d’Armi; c percorrendo poi l’ampio e bellissimo
Lungo Tevere arrivasse a Castel Sant’Angelo. Che nuova
e pulsante vita non avrebbe recato alle tre grandi Espo¬
sizioni questo rapido mezzo di accesso e di colleganv nto !
È finita la requisitoria? forse non del tutto: ma ce n’è
abbastanza. E 1 ’ ho fatta tanto e >enza cercar eufemismi
in quanto i gravissimi difetti delle Esposizioni ai quali
— specialmente se non in tutto — si deve il loro man¬
calo “ successo di pubblico „, possono essere per gran
parte rimediati, e tanto presto che i rimedii potrebbero
esser pronti per l’ottobre. Perchè, se abbiamo giudizio e
buona volontà, tutto si può rimettere: la nostra “ vera „
stagione dell’Esposizione dev’essere e sarà dall’ottobre al
uiaggio prossimo: otto mesi, nei quali mo'te piaghe, o
quasi tutte, potranno essere sanate. Purché, s’intende, si
provveda senza indugio agli accennati inconvenienti; c
purché anche — diciamolo francamente — il sindaco Na¬
than c e parla troppo e se ivc troppo (perfino nella rela¬
zione del bilancio) si persuada che il sindaco di Roma non
può e non deve, in questa sua qualità, dir tutto quello
che potrebbe c vorrebbe dire il signor Ernesto Nathan,
Gran Mae>tro o no della Massoneria italiana.
(Dal Giornali: d'Italia.)
il Diario delle Esposizioni e delle Feste.
24 luglio. - /w una. Solenne arrivo al Ponte dell’ Esposi¬
zione dei motoscafi della crociera motonautica.
a 5 „ — Arrivo al ponte dell’Esposizione del Sea-Bird
di sir I hotnas Fleming Day partito il io giugno da
Nova York.
29 „ 7 ormo. Festoso arrivo della comitiva degli studenti
tedeschi.
1." agosto. — Inaugurata a Torino la Mostra della Persia.
„ „ httnzc. Arrivata la comitiva degli studenti tedeschi.
Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lupo di Vicenza.
I
TORINO. Il Palazzo del Brasile (acquarello di Carlo Foilini).
K S P O S I Z I O N I I ) LC 1
LE ESPOSIZIONI DEL r 9 n
320
_ a uff a 7i o M E DIRO IVI A CAPITALE
ROMA, LA CAPITALE D'ITALIA
— di v. Bersezio, F. Bosio, Edmondo De Amicis
Alle quattro parti in cui quest'opera era divisa: ,
ni ROMA MODERNA, di Vittorio Bersez.o
iv ROMA LIBERA, di Edmondo De Amicis
i. ROMA ANTICA, di Vittorio Bersezio
il. ROMA PAPALE, di Ferdinando Bosio
^l. ,i„ r x pii’nnera un «rande carattere di attualità
si aggiungerà una quinta parte che dara all opera un gnu
Arturo Calza
ROMA MODERNISSIMA,
di
' * .... . .,• _ oli B(1ifici religiosi - Gli edifici privati - Le industrie e i commerci
Che descriverà ^«^ad^e le piazzerò # . Mu8(ji _ Le novità deU’Archeolo g ia_ ————
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